La passione per l’arte da Messina a Parigi

Conosciamo Serena Bucalo: responsabile del Dipartimento di conservazione e gestione delle opere di Yves Saint Laurent Paris.

Sono Roberta Leone, studentessa di Scienze dell’informazione attualmente in Erasmus a Parigi. Grazie alla redazione di UniversoMe ho avuto l’opportunità di incontrare Serena Bucalo e di visitare il museo di Yves Saint Laurent.

Serena Bucalo e Roberta Leone nel museo Yves Saint Laurent di Parigi

«La costante volontà di farcela mi ha spinto e mi spinge tuttora a lavorare e dedicarmi alla mia passione: l’arte». Conosciamo così Serena Bucalo, originaria di Messina, adesso responsabile delle collezioni della sede principale di Yves Saint Laurent a Parigi.

Serena è grata alla sua famiglia che le ha permesso di sviluppare l’amore per l’arte e per la cultura sin da piccola, per aver creduto in lei ed averla supportato nei suoi sogni dandole l’opportunità di svolgere degli studi che le hanno permesso di lavorare nel mondo dei musei.

Il suo percorso inizia proprio a Messina, laureata con il titolo Operatore dei Beni Culturali presso l’Unime che le ha fornito le basi per poter intraprendere questa strada nel mondo dell’arte. Supportata dalla madre originaria di Parigi, sceglie di specializzarsi presso l’Ecole du Louvre che le dà la chiave per entrare nel mondo del lavoro.

La sua carriera inizia al Musée d’Arts Décoratifs e dal 2013 ha occupato il posto di Conservatrice alla Fondazione Giacometti, grande scultore del XX secolo. «Mi ha permesso di mettere in pratica gli studi e di organizzare delle mostre sia in Francia che all’estero».

Gold: tema della mostra attuale (Ottobre 2022 – Maggio 2023)

Con tanta perseveranza e passione nei primi di Ottobre 2022 ottiene il ruolo di responsabile delle collezioni patrimoniali della sede ufficiale della grande azienda di moda a livello internazionale situata nella storica casa di Yves Saint Laurent nel XVI arrondissement di Parigi. 

«Ho lasciato Messina all’età di 26 anni ma ancora oggi mi sento tanto italiana ed ammetto che mi mancano i momenti di fine giornata passati al mare ed il calore messinese». Proprio per questo, lavoro permettendo, coglie spesso l’occasione per tornare nella sua città e dai suoi cari.

Serena ci saluta: «Se dovessi dare un consiglio ai giovani messinesi direi loro di non perdere l’entusiasmo e di rimanere appassionati persino nei momenti difficili perché la fatica e i sacrifici prima o poi verranno premiati».

Ringrazio la dottoressa Serena Bucalo per aver mostrato la sua disponibilità per un’intervista all’interno del museo.

Roberta Leone

Unime: Avvio dei laboratori di potenziamento

E’ stato predisposto l’UCT “Orientamento e Placement”, un progetto volta a supportare gli studenti universitari. Si tratta di laboratori di potenziamento per studenti volti a far riflettere circa le difficoltà riscontrate.

Laboratori di potenziamento/ Quando si svolgeranno queste attività?

Queste attività saranno svolte in presenza nei locali di Palazzo Mariani in via Consolato del mare n.41 nella nell’Aula Ausilioteca. Si svolgeranno 4 incontri da 12 ore totali. Agli studenti partecipanti verrà riconosciuto 1CFU. Potranno partecipare al progetto fino a 15 fino ad esaurimento delle richieste.

Le date disponibili, nei mesi di gennaio e febbraio sono le seguenti:

Il 27 gennaio 2023 dalle 10 alle 13, a cura della dott.ssa Laura Zanghì in collaborazione con le dottoresse Lucia Guerrisi e Laura Culicetto si terrà il laboratorio “Scelta universitaria – motivazioni, interessi e aspettative” . Quali sono le finalità dell’incontro? Gli obiettivi sono i seguenti: lo sviluppo e il consolidamento delle capacità di riflessione inerenti alle scelte ed impegni assunti.

Il secondo laboratorio dal titolo “Consapevolezza di sé: gestione delle emozioni e dello stress” avverrà il 3 febbraio 2023 dalle 10 alle 13. Anche questo laboratorio sarà a cura delle dott.ssa Laura Culicetto in collaborazione con le dottoresse Lucia Guerrisi e Laura Zanghì. Gli obiettivi di questo secondo incontro sono  favorire la consapevolezza emotiva e l’autovalutazione delle abilità di “problem solving” e “coping” in situazioni molto stressati, come le sessioni d’esami.

