Il Gladiatore II. Adesso parla la Storia

La situazione si ripete. Un miscuglio di sensazioni. Felicità, ansia, forse anche paura. Ci risiamo. Al cinema arriva un nuovo film storico, Il Gladiatore II.

Sono questi i primi pensieri di ogni appassionato di storia che si rispetti. L’ennesimo film ambientato in un’epoca remota del nostro passato che promette un divertente paio d’ore in cambio dell’ignoranza.

E sebbene Ridley Scott sia famoso per la sua “licenza poetica” in campo cinematografico, questa volta le inesattezze storiche sono così tante da non riuscire a tenerne il conto.

Un film deve dilettare, non educare. In questo film, però, gli sceneggiatori hanno riscontrato evidenti attacchi di panico. Nessun problema ad allestire enormi e costosissime scenografie.

Il male, però, incombe davanti al libretto di storia romana da pochi spicci. Si saranno allenati per mesi per riuscire a sfogliarne le pagine, tenendo sempre a portata di mano il Ventolin. Sì, perché fin dalla prima mezz’ora de Il Gladiatore II, emergono fin troppe incongruenze storiche che fanno rivoltare lo stomaco perfino a chi ne sa davvero poco.

Alcune scelte possono anche essere accettabili, come la datazione degli eventi volutamente errata per fini narrativi. L’impegno del regista e dei suoi sceneggiatori, però, impatta come il mare sugli scogli di fronte alla falsa Roma delineata nel film.  Andiamo con ordine.

Inizia l’orrore

La prima scena interessante del film vede infuriare una battaglia tra l’esercito romano, comandato da Giusto Acacio, e i numidi, comandati da Giugurta. Come viene detto nella scena introduttiva, questa azione bellica completerà la conquista della Numidia, sottomettendone l’ultima città costiera. Ed è qui che iniziano i problemi.

Il regno di Numidia venne conquistato dall’esercito romano in seguito alla guerra giugurtina nel 105 a.C., ben trecento anni prima gli eventi narrati da Ridley Scott. L’assedio, di proporzioni epiche, è una miniera d’oro di inaccuratezze storiche.

Ad uno sguardo disattento e inconsapevole, la scena funziona, la battaglia è architettata bene ed è piacevole alla vista. Uno storico, però, riesce a vedere ben oltre gli schizzi di sangue.

Ridley Scott propone uno scontro tra i difensori che sfoggiano armature del III secolo a.C. e gli assalitori che indossano armamenti pesanti imperiali. È sconcertante. Sarebbe come far combattere un esercito della Seconda guerra mondiale, armato di mitragliatrici, granate e cannoni, contro dei soldati del 1400.

Allorché il regista, intenzionato a rincarare la dose, decide di piazzare un bel trabucco, macchina d’assedio di epoca medievale, in mezzo alla piazza della città.

"The Battle of Numidia", Il Gladiatore II
“The Battle of Numidia”, Il Gladiatore II

Roma e i suoi imperatori

La scena si sposta a Roma, dove il generale Giusto Acacio, vittorioso, conduce i prigionieri di guerra. Al termine del corteo trionfale, il generale onora i due imperatori gemelli di Roma: Geta e Caracalla. L’aspetto dorato di questi due imperator divinizzati spiazza gli spettatori più disparati.

Condividono il potere e hanno ambizioni ben definite per Roma: la conquista della Persia; poi, dell’India. Il tutto sembra emanare una chiara parvenza ellenistica, a richiamo sia del grande Alessandro Magno (intenzionato a conquistare l’India), sia dei sovrani ellenistici a lui ispiratisi, inclini all’autodeificazione.

Purtroppo, gli eventi andarono diversamente.

Nel film non viene spiegato come i due fratelli siano saliti al trono. Sembrerebbero spuntare dal nulla. Geta e Caracalla sono i figli di Settimio Severo, succeduto a Commodo sul trono imperiale dopo la morte di quest’ultimo e la successiva guerra civile del 193-197. Geta e Caracalla, in realtà, non furono gemelli. E la diarchia presentata nel film, in realtà, dura pochissimo. Salgono  al potere dopo la morte del padre nel 211 d.C. e già alla fine dell’anno Caracalla farà uccidere il fratello.

Geta

Geta era più mite e riflessivo del fratello Caracalla, con cui non andava particolarmente d’accordo. Il padre sapeva ben sfruttare le differenze caratteriali dei suoi figli, lasciando a Geta le pratiche burocratiche, mentre Caracalla lo seguiva in battaglia.

Dopo un iniziale tentativo di condividere il potere, la situazione si fece insostenibile e Caracalla inviò i suoi centurioni a eliminare il fratello. Lo pugnalarono mentre la madre lo stringeva tra le braccia.

Caracalla

Caracalla è presentato dalle fonti storiche come brusco e amante della violenza. Era un soldato, amava la guerra e la violenza.

Non uno squilibrato di mente rinsecchito, vittima di un male – forse sifilide – che lo tiene in giogo, accompagnato da una scimmia a cui è profondamente legato.

