Gazzelle, l’ultimo crepuscolare

Gazzelle
Gazzelle riprende in mano la sua solita “cinepresa”. Col nuovo album ci regala nuove storie del nostro teen drama preferito. Voto UVM: 4/5 (pacchi di fazzoletti per asciugarsi le lacrime)

 

Dal 2017, Gazzelle, all’anagrafe Flavio Bruno Pardini, attraverso la sua musica ama raccontarci storie, con delle intimissime inquadrature sulla quotidianità dei giovani, e in particolar modo della Gen Z.

Ricordate le polaroid, i risvoltini, le droghe leggere, l’amore disincantato, il darsi fuoco in diretta TV, il cantare male e tutti gli altri clichè indie italiani raccontati da Flavio, durante un probabile trip con un allucinogeno, in Superbattito?

Ecco, di sicuro non aspettatevi di trovare tutto ciò in Dentro (pubblicato per Maciste Dischi), che si presenta come il progetto più maturo dell’artista indie romano. Niente più flussi di coscienza senza un senso, parole a caso e allegorie di difficile comprensione. Gazzelle si racconta come mai prima d’ora.

Ha imparato ad usare la voce (non ho detto a cantare!) e ha deciso di raccontarci momenti più intimi, di vere e proprie crisi esistenziali. Quelle che prima o poi bussano alla porta di tutti.

Vorrei morire…ma non mi va

Hai presente quando perdi un amico? O meglio, hai presente quando perdi te stesso dentro un labirinto?
Questo è il leitmotiv del nuovo album di Gazzelle. Non più crisi adolescenziali da risolvere sballandosi un po’ con gli amici. Anche perché magari l’amico di una vita ora non c’è nemmeno più.

E forse dovrei farmi due chiacchiere
con un amico mio
Anche se lui è sparito
Oppure sono sparito io

E se questo è il sentimento che si ascolta nel brano d’apertura del disco, Qualcosa che non va, la voragine si espande sempre di più andando avanti, raggiungendo il culmine con E pure…, è qui che Flavio ci racconta lo schifo che si prova in certe situazioni.

Scelte sbagliate, sogni d’adolescenza buttati nel primo cassonetto solo perché si diventa “grandi”. E poi i rapporti che finiscono, senza un motivo, e dai la colpa al tempo. Così arrivano le crisi, i mental break down. E mentre sembra che tutto ti stia per crollare addosso, ti accorgi che il mondo continua, purtroppo, a girare.

“A volte, però, mi rendo pure conto che forse quella voragine fa parte proprio del pacchetto. Forse non è detto che vada riempita. Forse la puoi solo arredare, metterci dei fiori vicino. Chissà.” (Gazzelle ad un’intervista per Rolling Stone)

Flavio l’ha capito che in questo schifo ci siamo passati e continueremo a passarci tutti e decide di regalarci una canzone, per ricordarci che tutto questo prima o poi passerà…

E tutti i disastri, gli errori più grandi
I dolori giganti, il passare degli anni
Vedrai, con il tempo passerà

Conosciamo davvero Gazzelle?

Nonostante siano sentimenti ed emozioni che appartengono a Gazzelle come a Linus appartiene la sua coperta (Peanuts), è chiara la maturazione artistica del cantante romano, ormai trentenne.

La voragine in copertina è un viaggio alla scoperta di se stessi, in cerca di risposte alle mille domande, che forse, tutte queste risposte, non le avranno mai. Ed è questo uno dei grandi punti di forza di Gazzelle. È impossibile non immedesimarsi nelle sue canzoni.

Gazzelle
Cover “Dentro” di Gazzelle. Casa discografica: Maciste Dischi.

Chi almeno una volta nella vita non ha avuto un amore non corrisposto? Chi non ha mai avuto una delusione? Chi non ha mai provato nostalgia o malinconia scorrendo la propria galleria del telefono? Chi non ha mai ricercato sé stesso?

