Inaugurato Anno Accademico UniMe: il discorso del senatore Muscarà

Fonte: unime.it

Il rettore, appena eletto nella giunta nazionale della CRUI, ha tracciato un bilancio dei primi 18 mesi di governance. Standing ovation per la prolusione del grande regista che ha emozionato il teatro gremito di autorità, accademici e studenti. Oltre il 15,5% in più di iscritti nell’Anno Accademico 2019/2020 inaugurato oggi pomeriggio al Teatro Vittorio Emanuele alla presenza del maestro Pupi Avati, un totale di 6.593 studenti a fronte dei 5.707 del 2018: un dato prezioso e in controtendenza rispetto agli altri atenei d’Italia emerso nel “bilancio” tracciato in apertura dal rettore Salvatore Cuzzocrea, a 18 mesi del suo mandato: “L’incremento degli immatricolati è tra le nostre priorità; un obiettivo importante raggiunto che va ulteriormente incentivato nei prossimi anni. L’Università è degli studenti e per gli studenti, quindi sono loro la forza sulla quale scommettere per essere più attrattivi e competitivi. Credo di dover dedicare ancora più attenzione alla ricerca e al rafforzamento dell’offerta didattica; al potenziamento della struttura amministrativa, organizzativa e tecnica; nonché allo sviluppo delle risorse umane, entro una cornice più generale; e consolidare il ruolo della nostra Università nel panorama nazionale e internazionale”.

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La cerimonia, 472esima dalla fondazione, è stata aperta dal coro dell’UniMe, diretto dai maestri Umberto e Giulio Arena, con le note dell’inno nazionale ed europeo e, prima ancora, quello d’ateneo “Gaudeamus Igitur” che ha accompagnato la sfilata del corteo accademico cui hanno preso parte, oltre ai prorettori UniMe, i rettori ospiti.
Dopo il saluto dell’assessore regionale agli Enti locali Bernardette Grasso, in rappresentanza del governatore Nello Musumeci, si sono susseguiti gli interventi del presidente del Teatro Orazio Miloro, del direttore generale UniMe Francesco Bonanno, seguito dal rappresentante del Personale tecnico amministrativo, bibliotecario e CEL , Nunzio Femminò, ed infine il rappresentante degli studenti Andrea Muscarà, quindi lo studente con protezione internazionale Aly Traore, 29enne, originario del Mali e arrivato ad Aidone.

Fonte: unime.it

Infine, Pupi Avati l’attesissimo ospite invitato a presenziare nell’ambito della collaborazione tra l’Università di Messina e Taobuk, il festival internazionale del libro diretto da Antonella Ferrara; uno dei più grandi del cinema italiano e apprezzato scrittore, anticipato da un video che ha ripercorso brevemente la lunghissima carriera del cineasta con 50 film diretti e 51 sceneggiature, oltre ai numerosi premi e riconoscimenti vinti, tra cui 3 David di Donatello. Ha esordito nella sua brillante e incisiva prolusione, ricordando uno dei progetti più ambiziosi e attesi: “E’ da tanti anni che voglio fare un film su Dante, il più grande talento italiano, il miglior poeta del mondo, di cui molti sanno poco. L’unica voce autorevole che ha raccontato la sua vita è Boccaccio, nato nel 1313 mentre Alighieri è morto nel 1321: prossimo anno ricorrono i 700 anni; se hanno fatto un documentario su Chiara Ferragni – ha ironizzato – possiamo dedicarne uno anche a Dante”. Poi ha spiegato agli studenti l’importanza nel cogliere la differenza tra ciò che uno vuole e ama fare e ciò che uno sa fare: “La passione che hai dentro non per forza corrisponde al tuo talento – ha raccontato il regista – è la storia della mia vita, innamorato della musica, speso invece per il cinema. Da giovane ho invidiato il mio amico, concittadino bolognese, Lucio Dalla, che aveva una musicalità pazzesca, misteriosamente pervenutagli dall’alto: ad un certo punto ho smesso di suonare. Per me è un’esperienza emblematica: non bisogna incaponirsi per un mestiere o arte per cui uno non è predisposto. Per me era quasi una maledizione la competizione con questo straordinario cantautore – continua scherzando – ho pensato di persino di ucciderlo!”. Standing ovation per il maestro che ha toccato alcune tappe salienti della sua vita narrando divertenti aneddoti: magistrali e significativi esempi di vita vissuta tra cinepresa, letteratura e jazz, soprattutto nella sua amata Emilia Romagna.