La scena in cui Dondo, la simpatica scimmietta, è eletta senatore da Caracalla è un chiaro riferimento all’episodio di Caligola.

Secondo lo storico Svetonio, Caligola elesse il suo cavallo Incitatus al rango di senatore. Ma Caracalla non fece niente di tutto ciò.

La stessa frase che Caracalla pronuncia nella pellicola, davanti ad un esausto Giusto Acacio che vuole appendere il gladio al chiodo, “Che si nutrano di guerra”, sembra richiamare la celebre frase falsamente attribuita a Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI: “Che mangino brioche”.

Scimmie, schiavi imperatori e giornali

Dopo aver presentato i due imperatori, viene proposto un combattimento in una piccola arena ad Anzio, vicino Roma. Ci si poteva aspettare di tutto: possenti barbari dal nord con due asce, guerrieri dell’oriente con scimitarre. Invece, dalle gabbie escono dei babbuini “mannari”.

Effettivamente, vennero mostrate delle scimmie feroci al popolo di Roma per l’inaugurazione del teatro di Pompeo nel 55 a.C. Niente, però, che somigliasse a questi mostri.

Proprio durante questo combattimento viene presentato Macrino, il futuro antagonista del film. Egli è un lanista, proprietario di gladiatori, e si interessa a Lucio dopo averlo visto combattere.

Poco male. Macrino probabilmente non ebbe tratti subsahariani, né fu mai lanista. Fu un homo novus, un uomo nato dal nulla, e divenne prefetto del pretorio sotto Caracalla.

Ridley Scott, però, dimentica che Macrino divenne effettivamente imperatore dopo la congiura che aveva portato alla morte di Caracalla, e che non ebbe nulla a che vedere con la morte di Geta.

Continuano le incongruenze storiche quando la schiava di Lucilla si reca in quello che sembra essere un bar per spifferare il piano di Acacio. Il senatore Trace accoglie la schiava mentre legge un giornale. Purtroppo, non possediamo testimonianze archeologiche né letterarie circa la possibilità che i romani leggessero la Gazzetta.

Squali e rinoceronti nel Colosseo

Un rinoceronte da monta in una scena de Il Gladiatore IIFonte: https://cloudfront-eu-central-1.images.arcpublishing.com/diarioas/XXS2B7LHGBCMNAT3UKW22WKARI.jpg
Un rinoceronte da monta in una scena de Il Gladiatore II
Fonte: https://cloudfront-eu-central-1.images.arcpublishing.com/diarioas/XXS2B7LHGBCMNAT3UKW22WKARI.jpg

La seconda battaglia viene allestita nel Colosseo e vede i gladiatori, capitanati da Lucio, affrontare un rinoceronte. Da Plinio sappiamo che un rinoceronte, per amor del vero, fu davvero fatto combattere nell’arena durante i giochi organizzati da Pompeo.

Un altro episodio è fornito da Marziale, che scrive di un rinoceronte feroce fatto combattere durante l’imperatore Domiziano. Il problema è che il rinoceronte non è un cavallo e difficilmente si sarebbe fatto cavalcare.

Il Colosseo pieno di acqua e squali in una scena de Il Gladiatore IIFonte: https://siviaggia.it/wp-content/uploads/sites/2/2024/11/gladiatore-2-colosseo-acqua-squali.jpg?resize=1217,694
Il Colosseo pieno di acqua e squali in una scena de Il Gladiatore II
Fonte: https://siviaggia.it/wp-content/uploads/sites/2/2024/11/gladiatore-2-colosseo-acqua-squali.jpg?resize=1217,694

Concludiamo questa analisi storica de Il Gladiatore II con la battaglia navale dentro il Colosseo. Le riproposizioni di battaglie navali, dette naumachie, furono uno degli spettacoli più interessanti dell’antichità.

Diversi storici latini confermano l’utilizzo del Colosseo per le naumachie. Il problema sono gli squali. Questi animali, per costituzione fisica, non possono essere sistemati in una cassa e portati in giro. Gli squali devono, infatti, muoversi per poter respirare e la tecnologia dell’epoca non permetteva la sistemazione degli animali in grandi casse riempite d’acqua.

Pertanto, a meno che gli archeologi non scoprano in futuro dei grandi canali che dal mare portavano gli squali fino al Colosseo, è difficile ritenere questa scena plausibile.

In conclusione, il film propone una Roma completamente diversa dalla realtà e il rischio di creare confusione è tanto alto quanto il numero di errori storici presenti nel film.

Il Gladiatore 2 è l’ennesimo flopbuster?

Il Gladiatore
“Il Gladiatore 2 è un’operazione azzardata di cui forse non c’era davvero bisogno, con uno sviluppo piuttosto prevedibile e abusi di cgi, ma al di là degli scivoloni, ha la stoffa di campione d’incassi anche grazie al suo cast stellare.” Voto: 3/5

Ventiquattro anni dopo l’uscita de Il Gladiatore, Ridley Scott consegna al pubblico il seguito del peplum che ha definito la sua carriera e ha ispirato blockbuster del calibro di Troy e videogiochi come God of War, e non per nulla vincitore di 5 premi Oscar nel 2001. 

