Istat, risale disoccupazione: giovani categoria più colpita

Settembre nero per il mercato del lavoro. Secondo i dati diffusi nella giornata di ieri dall’Istat, il tasso di disoccupazione è risalito al 10,1%. Le persone in cerca di lavoro sono 2.613.000, in aumento di 81 mila unità (+3,2%) rispetto ad agosto e in calo di 288 mila unità su settembre 2017. Un dato su cui pesa anche il calo degli inattivi, coloro che non hanno un impiego né lo cercano, calati di 41 mila unità. Male anche il dato sui giovani: la disoccupazione giovanile risale al 31,6%, in aumento di due decimi di punto rispetto al mese precedente.
Bisogna precisare che quando si parla di disoccupanti in età giovanile, ci si riferisce a quella fascia anagrafica che va dai 15 ai 24 anni. Ma sono le cifre annuali a destare più di qualche preoccupazione: la diminuzione complessiva, per quel che concerne l’anno corrente, è di 3 punti percentuali.

Desta scalpore poi il dato sugli occupati, diminuiti di 34 mila unità su agosto (-0,1%). Un calo concentrato soprattutto sui dipendenti permanenti (-77 mila) mentre aumentano gli occupati a termine (+27 mila) e i cosiddetti indipendenti, cioè imprenditori, liberi professionisti, lavoratori autonomi (+16 mila).
Guardando al dato per classi di età gli occupati calano sensibilmente nella fascia 35-49 anni (-55 mila) e solo molto più lievemente in quella 25-34 (-7 mila). In aumento invece la fascia degli over 50 (+22 mila).

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In aggiunta alle singole variazioni mensili, a livello più generale si conferma il trend di diminuzione dei posti di lavoro stabili, scesi di 184 mila unità, e il balzo degli occupati a termine, saliti in un anno di 368 mila, e ormai stabili sopra quota 3 milioni. Inoltre l’Istituto Nazionale di Statistica, ha fatto trapelare anche la stima preliminare sull’inflazione a ottobre. I prezzi sono rimasti fermi su base mensile, mentre su base annua l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto dell’1,6% rispetto all’ 1,4% di settembre.
Una spinta, spiega l’Istat, che si deve principalmente all’impennata dei prezzi dei beni energetici regolamentati (a +9,3%, top dal 2012) e all’accelerazione dei prezzi dei servizi vari. Netto rallentamento per il cosiddetto “carrello della spesa“, cioè i beni a più largo consumo, i cui prezzi rallentano a ottobre dal +1,5% di settembre all’1%.

 

Santoro Mangeruca

Il caso di Assia Montanino: il confine tra invidia e “presunte” raccomandazioni

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Altre turbolenze in vista per i pentastellati; a far adirare l’opinione pubblica questa volta è la nomina di Assia Montanino, da parte del vicepremier Luigi Di Maio, come capo segreteria dei ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico; con uno stipendio lordo annuale di 72mila euro. Le critiche rivolte alla neo segretaria sono la totale assenza di curriculum ed il fatto di essere concittadina del leader di MS5. La giovane si è difesa dalle accuse sui social asserendo: “Lavoro al Ministero del Lavoro come Capo segreteria. Stesso ruolo ricoprirò a breve al Ministero dello Sviluppo economico. Due ministeri, uno stipendio solo, pur avendo diritto a due stipendi – spiega -. La cifra netta che prendo mensilmente, pari a circa tremila e trecento euro, copre un impegno che va ben oltre i tempi previsti nel contratto, e che si protrae 7 giorni su 7, senza limiti di orario. E con responsabilità importanti. Il fatto di avere ‘solo’ 26 anni credevo che fosse un elemento positivo e non di demerito, in un Paese in cui non si fa altro che dire: ‘Largo ai giovani’. Vengo dallo stesso paese del ministro Di Maio e questa è stata senza dubbio una ‘fortuna’ – sottolinea – perché così lui ha conosciuto diversi anni fa mio padre, che si era appena ribellato contro gli usurai, e mi ha dato un’opportunità, come l’ha data ad altri studenti universitari per uno stage presso la vicepresidenza della Camera. Mi sono guadagnata stima e fiducia di tutti lavorando sodo per anni. E così continuerò a fare con grande serenità”.  Pensavo che i tempi bui in cui un ex Ministro del lavoro accusava i giovani di essere dei buoni a nulla fossero passati, invece noto che è una mentalità diffusa, sia in ambienti che si definiscono di destra, sia in ambienti che si professano di sinistra”. Come donna, ha poi osservato, che in molti articoli e fotografie private pubblicate ‘c’è un sessismo nemmeno troppo velato’. Purtroppo certi media contribuiscono non solo a diffondere falsa informazione, ma anche a inchiodare l’Italia a un medioevo culturale”.

Che l’Italia non fosse un Paese per giovani lo si era capito da tempo, ma arrivare ad accusare e screditare una giovane ragazza solo perché è riuscita a trovare un lavoro non sarà esagerato? Più che indignati, questa volta non saremo forse un po’ troppo invidiosi? Quasi certamente molti di voi penseranno che queste parole sono inappropriate; poiché il modus operandi di tale assunzione è probabilmente ambiguo, altri che non vi è l’esperienza necessaria per ricoprire il ruolo assegnatole; ma in fondo questo mal costume, tutto italiano, non ci è nuovo. Tuttavia in questo breve intervento, l’intenzione non è quella di giustificare o tanto meno di giudicare quanto accaduto, ma di informare i cittadini come vengono spesi i soldi pubblici. Se sia giusto o meno lasciamo che sia il tempo a dirlo, il quale ha l’indissolubile capacità di far venire tutti i nodi al pettine. Non ci resta che attendere e sperare di poter smentire tutti quegli “invidiosi”.

 

Santoro Mangeruca

Dipendenza Patologica da Internet: meccanismi biochimici e neurobiologici

Basta salire su un autobus o frequentare un locale affollato, per rendersi conto di quanto oggi il nostro sguardo si sia abbassato.

Siamo letteralmente assorbiti, catturati dai nostri smartphone. Sempre connessi, sempre impegnati, al punto di perdere il contatto con la realtà.

“Sapete quante volte viene toccato lo schermo di un telefono? 2600 volte al giorno. Sapete quante di queste sono veramente necessarie? Solo 14”. Così recita Fabrizio Bentivoglio nel recente film Sconnessi, film che denuncia come Internet abbia modificato il nostro stile di vita creando una vera e propria dipendenza.

Circa il 90% della popolazione mondiale possiede una connessione internet. Dal 1999 gli utenti sono notevolmente aumentati. Dall’analisi statistica dei dati provenienti da 239 Paesi, è emerso come il numero degli utenti connessi ad Internet nel mondo abbia sorpassato la soglia dei 4 miliardi di persone. Un dato storico ci informa che oggi più della metà della popolazione mondiale è online.

Non sorprende a pensare che si stanno diffondendo sempre più i disturbi da abuso della rete telematica, l’Internet Addiction Disorder (IAD)che hanno riscosso una crescente attenzione da parte della comunità scientifica.

Il fenomeno sta acquistando una rilevanza sociale tanto da parlare di dipendenza.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la dipendenza patologica come quella condizione psichica, e talvolta anche fisica, causata dall’interazione tra una persona e una sostanza tossica. Tale interazione determina un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione. Le nuove dipendenze, o dipendenze senza sostanza, si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali. Tra essi possiamo annoverare il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da tv, da internet, dal sesso, shopping compulsivo, dall’eccesso di allenamento sportivo.

 

La dipendenza patologica e i criteri diagnostici

Il DSM5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) comprende anche il gioco d’azzardo che non è correlato all’uso di una sostanza.

Servono ulteriori ricerche ed evidenze per includere formalmente i disturbi da abuso della rete telematica IAD (l’Internet Addiction Disorder ) nel DSM5.

Già nel 1995 Ivan Goldberg propose di introdurli nel DSM . Si stanno rapidamente diffondendo senza un ufficiale riconoscimento e con continui disaccordi rispetto ai criteri diagnostici da utilizzare.

In particolare, il dibattito in corso mira a definire se l’IAD deve essere classificato come una dipendenza comportamentale, un disturbo del controllo degli impulsi o un disturbo ossessivo-compulsivo.

La dipendenza da internet è legata al tipo di attività svolta varia in genere in relazione al sesso e all’età.