Fonte: unime.it

La manifestazione è stata arricchita dalle esibizioni dell’ensamble orchestrale del liceo musicale “Emilio Ainis” diretto dal maestro Andrea Pappalardo (clarinetto solista Gabriele Silipigni), che ha eseguito “Jazz Band”, brano di Amedeo Tommasi tratto dalla colonna sonora dell’omonimo sceneggiato televisivo; e due omaggi a Federico Fellini. Il rettore infine ha ricordato la vicenda del giovane ricercatore Patrick George Zaky, attualmente detenuto nelle carceri egiziane, e ha condiviso l’iniziativa intrapresa dall’Università di Bologna, in cui Patrick frequenta un master dallo scorso settembre, auspicandone con forza l’immediata restituzione alla libertà.

Fonte: unime.it

Di seguito il discorso del Rappresentante degli studenti in seno al senato accademico Andrea Muscarà, studente di Medicina e Chirurgia. 

Magnifico Rettore, Chiarissimi Professori, cari colleghi, illustri ospiti;

È per me un onore intervenire in occasione della cerimonia di inaugurazione del nuovo Anno Accademico dell’Università degli Studi di Messina e ringrazio l’amministrazione universitaria per avermi dato la possibilità di rappresentare la voce di tutti gli studenti su questo splendido palco, che rispecchia la storia di una città che davanti ai momenti difficili ha espresso la grande capacità di resilienza, ed è proprio da questo Ateneo che l’ennesima rinascita di Messina può e deve avere inizio, ponendo le potenzialità e le eccellenti risorse umane di UniMe come fulcro delle strategie di sviluppo della città.

Si apre pertanto il sipario per un nuovo anno ricco di sfide , aspirazioni e obiettivi da raggiungere, con alle spalle tanti traguardi che rendono il nostro Ateneo sempre più al passo con le esigenze del corpo studentesco e competitivo su tanti fronti: un importante sforzo, difatti, è stato espresso da questa governance in tema di contribuzione studentesca, tutelando chi ha maggiori difficoltà e premiando il merito, con la visione di un’università che attraverso la cultura abbatte le barriere socio-economiche che limitano lo sviluppo della coscienza e la formazione dell’individuo.

Nel contempo l’amministrazione si è impegnata a superare quelle che possiamo definire “barriere logistiche”: in tema di trasporti si è dimostrata infatti in prima linea nell’intraprendere , con gli interlocutori dell’amministrazione cittadina e anche facendosene carico autonomamente, un’azione decisa per rendere i Poli Policlinico, Annunziata e Papardo più facilmente raggiungibili dal centro cittadino, cercando di creare un sistema universitario integrato, più adeguato alla conformazione geografica della nostra realtà; è necessario però che questo impegno sia accompagnato da una sempre maggiore attenzione verso gli studenti pendolari e fuorisede , in particolare della Sicilia Orientale e della vicina Calabria, che con la stipula di convenzioni per il trasporto ferroviario e il trasporto marittimo veloce sentirebbero UniMe ancora più vicina alle loro esigenze quotidiane per attuare appieno il diritto allo studio; ma lo scatto in avanti che risulta agli occhi di tutti è l’avviamento di un ambizioso progetto di ammodernamento delle strutture dell’Ateneo, dal Dipartimento di Giurisprudenza al nuovo polo di Scienze, alla ristrutturazione di numerose aule del Policlinico che saranno dotate di tutta la tecnologia e l’ergonomia che occorrono per una didattica efficace.

Quale sarà dunque la visione che proietterà l’Ateneo nei mesi a venire?

Quella di un’Università ecologica, tecnologica e aperta.

Ecologica, in quanto la nostra generazione è più che mai consapevole dell’importanza che le azioni di ognuno di noi hanno dal punto di vista ambientale, e UniMe sta già rispondendo con iniziative eco-friendly e plastic-free a cui si associa un rinnovamento importante riguardo alla politica energetica dell’Ateneo che speriamo sia sempre più incisiva.

Tecnologica, un’Università smart, che sappia comprendere le esigenze degli studenti e tragga il meglio dagli strumenti a nostra disposizione. Un esempio è la procedura on-line della domanda di laurea che è ormai realtà, e rientra nell’obiettivo di portare lo studente nel suo percorso universitario a recarsi in segreteria  soltanto per immatricolarsi.