Timido al tal punto di indossare sempre gli occhiali da sole, per questa volta, le mura tra la vita pubblica e privata di Gazzelle sembrano quasi annullarsi. E forse, per la prima volta, in La prima canzone d’amore canta un amore felice, offrendo una sfaccettatura mai vista prima. È innamorato ed è felice e nonostante il suo essere riservato, lo sbandiera al mondo, senza paura, incarnando perfettamente il suo stile musicale: l’indie pop.

Questa parte di anima della quale dobbiamo prenderci cura è ben distante dalle canzoni presenti all’interno di Superbattito. Ormai, Flavio ha raggiunto una maturità diversa, ha preso consapevolezza delle sue poche ma buone amicizie, è saldamente legato alla città che gli ha dato i natali: Roma. Ed è grato, immensamente grato ai rapporti, alle relazioni, che probabilmente a fatica, è riuscito a consolidare.

Gazzelle piace proprio per questo, perché è come ognuno di noi. E la sua musica è capace prima di distruggere il cuore e poi di ripararlo, quasi contemporaneamente.

Dentro: Gazzelle ft. ???

Incredibili anche i featuring con cui Gazzelle ha scelto di collaborare. Torna per la seconda volta ThaSup in Quello che eravamo prima, dopo il successone di Coltellata nel precedente album OK.

ThaSup, al secolo Davide Mattei, riesce ad adattarsi su ogni beat, mantenendo perfettamente il suo stile e il suo flow anche in una canzone indie. Due generi molti diversi, ma che per la seconda volta si dimostrano compatibili e versatili. E come si soul dire, ci sarà un due senza tre? Chissà!

Il duetto con il giovanissimo cantante romano Fulminacci, pseudonimo di Filippo Uttinacci, riesce a stamparti immediatamente un sorriso in faccia. Sembra quasi una canzone che al primo ascolto senti già tua. Duo ironico e divertente, riesce a risollevare un po’ l’umore generale del disco con Milioni.

Ultimo feat, ma non per importanza, quello con Noyz Narcos, anch’egli romano. Esponente del rap criminal. Le due voci riescono a fondersi perfettamente nonostante uno stile diverso e personalità opposte. Una poesia, un po’ sui generis e quasi in modo underground, dedicata all’immensa Roma. Un rapporto difficile, fatto di odio e amore con la città eterna.

Che possa essere la canzone introduttiva il 9 giugno allo Stadio Olimpico? Stay tuned.

Written and directed by Flavio Pardini!

Gazzelle, il nostro ormai non tanto piccolo “cantautore di quartiere” ha un superpotere che lo accompagna ormai dal lontano 2017: saper creare forti immagini utilizzando solo le parole.

Basti pensare a Nero, Martelli, Tutta la vita, Però, solo alcune canzoni di Flavio che possono vantare quella potenza immaginifica che lo contraddistingue da tutti gli altri artisti della scena musicale italiana.

Da sempre, in ogni canzone, Gazzelle racconta delle storie. Quasi sempre d’amore, quasi sempre senza un lieto fine. Un po’ come se prendesse spunto dall’adolescenza di ognuno di noi.

“Ho già realizzato tanti sogni. Però forse mi piacerebbe scrivere una serie tv, dei romanzi. Il cinema mi attira, non come attore ovviamente, ma dietro le quinte.” (Gazzelle ad un’intervista per Rolling Stone)

E anche in quest’album, pur avendo preso le distanze dal Flavio del passato (Superbattito e Punk), non abbandona il suo stile, riprende in mano la sua solita “cinepresa” e ci regala nuove storie del nostro teen drama preferito.

Dentro è, dunque, la comfort zone perfetta in cui ripararsi, quasi come se fosse un ombrello. Un po’ come canta il collega e amico Coez:

adesso che il tempo si è fatto più bello…

Gazzelle continua a servirci, a farci sentire meno soli e meno tristi, accettando il dolore, la malinconia e i giorni no. E forse è proprio per questo che dovremmo solamente dirgli “Grazie”.

