Il ricordo di Francesca Morvillo nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Il 25 novembre si è svolta presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Ateneo di Messina, la presentazione del libro di Felice Cavallaro: Francesca- storia di un amore in tempo di guerra. Il libro è dedicato alla figura di Francesca Morvillo, magistrata competente e moglie del giudice Giovanni Falcone, vittima insieme a lui della strage di Capaci nel 1992.  

Il 25 novembre, celebrazione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è particolarmente indicata per commemorare la prima e unica magistrata ad essere stata assassinata in Italia.

 

Svolgimento del convegno nell’aula magna del rettorato

 

Il ricordo di Lorena Quaranta

La presentazione si è aperta con i saluti istituzionali da parte del rettore Salvatore Cuzzocrea. Il rettore ha ricordato l’importanza di educare le nuove generazioni a un “amore sano” e di condannare gli atteggiamenti nocivi all’interno di una relazione, manifestati non solo attraverso episodi di violenza fisica, ma anche mediante una logorante violenza psicologica.

Concludendo l’intervento, il rettore, ha annunciato di voler intitolare il giardino del rettorato a Lorena Quaranta, la studentessa di Medicina dell’università di Messina vittima di femminicidio nel marzo 2020, poco tempo prima della conclusione dei suoi studi e per cui le è stata conferita la laurea honoris causa.
 
 

Lorena Quaranta. Fonte: palermo.repubblica.it

 

Violenza di genere: i dati e le iniziative per eliminarla

 

L’intervento del Prefetto di Messina, Cosima Di Stani, ha messo in luce l’aumento del numero annuale di femminicidi, consumati prevalentemente tra le mura domestiche.

Un importante dato in crescita rispetto agli anni precedenti è quello del numero di ammonimenti, indice di una maggiore propensione alla denuncia rispetto al passato, allo stesso tempo, è un segnale preoccupante della persistenza del fenomeno nella società contemporanea.

Il lavoro svolto dai centri antiviolenza è un contributo fondamentale nell’attuazione di strategie di prevenzione e di contrasto del fenomeno, inoltre sono costantemente a fianco delle vittime durante il percorso di emancipazione dalla violenza.

Il prefetto ha inoltre individuato un punto di svolta della problematica, con l’implemento dei braccialetti elettronici. Questi dispositivi permetterebbero alle vittime di violenza di venire a conoscenza della prossimità del soggetto potenzialmente pericoloso, tramite l’ausilio di un’applicazione, evitando così l’aggiramento dei divieti di avvicinamento disposti dall’autorità giudiziaria.

Le disposizioni volte alla tutela delle donne non sono sufficienti a debellare il problema, le cui radici possono essere estirpate solo grazie a un intervento mirato alla riabilitazione dei maltrattanti. La Questura di Messina ha recentemente sottoscritto il protocollo Zeus, provvedimento che permette al destinatario di intraprendere un percorso di recupero finalizzato a far maturare la consapevolezza del proprio comportamento e disincentivare i comportamenti violenti.

 

Felice Cavallaro, Francesca: Storia di un amore in tempo di guerra, Solferino, 2022. Fonte: ibs.it

 

Chi è Francesca Morvillo

La necessità di delineare un percorso di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, oggi come in passato, è fondamentale per favorire la conoscenza del fenomeno e indirizzare i giovani verso la cura delle relazioni.

Felice Cavallaro, autore del libro, ricorda come la stessa Francesca Morvillo ha messo i suoi studi al servizio dei figli dei detenuti, come insegnante in un doposcuola pomeridiano frequentato in prevalenza da ragazzi di famiglie disagiate. Emerge il ritratto di una giurista attenta alla funzione riabilitativa della pena e di una donna con una sensibilità spiccata nei confronti dei minori.

La figura di Francesca Morvillo viene spesso ricordata esclusivamente in relazione a quella del marito Giovanni Falcone, dimenticando che il rapporto tra i due non fu di dipendenza bensì di condivisione. Condivisione di ideali comuni, di un percorso professionale, di uno stile di vita.

 

Francesca è stata moglie di Giovanni Falcone come conseguenza del suo modo di essere. Sentiva la giustizia come la bellezza della società e quindi ha fatto di tutto perché questi ideali potessero realizzarsi, anteponendo un ideale anche a sé stessa ed alla sua vita

 

Il 23 maggio 1992 infatti è stata uccisa una magistrata prima che una moglie.

Francesca Morvillo nacque a Palermo il 14 dicembre 1945.

Figlia del sostituto procuratore Guido Morvillo, ottenne la laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Palermo nel 1967. Fu tra le prime donne a vincere il concorso in magistratura nel 1968, cinque anni dopo l’apertura della carriera in magistratura alle donne.

Dopo aver superato il concorso ricoprì diversi ruoli: prima giudice del Tribunale di Agrigento, poi Sostituto Procuratore al Tribunale dei minori di Palermo, in seguito consigliere della Corte di Appello e infine membro della Commissione per il concorso di accesso in magistratura.

Nella sfera privata era una persona molto riservata, ma allegra e piena di vita, capace di entrare facilmente in sintonia con gli altri. Tratto caratteristico del suo carattere era la sua dolcezza, che si rispecchiava in un sorriso radioso e rassicurante quando sorrideva lo faceva con tutta l’anima…

Quel sorriso rimase impresso nella memoria della magistrata Maria Teresa Arena, che il 22 maggio 1992 era tra i candidati al concorso in magistratura. La magistrata consegnò  l’ultimo compito proprio nelle mani di Francesca Morvillo, il giorno prima della tragica scomparsa di quest’ultima.