Certamente l’uso pervasivo degli strumenti tecnologici non impedirà al personale di segreteria, consapevole delle esigenze degli studenti, di  porsi con buonsenso, competenza e disponibilità per facilitare i percorsi burocratici che a volte possono apparire farraginosi.

Un’Università aperta la cui funzione non sia ridotta esclusivamente al conseguimento di un titolo di studio ma che, piuttosto, sappia essere sempre più la Casa della Conoscenza, un luogo di incontro a 360 gradi della comunità studentesca e dell’intera cittadinanza e di condivisione della cultura, che formi ad una coscienza critica, dando gli strumenti per una visione trasversale del mondo, finalizzata all’esercizio consapevole di diritti e doveri e ad una partecipazione attiva alla vita sociale, politica ed economica.

Al tempo stesso un’Università aperta anche allo scenario internazionale, in cui quotidianamente docenti, ricercatori e studenti mamertini di ieri e di oggi ottengono riconoscimenti di prestigio nei più disparati campi del sapere, e di ciò non possiamo che essere fieri.

Fieri nel constatare che anche quest’anno vi è stato un aumento di ragazze e ragazzi stranieri che hanno deciso di investire nell’Ateneo peloritano per formarsi e acquisire un’esperienza multiculturale che possa arricchire sia loro, sia i ragazzi italiani che condividono con loro il percorso universitario, così come i progetti di internazionalizzazione di numero sempre più consistente e più diversificati di anno in anno.

Si tratta perciò di sfruttare al meglio la vocazione di Messina, che in quanto città universitaria, può riscoprirsi polo di attrazione e terra d’incontro del sapere, come lo è stata in passato, con un porto crocevia del Mediterraneo che per secoli ha portato nuova linfa per crescere arricchendo la propria identità, identità che, nella concezione hegeliana di “Aufhebung”, nasce dal superare e conservare, proiettandosi al futuro senza dimenticare il passato.

È appunto nel saper leggere il passato che bisogna riscoprire il valore della cultura, spina dorsale dei popoli, ed è importante smentire chi continua a sostenere che “con la cultura non si mangia”. In questo il maestro Pupi Avati, con la sua storia, la sua originalità e la sua professionalità, può essere un grande esempio di perseveranza ed eclettismo, e portavoce di una tradizione, quella delle arti sceniche, che nelle sue molteplici forme ha costituito l’identità della nostra nazione, verso cui anche l’Università di Messina, col potenziamento e la maggiore caratterizzazione del corso di laurea del DAMS, mira ad accompagnare i talenti artistici dei singoli studenti verso una concreta realizzazione.

Oggi, infatti più che mai, l’Università ha anche il compito di fare da ponte tra l’istruzione e il mondo del lavoro, ed è questa la più grande sfida da cogliere, investendo sempre di più nell’orientamento post-laurea, proponendo occasioni di incontro tra aziende attive nel tessuto produttivo locale, imprese nazionali e internazionali e gli studenti, potenziando l’azione del Centro Orientamento e Placement, anche con progetti come “Power You Digital”, attivato per la prima volta quest’anno, e rendendo così le competenze dei laureandi sempre più spendibili e compatibili con le figure professionali del nostro tempo.

Ci tengo in conclusione a rivolgermi sia al corpo docente che ai discenti, tra cui il confronto dovrebbe sempre essere improntato al rispetto e alla consapevolezza di quanto il rapporto umano possa arricchire e aiutare nel riconoscere l’importanza degli altri.

L’Università ha infatti bisogno che i professori, anche chi dopo decenni potrebbe aver perso l’entusiasmo di chi vive i primi anni d’insegnamento, tengano accesa la fiamma della passione nel trasmettere tutto il loro scibile e la loro esperienza acquisita negli anni.

Esperienza e competenza che possono essere condivise sia tramite la didattica, sia con la ricerca, oggi più che mai perno della progressione del sapere e indice di qualità e di prestigio dell’Università.

È possibile per voi tirare fuori, socraticamente, le qualità dello studente non con fare autoritario, ma con l’autorevolezza che vi contraddistingue.

Tocca però a noi studenti dimostrare quella “sana curiositas” che predispone ad apprendere il più possibile da coloro che talvolta vengono visti, a causa di un atteggiamento rigoroso, come degli ostacoli al completamento del nostro percorso universitario e che invece dovrebbero rappresentare per noi dei maestri di vita, genitori culturali da cui trarre il meglio.