Laboratori di potenziamento
Fonte: www.freepik.com

Gli incontri di febbraio

Il terzo laboratorio si svolgerà il 10 febbraio 2023 dalle 10 alle 13sempre a cura della dott.ssa Lucia Guerrisi in collaborazione con le dottoresse Laura Zanghì e Laura Culicetto. Il nome di questo laboratorio sarà “Autoriflessione sulle problematiche che contrastano il successo negli studi”.  Gli obiettivi di questo terzo incontro,  sono il contrastare il ritardo nel raggiungimento dei traguardi formativi del percorso di studio. Quest’ultimo si coniuga con la volontà di far emergere problematiche connesse ad autostima, autoefficacia e stili attributivi.

L’ultimo laboratorio  quale “Take home message: riflessioni conclusive” si terrà il 17 febbraio 2023 dalle 10 alle 13 sarà a cura del dottore Alberto De Luca in collaborazione con dottoresse Laura Zanghì, Lucia Guerresi e Laura Culicetto. Gli obiettivi di questo quarto ed ultimo, ma non per importanza, incontro sono il riflettere sui laboratori precedenti, promuovendo la costruzione di strategie pratiche per poter affrontare e superare gli ostacoli che si incontrano facilmente negli ambienti universitari durante il proprio percorso.

Per iscriversi, inoltre, è necessario inviare un’email a orientamento@unime.it.

Per accedere alla locandina, clicca qui.

Gaia Ilacqua

Diario di una fuorisede superstar 5° parte

La pioggia incalzava.

Era ora di pranzo e gli studenti, accalcati davanti le porte dell’ingresso della mensa, cercavano di non far cozzare i loro ombrelli, o meglio, di non cavarsi le pupille a vicenda.

La fila per pagare il ticket era immensa, come qualunque cosa in città non appena scendesse un po’ di acqua dal cielo. Penelope aspettava da sola il proprio turno, con le cuffie all’orecchie, i capelli scompigliati dal vento e la felpa fradicia.

-Pranzo completo, grazie- la sua voce era stanca. La sera prima era uscita con le coinquiline, avevano passato delle ore divertenti insieme, tra qualche birra e i soliti pettegolezzi sui ragazzi. Erano per di più critiche, più o meno velate, verso i loro coetanei e i loro comportamenti a volte indecifrabili, a volte, incommentabili.

Il vento infuriava fuori dalle vetrate e il padiglione non le era mai sembrato così affollato. Riuscì a trovare un tavolo libero in fondo, dopo aver quasi fatto cadere il bicchiere di coca che aveva riempito non senza un certo sforzo. La borsa le pesava e il fatto di avere i calzini bagnati la infastidiva notevolmente. Per completare il disastroso pranzo, la batteria del suo telefono si scaricò.

Ripose le cuffie accuratamente in borsa e con una certa spossatezza.

-Ciao, scusa, posso sedermi? I miei amici hanno già pranzato e oggi la mensa è un casino- a parlare era un ragazzo alto, riccio; un tipo che lei aveva già visto e ricordava esattamente dove e quando.

Era il ragazzo del tram, quello che le era sembrato estremamente carino a inizio anno, non appena si era trasferita. Non l’aveva più rivisto e aveva dimenticato di averlo incontrato. Eppure eccolo lì, uguale alla prima volta, con lo stesso sguardo magnetico e lo stesso fisico dinoccolato.

Penny non riuscì a dire nulla in un primo momento, cosa che non le era comune.

-Se aspetti qualcuno, trovo un altro posto senza problemi, tranquilla- insistette lui, un po’ in imbarazzo.

-Non aspetto nessuno, siedi pure- disse lei, senza prendere fiato.

Non era la verità, aspettava Nico, loro pranzavano sempre insieme; ma se ne era dimenticata, completamente.

-Oscar, piacere- disse lui dopo aver poggiato il proprio zaino di pelle per terra.

-Penny-

-Sei del primo anno? Non ti ho mai vista in giro-

-Neppure io te-

Penny si rendeva conto di non riuscire a dire una parola se non in modo biascicato, le mancava il fiato. Non sarebbe neppure riuscita a mangiare. Lui non era il solito bello che non balla, uno vuoto. Aveva iniziato a raccontarle un po’ della sua vita, era uno sicuro di sé, con una certa tendenza al narcisismo, ma tutto giustificato, si diceva lei.

-Ti offro il caffè uno di questi giorni- attaccò lui.

Nico arrivò in quel momento, lei sapeva che lui aveva sentito e questo, non sapeva perché, ma le dispiaceva. I due si presentarono con una falsa simpatia mista a un fastidioso disappunto reciproco.