Attualmente sono stati riconosciuti cinque tipi di dipendenza:

-Dipendenza dalle relazioni virtuali (Cyber-Relational Addiction) Tendenza ad istaurare relazioni di amicizia o amorosi via chat, forum, social networks. Tali relazioni diventano man mano più importanti delle relazioni reali.

-Dipendenza dal sesso virtuale (Cybersexual Addiction) uso compulsivo di pornografia e sesso virtuale.

-Gioco Offline (Computer Addiction), tendenza al coinvolgimento eccessivo in giochi virtuali che non prevedono l’interazione tra più giocatori e non in rete.

-Gioco Online (Net Compulsion), coinvolgimento eccessivo e comportamenti compulsivi collegati a varie attività online quali il gioco d’azzardo, lo shopping compulsivo, i giochi di ruolo.

Quando parliamo di dipendenza da internet?

Quando la maggior parte del tempo e delle energie vengono spesi nell’utilizzo della rete, creando in tal modo menomazioni forti e disfunzionali nelle principali e fondamentali aree esistenziali, come quella personale, relazionale, scolastica, familiare, affettiva. Le dinamiche di dipendenza dalla rete telematica si possono sviluppare al punto da presentare fenomeni analoghi alle dipendenze da sostanze, con comparsa di tolleranza (aumentare il numero di ore trascorse in rete per avere lo stesso effetto gratificante) craving (desiderio impulsivo) e assuefazione e astinenza( Se il soggetto tenta di ridurre le ore o si disconnette dalla rete diventa irritabile, nervoso, ansioso.)

La dipendenza patologica come ogni malattia mentale, altera il comportamento è tutto ciò che limita il nostro libero modo di essere, di comportarci, di scegliere è un qualcosa che ci viene sovraimposto. Il soggetto non sceglie di stare tutta la giornata davanti al pc, non andare a lavoro, perdere sonno.

NON È RILEVANTE LA VOLONTÀ del soggetto a smettere, il soggetto può avere anche un alto quoziente intellettivo e avere una dipendenza da internet come da nicotina.

Perché?

Poiché ovviamente tutti noi dobbiamo  fare i conti con i limiti del nostro sistema nervoso, con dei processi biochimici sovraimposti dalla biologia e dalla fisiologia. E’ un meccanismo biochimico che si autoinnesca nel cervello.

 

Come avviene la dipendenza?

La dipendenza da sostanze e comportamenti usa un meccanismo antichissimo, caro all’evoluzione e alle diverse specie ovvero la gratificazione, il circuito della ricompensa ed il rinforzo negativo o positivo.

Il circuito della ricompensa è un comportamento attuato anche dal neonato, da ogni specie dalle farfalle all’essere umano. Tanto più un’azione è gratificante tanto più essa tende ad essere ripetuta nel tempo. Sono dei meccanismi che servono a salvaguardare la specie. Non tutte le dipendenze sono patologiche anzi alcune sono necessarie. Ad esempio l’atto sessuale è un evento gradevole che tende ad essere ripetuto nel tempo e consente la riproduzione per questo le specie non si sono estinte.

Le dipendenze fisiologiche o patologiche si basano sul circuito della ricompensa.

Esso è costituito da tre momenti:

– La componente preparatoria (il desiderio e le azioni messe in atto per raggiungere l’oggetto del piacere);

– La componente incentivante motivazionale (motivazione a provare qualcosa di nuovo);

– La componente consumatoria: piacere, soddisfazione e gratificazione.

 

Biochimicamente cosa avviene nel cervello?

  • L’Area tegmentale ventrale rilascia dopamina,
  • Liberazione dopamina dal Nucleo Accumbens. Il rilascio di dopamina dal Nucleo Accumbens è correlato al piacere alla gratificazione,
  • Contemporaneamente avviene l’inibizione del lobo frontale (area deputata al giudizio, alla coscienza, alla razionalizzazione. Consequenzialmente se tale area è inibita il soggetto non considera più il pericolo, la sua razionalità è compromessa).
  • Inibizione dell’amigdala la quale in genere è deputata a far insorgere nel soggetto ansia, paura e consente di scappare dinnanzi un pericolo, se tale area è inibita il soggetto non è ansioso, è quindi troverà beneficio dall’ azione, sentendosi più rilassato, meno agitato e non tenderà a scappare).Ciò funziona per tutte le dipendenze anche da sostanza e comportamento. Esaminiamo la dipendenza più comune quella da social network.Oltre al circuito di ricompensa avviene un rinforzo positivo:

    Se il soggetto ha difficoltà ad istaurare relazioni nella realtà per tratti di personalità per la sua timidezza, per la sua personalità evitante, per la sua introversione, sarà facilitato da internet ad instaurare relazioni velocemente, a parlare  liberamente senza arrossire o essere impacciato, sarà più disinibito.

    Il soggetto tramite i social può offrire un’immagine di sé che non è reale, fornire agli altri un’immagine idealizzata che vorrebbe avere.

    Avrà più facilmente accesso ad essere in contatto con le persone di suo interesse. Grazie a facebook, instagram, whatsapp sarà aggiornato sulla vita e sui movimenti di chi gli interessa, ci saranno foto, video, pensieri condivisi dalla persona ,i social vanno tanto di moda perché sono basati  sulla stimolazione piacevole della curiosità, erotizzazione delle informazioni.

    Rinforzo negativo eviterà il rifiuto diretto, essere nascosti dietro uno schermo evita figuracce, la perdita di tempo nell’ottenere informazioni.

    La specie si evoluta basandosi sul rinforzo positivo e negativo. Tutte le azioni umane sono esplicate per avvicinarsi al piacere o allontanarsi dal dolore.

     

    Dipendenza e tratti di personalità

    Ci sono persone più inclini a sviluppare dipendenze patologiche da internet, comportamentali o patologiche? Si, senza dubbio.

    In parte è genetica, correlato a tratti di personalità come il Neuroticismo, l’impulsività e l’eccesiva reattività a stimoli esterni.

    Il  neuroticismo è quella  caratteristica di personalità connessa alla tendenza a provare emozioni prevalentemente negative come il pessimismo.

    Questo tratto risulta associato tanto al disturbo da uso di sostanze quanto ai disturbi depressivi e ai disturbi d’ansia.

    Più elevata sensibilità allo stress. I soggetti con tale tratto hanno la predisposizione al sensation-seeking, la tendenza di avere una continua ricerca del nuovo e dal costante bisogno di provare di forti emozioni, unitamente all’ipersensibilità verso le ricompense, il piacere e a una parallela insensibilità alla punizione.

    L’Impulsività  si riferisce a un modello di comportamento sotto-controllato e privo di limiti, nel quale l’individuo incapace a ritardare la gratificazione, agisce senza alcuna preoccupazione rispetto alle potenziali conseguenze.

    L’impulsività è il tratto comportamentale che sembra maggiormente correlato all’uso problematico di sostanze e alle dipendenze, comprese quelle comportamentali, come il gioco d’azzardo patologico.

    L’eccessiva reattività agli stimoli esterni, rappresenta un ultimo tratto comportamentale accordato sulle frequenze del disturbo da dipendenza, nello specifico connesso alla fase della ricaduta. Gli individui a maggior rischio di ricaduta siano quei soggetti per i quali gli stimoli esterni presentano un elevato potere incentivante; questo è in linea con il fatto che la ricaduta è spesso determinata da quegli stessi stimoli ambientali (luoghi, persone, strumenti) o psichici (particolari emozioni, stati dell’umore, pensieri ricorrenti) precedentemente associati all’assunzione di droghe, di sostanze psicoattive.

    Cosa fare se si ha una dipendenza patologica da internet?

    Ammettere di avere un problema.

    Rivolgersi ad uno psicoterapeuta ed iniziare una terapia cognitivo- comportamentale mirata alla riduzione graduale del comportamento patologico dipendente, con l’individuazione e attuazione di comportamenti alternativi, sufficientemente gratificanti, che possano sostituirlo,

    Superare  difficoltà socio-relazionali.

    In ambito strategico le patologie legate all’utilizzo patologico di internet possono venire suddivise in due tipologie:

    • quelle basata sulla ricerca del piacere
    • quelle basate su un meccanismo di tipo ossessivo-compulsivo.

    Il paziente attraverso stratagemmi terapeutici viene inconsapevolmente condotto dal terapeuta  a vivere esperienze emozionali che sblocchino la sua rigidità e lo indirizzino verso una nuova visione della realtà.

