Dimissioni Conte: cosa succede adesso e tutti possibili scenari del Governo italiano

Stamattina Giuseppe Conte ha annunciato le sue dimissioni durante il Consiglio dei ministri, per poi formalizzarle davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’annuncio era già stato anticipato ieri, dovuto alle ulteriori difficoltà incontrate dal governo per trovare una solida maggioranza in Parlamento dopo l’uscita di Italia Viva -in Senato, infatti, sarebbe bastato un solo voto negativo in più per sancire la caduta del governo- e, dunque, al rischio di non avere i voti necessari per l’approvazione della relazione annuale sulla giustizia.

È stata formalmente aperta la crisi di governo: quella complicata fase politica e costituzionale che avrà termine solo quando un nuovo presidente del Consiglio, assieme ai suoi ministri, presterà giureranno davanti al presidente della Repubblica.

(fonte: Huffingpost)

I passaggi per arrivare alla formazione di un nuovo esecutivo

Innanzitutto, bisogna precisare che questa crisi di governo è di natura extraparlamentare, in quanto Conte ha ottenuto la fiducia al Senato martedì 19 gennaio; dunque, è una crisi nata da contrasti fra i partiti della coalizione di governo, non sancita da un voto di sfiducia.

In questo secondo caso, infatti, avrebbe avuto natura parlamentare: se Conte avesse presentato le proprie dimissioni come conseguenza di un voto negativo al Senato avrebbe avuto pochissime possibilità di ottenere il reincarico da Mattarella per la formazione di un nuovo governo.

Con le dimissioni, e fino al giuramento di un nuovo esecutivo- periodo definito di “vacatio” -il governo uscente rimane in carica per lo svolgimento degli “affari correnti”; infatti il presidente della Repubblica non ha firmato il decreto di accettazione delle dimissioni, che deve essere controfirmato dallo stesso premier.

Tuttavia, prima di accettare le dimissioni del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica potrebbe chiedere un “rinvio alle camere”, per verificare, attraverso un voto di fiducia, della sussistenza o meno di una maggioranza, andando dunque a parlamentarizzare la crisi.

L’avvio della crisi sarà sancito, come da prassi, dal comunicato del Quirinale, con la lettura di questo testo nel famoso salone delle Vetrate, il quale sarà aperto per l’occasione a giornalisti e troupe televisive.

(fonte: Slideplayer)

L’iter per la formazione di un nuovo governo è disciplinato dagli articoli 92, 93 e 94 della Costituzione, che prevede, nella prassi, un processo articolato in diverse fasi:

  • consultazioni: formalizzata la crisi di governo, il presidente della Repubblica stila un calendario degli incontri e apre dunque le consultazioni- che fanno parte delle “consuetudini costituzionali”, in quanto il presidente della Repubblica non ha alcun obbligo costituzionale ad avviarle-, ossia quella fase di incontri e colloqui con leader politici e istituzionali con l’obiettivo di capire se il Parlamento sia ancora in grado di esprimere una maggioranza oppure no.
  • incarico: se dalle consultazioni dovesse risultare che c’è una maggioranza parlamentare possibile, anche con nuove alleanze, e che c’è una persona in grado di avere la fiducia di quella maggioranza per formare un governo, allora il presidente della Repubblica darebbe a quella persona l’incarico di formare un governo. L’incaricato, che di solito accetta con riserva, fa a sua volta un giro di consultazioni e torna dal presidente della Repubblica per sciogliere, positivamente o negativamente, la riserva.
  • nomina: dopo lo scioglimento della riserva si arriva alla firma dei decreti di nomina del capo dell’esecutivo e dei ministri.
  • giuramento e fiducia: sono esplicitamente disciplinati dall’art 93 e 94 della costituzione a cui rinvio.

Possibili scenari per il futuro governo

Esiste un altro modo per catalogare una crisi: al buio o pilotata.

La prima avviene quando il presidente del Consiglio si dimette senza che sia stato raggiunto un accordo per la formazione di una nuova maggioranza in suo sostegno. La seconda si presenta quando invece il presidente del Consiglio presenta le dimissioni a seguito di un accordo politico raggiunto all’interno della maggioranza che già c’era o con una maggioranza alternativa. Nel nostro caso siamo nel secondo scenario, infatti questa crisi vorrebbe “pilotare” verso un Conte ter appoggiato da un nuovo gruppo parlamentare creato da “responsabili” o “costruttori”, con o senza IV.

Mattarella gli darebbe un mandato pieno, cioè mirato a fare nascere il governo che le forze politiche hanno descritto al presidente della Repubblica; poi Conte, come da prassi, accetterebbe con riserva.

Ma vi sono altri possibili scenari: infatti se, ad esempio, durante le consultazioni dovesse emergere che non esiste un’altra maggioranza possibile in questo Parlamento, il presidente della Repubblica scioglierà le camere; la prima tappa verso le elezioni anticipate.

(fonte: Ansa.it)

Altra ipotesi in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, se, dunque, dai partiti non arrivasse un’indicazione chiara su cosa fare, risulta il mandato esplorativo: anche se non è previsto dalla Costituzione, Mattarella può usufruire di questo istituto andando ad individuare una figura di alto profilo istituzionale, come ad esempio il presidente della Camera o il presidente del Senato o anche il presidente del Consiglio uscente- tra i soggetti più accreditati vi sono Mario Draghi e Marta Cartabia– , in grado di formare un nuovo governo.

Il soggetto individuato dovrà verificare attraverso una serie di incontri informali se esista la possibilità di formare una nuova maggioranza: se vi dovesse essere si procederà alla formazione di un governo di unità tecnico, in caso di economisti o professori nominati in casi di emergenza per perseguire obiettivi minimi e comuni, o istituzionale, se guidato da una figura delle istituzioni scelta da Mattarella; in ambedue i casi saranno comunque soggetti sostenuti dalla maggioranza dei partiti.

Questo istituto venne utilizzato per la prima volta da Giorgio Napoletano, che creò due commissioni con il compito di mettere sulla carta un programma di governo e di riforme istituzionali, da cui nacque il governo Letta.