Penny li lasciò soli per andare in bagno.

-Ma che giornata di… Però ora so come si chiama– si fissava allo specchio, era conciata uno schifo.

 

Ilaria Piscioneri

Diario di una fuorisede superstar, 3° parte

Era trascorso un mese dal suo trasferimento in città.

Si era ormai abituata ai ritmi universitari, frenetici e disordinati.
Aveva compilato tutti i moduli necessari, il tesserino della mensa, ogni tipo di abbonamento fattibile, ai trasporti, ai musei, al cinema, sua grande e irrinunciabile passione.

Dopo quella prima settimana di feste, hangover e confusione totale, aveva rimesso a posto i pezzi della sua vita.
Aveva ordinato la stanza, che ora, dopo quattro settimane, riusciva a identificare come “sua”.

Eccetto le uscite serali nel weekend con le coinquiline, non faceva alcunché di esagerato.
Le sue giornate si ripetevano identiche, come un rullino che continua a girare anche dopo che il nastro è finito.
Sveglia alle sette, colazione rapidissima, autobus, tram, ultimo autobus e lezioni, martorianti, fino alle sei del pomeriggio.
L’ora a mensa era la sua unica distrazione, seppur passata ad osservare l’ambiente attorno a lei e il comportamento dei suo coetanei, dei quali si autoproclamava “studiosa incallita”

In fin dei conti, cominciava a sentire una certa malinconia, solitudine.
Le ragazze che abitavano con lei erano sì, simpatiche, ma non era ancora in grado di definirle “amiche”.
I colleghi del suo corso erano per lei, anonimi, dei veri e propri estranei.
Ricordava appena due o tre nomi, soprattutto dei ragazzi; quelli, in effetti, che facevano più casino nelle pause tra una lezione e l’altra.

Era un venerdì mattina, lei ripercorreva tutto il mese trascorso.
Non era tornata a casa neppure una volta fino a quel momento, ma si era decisa a comprare il biglietto per quel pomeriggio.
Voleva testare la sua resistenza, o più che altro la sua capacità di essere indipendente; 30 giorni, ne era soddisfatta. Sua madre invece completamente entusiasta. Stava già organizzando il pranzo domenicale, con tanto di doppio primo e parenti di secondo grado.

Penelope aspettava l’autobus, l’orologio segnava le 12.
Aveva deciso di non pranzare alla mensa, ma di partire direttamente.
< Hemingway è fantastico > una voce dietro di lei la ridestò e il libro, che aveva poggiato sulle gambe, capitolò sui gradini della fermata.
Il ragazzo prese posto, con decisione, accanto a lei.
< Nico, piacere> disse lui con un tono indecifrabile, beffardo, quasi si stesse prendendo gioco di lei.
< Penelope > sussurrò lei, velocemente.

Lui recuperò il romanzo e lo sfogliò come fosse suo.
< Anche a me piace sottolineare le frasi più belle, brava> disse. Glielo restituì e si accese una sigaretta.
< Già, lo faccio da quando ero piccola> iniziò Penny < Ma, senti, frequentiamo lo stesso corso per caso? >. Lei non si spiegava tutta la sicurezza del ragazzo e, dato il suo essere smemorata, aveva supposto che potevano esser colleghi.

<No. Andavamo al Liceo insieme, non ricordi? Io frequentavo la B. Ti ho chiesto anche di uscire una volta> mormorò lui sorridendo, mostrando una dentatura perfetta.

Penelope lo guardò meglio, per qualche secondo.
L’autobus era arrivato.
< Sì, certo. Ora ricordo. Nicolò, eri rappresentante d’istituto! >.
Le prese la borsa e la sistemò, insieme alla propria, nell’autobus.
Tornarono a casa chiacchierando per tutto il tempo.

                                            Ilaria Piscioneri

Vinicio Capossela incontra a teatro gli studenti dell’Università di Messina per un racconto che ricalca radici e Ombre d’inverno

“Quando venivo in treno da Catania mi acquietava vedere la riva spoglia di corpi umani, quasi che l’estate fosse una febbre collettiva di cui finalmente ci si era sbarazzati. Mi ha dato un senso di quiete. L’inverno secondo me ci spinge a un rapporto di intimità con noi stessi, con le cose. Nella cultura popolare era la stagione del racconto, del focolare. Il fuoco genera il racconto, le ombre del racconto, dove nella penombra non si distingue la verità dall’immaginazione”