Facevo pertanto riferimento agli ostacoli, ostacoli che noi studenti dobbiamo comunque imparare ad affrontare dando il giusto peso agli auspicati traguardi formativi o agli eventuali insuccessi che determinano momenti di sconforto e a volte sensazioni di inadeguatezza, che possono farci perdere la nostra autostima e la speranza nel futuro.

A tutti coloro che vivono un momento di smarrimento e di difficoltà nel percorso universitario sappiate che ci si può sempre rialzare e si può sempre rimediare. A tal proposito la nostra Università si è dotata di uno strumento come il CeRIP, Centro di Ricerca e di Intervento Psicologico. È giusto pertanto divulgare la sua attività e investire sempre più in un servizio che può dare una mano concreta a chi vive una condizione difficile che, appartenendo alla sfera psichica, rischia spesso di essere sottovalutata.

Per raggiungere i nostri obiettivi sono fondamentali la determinazione, l’entusiasmo e la caparbietà, qualità che, in chi è originario di quest’isola, devono essere accompagnate al senso di responsabilità.

Come Colapesce, mirabilmente rappresentato da Guttuso davanti ai nostri occhi, sorresse la Sicilia, così tocca a noi oggi sostenere la nostra terra e credere, anche dopo avere fatto esperienze in giro per il mondo, che sia possibile una vita qui, sulle rive dello Stretto e insieme ai nostri affetti.

Ciò però potrà realizzarsi solo se le istituzioni sapranno assolvere al proprio ruolo con lungimiranza e valorizzando le qualità dei giovani, creando le condizioni per cui andare via diventi una scelta con la prospettiva di ritornare e non un obbligo o una necessità.

Ed è sicuramente questa la più importante missione della nostra Università: formare chi plasmerà il futuro di questa terra e renderci un giorno orgogliosi di averla frequentata.

Buon lavoro e buon Anno Accademico a tutti noi!

Odi et amo Messina, una casa che sta stretta

Se mi venisse chiesto come definirei la terra di cui sono originaria, la Sicilia, unitamente alla mia città natale, cioè Messina, risponderei proprio citando i versi di una canzone popolare abruzzese che nell’immaginario collettivo si attribuisce di solito alla versione più nota rivisitata da Modugnoio vado via. Amara terra mia, amara e bella. Ho sempre interpretato queste parole un po’ come un appello, un composto grido di denuncia di un fenomeno che coinvolge tutti coloro che non si sentono più rappresentati dal luogo in cui si è nati e cresciuti e dove per natura si tenderebbe a restare. Può un luogo rivelarsi amaro e bello allo stesso tempo? Se sì, perché?

©RobertoInterdonato, libreria di Heidelberg, 2019

In effetti può sembrare paradossale, eppure è indice di ciò che riguarda una realtà, quella del sud e di Messina, che attanaglia centinaia di cittadini decisi a lasciarsela alle spalle, per costruire più dignitosamente la propria vita altrove. Ormai non se ne fa mistero, e i telegiornali, i programmi televisivi e le testate giornalistiche nazionali, al meridione e al settentrione, ne parlano frequentemente. Ognuno dice la sua, tra polemiche, punti di vista, giudizi, critiche più o meno costruttive. Ciò che al di là di tutto e senza dubbio non è edificante è stare in silenzio. Occorre riflettere, e non smettere mai di confrontarsi, sperando di smuovere le coscienze e scuotere gli animi di chi ha più potere rispetto all’autrice di questo articolo, per contribuire a cambiare le cose.

Sulla scia, tra l’altro non programmata, di due precedenti editoriali redatti dai miei colleghi Alessio Gugliotta e Giulia Greco, proseguo la digressione sul tema, come fosse un fil rouge, che evidentemente non capita a caso. Questo dibattere comune è sintomo di un disagio esteso in modo capillare nella generazione dei cosiddetti millennials. Senza alcuna intenzione di sfociare nella retorica, è arrivato anche per me il momento giusto di pubblicare i pensieri che annoto, raccolgo e conservo da quattro anni, e che sento il dovere morale di pubblicare in occasione del mio ultimo editoriale: una personalissima lettera d’addio che indirizzo a chiunque nelle mie parole possa ritrovarsi traendone ispirazione e conforto, ma anche a chi in tutta libertà voglia assumere una posizione diversa e contraria, che invito a manifestare e motivare. Dare risalto ad argomenti che risulteranno “scomodi” per alcuni non mi turba.