Si potrebbe anche procedere per un temporaneo governo di scopo, un governo con un compito ben preciso: come garantire le funzioni dell’esecutivo fino a nuove elezioni, quello di arrivare all’approvazione di una nuova legge elettorale o, soprattutto, quello di garantire l’invio alla Commissione Europea, entro il prossimo 30 aprile, del Piano nazionale di ripresa da cui dipenderanno i circa 210 miliardi di euro di fondi del Recovery Fund.

A seguito delle consultazioni potrebbe anche essere individuato un nuovo papabile Presidente del Consiglio: ciò porterebbe alla nascita di un Nuovo Governo supportato dalla maggioranza attuale, con IV, e dai responsabili del centrodestra.

Insomma, vari esiti, vari scenari; la cosa che conta è che l’Italia in un momento di crisi, come quella attuale, riesca a sollevarsi dalle macerie a prescindere da chi ne sarà la guida.

Manuel De Vita

Regioni ed esperti critici contro l’indice Rt: sempre meno affidabile

Dall’entrata in vigore dell’ultimo DPCM, e dei famosi 21 parametri in base ai quali giudicare la situazione epidemiologica in una data regione, numerosi esperti hanno messo in dubbio l’affidabilità dell’indice RT. Si tratta dell’indice che mostra l’andamento della pandemia e che contribuisce a determinare le chiusure delle regioni. Molti sostengono che i principali problemi dell’indice consistano nella qualità dei dati utilizzati per calcolarlo.

Cos’è l’indice RT

L’indice di trasmissibilità netto (Rt) indica il numero medio di infezioni secondarie generate da una persona infetta in una certa data. Questo significa che il numero ci dice quante persone vengono contagiate da una sola persona, in media, e in un certo arco di tempo.

Chiarisce l’ISS -Istituto Superiore di Sanità- che: se RT dovesse essere pari a 4, in media ogni infetto contagerà quattro persone nel periodo considerato, e queste quattro persone ne contageranno altre quattro a testa nel periodo successivo, se l’indice dovesse rimanere costante.

Un ulteriore indicatore utilizzato per monitorare l’andamento dell’epidemia è invece l’indice R0. Questo secondo indice rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Misura dunque la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva prima che vengano inserite misure di contrasto. Quindi:

  • R0 mostra quanto può essere trasmessa una malattia all’inizio della pandemia.
  • RT misura la trasmissione dopo l’introduzione di misure di contrasto.

Per capire come la pandemia si evolverà è dunque importante monitorare le oscillazioni di tali indici.

  • Se ogni persona positiva contagia in media meno di una persona, la pandemia sta rallentando.
  • Se invece l’indice continua a rimanere sopra il valore 1, significa che la trasmissione del contagio è ancora elevata.

Secondo i dati fornitici dall’Istituto Superiore di Sanità: in Italia l’indice RT medio è da tempo sopra il valore 1, ma la notizia buona delle ultime settimane ci dice che è sceso da 1,72 a 1,43.

Ospedale militare di Baggio, Milano (ANSA)
Ospedale militare di Baggio, Milano  fonte: ANSA

Per arrivare a questi numeri servono calcoli che si basano sui dati raccolti ogni giorno dalle regioni: quanti sono i casi sintomatici e quando sono iniziati i sintomi. Qualora i dati forniti dalle regioni siano inaffidabili anche l’indicatore RT sarà inaffidabile. 

Le Regioni fanno muro ai 21 parametri

Diverse sono state le regioni che hanno avanzato la richiesta di riconsiderare i 21 parametri dell’indice RT.

Fronte unito è quello dei governatori che chiedono un incontro con l’esecutivo che potrebbe tenersi domani -giovedì 19 novembre- al fine di pensare a delle modifiche ai 21 indicatori introdotti dal governo.

Questo perché, le regioni sostengono, gli indicatori per definire il colore delle zone “non (sono più) adeguati al monitoraggio attuale”. Preferibile sarebbe invece un sistema semplificato impostato su 5 indicatori proposti dalle stesse Regioni.

I parametri proposti delle Regioni

  • Il primo parametro proposto dalle Regioni è la percentuale di tamponi positivi in rapporto a quelli effettuati;
  • il secondo indicatore è l’Rt, l’indice di trasmissione del virus, calcolato sulla base della sorveglianza integrata dell’Istituto superiore di sanità;
  • Il terzo fattore, di cui si dovrebbe tener conto secondo le Regioni, è il tasso di occupazione dei posti letto totali di terapia Intensiva per pazienti Covid-19;
  • Il quarto elemento è il tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti Covid-19;
  • Infine, ultimo punto, l’attività di controllo sul territorio (contact-tracing, isolamento e quarantena) ed il numero di professionisti impiegabili.

Il lavoro del Governo

Il Governo non ha mancato di ricordare che questi principi scientifici erano stati condivisi e che lo schema non può essere modificato in un momento in cui si è arrivati a superare la soglia delle 700 vittime in un giorno.

Serve una maggiore rete di protezione. La partita per ora si gioca sulla manovra ma si guarda anche avanti, in attesa che si sciolga il nodo del “Recovery fund”.

Come sempre, la tensione tra il governo e le regioni rischia di creare fibrillazioni non solo nella gestione dell’emergenza sanitaria ma anche nel Paese.

@GiuseppeConteIT
@GiuseppeConteIT

Nei prossimi giorni si riunirà la cabina di regia e si discuterà anche dell’eventualità di “allentare” la morsa di  alcune provincie, all’interno delle regioni nelle fasce a rischio, qualora l’indice RT registrasse in alcuni territori il valore inferiore a 1.

 

Maria Cotugno

Spostamenti fra regioni dal 3 Giugno: linee guida e criticità

Il 3 Giugno è una data chiave nella calendarizzazione e nell’organizzazione della Fase 2 che prevederà, se tutto andrà bene, la riapertura dei confini tra le Regioni.

È un traguardo importante ed allo stesso tempo delicato, che allarma il governo ed i governatori delle regioni.

Il margine d’errore è davvero minimo, bisognerà arrivare preparati e con tutti i dati del monitoraggio in ordine.