Al via la collaborazione dell’Università con l’Ente Teatro Vittorio Emanuele di Messina.
Un pomeriggio di metà novembre all’insegna di un colloquio da vicino con il cantautore, originario dell’Irpinia, esploratore di vaste latitudini materiali e immaginarie per vocazione e ricerca artistica, riservato agli abbonati di questa stagione teatrale e agli studenti Unime.
Quello con Capossela è uno degli appuntamenti che quest’anno permetteranno ai ragazzi e ai docenti dell’Università, oltre che agli allievi del Conservatorio, di incontrare in anteprima i protagonisti degli spettacoli sul cartellone. Agli iscritti all’ateneo peloritano è riservato inoltre il 50% di sconto sull’abbonamento e una riduzione del prezzo del biglietto per i singoli eventi in programma.

Appare d’un tratto con il suo consueto cappello da prestigiatore e la barba folta, nel ruolo di incantatore o sciamano accorso da geografie remote, nella sala Sinopoli del teatro Vittorio Emanuele, prima di fermarsi per una rapida intervista davanti a una telecamera. Il pubblico composto da giovani e curiosi, include artisti messinesi come per stabilire un dialogo fecondo tra un’intera città intorno ai temi dell’arte e della cultura. Il nuovo presidente del teatro, Luciano Fiorino, introduce l’intervista condotta da Katia Trifirò, professoressa del Dipartimento di Scienze Cognitive, e Matteo Pappalardo, direttore artistico della sezione Musica del Vittorio Emanuele. L’incontro alla vigilia della seconda tappa del tour Ombre nell’Inverno è stato fortemente voluto, spiega Pappalardo, perché Vinicio è un’artista che non ha mai guardato ai grandi numeri, al successo facile: “Da quando lo seguo, e cioè da più di vent’anni, a partire dal Premio Tenco, si è ritagliato uno spazio di grande significato attraverso non soltanto la musica, ma anche coi suoi scritti e i suoi romanzi”.

Terra dove finisce la terra; scelta del luogo non casuale, dopo il primo concerto a Carpi, in una “strettoia” di confine dove è forte il vento d’Africa, come recita Il Ballo di San Vito. Vinicio sa incanalare con singolare fascino suggestioni che hanno delle radici in un bagaglio fatto anche di magie, fiabe e leggende, come quella di Colapesce raffigurata da Renato Guttuso sulla volta del Teatro Vittorio Emanuele. Al mito e al flusso di sentimenti che convogliano nella città, limite di un continente, Capossela ha voluto anche rivolgere, a testimonianza di un profondo coinvolgimento personale, un lungo omaggio su Instangram:

“città di miraggi, di aedi, di pescatori magici, di Pilone e di terra che trema. Città di primi prosatori, di cadaveri che sanguinano e sudano, della “Machina” e della “Vara”… fondata da giganti e retta da un Colapesce. Il teatro Vittorio Emanuele è sempre stato un miraggio, mai raggiunto in questi anni, e da quello iniziamo: dallo stretto, giacché le ombre nell’inverno sono la strettoia dalla quale tutti gli spettri, devono passare. Gli asini e i muli dei Nebrodi arriveranno fino dietro al telo per congiungersi a pesci, sante vergini, creature degli abissi e “gettati a mare”. Tutti allo stretto, indispensabile!”

Fin dai tempi di Camera a Sud (1994) è il mediterraneo con le sonorità e i ritmi folclorici, la musica da ballo e gli echi carnevaleschi dei riti collettivi, a interessare la produzione di Capossela, che si apre tuttavia negli anni a un randagismo istrionico in grado di assorbire e trasporre con originalità influenze diverse, dai Balcani al sud America fino alla Grecia, variando i riferimenti letterari e lessicali. Contaminazioni che attraversano lo swing, le ballate intimiste foriere di malinconie, il jazz, con testi caratterizzati da ironia sagace e raffinatezza verbale. Dai temi che affondano nella vita di tutti i giorni dei giovani di periferia, le serate al piano bar, le feste di piazza, ai grandi argomenti legati al tempo e alla solitudine, ai marinai alle sirene e ai mostri marini di una grande Odissea teatrale, fino alle ombre d’inverno, passando per il capolavoro Ovunque Proteggi (2006). Capossela si è oggi trasformato in un performer capace di incantare e coinvolgere il pubblico con magnetiche coreografie. L’album Canzoni della Cupa, lavoro discografico del 2016, sancisce il legame con la terra di origine (già nel film il Paese dei Coppoloni) e con il repertorio di miti oscuri di un meridione dove affiorano il sangue e le figure arcane di animali sotto il sole delle vendemmie del mezzogiorno.