 

Giorgia Fichera
Domenico Leonello

Lo Stato Sociale: la rivoluzione dello “Stupido Sexy Futuro”

 

Lo Stato Sociale torna alla ribalta con un album che torna alle origini, confermandosi la vera anima rivoluzionaria e indipendente della scena musicale italiana. – Voto UVM: 5/5

 

Tornano ad accendersi i riflettori sulla band più irriverente d’Italia, dopo un’attesa durata sei lunghi anni, era infatti il 2017 quando uscì Amore, lavoro e altri miti da sfatare, Lo Stato Sociale torna alla ribalta con un nuovo album d’inediti, Stupido Sexy Futuro

Ma bando alle ciance, immergiamoci all’ascolto e all’analisi di questa nuovo pezzo di rivoluzione

Ma che “Stupido Sexy Futuro”

L’album, pubblicato il 5 maggio sotto la Garrincha Dischi,  si compone di 11 brani, molti dei quali cantati con amici vecchi e nuovi, sono ben 7 le collaborazioni: Management, CIMINI, Drefgold, Mobrici, Naska, Vasco Brondie e Andrea Appino (in qualità di produttore). 

In quest’album, i regaz tornano più alternativi che mai, come dei veri anti-supereroi della società odierna. 

Infatti, Stupido sexy futuro, si propone come un album che scava dentro, spogliandosi di ogni possibile ipocrisia e senza peli sulla lingua, ironico, dissacrante ma allo stesso tempo intimo, con dei pezzi che colpiscono dritti al cuore. Insomma, il disco racconta il riscatto di quello Stato Sociale che poteva diventare una band commerciale  e quello che ha deciso di essere: un gruppo di ribelli che non vuole conformarsi ai numeri di massa, ai target e soprattutto portare una musica in cui ognuno possa identificarsi, come dichiarato dalla band:

“Il futuro è così: attraente e infame, ti invita ad affrontarlo per poi farti lo sgambetto. Ma il futuro c’è, non siamo senza futuro. Il futuro ci sarà, sarà deludente e allo stesso tempo così dannatamente sexy. Il presente è un futuro che non ce l’ha ancora fatta. Inizia il secondo tempo della nostra vita artistica, quella fase in cui si passa da giovani promesse a soliti stronzi, con un disco che racchiude tutte le cose che non troverete altrove: politico e sentimentale, intimo e sociale, stupido, sexy, futuro. Noi umili emiliani speriamo solo di poter entrare nelle orbite del cuore di qualcuno che vorrà ascoltare”.

Tra polemica, politica e…

Già dal primo brano, Lo Stato Sociale mostra le sue vere intenzioni, con La musica degli sfigati che si avvale della collaborazione dei Management, lancia direttamente l’arco contro il mercato musicale odierno, criticando la musica mainstream e i colleghi che la fanno:

Mi piace la musica sporca, cantata e suonata male
Fatta con tre euro, che ti spacca le orecchie e il cuore
La musica fuori dalle radio, dalle playlist, dalle classifiche virali
Che non parla di quanto scopi, di quanto sei ricco e famoso

Ma non è solo la musica il bersaglio,  sono infatti diverse le tracce che ci riportano indietro nel tempo, a quello Stato Sociale che tanto ci ha fatto innamorare, quelle connotate dalla critica politica. Con Pompa il debito e Anche i ricchi muoiono, due ballate “così indie”, Bebo e Albi sparano a zero: il primo sulle ipocrisie della società odierna, il secondo contro i super ricchi del nostro tempo.

Con Ops, l’ho detto, che si avvale delle voci di Cimini e Drefgold, il brano più dissacrante dell’album, il gruppo bolognese rompe ogni politicamente corretto:

Per la musica ma anche per il successo
Per l’amore ma più spesso per il sesso
Chi parla di famiglia naturale è un gay represso

L’altro pezzo forte dei regaz è l’autoironia, prendendosi in giro in modo intelligente e ponendosi in empatia con l’ascoltatore, è il caso di Vita di m3rda 4ever.