I presidenti delle Regioni continuano ad esprimere preoccupazione per le riaperture, disposte dal 18 maggio, che potrebbero innalzare tragicamente la curva dei contagi.

Le linee guida per le regioni sono state approvate all’unanimità nella Conferenza della Regioni e ponderate insieme al premier Giuseppe Conte e ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia.

L’obiettivo prefissato e tanto auspicato da governo e cittadini è la libera circolazione inter-regionale prevista da lunedì 3 giugno, cruciale per il rilancio dell’economia e del turismo.

In queste ore vige l’assoluto riserbo, nessun Ministro infatti si è sbilanciato nel confermare il “liberi-tutti”.

Affinché la ripresa degli spostamenti tra confini regionali possa essere ristabilita senza rischi è indispensabile che l’indice di contagio rimanga controllato e stabile in tutte le zone d’Italia, ovvero che il livello Rt – non salga sopra lo 0,8.

L’indice di trasmissibilità (RT) rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento della pandemia di Covid-19.

ome ha confermato il Ministro agli Affari Regionali Boccia:

Il criterio per la riapertura sarà il numero dei contagi.  Finora stiamo ottenendo risultati straordinari grazie ai sacrifici fatti dagli italiani. Noi ci auguriamo che ci sia un basso rischio in tutta Italia altrimenti sarà inevitabile prendere il tempo che serve. Mercoledì, giovedì e venerdì il ministro Speranza farà le sue valutazioni e poi ci sarà un Cdm per un’ultima valutazione sulla mobilità tra le regioni.

L’Esecutivo guidato dal Premier Conte continua a valutare l’andamento dei dati, forniti dalle aziende sanitarie, per intervenire tempestivamente ed evitare di creare squilibri importanti fra regioni.

Si rinnovano gli appelli volti ad evitare assembramenti o comunque contesti sociali che possano far nuovamente aumentare i contagi.

In relazione all’evoluzione dello scenario epidemiologico le misure prescrittive potranno essere rimodulate, anche in senso restrittivo; a comunicarlo è stato il Comitato tecnico scientifico che dovrà analizzare e valutare quanto accaduto sino ad ora, esaminare i dati relativi ai vari settori commerciali che hanno riaperto e stabilire se ci siano «correzioni» da fare.

La giornata decisiva in termini decisionali ed organizzativi sarà Venerdì 29 Maggio, quando arriveranno i dati sui contagi e sullo stato delle strutture regione per regione elaborati dal Ministero della Salute.

Tre le opzioni che Conte e i Ministri stanno vagliando: aprire su scala nazionale mediante un’azione programmatica; differenziare la riapertura fra regioni; qualora dovesse essere necessario, creare delle “zone rosse”; oppure impedire l’ingresso a chi transita da Regioni che non hanno livello di contagio pari o consentirlo solo a quelle confinanti.

L’ipotesi di consentire spostamenti  solo tra regioni con lo stesso livello di contagio (indice Rt) appare  probabilmente la più complessa da mettere in piedi.

Un puzzle complicato da incastrare se, ipotizziamo, da una regione a rischio alto o moderato, per esempio, non ci si potrà spostare in una a rischio basso.

Le criticità nel caso di una scelta del genere sono dietro l’angolo e peraltro il numero di forze dell’ordine da mettere in campo sui confini regionali per i controlli stradali in tal caso sarebbe eccessivo.

Insomma pare che la Fase 2 si stia rivelando ben più complessa, nell’approccio e nella conseguente gestione, rispetto alla Fase 1 sicuramente dura, ma facile da interpretare.
 
Antonio Mulone
 

Il Decreto “Rilancio”: ecco le mosse del Governo per risollevare l’economia

Il 13 maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge “Rilancio”. Una manovra da circa 155 miliardi di euro, di cui 55 in extra-deficit, destinati a rivitalizzare e sostenere la provata economia nazionale in questa nuova fase.

Il Decreto prevede numerosi interventi per rinforzare i settori della salute e della sicurezza, sostenere le imprese, i redditi da lavoro, il turismo e la cultura. Tra le misure vi è anche la cancellazione delle clausole di salvaguardia, eliminando così gli aumenti delle imposte (Iva e accise) previsti a partire dal 2021.

Nel vasta e corposa normativa d’urgenza vi sono tre aspetti fondamentali che suggeriscono l’indirizzo che il Premier Conte ha deciso di dare al governo e che sono indicativi delle dinamiche interne alla maggioranza: la sanatoria degli irregolari, il reddito di emergenza e la cassa integrazione straordinaria.

Circa il primo punto, il Decreto mira a garantire l’emersione del lavoro nero e la regolarizzazione limitatamente però ai braccianti, colf e badanti, di cittadinanza italiana e straniera con un rapporto di lavoro irregolare e cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto. Rimangono dunque esclusi i lavoratori irregolari nel settore dell’edilizia e gli «invisibili» dei ghetti, quelli cioè senza permesso di soggiorno.

Il procedimento di regolarizzazione viene avviato mediante richiesta, esperibile tanto dal lavoratore quanto dal datore di lavoro, che chiede l’emersione del rapporto di lavoro non regolare. La richiesta può essere presentata dai cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019. Questi potranno richiederne uno temporaneo di 6 mesi pagando 160 euro. Se entro quel termine otterranno un contratto di lavoro, il permesso verrà convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Nel caso in cui sia il datore di lavoro a presentare l’istanza di emersione del rapporto di lavoro deve indicare la durata del contratto di lavoro, la retribuzione non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo, e pagare 400 euro.

 

Per incentivare l’emersione del lavoro nero si è reputato necessario garantire un’immunità nei confronti del datore di lavoro che presenta l’istanza. Lo scudo viene escluso per chi negli ultimi cinque anni sia stato condannato anche in via non definitiva per i reati di caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta e sfruttamento della prostituzione, reclutamento di minori, droga.

Il secondo punto è quello del Reddito di Emergenza (REM). Si tratta di un nuovo istituto concepito per venire incontro a quei nuclei familiari rimasti esclusi dal Reddito di Cittadinanza e altri sussidi (circa 1 milione). Il Rem può variare da 400 a 800 euro e verrà erogato in due quote. I requisiti necessari per ottenere il Rem sono: la residenza in Italia (non la cittadinanza) e ISEE inferiore a 15mila euro.