    Nelle patologie incentrate sul piacere, le manovre vertono a far interrompere il rituale piacevole di cui il soggetto non riesce a fare a meno.

    Nel caso in cui sia presente un meccanismo di tipo ossessivo-compulsivo si seguirà una logica differente. In questo caso il soggetto è vittima delle sue strategie di controllo. La prescrizione principale  in tale caso in genere è quella di eseguire il rituale in modo più gravoso, confinandolo in un determinato spazio e tempo. Si tratta quindi di opporre al rituale un contro-rituale che ne riduca l’effetto o l’ipnoterapia.

    Vi sono differenti strategie:

    • Strategia legata alle conseguenze positive future. Sottolineare gli aspetti gratificanti di lungo termine legati al superamento della dipendenza stressando gli aspetti negativi del presente. Usando le tecniche immaginative orientate al futuro.
    • Strategia legata all’accentuazione delle conseguenze negative. mettere il paziente di fronte alle conseguenze negative della sua dipendenza svalutandone allo stesso tempo il piacere immediato. fantasie immaginative avverse, concentrandosi sulle conseguenze negative del comportamento che sono specifiche per il soggetto.
    • Strategia legata alla sostituzione del mezzo di gratificazione. L’attenzione in questo caso è rivolta alla ricerca di metodi non distruttivi che permettano al soggetto di ridurre il suo stato di tensione. Centrali in questo caso sono le tecniche di rilassamento autoguidato che permettono di trasportare le suggestioni ipnotiche nella situazione in cui l’individuo necessita aiuto. Queste tecniche, permettono di controllare la respirazione, la tensione muscolare e la sensazione associata di ansietà, fornendo al soggetto la percezione di autoefficacia, incoraggiandone così la messa in atto di strategie adeguate di coping.
    • Strategia di autogratificazione. Si opera in tale caso sul rinforzo del se del soggetto mediante suggestioni che vanno ad accrescere l’autostima, il sentimento di autoefficacia e la motivazione intrinseca al cambiamento.

    L’insieme di queste strategie permette di strutturare nel soggetto un comportamento di decision-making consapevole. Invece di rispondere in forma automaticamente e abitualmente, il soggetto viene portato a decidere in modo consapevole se concedersi il lusso di un’abitudine distruttiva .

    Nel caso in cui la dipendenza abbia coinvolto negativamente la famiglia,

    viene introdotta la terapia familiare supportare la motivazione del soggetto ad affrontare e risolvere la dipendenza.

    I gruppi di supporto sono una valida alternativa terapeutica soprattutto in quelle situazioni in cui la dipendenza da internet sia stata prodotta da mancanza di supporto all’interno della rete sociale di appartenenza.

    Terapia farmacologica

    Nei casi gravi vengono dati farmaci antidepressivi o stabilizzatori dell’umore che vanno ad agire sui sintomi causati dall’astinenza (ad esempio nel gioco d’azzardo patologico online).

    Conclusioni e consigli pratici

    La tecnologia è un ottimo strumento di crescita se ben usata, ma può causare gravi dipendenze patologiche. Per prevenire ciò è necessario:

    – La  conoscenza e l’autodisciplina.

    – Limitare uso trascorso in internet, monitorandolo, stabilendo di essere connessi solo per un periodo di tempo determinato incoraggiare utilizzo di reminder bigliettini

    – Praticare sport il rilascio di endorfine, evita la ricerca di piacere da altre fonti come internet, il cibo.

    – Instaurare relazioni vere ,fatte di chiacchiere, sguardi, canzoni. Iscriversi in attività di gruppo, vi sono diverse associazioni di ballo, canto, teatrali, politiche, sportive in relazione ai propri interessi che ti permettono di fare amicizia con gente che condivide le tue passioni.

    – Utilizzare app che bloccano l’accesso ai social per un tempo determinato e ti consentono un uso moderato e rimanere concentrato nelle tue attività: ad esempio Forest, un app free in cui ogni ora che sei concentrato senza guardare il cellulare e il pc cresce un alberello, di varie dimensioni e tipologie a secondo del tempo che stabilisci.

    Se mentre svolgi l’attività che avevi programmato in cui dovevi essere focalizzato nello studio o nel lavoro entri sui social l’albero muore. A fine giornata sarà piacevole vedere i frutti del tuo lavoro osservando la foresta con gli alberi che hai piantato con le ore concentrato nel tuo lavoro.

    – Fare belle passeggiate in cui si è sconnessi da  internet, chi ha necessità di trovarci può sempre chiamare.

    – Connettersi con la natura: usare i sensi, al giorno d’oggi non facciamo più caso ai nostri sensi. Utilizzarli consapevolmente.

    -Acuire l’osservazione, cogliere i dettagli, i colori, le forme geometriche.

    Prestare attenzione ai suoni, ai rumori, al tatto alle superfici, al nostro respiro e ai nostri passi,

    – Ascoltare il proprio corpo, verificare la nostra postura, la posizione che assunta nello spazio, la tensione che è presente in alcuni muscoli.

    – Sintonizzarci con la realtà vera.

    – Concentrarsi nelle cose pienamente, se  si studia, studiare e basta, se si lavano i piatti non pensare ad altro, rimanere concentrati,essere assorti pienamente nell’attività che stiamo svolgendo.

    Metà della felicità è nel contatto con la natura e nella consapevolezza del sé.

    A cosa  serve conquistare il mondo, avere milioni di informazioni quando poi si perde l’essenza del proprio se e della realtà?

    Cosa racconteremo ai nostri figli “…passavo ore con la testa bassa sul telefono a chattare con sconosciuti, a leggere email”?!

    Cosa ci stiamo perdendo? Sorrisi, sguardi, tramonti, interrotti da una notifica, dall’attesa di un messaggio, il nostro tempo è limitato, stressato da continui messaggi a cui rispondere. Siamo diventati schiavi.

    “Ascolta te stesso, sii libero, non dipendere da niente e da nessuno questa è la chiave della felicità.”

                                                                                                                                                                                                                                  Daniela Cannistrà

Quattro chiacchiere con Silvia Russo – Be Art: sii arte, anche tu.

“La percezione del sè: in quanti e quali modi ti definisci? Sai veramente che percezione hai di te? Rifacendoci a Pirandello, noi siamo uno, nessuno e centomila.”
Così si è aperto il secondo evento, tenutosi lo scorso 3 Aprile, del progetto Be Art: una casa da riempire, qualche giovane artista ed il carisma di chi vuole creare una realtà che a tentoni si fa spazio nella città dello stretto.

Dall’idea di Silvia Russo, ragazza di vent’anni dagli occhi sognanti, è nato questo progetto tra il casalingo e bohémien, ed ha tutta l’aria di non volersi fermare.
Tra oggetti dimenticati ed un altro “e anche questa è andata!” abbiamo scambiato quattro chiacchiere.

Cosa ti ha ispirata a creare questo progetto?

Molto semplicemente dovevo arredare questa casa che già avevo ed era completamente vuota; un giorno, al telefono con una mia amica, dicevamo che sarebbe bello arredarla con quello che trovavo, molto “fai da te”. Ho portato un sacco di libri, foto, che in camera non entravano più, e tutto ciò che portavo da vari viaggi. Il mio desiderio era quello di trasformare questa casa in una galleria d’arte, tutto al suo posto. Infatti, una volta sistemata mi rendevo conto che volevo condividere quel che avevo – che poi principalmente sono libri di arte, oggetti particolari, quadretti – con gli altri, ma non volendo “esporre” solo cose mie, ho contattato vari artisti e così è nato tutto. Inoltre avevo visitato diverse mostre che mi avevano ispirata e ho detto: facciamolo.

C’è un pubblico specifico al quale punti?

Mmh, sai non ci ho mai veramente pensato. So, comunque, che ho sempre voluto accogliere gente interessata all’arte, che vuole conoscere, apprendere, mettersi anche in discussione (come ad esempio il tema del secondo evento è stato “la percezione del sé”, un argomento estremamente soggettivo e profondo) . La mia paura era che, soprattutto in una realtà come quella di Messina, ci fossero persone che venissero solo per creare scompiglio, dare fastidio…insomma come diciamo qui, che venissero solo per fare “sciacquazza”. In ogni caso, parlando di età, non ho un prototipo. Certo, è stata una piacevole sorpresa vedere persone adulte che giravano per le stanze, interessate ed entusiaste dell’iniziativa. È un motivo di orgoglio, soprattutto perché non me l’aspettavo.