Si affida a un cast stellare: Paul Mescal, Pedro Pascal, Denzel Washington, Connie Nielsen e Joseph Quinn sono sicuramente nomi di grande attrattiva per il pubblico, infatti Il Gladiatore 2, è uscito solo il 14 novembre scorso ed è già leader dei box office mondiali. Ma c’era davvero bisogno di un sequel?

Sinossi

Anni dopo aver assistito alla tragica morte di Massimo Decimo Meridio per mano  di Commodo, Annone si trova a combattere nel Colosseo come bottino di guerra del generale Acacio, fidato degli imperatori gemelli Geta e Caracalla. Come Massimo, ciò che cerca è la vendetta, e con il destino dell’Impero appeso a un filo, riscopre nel suo passato la forza e l’onore necessari per riportare la gloria di Roma al suo popolo e vincere i giochi di potere dilaganti nella politica imperiale.

Denzel Washington: il suo Macrino è il self made man del sogno americano

In tutta onestà, sembra che ci sia solo un personaggio a muovere davvero la narrazione: il Macrino di Washington è il personaggio più eversivo della pellicola.

Macrino è la personificazione del “sogno di Roma” e parallelamente il self made man del “sogno americano”: partito dalla servitù e arrivato al consolato. Questo parallelismo sottile tra i subdoli giochi di potere della Roma antica e la politica statunitense odierna, effettivamente, aleggia per tutto il film, e l’interpretazione di Washington odora già di Oscar.

Il Gladiatore
Denzel Washington in una scena de “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott, Eagle Pictures (2024)

Il Gladiatore 2 : ennesimo “flopbuster” per Ridley Scott?

Per tutto il Gladiatore 2 riecheggia un grido di rivoluzione, ma mai si era vista una rivoluzione tanto semplice: gli imperatori si spodestano praticamente da soli, Annone si convince del suo destino nel tempo di un cambio di scena, Acacio e Lucilla mettono in atto un colpo di stato approssimativo, iniziato e fallito nel giro di pochi frame.

Per il resto, la pellicola è piuttosto prevedibile, tra usi e abusi di CGI nelle scenografie, scimmie mangiatrici di uomini, squali che nuotano nel Colosseo, un Acacio che muore martire alla San Sebastiano, interi eserciti che si fermano ad osservare inermi il duello finale, “legge del più forte” e massime morali. La scelta di rappresentare un oltretomba medievale contrasta col contesto. Vediamo una morte incappucciata raggiungerlo in una sequenza subacquea che, a dire la verità, sembra un p0′ una pubblicità. Forse preferivamo il sogno di Roma quando era ancora un sogno.

Il Gladiatore
Una scena dal film “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott (2024)

I veri eroi del Gladiatore 2 stanno dietro la cinepresa

Al di là degli scivoloni, truccatori e costumisti risultano impeccabili e condividono grandi meriti con gli scrittori .

In mancanza di un catalizzatore forte come il Massimo Decimo Meridio di Russell Crowe, si è giocato molto sulla moltiplicazione: le caratteristiche prima proprie solo di Massimo, sono qui distribuite tra Annone e Acacio. Anche Commodo viene duplicato attraverso Geta e Caracalla. 

Il film è sia speculare che antitetico a quello originale, che finiva nei Campi Elisi con la mano di Massimo che accarezza le spighe di grano, qui invece quel grano è stato raccolto da Annone e simboleggia il passaggio di testimone tra padre e figlio. 

I colori sono ad alto contrasto: dal giallo ocra della Numidia all’oro e al nero che circonda le facce pallide degli imperatori in Senato. La scelta di rappresentare le naumachie che, per davvero, avevano luogo nel Colosseo ai tempi del fasto di Roma e le citazioni intrise di letteratura classica, sono poi delle chicche che, squali a parte, meritano plauso.

Il Gladiatore
(da sinistra) Pedro Pascal e Joseph Quinn in una scena de “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott, Eagle Pictures (2024)

C’era davvero bisogno di un sequel de “Il Gladiatore”?

Si tratta di un’operazione azzardata di cui forse non c’era davvero bisogno, ma che si allinea con la tendenza dell’ultima fase della carriera di Scott: con House of Gucci e Napoleon, il regista resta sempre in equilibrio sul sottilissimo confine tra epico e ridicolo volontario. 

Dopotutto, segue anche il vizio più recente tra i prodotti hollywoodiani: l’industria dell’intrattenimento americana non si è mai davvero ripresa dalla “existential crisis” cominciata con la pandemia, che è diventata quella di un modello economico intero e di una Hollywood che prende sempre di più le sembianze di un’industria qualsiasi. Al momento, proporre soggetti nuovi resta un rischio, e perciò si punta sul riproporre nuove avventure di personaggi già noti, di flopbuster in flopbuster.

Ma in fondo, a Hollywood funziona così da sempre, un periodo di crisi è allo stesso tempo conseguenza e premessa di una serie di successi, dopo una vecchia Hollywood ne verrà sempre una nuova e la ricchezza generata dal cinema commerciale, finanzierà quello artistico. 

 

Carla Fiorentino