Infine la cassa integrazione straordinaria. Su tale questione è necessaria una dovuta premessa sul funzionamento di questo istituto. La cassa integrazione è uno strumento ampiamente utilizzato in tutto il mondo. In Italia è gestita dall’INPS, che si occupa di rimborsare le aziende o di pagare direttamente una parte degli stipendi dei lavoratori anche quando questi non lavorano o lavorano a un orario ridotto. Il ricorso massiccio alla cassa integrazione, dovuto alla crisi pandemica, e l’impreparazione del personale hanno rallentato notevolmente le operazioni di erogazione dei sussidi. Ad essere maggiormente in difficoltà è la Cassa Integrazione in Deroga, quella destinata alle imprese con meno di 5 dipendenti e a tutte le altre imprese che normalmente non avrebbero accesso alla cassa ordinaria. Il 5 maggio l’INPS dichiarava di aver ricevuto 277 mila domande e di averne pagate 46 mila, per un totale di 97 mila beneficiari. Numeri piuttosto bassi sia per quanto riguarda le domande effettivamente pagate che per  le richieste arrivate all’INPS, probabilmente soltanto una frazione del totale.

La Cassa Integrazione in Deroga segue infatti un percorso burocratico molto più complicato. Per farne richiesta un’impresa deve prima passare dalla sua regione. Ogni passaggio in più può rallentare qualsiasi pratica, ma in questo caso, non tutte le regioni sono ugualmente preparate a gestire la mole di richieste.

In Campania e Veneto le richieste sono state gestite in maniera piuttosto efficiente, mentre la Lombardia ha incontrato grossissime difficoltà. In Sicilia i dipendenti della regione sono arrivati a chiedere un bonus di 10 euro per ogni pratica sbloccata, provocando l’irritazione della ministra per la Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone.

Grazie al Decreto “Rilancio” i lavoratori e le aziende potranno adesso rivolgersi direttamente allo Stato presentando le proprie richieste all’Inps.

Filippo Giletto

La questione dei lavoratori fantasma: Bellanova propone la regolarizzazione del lavoro nei campi durante l’emergenza Covid-19

Negli ultimi giorni l’attenzione da parte dei media è puntata su Teresa Bellanova, Ministra delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. La politica e sindacalista, membro di Italia Viva di cui è anche coordinatrice nazionale, ha di recente riportato al centro del dibattito pubblico il problema della carenza dei braccianti agricoli, discorso sul quale, si pensa, possa prospettarsi un suo abbandono dell’esecutivo e giocarsi di conseguenza la stabilità del governo stesso.

In un periodo di forte crisi del lavoro, dovuto alle misure di lockdown imposte dalla pandemia da Covid-19, le difficoltà, o addirittura l’impossibilità, per le migliaia di lavoratori stranieri regolari, dotati dunque di regolare permesso di soggiorno, di arrivare in Italia dai loro Paesi di provenienza, possono costituire un grave danno per la già provata produzione italiana.

La questione non è nuova e già un mese fa, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, la Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, e l’Istituto Bruno Leoni, uno dei più importanti centri di ricerca economici, oltre che numerosi esponenti del mondo sindacale, uno fra tutti Aboubakar Soumahoro, avevano a più riprese invitato il governo a regolarizzare la posizione delle centinaia di migliaia di immigrati irregolari che, ogni anno, lavorano nei campi italiani.

La problematica però non riguarda solamente il settore dell’agricoltura: settori della nostra economia come quello dell’edilizia o dell’assistenza domestica sono svolti per la maggior parte da individui di nazionalità straniera.

In Italia ci sono più di seicentomila lavoratori “fantasma”, intendendosi come tali tutti quegli individui che prestano la propria attività lavorativa senza però essere di fatto riconosciuti non solo come attivi, ma addirittura come effettivamente esistenti sul nostro territorio. Si tratta dunque di esseri umani impossibilitati ad accedere alle cure sanitarie, non avendone diritto in quanto irregolari, e riceventi retribuzioni ben al di sotto del minimo sindacale. Soggetti abbandonati dallo Stato al giogo di un mercato sommerso al cui interno si muovono interessi e cifre sproporzionate. Fenomeni come quello del caporalato, dello sfruttamento della manodopera a basso prezzo e, letteralmente, la gestione della vita di migliaia di indigenti sono sotto il monopolio delle associazioni mafiose e, in generale, criminali.

Quella dei lavoratori invisibili è una discussione che, all’interno del mercato del lavoro, si ripropone ciclicamente e che è stata in passato già oggetto di più di sette sanatorie che hanno riconosciuto, per motivi di lavoro, il permesso di soggiorno a milioni di individui (basti pensare alla Bossi-Fini del 2002 che interessò mezzo milione di persone).

Le soluzioni prospettate per risolvere la questione sono varie e non tutte però prevedono la regolarizzazione dei lavoratori fantasma. Una delle idee più interessanti è quella portata avanti da alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle che hanno ipotizzato la possibilità di destinare alla raccolta di frutta e verdura nei campi, e in generale impiegare in quei settori lavorativi in cui si soffre la mancanza di manodopera, i beneficiari del reddito di cittadinanza. Ad oggi i percettori di questa misura assistenzialistica sono circa due milioni di persone di cui però solo un terzo in età da lavoro, quindi circa settecento mila. La misura del Reddito di Cittadinanza, pensata inizialmente come un’assistenza temporanea ai cittadini in attesa del reinserimento nel mondo del lavoro ha trovato esito positivo, a fine 2019, solo per il 2% degli aventi diritto.

È inopinabile che tale possibilità potrebbe risolvere con un’unica soluzione due questioni estremamente impellenti per un governo di centro-sinistra: la regolarizzazione dei lavoratori nei campi e il reinserimento nel mondo del lavoro dei beneficiari del reddito di cittadinanza, dovendo però necessariamente sorvolare su ulteriori problematiche relative alla libertà di scelta o di aspirazione dei diretti interessati.