Amore 

Ma, come in qualsiasi album dello Stato Sociale che si rispetti, non poteva mancare l’introspezione intima e romantica del nostro Lodo, che ci regala una nuova Niente di Speciale, con una storia particolare dietro:

Sono stato quattro anni con una ragazza. Ho fatto dei gran casini. L’ho tradita, ho scritto niente di speciale, mi ha chiesto almeno non cantarla tu. Ci siamo amati, ci siamo fatti male. È finita a pochi giorni dal suo compleanno. Preso dal senso di colpa, mi sono rifugiato a Livorno per due giorni. Ho bevuto il mar Tirreno e registrato una canzone per lei da Appino degli Zen. Gliel’ho regalata per il compleanno, con la promessa che non l’avrei mai pubblicata, sarebbe stata solo per lei. Lei l’ha ascoltata e ha detto “già fai i casini, già mi molli, poi mi fai pure la canzone? Allora sei un coglione”. Aveva ragione».

Così Lodo Guenzi racconta via Instagram cose c’è dietro l’ultimo singolo de Lo Stato Sociale. Il brano si intitola Per farti ridere di me e Lodo lo canta con Mobrici.

Un altra canzone strappalacrime, che racconta di tutti gli amici incontrati durante la carriera della band, è Tutti i miei amici,  dove trovano spazio Aimone Romizi, Tommaso Paradiso, Nicolò Carnesi, Andrea Appino, Calcutta, Mirko Bertuccioli, Pupi Avanti.

Per concludere il trittico che parla al cuore, facendoci venire anche velo di nostalgia e amarezza è Senza di noi:

Io non ci so stare senza di noi
Noi anime buone, brutte personе
Chi siamo davvero non ce lo diremo mai
Non ci so starе senza di noi
Noi fatti, falliti, oggetti smarriti in un mare di guai

Nuovo vecchio Stato Sociale

Concludono l’album due brani che ospitano due collaborazioni d’eccezione, Che Benessere !? che si mischia con il punk di Naska,  il brano più “spensierato” e Fottuti per sempre, con Vasco Brondi, che rappresenta un po’ il senso del percorso e il resoconto della vita recente della band.

Insomma, Lo Stato Sociale torna al passato per ritrovare le proprie radici, per non perdersi nella mediocrità della scena musica odierna, una seconda vita per farci vivere e sognare oggi, uno Stupido Sexy Futuro!

 

Gaetano Aspa

Gli anni di Cristo: avere trent’anni secondo Mobrici

Un album che racconta emozioni, dubbi e difficoltà dell’avere trent’anni, e che pur essendo vario rimane fedele all’autenticità di Mobrici. Voto: 5/5

 

Due anni dopo l’esordio da solista con l’album Anche le scimmie cadono dagli alberi, Mobrici torna sulla scena musicale con Gli anni di Cristo, il suo nuovo progetto discografico uscito il 31 marzo scorso. Composto da undici tracce e anticipato da tre singoli, l’album è stato realizzato assieme al produttore Federico Nardelli (Maciste Dischi).

Ex frontman del gruppo musicale ormai sciolto Canova, Matteo Mobrici, dà alla luce un disco scritto interamente a cavallo dei suoi 33 anni, come suggerisce il titolo. Si tratta di un album che racchiude le esperienze di vita trascorse dall’autore nell’ultimo anno, nelle quali un’intera generazione può riconoscersi. Mobrici si fa, infatti, portavoce di tutti i suoi coetanei e non solo, esprimendo quegli interrogativi, quei dubbi, e quelle consapevolezze che tanto caratterizzano un’età critica come quella dei trent’anni.

Ricco di numerosi spunti di riflessione differenti sulla crescita e sul cambiamento, l’album è vario anche a livello sonoro, cambiando stato d’animo da una canzone all’altra, passando dal romanticismo, alla malinconia, alla spensieratezza.

Gli anni della maturità

Avere figli oggi o non averne mai nessuno?

E’ questa la domanda che si pone il cantautore in Figli del futurocanzone che con un ritmo allegro e coinvolgente affronta il tema delicato della genitorialità.