Hai trovato difficoltà ad inserire questo progetto in una città come Messina?

All’inizio pensavo non venisse nessuno: la prima mostra ha avuto un’affluenza che, contro le aspettative, ha superato le 200 persone. È stato pazzesco, io ho provato emozioni per un mese. Sono stata felicissima! Ho comunque notato che sono poche le persone realmente interessate, inoltre con questo progetto mi sono resa conto che abbiamo creato qualcosa di più di una mostra: chi ha partecipato ha visto che cerchiamo di far interagire il pubblico con le opere e con gli artisti (ndr. Durante la prima edizione il pubblico si poteva mettere alla prova sfruttando i propri sensi; durante la seconda era presente una make-up artist, e ad ogni persona si scattava una foto sulla quale una degli artisti vi disegnava sopra). Ho sempre voluto creare un legame tra chi guarda l’opera e chi la crea, già il nome stesso del progetto lo suggerisce: sii arte anche tu.

Hai intenzione di procedere sulla stessa linea, sviluppando il progetto allo stesso modo o…

Ti dirò, ancora non lo so – ancora devo metabolizzare questa – comunque sto iniziando a pensare a qualcosa all’aperto, in un giardino durante il periodo estivo. L’importante è mantenere le radici di questo progetto: “casalingo” ed interattivo.

Gli artisti che hanno partecipato alla seconda edizione di Be Art sono (in ordine alfabetico):

  • Vittoria Abramo aka VITTY – grafica
  • Sofia Bernava – pittura
  • Giuseppe Bongiorno – scultura
  • Manuel Cavalli – disegno
  • Giordana Ciccolo – pittura
  • Carlo Ciliberto – fotografia
  • Davide De Stefano –  fumetto
  • Alessia Giuffrida – fotografia
  • Giulia Greco – fotografia
  • Elena Imbesi – collage
  • Gabriele Ingrassia – disegno
  • Silvia Mancuso – make-up artist
  • Silvia Russo – fotografia
  • Andrea Speranza – disegno
  • Anna Viscuso – pittura tridimensionale
  • Paolo Enrico Zagami – fotografia

Belle cose per bella gente! E con l’augurio che tutto vada per il meglio, non ci resta che aggiornarci sulle pagine Facebook  Be Art (@beartmessina) ed Instagram @officialbeart .

 

 

 

Giulia Greco

 

 

 

Resto al Sud: come uscire dalla crisi delle crisi

É da tempo sulle pagine dei quotidiani, nei servizi televisivi ed in cima ai programmi elettorali dei nostri cari politici. É invisibile, ma i suoi effetti si vedono eccome. É silenziosa, ma causa crolli e cadute di colossi che fanno rumor(e). Conviviamo con essa da anni, un malessere generale riassumibile con due parole: la crisi. Quando si parla di crisi si sottende necessariamente quella economica che dal 2008 sino ad oggi ha causato un esponenziale incremento del tasso di disoccupazione, del livello di povertà e dell’indebitamento. Oltre a causare falde finanziarie non rimarginabili, fatto saltare posti di lavoro, aziende ed imprese, aumentando la pressione fiscale, la crisi ha causato esiti negativi per quanto riguarda la psiche dell’individuo. Alla crisi economica si affianca quella della psiche. Le conseguenze di questa commistione di crisi sono: depressione,  insoddisfazione e smarrimento. Ci si sente fuori luogo, inadeguati. E si emigra in cerca di fortuna. Eppure una soluzione a tutto questo c’è, ed é il lavoro.

Secondo il Briefing Document for the National Governors Association possedere un’occupazione rappresenta un fattore rilevante che segna la routine quotidiana, fornisce obiettivi significativi, aumenta le finanze individuali e familiari allontanando il rischio di povertà. Ottenere un impiego è anche correlato con l’aumento del benessere personale, la “self efficacy”, il miglioramento della gestione delle relazioni ;rappresenta inoltre, un’opportunità di instaurare amicizie, ottenere supporto sociale e contribuisce a definire se stessi come lavoratori. Dunque avere un lavoro rende liberi, indipendenti, e ci si scrolla di dosso tutte quelle preoccupazioni sopraindicate. Il lavoro é la soluzione! Ma qualcuno potrebbe anche dire: <<Scusa giovane – mi domanda un qualsiasi abitante del Meridione – qui al Sud “non c’è nenti”, in più c’è la crisi, chi ce lo dà il lavoro?>>.

Di certo il nostro conterraneo non ha tutti I torti. Il lavoro non cade dal cielo, ma su una cosa sbaglia di grosso. Al Sud, c’é molto più di niente. Migliaia e migliaia di risorse inutilizzate o in mano ad individui che voglion tutto fuorché il bene della nostra terra. C’è bisogno di arrotolarsi le maniche, cambiare ciò che manda a rotoli il nostro paese, estirpare quella “mala pianta”. Ed un’opportunità ci viene data proprio da quelle istituzioni che spesso e volentieri latitano da queste parti. “Resto al Sud”, un bando istituito dal decreto Mezzogiorno n. 91-2017 a sostegno dell’autoimprenditorialità giovanile. Invitalia ha attuato un nuovo regime di aiuto per incoraggiare la costituzione di nuove imprese nelle Regioni meno sviluppate e in transizione, cioè Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, da parte di giovani imprenditori.

Le richieste di agevolazioni possono essere presentate dai soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che siano in possesso, al momento della presentazione della domanda, dei seguenti requisiti: che siano residenti in una delle regioni sopraindicate;  e che non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio alla data del 21 giugno 2017!

Le risorse disponibili stanziate sono pari a un miliardo e 250 milioni di euro ed i finanziamenti sono concessi fino ad un massimo di 50mila euro, o di 50mila euro per ciascun socio nel caso in cui l’istanza sia presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200mila euro.

Il finanziamento è così articolato: 35% come contributo a fondo perduto erogato dal Soggetto gestore; 65% sotto forma di finanziamento bancario, concesso da istituti di credito in base alle modalità ed alle condizioni economiche definite dalla Convenzione. Dunque il finanziamento bancario deve essere rimborsato entro otto anni dall’erogazione del finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento.

I settori nei quali le aziende si possono specializzare sono: industria, turismo, costruzione, audiovisivo, ICT, servizi, trasporti, energia, sanità, cultura, farmaceutico ed alimentare.

Dallo scorso 15 gennaio é possibile inviare la propria idea di azienda. Circa 6 mila le domande presentate e quasi 900 i progetti già presi in analisi da Invitalia. Se dovessero andare in porto questi progetti, momentaneamente si stima un incremento del lavoro di circa 4 mila posti, con un investimento pari a 55 milioni di euro. Le regioni con maggior numero di domande presentate sono: Campania(49,3%) , Sicilia (15,8%) e Calabria (13,2%).

Il settore turistico-culturale è il più rappresentato con quasi il 43% dei progetti, al secondo posto le attività manifatturiere (27%), quindi i servizi alla persona (13%). Il 37% dei proponenti si colloca nella fascia d’età 30-35 anni e il 38% di essi ha un elevato livello di istruzione (laurea, master, dottorato di ricerca). Significativa la quota di under 25, che arrivano al 32% del totale.

Un vero e proprio incentivo del governo per sviluppare economia e lavoro nel meridione limitando la famigerata fuga di cervelli. Il sud c’è , e risponde a gran voce presente. “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.” Questo era Albert Einstein, il quale tirando le somme, e non era molto bravo a farlo, ci fa capire a noi terroni che la crisi tra le crisi, la più grande e la più difficile da combattere é la questione meridionale. Ed esiste dall’unità d’Italia, non dal 2008. Dopo un secolo e mezzo non si può più far finta di niente, dobbiamo mettere in crisi i meccanicismi mafiosi e classisti che ci hanno portato a questo punto. Dobbiamo restare. Dobbiamo tornare. Solo così avverrà la crisi delle crisi.  

Vincenzo Francesco Romeo

 

 

 

 

                                                                                                                

Cosa sono i sogni? Perché sogniamo?

Un uomo durante la sua vita, sogna in media circa sei anni.

I sogni diminuiscono con l’avanzare dell’età.

Sebbene il sogno sia una funzione fisiologica comune studiata da tempo, ancora vi sono moltissimi punti interrogativi riguardo ad essa.