Gli incontri tra la cittadinanza e il teatro Vittorio Emanuele si inaugurano, come sottolinea la Prof. essa Trifirò, all’insegna dell’opera aperta, della contaminazione tra le diverse arti. L’attività di Capossela fa infatti dell’ecclettismo e dell’incursione in settori diversi come il cinema, la letteratura, la radio e il teatro, il suo marchio di fabbrica. Particolarità che è possibile ritrovare nello spettacolo di tappa a Messina (unica data in Sicilia) e poi nel resto di Italia: “E’ una coincidenza fortunata che Capossela approdi in questo teatro con questo spettacolo arrivando a parlare del tema delle ombre dell’inverno, una stagione di passaggio, di conti in sospeso, di fiabe e solitudini, di gelo e di fiammiferi, proprio qui a Messina in un luogo sospeso su un confine terraqueo, un luogo che si attraversa, dai bordi permeabili e denso di fantasmi, colpito dalla ferita del terremoto come l’Irpinia, e caratterizzato da un immaginario fantasmagorico”.

Per Vinicio (che ha studiato all’università per due anni alla Facoltà di Economia e Commercio) l’arte è “qualcosa di divinamente inutile” nata per affrancarsi dalla lotta per la sopravvivenza. Tant’è che, parlando dei dipinti nelle Grotte di Lascaux, dice: “La prima scintilla nel divino dell’uomo si trova non tanto nelle sue preghiere ma nel fatto di avere dipinto su fiato in un osso queste prime figure. Per gli esseri umani l’arte è qualcosa di indispensabile da nutrire, e (rivolgendosi agli studenti presenti) tutti quelli che con lo studio e con la pratica – l’arte non deve necessariamente renderci grandi artisti o famosi artisti – si nutrono di arte fanno qualcosa di importante” pertanto: “la resistenza culturale è la prima cosa che esercitiamo per mantenere una forma di individualità di pensiero. Fare musica è un atto politico, come suonare il Rebetiko in un epoca di grande omologazione. Anche la musica popolare da ballo è una forma di resistenza. La musica popolare è nata raramente per esibirsi, ma per accompagnare atti collettivi, di lavoro, di festa, di lutto.”

La condizione dell’uomo contemporaneo, secondo Capossela, è quella di una diaspora, un allontanamento dalle proprie radici, che ha fatto perdere il senso di un’ Itaca, di una forma di unità. Questa condizione è possibile ritrovarla solo nel racconto: “Ernesto De Martino e Carl Gustav Jung sostengono che l’ombra, il cono nero, contiene qualcosa di cui non si è nemmeno consapevoli, che può essere anche un’ombra culturale. La radice è una forma di ombra”. Per cui: “Per arrivare a un senso di unità bisogna completare la parte di luce con quell’ombra. E’ interessante confrontarsi con l’ombra che spesso trova origine in una comunità culturale anche distante.” e “ l’appartenenza a una comunità di origine ci permette di non essere provinciali”.

Le ombre sono anche quella della morte, della solitudine e della vecchiaia in una stagione che proietta le oscurità ancestrali di antichi rituali e fantasmi, ma apre anche voragini personali: “Le ombre che all’inizio mi interessavano erano quelle di Nutless che, in C’era una volta in America, in un teatrino di fumatori d’oppio, proiettava ombre cinesi. Ma queste sono di altro tipo.
Nascono da meditazioni, e sono parte dell’esperienza umana”. Finché c’è vita, aggiunge con sarcasmo Vinicio Capossela, c’è spazio anche per poter dire: “Ah, questa riflessione me la ricorderò per tutta l’eternità quando sarò morto!”.

Il tour Ombre nell’Inverno, che da Messina proseguirà nel resto di Italia nei teatri fino al 13 dicembre, è uno spettacolo fatto di veli, riflessi e materiale folclorico, figure del sacro e del mito come quella del licantropo e di San Nicola nel racconto di Natale scritto insieme al catanese Jacopo Leone, che percorrerà l’ultima produzione discografica di Vinicio Capossela da Marinai, profeti e balene e Canzoni della Cupa.
Un’età matura nella carriera dell’artista che affronta adesso il tempo circolare del mito, non più quello dell’urgenza adolescenziale legata all’estemporaneità di amori difficili. Rispondendo alla domanda di uno studente chiosa così la questione che riguarda l’evoluzione di stile: “E’ curioso come le più terribili canzoni d’amore si scrivano da giovani, quando la nostra memoria non sta dentro un bicchiere, eppure la nostalgia ci vince”.

Eulalia Cambria
ph Fernando Corinto