A trent’anni spesso succede di guardarsi intorno e vedere i propri amici e conoscenti mettere su famiglia. In un’epoca piena di instabilità, economica ed ambientale, ci si chiede se valga davvero la pena di mettere al mondo un figlio che erediterà un futuro ricco di incertezze. Mobrici in questo brano non riesce a trovare una risposta a questo quesito, e lascia trarre a noi le conclusioni, che lo ascoltiamo e ci balliamo su.

Luna è invece una canzone che nasce da un episodio realmente vissuto dall’artista:

L’anno scorso alla fine di un concerto ho incontrato una ragazza prima di tornare in albergo. Quando succede così ti aspetti che ti chiedano una fotografia o che ti facciano dei complimenti. Questa ragazza invece aveva degli occhi quasi commossi e mi aveva fermato solamente per dirmi che non ce la faceva più, che era stanca della vita che faceva. Subito dopo mi ha chiesto un abbraccio e se n’è andata. Fonte

E’ una traccia in cui in tanti possiamo immedesimarci: il sentirsi inadeguati e l’essere infelici della propria vita sono sentimenti comuni a molti, riassunti ad esempio nella frase “La festa è finita abbasso la vita”, un piccolo omaggio a Rino Gaetano e la sua Gianna. Il doversi confrontare con la propria vita è un tema affrontato anche in Revolver, canzone che prende il titolo dall’omonimo album dei Beatles, e che ricorda molto i brani dei Canova per le sonorità. E’ un brano dal testo significativo, in cui si chiede alla vita stessa di permetterci di poter vivere liberamente:

Vita mia, vuoi tu lasciarmi vivеre, vivere
O forsе sei proprio tu a farmi morire, morire?

Le canzoni d’amore di Mobrici: tra malinconia…

Dalle ballad delicate ai brani più movimentati da cantare a squarciagola, all’interno del disco non mancano le canzoni romantiche da dedicare, assieme a quelle che cantano di amori passati.

La traccia d’inizio è Sexe, un brano dal ritmo elettronico, dal testo diretto che entra in testa sin dal primo ascolto, così come Kaseirkeller, che con un testo ironico e a tratti cinico, racconta di una storia finita male. Anche questa volta il titolo è un riferimento ai Beatles, e più precisamente ad un locale di Amburgo dove il gruppo si esibiva prima di diventare famoso.

Ma tra le canzoni di questo genere la più incisiva è Luci del Colosseo, singolo uscito a Novembre 2022, che racconta di una storia d’amore a distanza sulla tratta Milano-Roma. Con una fusione tra suono synth ’80 e un’orchestrazione all’italiana, descrive alla perfezione le difficoltà del mantenere una relazione a distanza, e tutte le sensazioni che si provano con essa, come la mancanza della persona amata che a lungo andare si avverte sempre di più.

…e spensieratezza!

Tra le canzoni più emozionanti invece, per testo e melodia, vi è Amore mio dove sei, un duetto con il cantautore Vasco Brondi, primo ospite dell’album. Le voci dei due artisti suonano in perfetta armonia, e si rivolgono ad un amore che non esiste in quanto non si conosce ancora, ma che prima o poi arriverà, e quando lo farà accadrà in modo intenso e profondo, per concludere finalmente un percorso fatto di solitudine, dolore e delusioni.

Amore mio, dove sei?
Quante ne hai passate senza di me?
E quante volte al giorno hai pensato di piangere?

Chiude il disco in bellezza Stavo pensando a te (con Fulminacci), la versione dell’iconico pezzo di Fabri Fibra, già rilasciata nella primavera dello scorso anno. Nata tra i due in modo casuale, la cover è comparsa nella colonna sonora di Fedeltà, serie tv di Netflix Italia uscita il 14 febbraio 2022, e poi pubblicata il 1 Aprile seguente.

Capolavoro dal forte coinvolgimento emotivo, al suo interno riprende una delle frasi del ritornello di Ho Capito Che Non Eravamo dei Canova: Ciao, ciao, ciao, amore”, che ripetuta continuamente sul finale, contribuisce ad accrescere il senso di malinconia.  