Rimane in sospeso però una domanda quasi inevitabile: e gli irregolari? Quale destino spetterebbe a delle persone che già si trovano sul nostro territorio, ma sprovviste di un documento, invisibili alle istituzioni ed esistenti solo per i loro sfruttatori?

Sebbene sia difficile non riconoscere che per un corpo politico, che fonda la sua legittimazione sul consenso popolare, questo sia un periodo storico non congeniale per imbastire o anche solo ipotizzare una discussione costruttiva volta a un progetto di riforma dell’immigrazione o della cittadinanza, il problema non è assolutamente da sottovalutare.

Le vite, i diritti e la dignità delle persone, indipendentemente dalla loro storia o nazionalità, non possono certo essere lasciate nell’oblio, con la speranza che in futuro le emergenze facciano venire i nodi al pettine.

Filippo Giletto

Coronavirus: le previsioni del contagio zero regione per regione

Le ultime stime prevedono che l’azzeramento della curva epidemiologica dei contagi dal Coronavirus si verificherà non prima di fine Giugno.

Le regioni del Centro-Nord, nelle quali la tragica diffusione del Covid-19 è scoppiata prima, saranno probabilmente le ultime ad uscire dalla situazione pandemica di emergenza.

Secondo le previsioni dell’Osservatorio sulla salute, le prime regioni orientate verso la fase 2 ( la fase di convivenza col virus) potrebbero essere Basilicata e Umbria il 21 aprile; il Lazio dovrà attendere almeno il 12 maggio; Veneto e Piemonte il 21 maggio; Emilia Romagna e Toscana non prima della fine di maggio, mentre il Sud Italia potrà procedere con le nuove misure previste dalla fase 2 tra la fine di aprile e l’inizio di maggio.

La mappa delle proiezioni (elaborata dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, coordinato da Walter Ricciardi direttore dell’Osservatorio e consulente del Governo per questa fase di emergenza, e da Alessandro Solipaca direttore scientifico dell’Osservatorio) ha evidenziato che l’uscita dell’emergenza Covid-19 in Italia potrebbe avere tempistiche diverse nelle regioni in relazione ai territori più o meno esposti alla potenza del contagio epidemico.

Pare dunque fondamentale in questo momento di pianificazione e successivo sviluppo della fase 2,  fornire valutazioni concrete ed aggiornate sulla gradualità e sull’evoluzione della curva epidemiologica, affinchè si possano supportare con adeguati riferimenti scientifico-medici le scelte politiche, che nelle prossime settimane, saranno più decisive che mai.

L’obiettivo che l’Esecutivo si è posto non è individuare la data esatta, bensì la data prima della quale è inverosimile prevedere l’azzeramento dei nuovi contagi.

Il processo di indagine ed analisi è stato prodotto dal coordinamento con i dati che la Protezione Civile quotidianamente mette a disposizione.

I modelli statistici stimati per ogni regione fanno riferimento ad un fenomeno (non lineare) di probabile regresso in correlazione all’andamento dei nuovi casi osservati nel tempo.

Chiaramente, come evidenziato dagli specialisti, l’attendibilità e la conseguente precisione delle proiezioni previsionali è fortemente influenzata dalla corretta rilevazione dei nuovi contagi.

Il pericolo dietro l’angolo è che questi dati potrebbero essere sottostimati a causa dei casi da contagio asintomatico o dal numero insufficiente di tamponi effettuati.

Come accade spesso in questi contesti di incertezza, quando tutto poggia su previsioni variabili che dipendono da diversi fattori, c’è chi nell’ambiente scientifico non concorda sulle stime e prevede che il coronavirus continuerà a circolare anche se in basse intensità.

Si potrebbe dunque non avere mai effettivamente zero contagiati poiché il virus, sebbene in maniera contenuta, continuerà a circolare anche durante il periodo estivo.

Precarietà e surrealtà continuano a caratterizzare questa primavera, che sa di tutto fuorchè di libertà.

Ci attendono le ultime settimane di profondo sacrificio e di grande responsabilità, unici strumenti concreti nella battaglia la nemico invisibile. 

Antonio Mulone

Coronavirus: calo dei contagi al nord e si riduce l’esodo al sud. I numeri dei rientri in Sicilia

Quella che si è appena aperta sarà una settimana cruciale nella lotta al virus che sta mettendo in ginocchio il mondo. L’ultimo report diffuso dalla Protezione civile sull’emergenza corona-virus appare come una speranza flebile ma dal valore simbolico ed emotivo enorme, soprattutto per il Nord d’Italia. Al Sud, invece, il numero dei contagi sembra andare in tutt’altra direzione.

Il dato nazionale dei nuovi contagi è 3.957, comunque tanti, ma meno rispetto ai 4.921 casi del giorno prima. Cala lievemente anche il numero dei nuovi decessi: nella giornata di domenica 142 in meno rispetto al giorno precedente.

L’importante rallentamento di decessi e contagi si registra soprattutto in Lombardia – regione in prima linea nella lotta al virus – è un dato che, se confermato dai prossimi bollettini, dovrebbe portare tra una settimana anche a un primo ma decisivo decongestionamento delle terapie intensive lombarde, vere e proprie trincee di guerra presiedute da medici ed infermieri, eroi del quotidiano.

Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli negativo tra l’altro al tampone effettuatogli, parla di dati in controtendenza ma prega di  non abbassare la guardia.

Il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli definisce il dato “in lieve deflessione” ma invita severamente a “non farsi prendere da facili entusiasmi” né “a sopravvalutare questa tendenza” perchè questa  settimana sarà  assolutamente cruciale.

L’impatto concreto delle severe misure, dunque, lo potremo valutare solo a fine mese, non da un giorno all’altro, anche perchè se al nord il virus potrebbe allentare la presa, al sud sembra essere appena iniziata la lotta al virus, con una consistente accelerazione dei contagi.

L’annuncio del premier Giuseppe Conte sull’ulteriore stretta alle attività produttive ritenute non di primaria importanza ed il nuovo decreto che blocca tutti gli spostamenti dal comune dove si risiede hanno arginato i rientri ma, di fatto, l’esodo al sud non sembra essersi esaurito del tutto.