La teoria convenzionale ritiene che i sogni si sviluppino durante la fase del sonno REM, la fase caratterizzata dai rapidi movimenti oculari, dove si registra un cambiamento nel tracciato elettroencefalografico e si rileva un’attività cerebrale paragonabile a quella della veglia.

 Alcuni studi recenti stanno smentendo l’idea, affermando che i sogni avvengano anche in altre fasi del sonno.

Molto spesso si crede di non sognare nulla, in realtà è perché il soggetto si sveglia in fase non REM.

La zona del cervello deputata ai sogni qual è?

La nostra “Fabbrica dei sogni” sembra risiedere nella parte posteriore del cervello, zona correlata alla gestione di emozioni e memorie visive. La medicina dimostra come pazienti colpiti da ictus in queste aree siano diventati incapaci di sognare.

Sogno e neurotrasmettitori

Il ciclico passaggio al sonno REM e al sogno è dovuto a un crollo delle monoamine e all’aumento rapido dell’acetilcolina. Il ritorno al sonno non REM e quindi alla veglia è dato dal processo inverso.

E’ l’elevato livello di acetilcolina di alcune strutture profonde encefaliche, associato al crollo delle monoamine, ad attivare o inibire altre strutture cerebrali collegate. Ciò determina tutte caratteristiche “psicopatologiche del sogno”.

La perdita della volontà, la non consapevolezza di stare sognando, il difetto di logica e di memoria derivano dall’inibizione della corteccia frontale dorsale.

Tale inibizione attiva le strutture temporali limbiche, donde l’elevata emozionalità del sogno. Infine, le allucinazioni visive e di movimento (l’elemento più caratteristico del sogno) sono dovute all’attivazione della corteccia parietale e occipitale. Se tali episodi si verificassero durante la veglia sarebbero senza alcun dubbio espressione di una condizione psicopatologica. 

Il Sogno è una funzione utile?

Il fatto che il sonno REM sia individuato e descritto in tutti gli uccelli e i mammiferi, uomo incluso, indica la presenza del sonno REM come una condizione favorita sul piano evoluzionistico. Secondo alcuni scienziati il sogno protegge il sonno dagli stimoli sensoriali (salvo quando questi ultimi superano una certa soglia).

Secondo altri è un’attività cerebrale senza scopo, utile comunque alla fisiologia neurale.

Curiosità: Cosa sognano i ciechi?

Quando si pensa ad un sogno in genere si pensa ad un’immagine, avviene subito un’associazione in ambito visivo. Ma è sempre così? I Sogni sono la rielaborazione del nostro vissuto e dei nostri ricordi. Ce lo spiegano diverse testimonianze, ad esempio la storia di un madre lingua italiano trasferitosi a Londra da circa 10 anni, il quale sogna persone inglesi pronuncianti frasi miste in italiano e in inglese.

 «I sogni dei non vedenti tanto quelli dalla nascita quanto quelli diventati ciechi sono per lo più ispirati a suoni, odori, tatto, gusti».

 I ciechi presentano nei loro sogni e nella loro vita l’elaborazione di immagini, potremmo definire ciò come “impressione di sogno visivo” o semplicemente “creazione di un’immagine virtuale”. L’immagine virtuale è costruita su narrazioni, poiché immaginano persone e luoghi ogni giorno attraverso le descrizioni narrative degli altri (processo comune anche per chi vede, ad esempio quando si deve immaginare un luogo che non si conosce, o come quando si legge un libro e si immaginano i protagonisti e le scene).

Inoltre alcuni studi dimostrano che durante il sogno si attivano le stesse aree cerebrali correlate anche alla vista anche nei ciechi dalla nascita, si pensa possa esistere una “banca di immagini” innata. I soggetti diventati ciechi nell’arco della vita sognano ricordando immagini più sfumate secondo la testimonianza di Stephen Kuusisto (uomo nato prematuro e affetto da una retinopatia che gli ha tolto la vista, lasciandogli solo nell’infanzia la capacità di percepire alcune forme e colori. )

«Un sogno di un cieco sarà più simile a un quadro di Monet. Avrà persone e luoghi al suo interno, ma sarà più astratto o impressionista, meno legato a una rappresentazione fedele o fotografica di ciò che una persona vedente potrebbe avere».

 I sogni nella storia

Il significato dei sogni è un dilemma che da sempre ha affascinato menti eccezionali come Omero, Dante e Shakespeare.

Nell’antichità si credeva che i sogni fossero ispirati dagli dei, durante l’illuminismo vennero trascurati, ritenuti assurdi o privi di logica, nel ‘900 avvenne il loro riscatto tramite la psicoanalisi. Oggi il sonno e i sogni sono ancora oggetto di studio di molti ricercatori, neurologi, fisiologi, psicologi, e psichiatri, usati come riferimento per l’approccio psicoterapeutico.

 Interpretazione dei sogni secondo i padri della psicoanalisi

La visione dei sogni secondo Freud e Jung, i padri della psicanalisi, assume un significato molto importante. Per Freud il sogno è: “Il soddisfacimento allucinatorio di un desiderio mascherato.”

 Un atto inconscio sottoposto ad azione censurante dalla coscienza e quindi rimosso. Può essere un ricordo, un’impressione fugace di un evento passato.

 «Tutto il materiale che costituisce il contenuto del sogno deriva in qualche modo da ciò che abbiamo vissuto e viene riprodotto, ricordato nel sogno». La prospettiva freudiana privilegia soprattutto gli aspetti legati alla sessualità.

Per Jung il sogno è qualcosa di più complesso.

 «Le figure del sogno sono certi aspetti della personalità del sognatore…Dobbiamo maneggiare i sogni con sfumature, come un lavoro di arte, non logicamente o razionalmente, come uno può dare un giudizio».

 Poiché il sogno rivela l’inconscio, ha una struttura e dei contenuti disordinati, illogici e spesso diametralmente opposti alla coscienza.

 Per cui al sogno non possono essere applicati rigidi schemi logici, propri di quest’ultima.

Oltre all’ individualità del soggetto Jung si sofferma sul contesto. Nel contesto tra i sogni di diversi pazienti, riscontra analogie, simbolismi, legati alla storia dell’umanità, alla cultura, presenti nelle leggende, nei miti.

Scoprendo quest’affinità tra la mitologia antica e la psicologia dei primitivi Jung interpreta questi sogni, definendoli “archetipici”. Sogni che presuppongono l’esistenza di un inconscio individuale e collettivo (uno strato più profondo dell’inconscio).

 Funzioni dei sogni, riassunto di molteplici studi

  • Lettere a noi stessi, avvertimenti

Il sogno ha una funzione di “compensazione”, e questo accade tutte le volte che il sognatore, nella vita cosciente, non ha valutato tutte le possibilità. In questo caso il sogno permette di integrare e arricchire fatti, persone, cose.

  • Equilibrio mentale è uno sfogo di pulsioni, aggressività, pensieri che durante la giornata sono rimossi e soppressi, se non presenti nel sogno sfocerebbero in psicosi.
  • Sogniamo per dimenticare

Alcuni sostengono che il sogno serva “all’ecologia del cervello”, rimuovere tutto ciò che non ci è utile, selezionare le informazioni necessarie per il giorno successivo, come uno “spazzino dell’attiva intellettuale”.

  • Sogno e creatività

E’ noto da secoli il potere dei sogni di creare, ispirare, fornire soluzioni a problemi complessi, apparentemente irrisolvibili durante l’attività diurna.

Soluzioni emerse al risveglio dopo una bella dormita, sono una costante comune nelle vite di artisti e scienziati in grado di comunicare col proprio inconscio. Basti pensare alla incredibile storia di Kekulé che tramite il sogno di un serpente elaborò la struttura ciclica del benzene.

 Non a caso gli antichi dicevano: «La notte porta consiglio».

  • Benessere mentale e formazione dei ricordi

Sembra che i sogni e la qualità del sonno siano importantissimi per il benessere mentale.

Un soggetto che si astiene dal sonno avrà delle allucinazioni e dei comportamenti psicopatologici analoghi a quelli compiuti durante il sogno. Per Kant «Il pazzo è un sognatore sveglio».

Inoltre la memorizzazione e i ricordi si formano durante il sonno nelle fasi REM per cui si pensa che i sogni sebbene non direttamente connessi, siano implicati nella memorizzazione.

Consigli:

  • Tenere un diario dei sogni

Annotare il sogno ogni mattina appena svegli, aiuta a riequilibrare la psiche, anche se si è incapaci di capirne il significato. Consigliato per conoscersi meglio.