Giulia Giaimo

Fake News: nonostante il nome, un album sincero

 

L’album riesce ampiamente a trasmettere ciò che vuole, forse però senza variare troppo dalle recenti sonorità dei Pinguini. Voto UVM 4/5

 

Tutto ha avuto inizio questa estate, quando in rete cominciarono a diffondersi alcune indiscrezioni intorno ad un presunto scioglimento dei Pinguini Tattici Nucleari, la band musicale bergamasca più in voga in Italia. E proprio queste indiscrezioni, in seguito smentite dal frontman del gruppo Riccardo Zanotti, hanno poi ispirato i PTN per la realizzazione del loro nuovissimo progetto discografico, pubblicato lo scorso venerdì 2 Dicembre, intitolato Fake News.

Rilasciato con quattro copertine differenti tra loro, in cui in ognuna gli artisti sono raffigurati come protagonisti di falsi articoli di giornale, l’album contiene 14 tracce, di cui una (la settima) disponibile solo nel formato fisico del disco.

Tutta la verità sui Pinguini Tattici Nucleari

In un’epoca in cui disinformazione e manipolazione delle notizie sono fenomeni in crescita, le cosiddette ‘bufale’ finiscono per inquinare persino l’ambiente musicale. Inoltre, è solito degli artisti prendere “in prestito” esperienze di amici e conoscenti, andando ad arricchire così i contenuti dei loro testi. Ed è in questo clima che i Pinguini Tattici Nucleari sembrano invece voler raccontare una storia vera, regalandoci un album seppur molto autoreferenziale, ricco di situazioni in cui tutti possiamo immedesimarci.

Zen, la traccia d’apertura del disco, è il tentativo riuscito di narrare la realtà dei fatti: è un pezzo urban in cui Zanotti rivela al pubblico l’altra faccia della medaglia dell’avere successo, trasportandoci all’interno della propria coscienza, alla ricerca di un equilibrio tra le infinite pressioni e paure che incombono nell’approcciarsi con la sua professione.

Ma i dolori che ho annegato qualche volta tornan fuori
Come gocce nella doccia che non mi fan dormire mai
O come quelle che mi prendo per non sbagliare troppo ai live.

Ed è sempre Zanotti che in Barfly ci svela la realtà che spesso sta dietro l’illusoria promessa di un futuro migliore all’estero, riportandoci indietro nel tempo nella sua vita a Londra da studente e lavoratore part-time. Il brano deve il titolo all’omonimo pub di Chalk Farm, che il cantante era solito raggiungere nei suoi pochi momenti di svago.

Ma la traccia autobiografica per eccellenza è Dentista Croazia, secondo dei tre singoli che hanno anticipato l’album. E’ la storia della gavetta affrontata da un gruppo ancora agli esordi, che percorre tragitti immensi su un furgone noleggiato a poco prezzo, per riuscire ad esibirsi nei locali in giro per l’Italia. Rappresenta una significativa fase di vita della band, e la scelta di non trasmetterlo in radio lo rende ancora più speciale.

 

Tra citazioni e riferimenti alla pop culture

Componente essenziale della scrittura dei Pinguini, e punto di forza dei testi dell’album, è la presenza di numerosi giochi di parole ed inside joke. E tra sottili reference a canzoni dei Coldplay, musica degli U2 e performance dei Maneskin, il disco è un concentrato di molteplici richiami alla cultura popolare. Per citarne solo alcuni:

In Non Sono Cool si fa riferimento alla canzone Indietro di Tiziano Ferro, con il verso:

Hai nomen omen
E, se ci pensi, “raccordi” è l’anagramma del mio nome

E a chi li accusa di aver adottato nel tempo un sound esageratamente pop, i sei ragazzi di Bergamo rispondono con ironia:

A ventisette puoi morire, oppure diventare un po’ più pop (“Dentista Croazia”)

Nell’ottica commerciale, però, la scelta di seguire un percorso che vira al mainstream ha dato i suoi frutti, garantendo alla band un successo che ha permesso il tour negli stadi previsto per l’estate 2023:

Non so a che stadio siamo dell’evoluzione
Però forse in questa stessa frase trovo la risposta (“Dentista Croazia”)

Tirando le somme

Fake News non apporta importanti variazioni di stile alle sonorità che di recente hanno trascinato la band al successo ma bisogna riconoscere la messa in atto di una volontà di sperimentazione: Non sono cool e Fede sono forse le tracce più interessanti dal punto di vista strumentale poiché strizzano l’occhio alla vena rockeggiante dei Pinguini del passato. Anche Melting Pop, pur essendo caratterizzato da sonorità pop riesce a distinguersi, in quanto, come suggerisce il nome stesso, è contaminato da una miscela di influenze musicali diverse.