 

Tre decenni dopo quella stagione di stragi, emerge nella dimensione pubblica anche tutto il valore personale e professionale di Francesca Morvillo, che è stata sì indiscutibilmente l’amata consorte di Giovanni Falcone e la sua ascoltata consigliera, ma è stata a sua volta un’infaticabile magistrata, una fine giurista, attenta all’importanza della formazione e alla funzione costituzionale della pena”

 

Santa Talia

Da tradito a “Traditore”: ritratto dell’uomo che svelò Cosa nostra a Falcone

Esattamente un anno fa veniva proiettata nelle sale italiane la pellicola “Il traditore” del regista Marco Bellocchio, incentrata sulla figura del boss pentito Tommaso Buscetta. Emblematica la data scelta per l’esordio, il 23 maggio, ricorrenza della strage di Capaci in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta. Una provocazione dunque? Decisamente no. È noto a tutti infatti il ruolo che Buscetta giocò nel far conoscere a Falcone personaggi, vita, segreti e comportamenti di Cosa nostra.

 Fonte: Periodico Daily                      

Il traditore non vuole essere il classico biopic che racconta staticamente la vita di un determinato personaggio dalla nascita fino alla morte. Bellocchio tira fuori un ritratto psicologico anziché biografico di Don Masino, non lo assolve del tutto, come molta letteratura ha fatto, e non lo condanna, ma mostra semplicemente l’uomo o – per meglio dire – l’uomo d’onore.

La trama

La trama si concentra sulle vicende più significative che porteranno poi Buscetta a diventare collaboratore di giustizia, passando dai colloqui con Falcone fino a giungere al maxiprocesso. Il film comincia in medias res nel pieno folklore della festa palermitana di Santa Rosalia. Il mafioso Buscetta capisce che i Corleonesi con a capo Totò Riina stanno prendendo il sopravvento su Cosa Nostra e sulle famiglie dei mandamenti palermitani (di cui lui fa parte) e decide di scappare in Brasile: sarà noto alle cronache infatti come “il boss dei due mondi”.

Siamo al tempo della seconda guerra di mafia, Totò Riina fa uccidere molti familiari di Don Masino tra cui i figli. In Brasile Buscetta viene arrestato ed estradato In Italia. Totò Riina e Don Masino entrambi mafiosi ma anche così diversi: Bellocchio quasi gioca nel contrapporli. Riina vuole emergere in Cosa nostra mentre Don Masino preferisce godersi la vita,come una sorta di edonista.

Fonte: Sentieri selvaggi – Buscetta in Brasile

Cosa nostra si è trasformata, gli ideali di Don Masino e della vecchia mafia che non faceva del male a donne e bambini (cliché che tutti conosciamo e più volte rimarcato nella pellicola) non esistono più. Adesso gli affiliati fanno affari con il mercato della droga che uccide i giovani. Don Masino si sente tradito da Cosa nostra e da tradito decide di divenire il Traditore, linfame. Dunque uno degli interrogativi che il film ci lascia potrebbe essere questo: Tommaso Buscetta si sta pentendo della vita da criminale oppure si pente di aver fatto parte di un’organizzazione che non è più quella di quando egli stesso si era affiliato?

Fonte: Linkabile – Incontro tra i due schieramenti

L’incontro con Giovanni Falcone

Giungiamo così alle scene più emotivamente cariche di tutto il film. L’uomo dello Stato e delle istituzioni ha davanti a sé l’uomo dell’Antistato che confessa e svela nomi e segreti di una delle organizzazioni criminali più potenti di sempre. Due figure così diverse, così distanti, due figure che vengono accomunate dai gesti quotidiani, come offrire una sigaretta durante l’interrogatorio. L’uno rispettoso della dignità che l’altro a suo modo ha e viceversa. Insomma Falcone seduto alla scrivania di fronte a Don Masino che “racconta i fatti di Cosa nostra”. E qui si procede con qualche flashback.

Fonte: Dules.it – Falcone interroga Buscetta

                                   

È Fausto Russo Alesi a calarsi nel difficile compito dell’interpretazione del magistrato, il quale ha affermato di non aver scelto la strada dell’imitazione così da cercare di dare una carica quanto più realistica ad un personaggio di tale calibro.

L’interpretazione di Pier Francesco Favino

L’attore romano supera sé stesso. Diviene Don Masino e ora deve esprimersi in siciliano, ora in portoghese sino a giungere ad uno stentato italiano durante l’interrogatorio con Falcone e nel corso del maxiprocesso; il tutto avviene con una tale naturalezza da non sembrare neanche che Favino stia recitando.

Si passa poi ad una accurata mimica facciale e gestualità che imprimono quasi un certo elegante carisma ad un personaggio per sua natura rozzo. Grazie a questa sublime prova attoriale Favino ha conquistato un sacco di riconoscimenti tra cui il David di Donatello al miglior attore protagonista.

Fonte: Anonima Cinefili – Favino interpreta Buscetta nella scena del maxiprocesso

                    

Innumerevoli sono state le nomination e i premi cinematografici nazionali e internazionali per Il Traditore: ai David di Donatello riesce a portare a casa ben sei statuette tra cui miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, miglior attore non protagonista a Luigi Lo Cascio, miglior montaggio e miglior sceneggiatura originale.

 

Perché proprio in questa ricorrenza parliamo de “Il traditore” e di una figura come quella di Buscetta? Sicuramente per l’apporto che diede alle indagini di Falcone, ma non solo: conoscere il fenomeno mafioso è il primo passo per scardinarne le basi, nel ricordo di chi – nel farlo – ha dato tutta la sua vita.

                                                                                                                                                                                      Ilenia Rocca