Il sogno è la chiave di accesso all’inconscio. Ciò consente di evitare lapsus, irruzioni brusche dell’inconscio nella vita quotidiana. La trascrizione dei sogni è un approccio terapeutico usato in psicologia clinica.

I sogni rimangono comunque individuali, meravigliosi e misteriosi!

 …In attesa di nuove scoperte: Non smettete di sognare!

Daniela Cannistrà

“Quer pasticciaccio brutto” del quartiere Avignone

Ha scosso l’opinione pubblica la notizia, risalente ormai dadiversi giorni fa, della demolizione di un palazzo residenziale risalente circa al finire del ‘700, situato nei pressi della via Cesare Battisti, in quello che, nella toponomastica della città pre-terremoto, era il Quartiere Avignone. Questo antico quartiere, conosciuto nell’800 come uno dei più poveri e disagiati della città di Messina (non a caso punto di partenza della predicazione e delle opere caritatevoli di padre Annibale Maria di Francia), pare essere destinato periodicamente a tornare al centro di controversie accanite: e di fatto, la notizia di cui sopra ha aperto un autentico vaso di Pandora, scatenando tante e tali reazioni confuse e confusionarie da creare un inestricabile groviglio, un “pasticciaccio brutto” degno forse della penna di Carlo Emilio Gadda (da cui l’improvvida citazione del titolo, della quale ci scusiamo col defunto scrittore), e nel quale risulta difficile fare chiarezza.

Ci proviamo, senza nessuna pretesa, solo per dare l’idea ai lettori meno informati. Nel primo pomeriggio dell’8 gennaio, le ruspe entrano in azione distruggendo ciò che resta del palazzo; vengono interrotte successivamente dall’intervento della polizia municipale. Alcune ore dopo, l’Assessore all’Urbanistica De Cola comunica, in una nota, le sue perplessità circa l’accaduto: le demolizioni sarebbero state infatti intraprese senza che il Comune di Messina le avesse autorizzate, come testimoniato dall’assenza, sul sito dei lavori, del regolare cartello. Interviene anche la Soprintendenza, disponendo il blocco dei lavori che sarebbero avvenuti senza che ne fosse data comunicazione. Dulcis in fundo, il giorno successivo arrivano le caustiche dichiarazioni del neoassessore regionale Vittorio Sgarbi, il quale tuona, dall’alto della sua autorità, di aver “cacciato” il soprintendente di Messina, reo di non aver vincolato il palazzo in questione. Da precisare che il soprintendente non è stato cacciato (né del resto sarebbe possibile, in così poco tempo),e che lo stesso Sgarbi ha successivamente corretto il tiro dicendo che non c’è stata nessuna rimozione dall’incarico per il funzionario, e che sarebbero invece stati inviati degli ispettori per indagare sull’accaduto.

 

Va anche specificato a scopo di chiarezza che il palazzo in questione è da tempo al centro di una
disputa giudiziaria, che vede coinvolti da un lato i proprietari dell’immobile e dall’altro quelli dei
terreni circostanti, per cui la sua demolizione sarebbe già stata disposta dai magistrati per
questioni di sicurezza.
Pare oltretutto che la demolizione in questione fosse tutt’altro che una sorpresa: era stata
preventivata già nel 2013 da una ditta edilizia messinese, che avrebbe dovuto costruire, al posto
dell’edificio storico, un grande palazzo a 22 piani (comprendente tra l’altro nel progetto una
ricostruzione per anastilosi della facciata originale).

Tali lavori sarebbero stati regolarmente autorizzati dalla Soprintendenza (!), a patto appunto di
preservare la facciata originale e di effettuare la debita comunicazione per tempo all’inizio delle
demolizioni: cosa, quest’ultima, che pare non essere avvenuta giorno 8, da cui il blocco dei lavori.
Da precisare oltretutto che i lavori sono stati approvati da un Soprintendente diverso da quello
attuale, il che rende dunque la boutade di Sgarbi del tutto inopportuna. Il progetto in questione,
approvato come già detto dalla Soprintendenza nel 2013, aveva trovato l’opposizione della
passata amministrazione comunale; la ditta aveva quindi fatto ricorso al TAR lo stesso anno, ma il
Comune non si era presentato.

Alla luce dei fatti dunque, la questione della demolizione, priva di quel carattere di “scandalo” che
tanta stampa locale non ha esitato a darle, diventa dunque una sorta di disastro annunciato,
assistito e passivamente lasciato accadere; e i suoi risvolti si colorano di tinte quasi grottesche, da
teatro dell’assurdo.
Ma se all’assurdità lo spettatore della cronaca messinese dovrebbe forse (purtroppo) essere
abituato, quella che colpisce è l’ipocrisia malcelata dei tanti indignati della prima ora: gente che
fino al giorno prima probabilmente ignorava addirittura l’esistenza di questo piccolo angolo di
Messina storica che è andato in polvere, gente che non ha mosso né fatto muovere un dito per la sua valorizzazione o il suo restauro (e lo testimoniano le condizioni di totale abbandono in cui
l’immobile versava prima della demolizione), adesso è in prima fila a strapparsi le vesti e piangere
sul latte versato.

Tutti pronti ad ergersi a paladini del patrimonio culturale messinese, ma solo
quando si tratta di lamentarne la perdita; quando si tratta di conservarlo, difenderlo, farlo
conoscere, rivendicarne l’appartenenza a nome dell’intera comunità messinese, al solito nessuno
si presenta. E se John Lennon cantava, in una sua canzone, che “tutti ti amano, quando sei sei
piedi sotto terra”, allora è forse vero che a Messina bisogna attendere che la Storia muoia, prima di
trovare qualcuno che la ami.

Gianpaolo Basile

Non perché, ma come

“Per molto meno, nei secoli scorsi, scoppiavano guerre e rivolte popolari”. Così D’Amico della Gazzetta del Sud la settimana scorsa chiudeva un articolo riguardo l’isolamento e l’arretratezza in cui verte la Città di Messina.

Fondata come colonia greca col nome di Zancle e poi Messana, la città raggiunse l’apice della sua grandezza fra il tardo medioevo e la metà del XVII secolo, periodo in cui contendeva a Palermo il ruolo di capitale siciliana.

Il nome originario Zancle deriva forse dalla forma a falce della penisola di S. Raineri, la quale oltre ad aver stimolato l’immaginazione dei greci attribuendone l’origine al momento in cui Cronos (padre di Zeus) tentò di scacciare dal trono il padre Urano evirandolo con una falce poi lasciata cadere proprio nello stretto, ha costituito un porto naturale che fu alla base dello sviluppo della colonia greca.

Lo stesso che oggi è snodo fondamentale per le imbarcazioni che solcano il mediterraneo e che nel 2016 è stato il primo porto italiano per traffico passeggeri (250mila in più di Napoli). Considerazioni che poco sembrano interessare alla politica nazionale, la quale toglie a Messina la sede dell’Autorità Portuale e poi la lascia fuori dal fondo di 1 miliardo e 397 milioni di euro destinati alle linee metropolitane e filoviarie delle Città metropolitane e altre città.

Sembra quasi ci sia la volontà di punire ed umiliare ogni volta questa splendida città privandola di tutto, spesso anche di diritti fondamentali. La continuità territoriale, in questa zona così cruciale della geografia italiana, viene negata dallo Stato italiano dato il progressivo rincaro dei biglietti aerei per l’Isola da parte delle compagnie aeree, l’assenza di un’alta velocità ferroviaria (per non dire di treni e binari) insieme alle penose condizioni della Messina-Catania il cui versante peloritano non è stato sistemato nemmeno con la venuta del G7 (Tchamp piss no uor).

Caro voli denunciato nei giorni scorsi ancora una volta dall’associazione “Fuori di Me” con il report annuale, da cui si evince un incremento costante dei biglietti aerei per le tratte che servono la nostra zona con picchi sotto Natale a 603 euro per una A/R sulla tratta Linate-Catania. «Come evidenziato dall’ultimo bilancio demografico – sottolinea l’ex presidente dell’associazione Roberto Saglimbeni –, la città di Messina ha subito una perdita pari a 5000 abitanti (-2,2%) solo negli ultimi cinque anni. È quindi ovvio che c’è una sempre più forte esigenza di collegamenti efficienti, soprattutto aerei».