A chiudere il disco è Cena di Classe, ballad che per lo stile ricorda Freddie di Fuori dall’Hype (2019), e che riflette quindi la tradizione cantautorale e la grande abilità di storytelling del gruppo. E’ la traccia che forse rappresenta al meglio ciò che Fake News vuole comunicare, poiché attraverso la storia di un incontro tra vecchi compagni di scuola, condanna chi si rifugia nell’ ipocrisia per celare le proprie debolezze, chi resta fermo ai titoli “clickbait” senza leggerne davvero il contenuto. A tal proposito, merita di essere menzionato l’omaggio della band a Cloe Bianco, reso con lo scopo di veicolare al mondo un messaggio ben preciso: per progredire in quanto società, alcune storie non devono essere dimenticate.

Per far capire le stelle agli scemi servono Laika da poter bruciareMa Bianco ora è cenere che sporca i divani di chi ancora usa la parola “normale”

 

Giulia Giaimo

Viaggio alla scoperta di Calcutta: tra luoghi e città d’Italia

Se parliamo di Calcutta pensiamo all’indie che è diventato fenomeno mainstream, pensiamo ai testi indecifrabili quasi quanto una poesia di Ungaretti ed illustrati sui social, ad un tipo di cantautore schivo e riservato un po’ alla Battisti. Ma soprattutto alle immagini e ai luoghi che le sue note sono in grado di evocare anche se le ascoltiamo stesi tra “i sospiri nel letto”.

Quante città e luoghi d’Italia sbucano nelle sue canzoni? Lasciate perdere “Milano” e “Frosinone”. Oggi che è il compleanno di Edoardo d’Erme, in arte Calcutta, vi trascineremo in un viaggio coinvolgente dentro cinque canzoni che saranno in grado di farvi partire, anche durante questa noiosa quarantena!

Edoardo d’Erme, in arte Calcutta, in concerto all’Arena di Verona. Fonte: news mtv italia.it

Gaetano

“E ho fatto una svastica in centro a Bologna ma era solo per litigare”

Un must della discografia di Calcutta è sicuramente la traccia che apre l‘album Mainstream ( 2015),  una ballata  tradizionale nella struttura ma che strizza l’occhio al synth-pop soprattutto nell’ultima parte. “Le fiamme in un campo rom” e “la svastica in centro a Bologna” sono immagini molto forti, che a una lettura superficiale sono state giudicate filonaziste. Ma al di là di singole parole e frasi quasi incomprensibili, emerge una dedica un po’ arrabbiata forse a un’ex troppo diversa che è bene lasciar andare. E poi la confessione esplode con dolcezza nel bridge: “Ma in verità ti vorrei accompagnare/ fare ancora quattro passi con te/ ma è difficile se vai veloce stare al passo con te…” “Come si fa?” si chiede l’autore. E ce lo chiediamo tutti con lui in un intermezzo strumentale sognante e a tratti beatlesiano.

“Mainstream”: cover. Fonte: amazon.it

Cosa mi manchi a fare

“Pesaro è una donna intelligente/ forse è vero ti eri fatta trasparente”

Ma che caspiterina significherà mai “Pesaro è una donna intelligente”? Inserire città a caso nei versi delle canzoni è forse la nuova moda dei cantanti indie? In ogni caso le canzoni di Calcutta sono così: inutile puntare a scovare il significato del singolo verso, ma farsi travolgere dal potere evocativo del suono.