Nonostante le misure disposte sia dall’Esecutivo che dalla Regione Sicilia, gli sbarchi di questi giorni nelle città dello Stretto confermerebbero l’inarrestabilità del flusso dal nord d’Italia e dall’estero, anche se – comunque- si è registrato un calo consistente dei rientri.

 

Le code createsi agli imbarchi che ieri sera hanno allarmato la popolazione sarebbero dovute solo ai severi controlli e al termoscanner effettuato sui passeggeri.

Di seguito vi riportiamo i numeri contenuti nel report diffuso dal Gruppo Caronte & Tourist – l’azienda che gestisce il transito sullo Stretto in merito alla situazione di questi giorni agli imbarchi per la Sicilia.

Domenica sono partiti da Villa San Giovanni verso la Sicilia 551 passeggeri, in netto calo rispetto ai 739 del giorno prima, ai 729 di venerdì e ai 923 di giovedì.

Sono state 239 le auto imbarcate, secondo i dati di Caronte & Tourist. Il giorno prima, sabato, le auto erano state 319 per 739 passeggeri.

A tutti i viaggiatori è stata misurata la temperatura.

In poco più di una settimana, dal 13 marzo a ieri, sono stati 12.265 i siciliani rientrati su 3.869 auto. Ma nello stesso periodo sono partiti per Villa San Giovanni 8.877 passeggeri su 2.407 auto.

La situazione resta comunque poco serena al sud dove negli ultimi giorni l’effetto dei “contagi da rientro” delle scorse settimane sta, tra l’altro, esponenzialmente aumentando.  

“Siamo arrivati al massimo delle misure di prevenzione del contagio in termini di attività sociali e lavorative”, ha spiegato Ranieri Guerra dell’OMS che aggiunge, “è importante frenare il contagio inter-familiare, l’altro grande motore di diffusione del virus”.

L’appello è rivolto in particolare ai 23.000 positivi che si trovano in isolamento domiciliare: “occorre limitare i contatti esterni per interrompere la catena di trasmissione”, ha osservato Guerra.

Bisogna tenere duro, è questo l’appello lanciato dalle nostre autorità.

Mai come in questo momento sono necessari buon senso e responsabilità, solo così si potrà abbattere questo nemico invisibile.

Antonio Mulone

Martina Galletta

Pane Nutella e Sardine: guida contro l’indigestione

 

“Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita. Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata.”

E’ questo l’incipit del manifesto delle “6000 Sardine” di cui altri estratti sono sparsi lungo l’articolo. Il movimento apartitico e spontaneo nato dall’idea di quattro ragazzi bolognesi, appena un mese fa, oggi conta un totale di più di 100.000 presenze in varie piazze d’Italia. Il flash mob arriva anche a Messina il 21 Dicembre, in Piazza del Municipio.

La prima piazza, a Bologna, il 14 novembre, si riempie contro il contemporaneo comizio di Salvini, a qualche chilometro di distanza, in favore della candidata Lucia Borgonzioni alle regionali emiliane. L’idea funziona a tal punto da diventare virale.

Come luci di Natale altre decine di città si accendono, vogliono far parte del movimento e scendere in piazza. Non solo in Emilia, ma in tutta Italia. E non solo in Italia, ma anche in varie città del mondo tra cui New York, Berlino e Parigi. L’ultima è stata la piazza di Roma, il 14 dicembre, con la partecipazione di più di 35.000 “sardine”.

Roma – Le sardine in piazza il 14 dicembre

Il background.

Andiamo con ordine. Da qualche anno ormai Matteo Salvini incalza la politica italiana con una propaganda perenne. Lo fa tramite la strategia di social marketing più efficace che l’Italia abbia mai visto dai tempi dei social. Decine di foto, post e live su Facebook, Instagram, Twitter e addirittura TikTok. Giornalmente i suoi social inondano il web di attacchi contro chiunque e contro qualsiasi cosa: avversari politici, giornali e giornalisti, immigrati e così via. E lo fa praticando la più lampante e disonesta demagogia.

Slogan che mirano all’emotività e non alla razionalità, soluzioni facili e spesso inverosimili a problemi seri e complessi, attacchi razzisti e denigratori. Tra un “Buongiorno italiani, caffè?” ed un “Se voi ci siete io ci sono, prima gli italiani!” ecco gli attacchi ad personam in base al periodo contro la Boldrini, poi la sorella di Cucchi, poi Saviano, poi Fabio Fazio, vicino Natale spunta la difesa evergreen del presepe ed infine anche contro la Ferrero (perché usa le nocciole turche e non quelle italiane, attacco poi ritirato perché falso). Geniale, senza dubbio, nello sfruttare l’immensa popolarità dei Nutella Biscuits. Ma, come per il resto delle volte, distorce la realtà in suo favore, riesce ad apparire il garante di quei valori sociali ormai persi.

Profilo ufficiale di Matteo Salvini- attacco a Roberto Saviano

Così facendo si è messo alla guida di un immenso pullman che sparpaglia rabbia e raccoglie consensi. Un esercito di milioni di followers che sul web che difendono il loro Capitano con lo stesso modus operandi (chiusura, populismo ed emotività) e che ha un corrispettivo nella vita reale. I sempre più frequenti fatti di razzismo ed odio sociale sono prova del fatto che sia riuscito a legittimarli: oggi, chi è razzista, lo può affermare con orgoglio e a gran voce, chi odia può insultare e denigrare apertamente (e non è mai da solo).

“Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.”

Profilo ufficiale di Matteo Salvini – attacco ai meridionali

Contro questo clima di oppressione nasce il movimento delle Sardine. Venduto come la grande alternativa alla Lega, ha senz’altro avuto la capacità di far breccia nel buio di chi era diventato ormai incapace di approcciare una politica che non lascia scampo a chi contrappone l’uguaglianza e la ragione al razzismo e la demagogia. Buonisti, zecche rosse, piddìni, drogati, servi delle banche: tante sardine sole, sconfortate e perse nel mare aperto.

L’entusiasmo che ha generato il movimento nasce dall’aver contrapposto, per la prima volta, a questa politica urlante, una voce altrettanto forte sia nei modi che nei toni. Un richiamo al quale ogni sardina ha risposto con la propria presenza in una piazza.

“Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. Siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati. E’ stata energia pura.”

Poi però succede che il flash mob termina, l’entusiasmo lascia spazio alle considerazioni “a freddo”. Ad ascoltare Mattia Santori, il portavoce del movimento, succede che tutta la positività lascia spazio ad un bel velo di incertezza, come quando ti allontani dalla costa e vedi pian piano un blu sempre più scuro.

Mattia ed i suoi tre collaboratori hanno radunato migliaia di persone contro la politica degli slogan e del populismo adottando una propaganda di slogan e populismo. A chi gli chiedeva delucidazioni sul movimento ha sempre risposto con un’ottima retorica senza mai perdere quell’astrazione e quell’aleatorietà che molti gli contestano. Il movimento ha sì dei paletti ben impostati, quello del rifiuto del razzismo, del fascismo, della demagogia, quello del rispetto e dell’uguaglianza, ma non ha nessuna idea precisa che possa aiutare concretamente quanti adunati in piazza. 

Parigi – Le sardine manifestano sotto la Tour Eiffel

Tre criticità.

Partiamo dal presupposto che il populismo non lo si sconfigge con il populismo. E non perché lo dice chi scrive, ma perché lo testimonia la storia dell’Italia degli ultimi trent’anni: l’antiberlusconismo è stata l’arma più forte che Silvio Berlusconi ha potuto giocare in 20 anni di dominio, ne è stato il carburante; il popolo viola sembrava avrebbe cambiato di lì a poco l’intera politica italiana, oggi nessuno se ne ricorda; il popolo del vaffa si è tramutato nel partito di potere più contraddittorio degli ultimi anni, il M5S, che ha inoltre svuotato di elettori il centro sinistra ed il centro destra per poi gonfiare quelli della destra sociale.

Dobbiamo riconoscere che:

  • non è un’iniziativa nata spontaneamente: nasce cioè con l’obbiettivo preciso delle regionali emiliane del prossimo 26 Gennaio. Il fatto che si sia diffusa spontaneamente nel resto d’Italia è una anomalia: si tratta in sostanza del primo movimento che fa opposizione a chi, al momento, è all’opposizione;
  • si fonda sullo stesso atteggiamento narcisista che è stata la pietra tombale della sinistra italiana. Che sia motivato o meno rimane narcisismo, lo stesso che ha lasciato i temi sociali, propri della sinistra, alla destra populista, che ora può dirsi invece “destra sociale”;
  • convoglia le energie e le speranze di migliaia di ragazzi verso nulla di preciso. E’ lo stesso Mattia Santori a specificare più volte che l’obbiettivo del movimento è il solo messaggio della necessità di una politica diversa da quella del populismo di destra, dell’insofferenza e della ribellione. Porsi come ago di una fantomatica bilancia vuol dire rubare del tempo e delle risorse preziose a chi vuole strutturare una vera strategia politica.
“Primato nazionale”, Pubble – Critica alle sardine

“Noi siamo le sardine, e adesso ci troverete ovunque. Benvenuti in mare aperto.”

Ma è davvero tutto inutile? No. E non lo è perché proprio questi punti critici sono al contempo punti di forza.

Bisogna anzitutto ammettere che la strategia populista, ogni qualvolta si è trovata di fronte alla realtà dei fatti che gli dava torto, si è mostrata indenne. Per quanto una critica fosse stata costruita su fatti lampanti, su errori madornali, questa non è mai stata in grado di arrecare un minimo danno.

Quante volte Salvini si è contraddetto, quante altre ha strumentalizzato persone, divise e tragedie. Ha minacciato la Costituzione, è scappato dai tribunali, ha tradito i suoi stessi elettori. Ma quanto ancora gli stessi elettori lo rivoteranno? Con quale facilità questi fatti sono caduti nell’oblio e quanti ancora finiranno nel dimenticatoio? Un muro di gomma che incassa tutti i colpi che riceve dalla realtà senza restarne scalfito.

Mattia Santori, Andrea Garreffa, Giulia Trappoloni e Roberto Morotti

Tre meriti.

Il primo grande merito delle sardine è stato quello di aver recuperato gli spazi di condivisione, le piazze, e di averlo fatto fisicamente. Una risposta in chiara contrapposizione all’armata da tastiera. Hanno fatto uscire di casa chi ormai, sul web, non poteva far altro che sottostare ai post e agli attacchi dei populisti, pena il linciaggio pubblico. Chi usciva di casa da solo per raggiungere la piazza, poi si ritrovava tra migliaia di altre persone con le stesse necessità e le stesse difficoltà. Il risultato è stato grandioso, lo testimoniano le piazze piene: evidentemente questa è una strada che va perseguita. 

Il secondo grande merito è che proprio nell’essere apartitici riescono ad unire chiunque attorno a denominatori comuni che oggi è sempre più difficile affermare: l’anti-fascismo, l’anti-populismo, l’anti-razzismo, il rispetto, la democrazia, l’uguaglianza e, soprattutto, il riconoscimento della complessità della politica. Questa coerenza di piazza fa sì che, nonostante le sardine abbiano una connotazione dichiaratamente di sinistra, costituisca un’alternativa agli elettori di destra più moderati, che infatti hanno raggiunto le piazze.

Infine, hanno riorganizzato e riformulato la domanda politica, non si sono posti come offerta. E’ vero che il movimento non ha soluzioni, ma non ha mai preteso di averne. Non ha motivo di offrirne ancora, all’indomani del primo mese di vita. Oggi il movimento si pongono come entità intermedia: da un lato la grossa fetta di italiani rassegnati ad una politica d’oppressione psicologica, dall’altra i rappresentanti dell’attuale Governo.

Non sta certamente a Mattia Santori, tantomeno alle varie sardine d’Italia, trovare ora soluzioni alternative a quelle che la destra populista “propone” per ogni problema del Paese. Semplicemente perché al Governo, per il momento, non c’è la destra populista. Il governo giallo-rosso, di contro, non deve e non può lasciare questo movimento al caso, i sondaggi che dimostrano un monopolio salviniano non glielo permettono.