Una realtà quella del fuorisede messinese che cresce quotidianamente, come attestano i dati Istat pubblicati quest’estate sui quotidiani locali secondo cui Quattromila 20enni hanno lasciato Messina dal 2008 ad oggi. Insomma uno stillicidio di giovani più che una fuga di cervelli. Talenti che devono brillare altrove pur essendo nati e cresciuti qui come il chimico-fisico di 25 anni recentemente intervistato da IlFattoQuotidiano.it Fabrizio Creazzo che dopo la tesi magistrale alla Sorbona ha ottenuto il finanziamento del suo PhD sul carburante ecologico del futuro alla Université Paris-Saclay e Ecole Polytechnique. Dopo un 110 e lode in Fisica all’UniMe Fabio è partito per svoltare la sua situazione economica e professionale come si legge nell’articolo del quotidiano nazionale:

“Io vengo dal Sud ma nonostante ciò, con fatica e sacrifici, ho potuto realizzare la mia tesi magistrale in fisica, con il massimo dei voti, all’Università della Sorbona e ottenere un completo finanziamento da un laboratori d’eccellenza per realizzare il mio PhD sempre in Francia”. Ma non solo: in questi pochi anni di vita parigina Fabrizio ha potuto pubblicare ben tre articoli scientifici, conoscere gli esperti mondiali del suo ambito di lavoro e diventare membro del comitato editoriale di una rivista scientifica a soli 25 anni. “E sono partito da Messina. Tutto questo in Italia sarebbe stato impensabile”.

Tutto ciò potrebbe suonare come un commiserare ripetitivo, una lamentela, di quella che è la situazione attuale, ma ciò che deve spaventare davvero è l’assordante silenzio della classe dirigente locale. L’assenza di politiche concrete che rendano Messina capace di richiamare ed attrarre a sé i più giovani, senza i quali questo posto non ha futuro.

Quando ero all’ultimo anno di Liceo, in occasione del 66^ anniversario della nascita della Regione Sicilia (2012), la mia scuola organizzò un incontro con l’autore del libro “I Siciliani” Gaetanno Savatteri, incontro al quale parteciparono anche l’allora sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca e l’allora assessore regionale alla cultura Mario Centorrino. Mi fu richiesto dal comitato organizzativo insieme ad altri compagni di scuola di porre una domanda allo scrittore. I miei coetanei fecero domande inerenti al libro, alla Sicilia ed alla Mafia, io pensai di andare un po’ fuori traccia. Così presa la parola mi rivolsi direttamente all’assessore regionale e chiesi come potessimo noi giovani una volta terminato il liceo costruirci un futuro rimanendo nella nostra terra. Era un professore distinto, molto pacato, e fu piacevole ascoltare la sua risposta sul perché fosse importante rimanere qui, ma una volta averlo lasciato terminare al microfono dissi: “assessore non le chiedo perché, ma come?”. Lui mi sorrise e fu così gentile da rispondermi che era possibile ma difficile. A distanza di cinque anni però, continuo a pormi la stessa domanda: “Non perché, ma come?”.

Alessio Gugliotta

Dedica di Gaetano Savatteri

 

Sunday in lizza per il David di Donatello: intervista a Danilo Currò

Danilo Currò è un giovane regista italiano, nato a Messina il 6 agosto 1993. Si diploma in Pittura e Decorazioni Pittoriche presso il liceo artistico E. Basile. Approda dapprima alla fotografia, attraverso la quale cura e sviluppa le capacità che lo condurranno ad una più seria ricerca che sfocerà nella scelta della regia come nuovo campo di azione. Nel 2012 la National Geographic Italia seleziona uno dei suoi scatti paesaggistici e in seguito alcune tra le sue fotografie vengono inserite negli album della Leica Talent Italia. Da qui in poi i lavori di regia di Danilo gireranno l’Italia ottenendo vittorie e riconoscimenti vari al Corto Tendenza Festival di Barcellona, al Taormina Film Fest, al Festival di Pordenone ed al Cortona On The Move. Produzione che inoltre sono state trasmesse su Rai 2 e sulla piattaforma online Infinity di Mediaset.

Il 27 novembre del 2015 Currò si è aggiudicato il premio del pubblico, ovvero i lettori de “La Stampa” che hanno votato le fotografie sul web nel concorso fotografico “Sunday Photographers” indetto dal quotidiano nazionale per Photolux Biennale. Nel 2016 ultima il suo primo documentario dal titolo “Sunday”, che segue il filone del progetto fotografico “Black Lips”, raccontando la storia di un giovane migrante. Il documentario è presentato dal regista Gabriele Muccino e partecipa in concorso a numerosi festival internazionali. Dal 2017 vive a Roma e lavora con Palomar al documentario “Indizi di felicità” di Walter Veltroni e nel nuovo film di Gabriele MuccinoA casa tutti bene”. Ci siamo seduti con Danilo a fare due chiacchiere dopo il suo inserimento in concorso al prossimo David di Donatello e lo incontreremo di nuovo il 28 dicembre qui a Messina perchè Sunday verrà proiettato in esclusiva al Cinema Lux alle ore 21:00.

Cosa significa il titolo del documentario “Sunday“? 

Sunday è il nome del protagonista del documentario. Il suo nome completo è Fasasi Sunday Ebenezer.

Sunday sono 23’ di … ?

Sono 23 minuti di respiri spezzati, di parole pesanti e di sorrisi leggeri. 23 minuti in cui un ragazzo non ancora maggiorenne si racconta con semplicità, parlando della sua storia che poi rispecchia quella di molti altri come lui, che è la storia della migrazione. In fuga da un paese che ama ma che lo costringe ad andare via, attraversando il deserto e il mare, per mesi e mesi.

Come nasce la tua passione per il Cinema? 

Nasce in maniera graduale e quasi per caso. Il mio percorso inizia dal disegno, che mi ha portato alla pittura e successivamente alla fotografia. Da lì, dalla fotografia al cinema è stato un attimo. Sentivo il bisogno di muovere le immagini, di unirci altre forme d’arte. L’immagine statica non mi bastava più. E poi quando a 15 anni vedi per caso Arancia Meccanica in tv, o ti disgusti per un qualcosa che non riesci a comprendere e capire, o inizi ad amare quella cosa. E io per fortuna ho iniziato ad amarla.

Che legami hai con la tua città Messina?

Ho un legame profondo e sincero. La amo e la odio, come penso la maggior parte della gente. La odio perché mi ha costretto ad abbandonarla, e la amo perché ogni volta che ci ritorno mi stimola creativamente. Spesso mi piace partire dalla litoranea per arrivare senza sosta fino a su, fino ai Colli. Però diciamo che non riesco mai a ridurre il tutto alla mia città, spesso mi piace parlare di Sicilia. Mi sento siciliano fino al midollo. 

Cosa pensi del tuo inserimento nella categoria cortometraggi al David di Donatello?

Che gran c***! Si può dire? In realtà sono felicissimo perché il documentario ha viaggiato molto durante quest’anno, e sta continuando a farlo. A volte mi porta con se, altre volte sono costretto a lasciarlo andare da solo. E’ la bellezza di un qualcosa che crei e che riesce poi ad essere autonomo, ad essere vista da tanta gente da un punto all’altro dell’Italia. Riguardo ai David non posso che essere orgoglioso del lavoro che siamo riusciti a fare io e gli altri con così pochi mezzi. Per me è già tanto essere in concorso, la candidatura la vedo come una chimera.

Se venissi scelto per la finale quale messaggio vorresti passasse?

Quello della libertà, che poi è l’immagine finale del documentario. Siamo nati liberi in un mondo libero, ed è difficile comprenderne il contrario. Con il mio lavoro cerco di avvicinare al pensiero, alla riflessione di questo. Ma è un messaggio che vorrei passasse ad ogni singola visione, a prescindere dai David.

A cosa stai lavorando per adesso? 

Ho diversi progetti in fase di sviluppo. Diciamo che mi sto dedicando alla scrittura di un lungometraggio, che spero realizzare e di girare anche qui in Sicilia, e perché no, magari a Messina! Ma siccome quando leggo le interviste degli altri a questa domanda si cerca sempre di sviare, prendo esempio da loro e non dico altro!

Ci dici tre personaggi a cui ti ispiri nella tua vita personale e professionale?

In ambito professionale c’è tanta gente a cui mi ispiro, nella forma e nella poetica mi viene da pensare a Bertolucci, Antonioni, Kubrick o Tornatore. Ma è davvero difficile ridurre tutto questo a qualche nome. 