E per suono non si intende solo quello delle note, ma anche e soprattutto quello delle parole. Arrangiamenti elettronici e versi schietti come “volevo solo scomparire in un abbraccio” sono gli ingredienti di questa ballata del 2015 tratta sempre da Mainstream e che ha segnato la nascita del fenomeno Calcutta. Il video-clip che ha per protagonista un bimbo come tanti testimonia ancora di più il carattere schivo e restio ad autocelebrarsi del suo autore. Notevole anche la cover acustica di Coez tratta dal suo From the rooftop (2016).

Chi non si è mai commosso su queste note mente!

Dal videoclip di “Cosa mi manchi a fare”. Fonte: listone mag.it

 

Sorriso

“Milano-Dateo sulla mappa è un neo”

Siamo ormai alla traccia più recente: “Sorriso” singolo pubblicato il 7 giugno 2019 e inserito poi nella ristampa di “Evergreen”.

Cos’ha ormai da raccontarci un cantante indie prestato al pop?

In “Sorriso” abbiamo sempre una città: Milano – già protagonista della canzone omonima (Mainstream) e di “Paracetamolo” (Evergreen)- con il suo caotico labirinto di strade e stazioni metro che sulla mappa spariscono quasi come nei. E in questa folla di persone che si incontrano, si perdono e non si baciano da due anni, il cantante strappa alla sua amica una promessa: “Ti prego amore mio promettimi/ che persa nei tuoi giri/ se qualcuno poi ti parla di me (parla di me)/ un sorriso ti spaccherà in tre.” Pare che l’ispirazione del nostro D’Erme sia stato l’abbagliante sorriso di Mia Martini appena le nominarono il suo amore di un tempo: Ivano Fossati. Un motivo in più per ascoltarla.

 “Sorriso”: cover. Fonte: Amazon.it

Hubner

“ Venezia è bella, ma non è il mio mare”

Questa è forse una delle canzoni meno conosciute del cantante di “Pesto”, ma sicuramente meritevole di ascolto al pari di tante altre. Settima traccia di “Evergreen” (2018), è forse una delle più intimiste, con arrangiamenti e coretti vintage ed un testo ermetico a dir poco: “ io certe volte dovrei fare come Dario Hubner/ e non lasciarti a casa mai a consumare le unghie” Dedica a un’amante insicura? Al di là dei soliti riferimenti geografici (compaiono Venezia e Fondi) spicca sicuramente la figura di Dario Hubner: per chi non lo sapesse, attaccante del Brescia negli anni ’90 ed “eroe romantico” in quanto esempio di calciatore coraggioso e ribelle. Che dire? La musica indie avvicina al calcio anche i profani!

“Evergreen”: cover. Fonte: genius.com

Del verde

“Preferirei una spiaggia di Sardegna”

Altra traccia di Evergreen su cui sono state fatte diverse congetture è “Del verde”. Stavolta non fa da sfondo nessun panorama urbano, ma spiagge di Sardegna e boschi imprecisati. Cos’è “quel verde tutto intorno” che il cantante preferirebbe anche alla “città più bella che abbia visto”, alle comodità della vita, al tanto decantato “posto fisso”? Le orecchie più maliziose sentono un riferimento alla droga. Gli animi romantici vedono una coppia di amanti che al di là delle ristrettezze economiche (“ti presterò i miei soldi per venirmi a trovare”) possono giocare ad essere per un po’ “Sandra” e “Raimondo”, perdersi nel bosco e prendersi “una notte per ricominciare”.

Calcutta in mezzo al “verde”. Fonte: mp3 cielo.it

Cos’altro aggiungere?

I nostalgici, per far conoscere l’Italia attraverso la musica, farebbero ascoltare ad uno straniero solo il grande cantautorato. De Andrè, Dalla, Battisti e tanti altri sono e devono rimanere mostri sacri e intoccabili, ma da un paio d’anni a questa parte l’indie-pop ha rappresentato una vera rinascita nel panorama musicale italiano. Non solo un fenomeno commerciale ed alla moda, ma un fiorire di testi profondi e originali. E tutto ciò non è da sottovalutare!

Angelica Rocca