LEFT – Vignetta di Vauro

Le prospettive.

Realisticamente l’entusiasmo scomparirà, e lo farà prima di quanto si possa pensare. Le “6000 Sardine” sono un brand di moda che molti personaggi politici vogliono sfruttare a proprio favore: Salvini per fare del vittimismo con delle simpatiche foto di gattini che mangiano sardine, il PD ed il M5S per cercare un po’ di linfa, idee, energie nuove. 

Ma, e questo è il punto cruciale, qualora anche solo l’1% di tutte le sardine coinvolte in questo mese fosse in grado di costruire, un domani, un’entità politica nella quale riunire tutte le sardine d’Italia, allora il movimento avrà avuto un senso. 

E se invece le varie figure di spicco venissero inglobate da qualche partito pre-esistente? Anche questo è uno scenario possibile, e lo è nella misura in cui queste personalità riescano ad impattare sulla direzione di quel partito portando alla Camera ed al Senato il messaggio delle 6000 sardine: vivere, testimoniare e onorare con la politica gli ideali della Costituzione.

E se ancora decidessero di non schierarsi apertamente? Rimarrebbero l’ago della bilancia acquisendo un peso non indifferente alle prossime elezioni.

Con il nuovo anno, insomma, delle sardine potrà rimanere la lisca, qualche piccolo gruppo sparso, o un gruppo ancor più grande. Comunque vada, il 21 Dicembre sarò in Piazza Municipio con una sardina di carta.

“E’ chiaro che il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. Anzi, è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare. Com’è profondo il mare”. (L. Dalla)

Antonio Nuccio

 

Reddito di cittadinanza: falso sito raccoglie 500mila richieste

Si trattava dell’esperimento satirico di un’agenzia di comunicazione, ma 500mila persone ci hanno creduto ed hanno inoltrato richiesta.

Il reddito di cittadinanza è uno degli argomenti politico-economici più caldi degli ultimi mesi, anzitutto negli ultimi giorni con la manovra finanziaria in approvazione in Parlamento e governo gialloverde in fibrillazione.
Proprio nelle ultime ore è giunta notizia della creazione e del successo di un sito-fake, con design simile a quello dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) e un invito ben preciso: “Prenota il tuo reddito di cittadinanza 2018-2019”.

Il portale, denominato IMPS – Istituto Mondiale Provvidenza Solare, è stato realizzato da Ars Digitalia, agenzia di comunicazione che ha voluto usare l’espediente satirico per architettare un esperimento sociale.

“Dopo una campagna elettorale come quella passata, pensiamo che sia compito della satira, anche molto spinta come quella che abbiamo creato, far riflettere gli elettori e comprenderne i sentimenti.

I partiti ci potranno accusare di strumentalizzare la miseria delle persone, ma dovranno ammettere di averlo fatto loro in primis giocando su quella vulnerabilità per ottenere posti in parlamento con promesse alquanto discutibili”, dichiara l’agenzia stessa.

In fondo alla pagina web, è dichiarato apertamente che “il sito è stato sviluppato per fini ludici” e “made with love from Naples by Ministero dello sviluppo ergonomico.

Dunque, nonostante ad un astronauta del web mediamente accorto, bastino pochi minuti per capire che si tratta di uno scherzo e di un portale fake, fino ad oggi (da marzo 2018, data della creazione del sito) sono state più di 500mila le persone che hanno inserito i propri dati sul sito in attesa di ricevere il Reddito di Cittadinanza.

A convincere gli utenti hanno contribuito la “struttura istituzionale” del sito e un’infografica allettante: 780 euro per i single e fino a 1.638 euro per le famiglie in difficoltà.

“Se per qualche motivo vi abbiamo offeso ci scusiamo sinceramente, prendete questa solo come un’occasione per imparare ancora una volta a distinguere il vero dal falso.
E sappiate che non salviamo nessuno dei vostri dati personali senza autorizzazione.
La sicurezza passa prima da noi”, spiega Ars Digitalia sul suo sito ufficiale.
Insomma, una satira che colpisce, suscita un sorriso e dimostra ancora una volta il potere di persuasione dei contenuti “fake” su internet.

Antonio Mulone

Salvini: Le polemiche non sembrano finire

Le ultime dichiarazioni del neoeletto Ministro degli Interni Matteo Salvini sembrerebbero celare, al contrario di come si possa pensare, la fragilità comunicativa ed il desiderio di porsi ogni giorno sulle prime pagine di giornali. Il malsano sensazionalismo dell sue recenti uscite testimonia un bisogno spasmodico di soddisfare le aspettative generate dall’atteggiamento propagandistico mediante il quale si è interfacciato con l’opione pubblica negli ultimi giorni.
Dai vaccini, ritenuti “inutili, pericolosi se non dannosi“, al rimpatrio improbabile di 600.000 clandestini in un lasso di tempo brevissimo, per finire, tristemente, alla folle possibilità di privare della scorta il noto scrittore e giornalista napoletano Roberto Saviano, da tempo nelle mire di “Cosa Nostra”.                                                                                                                                                 Risultati immagini per saviano
Sembra come se il segretario del partito leghista avesse anteposto l’orgoglio alla ponderazione e all’accortezza politica, confondendo una misura cautelare fondamentale come la scorta, in uno strumento improprio di ricatto a chi esprime il sacrosanto diritto di dissenso.
E’ auspicabile dunque, che il Ministro degli Interni si caratterizzi per una postura morale permeata da maggiore senso di responsabilità, riguardo una condotta politica che finirebbe per diventare minacciosa, in quanto non si può scherzare e disporre della vita altrui.
                                                                                                                                                                                      In un paese come il nostro, nel quale la campagna elettorale sembra essere perenne, si dovrebbe riuscire a calibrare la propria linea politica con una maggiore lucidità, specialmente se ad esprimersi in questi termini è uno dei componenti del governo, nonché vicepremier.
L’Italia necessita più che mai di una classe politica assennata e riflessiva, che operi per il bene collettivo persuasa dai criteri del buon senso e della ragionevolezza, e che tuteli il senso d’umanità di cui tutti dovremmo essere depositari.
Antonio Mulone