Che consiglio vuoi dare a chi vuole intraprendere la tua stessa strada?

E’ una grossa responsabilità dare consigli, soprattutto di questo tipo. Credo, o almeno è quello che ho imparato finora, che lo studio della storia del cinema sia la base, insieme alla visione di tanti film. E poi c’è la pratica, la tanta pratica che è quella che in ogni cosa ti forma e ti crea artisticamente e professionalmente. Credo che sia importante partire da queste tre cose. E poi ci sono i cliché, costanza e determinazione. Penso che queste due cose facciano la differenza. Il talento possiamo averlo e affinarlo, ma senza quelle due cose lì è veramente difficile farcela. Ci sto provando anch’io, è difficile consigliare cosa è giusto o non giusto. Fate e circondatevi di gente capace.

Alessio Gugliotta

La Real Italian Wrestling Live a Messina tra solidarietà e campagna antibullismo

La Real Italian Wrestling accademia/promotion di wrestling italiana con sede a Messina, fondata nel 2013, porta in città il “Wrestling Show”. Un evento sportivo che si svolgerà domenica 17 dicembre presso il PalaGravitelli (Palarussello) a partire dalle ore 19:00.

Wrestling, solidarietà e campagna anti-bullismo all’interno dell’iniziativa organizzata dalla Real Italian Wrestling,  di wrestling , in collaborazione con l’associazione di volontariato  “Gli Invisibili” di Messina, la palestra “New Generation Fighters” e “Rap Pirata”.

Può sembrare  un controsenso che uno sport come questo, fatto di bulli che si sfottono sul ring a suon di pugni e calci, diventi un messaggio contro la violenza. E invece no perché per combattere il fenomeno occorre utilizzare il linguaggio dei ragazzi e i loro idoli. 

Lo hanno capito bene le star del wresting internazionale – che a Messina ha alcuni dei più grandi campioni – e metteranno in campo tutta la loro esperienza in una serata nata proprio con l’idea di sfruttare uno spettacolo eccentrico ma amatissimo dai più giovani, per insegnare loro l’antidoto alla violenza e la solidarietà. Star principale è Giuseppe Campagna, in arte “G King”, messinese, che dalla sua “culla” in una palestra di Provinciale, a Messina, si trasferità in Francia. Ed è proprio lui che ha voluto fortemente l’incontro, come saluto alla città e come omaggio agli Invisibili, il gruppo di azione solidale fondato e coordinato dalla commercialista Cristina Puglisi.  L’ingresso dello spettacolo infatti, sarà gratuito, ma all’entrata del PalaGravitelli sarà richiesto a chi vuole partecipare all’evento di lasciare uno o più alimenti (meglio a lunga conservazione come pasta, riso, biscotti…) che verranno poi raccolti proprio da “Gli invisibili” e devoluti alle famiglie che hanno bisogno di aiuto, anche in vista del pranzo di Natale, affinchè sia festa per tutti.  

Ad aprire lo show, saranno le esibizioni di Kick Boxing a cura del maestro Francesco Saladino a seguire lo Show della Real Italian Wrestling che conferma la presenza della NWE Star “El Nazareno”, il campione Hardcore Riw e campione Iwe Crossroad “G King”, il campione italiano RIW “Raider”, L’originale Tigre italiana “Italian Tiger” e molti altri!

Chiaro il monito di Giuseppe Campagna, rivolto soprattutto al pubblico dei più piccoli: «Il nostro sport è una recita, non fate a casa quello che facciamo noi che siamo atleti professionisti. Nella vita reale occore trovare altre soluzioni che alzare le mani». Insomma, la vera star, il vero eroe è chi alla violenza reagisce con dialogo e intelligenza.

Divas e Superstars del wrestling si allenano quotidianamente per rendere lo svolgimento dei loro incontri più sicuro possibile, con attività di sollevamento pesi e di preparazione alle cadute. Ogni mossa è eseguita in connubio con l’altro talent che aiuta a realizzarla e segnala quando la sua posizione è corretta.

Per molti l’evento sarà una grande scoperta, una esperienza spesso giudicata in modo superficiale, dove invece con grande autoironia vengono realizzate performances straordinarie che oggi i campioni dedicano sempre più a messaggi di solidarietà e rispetto, per contrastare atteggiamenti di violenza, bullismo e “machismo”.

IL CAMPIONE

Giuseppe Campagna in arte “G King” è un rapper/wrestler professionista  appartenente alla crew “Rap Pirata” fondata dal noto rapper italiano “Inoki Ness”.

Nasce a Messina il 12 ottobre del 1993. A soli 21 anni diventa il primo campione italiano della Real Italian Wrestling (titolo che deterrà per 2 anni), il 7 maggio 2016 in occasione dello spettacolo “Porto in sport” a Mantova scrive un pezzo di storia del wrestling italiano coronandosi “Extreme Champion” della promotion mantovana Kox divenendo così il primo wrestler nato e cresciuto in Sicilia a vincere una cintura in una federazione del nord Italia.

Il 23 gennaio 2016 inizia una delle faide che ha più appassionato  i fans del wrestling italiano, la rivalità fra il “Nord Italia” rappresentata dall’atleta Bergamasco Horus ed il “Sud Italia” rappresentata dall’atleta messinese G King, una divertente,spettacolare ed intensa faida che termina il 24 Luglio 2016 a Mantova con la vittoria dell’atleta meridionale che riesce ad imporsi per 2 match ad 1, faida peraltro conclusasi con un abbraccio a fine incontro, segno di grande sportività e rispetto reciproco.

Il 19 settembre del 2017 perde a Villa San Giovanni (RC)  la cintura di campione italiano  della Real Italian Wrestling ma si corona nella stessa notte RIW “Hardcore Champion” (cintura che ancora detiene) sconfiggendo il noto wrestler  “El Nazareno”   Nonché suo maestro, il 18 Novembre 2017 sconfigge il torinese Bako diventando nuovo IWE CROSSROAD Champion (cintura internazionale della IWE).

G King lotta ed ha lottato in diverse città d’Italia  come Milano, Genova, Mantova, Bergamo, Modena, Brescia, Catanzaro ecc…

Il “Southern Warrior” soprannome datogli dalla comunità del wrestling italiano, porta sempre con se una bandiera con la “Trinacria” siciliana che rappresenta l’attaccamento del campione messinese alla sua terra ed alle sue origini, bandiera che sventola durante il suo spettacolare ingresso sul ring ed al termine di ogni match conclusosi con una sua vittoria.

LA SCHEDA

La Real Italian Wrestling è un Accademia/promotion di wrestling fondata nel 2013 da Alessandro Silvestro “Italian Tiger” e Nazario Carbone “El Nazareno” conosciuto anche come Black Mask, Vlad e John Arkham in NWE. La RIW dalla con la sua attività divisa fra l’accademia e gli show è diventata nel tempo punto di riferimento per tutti coloro che desiderano avvicinarsi a questa disciplina, offrendo corsi mirati alla formazione di nuovi atleti secondo un approccio professionale e competente per proporli in circuiti nazionali e internazionali organizzando spettacoli in palazzetti, piazze, centri commerciali, lidi.

SOLIDARIETA’ CON GLI INVISIBILI

 “Gli Invisibili” è il gruppo di azione solidale fondato ormai da anni e coordinato dalla commercialista Cristina Puglisi. Di recente ha dato vita a un nuovo “store”, allestito a Messina, dove chiunque può entrare, provare un vestito tra i tanti esposti, una camicia, un paio di jeans, anche un vestito o un corredo per bimbi e uscire senza pagare. Unica condizione: lasciare qualcosa in cambio. Che sia utile agli altri. “Un posto- spiega Cristina Puglisi- dove poter prendere vestiti per i bambini che crescono troppo in fretta e un posto dove portare quelli praticamente nuovi che è davvero un peccato buttare”.  Benefit si trova in via Lombardia angolo via Napoli, a Messina. Dietro  la chiesa San Giacomo.

Da Messina sotto il marchio de “Gli Invisibili” è partita l’iniziativa “Pane in attesa”, la possibilità di pagare il pane “in sospeso” per uno sconosciuto che ha bisogno come si fa a Napoli per il caffè, che ora è diventata iniziativa di successo non solo in Lombardia, Sardegna, Puglia, Campania. Trentino, Liguria e Lazio, ma che sta conoscendo le sue prime iniziative anche in posti prima impensabili come la Germania.