Un pretesto che mi ha fornito lo spunto per questo editoriale è stato l’argomento scelto per la seconda edizione del TEDxCapoPeloro dal titolo “Casa: Equilibrio tra radici e desideri”. Essendo molto sensibile alla tematica, ho voluto partecipare con motivazione all’evento, che si è tenuto il 23 novembre scorso. La locandina reca un approfondimento: “Cosa vuol dire casa nel 2019? Cosa vuol dire casa quando si vive in un posto dove è più facile partire anziché restare? La casa come luogo degli affetti, del quotidiano e del lavoro. La casa come elemento naturale da rispettare, preservare e proteggere. Una casa che garantisca al tempo stesso protezione, sicurezza, comfort e benessere. Casa negata e casa da inventare, costruire e immaginare. Spesso altrove, a volte in un luogo che solo dopo anni riesci a chiamare casa. Qual è la casa che ci aspetta? Esiste già la casa che abiteremo? La casa è un luogo fisico o solo il nostro posto nel mondo?”.

©CristinaGeraci, TEDxCapoPeloro, Messina, 23 novembre 2019

Non appena ho scoperto che la tematica sarebbe stata affrontata in questo modo, mi sono sentita subito in sintonia con le idee che intendevo destinare all’editoriale, e mi sono ripromessa che avrei fatto menzione del TEDxCapoPeloro, come ulteriore elemento a supporto delle mie teorie. Così come auspicato dagli organizzatori, l’evento riesce nei suoi intenti. Apprezzo lo storytelling proprio perché stupisce, emoziona, e fa riflettere. In particolare, è il talk di Carmelo Isgrò a suggerirmi input stimolanti. Il biologo messinese dall’esperienza professionale eclettica ed eterogenea, rende poliedrico anche il significato del termine “casa”. Lo fa partendo dalla definizione di “casa”, e rendendosi conto che è un concetto che cambia a seconda delle specie di esseri viventi che abitano un determinato tipo di spazio. Lo speaker giunge anche alla conclusione che agli occhi dell’uomo stesso, “casa” ha concezioni molto relative. E se ci pensiamo bene, è proprio vero. Forse si tende a dare per scontato o a sottovalutare la declinazione di “casa”, senza accorgersi che mai come nel secolo attuale, la sua accezione è diventata invece sempre più labile, instabile, precaria.

Proprio avantieri ho letto che i koala sono una specie a rischio di estinzione a causa, tra le altre, della perdita del loro habitat naturale e dei cambiamenti climatici. Un habitat quindi può diventare inospitale, nel momento in cui vengono meno le condizioni minime necessarie per far vivere un certo tipo di soggetti che lo popolano. Quello dei koala e di altri animali è un caso estremo che purtroppo accade, anche per colpa dell’uomo, ma di questo passo ci andremo vicini anche noi esseri umani se continuiamo a maltrattare l’unica nostra vera casa: il pianeta, di cui siamo ormai più parassiti che graditi ospiti. Ma restringiamo il cerchio a Messina e proviamo a capire perché sono partita da così tanto lontano per spiegare il termine “casa”.

Da quando ho conseguito il diploma di scuola superiore ho avviato un percorso di crescita costituito da molte esperienze positive, alcune rinunce, una manciata di scelte sofferte e anche errori. Ora che di tempo ne è passato, posso fare un bilancio analizzando il presente con nuovi occhi, adesso più consapevoli, maturi e lucidi. In quattro anni, ogni volta che ho lamentato le condizioni in cui versa Messina – occupa da anni gli ultimi posti nella classifica delle città italiane per qualità della vita, oltre a essere definita la città più disoccupata d’Italia sulla Gazzetta del Sud e in emergenza di disoccupazione su MessinaToday – mi è stato detto e ho letto di tutto. Tra capri espiatori e colpevoli, si addossa la responsabilità della crisi del mezzogiorno, in particolare di Messina in questo caso, un po’ a tutto: alla mentalità dei messinesi, all’immigrazione, alla mafia, alla politica (che spesso corrisponde alla precedente), al fatto che il nord si arricchisce attraverso il sud e ne mina la crescita avallandone l’arretratezza. Segue chi individua una cattiva amministrazione del turismo, chi afferma che in fondo “a Messina non c’è nenti”, e chi più ne ha più ne metta.

©GiusyBoccalatte, Imperial War Museum, Londra, 2014

Tra dichiarazioni fondate e altre più discutibili, quando palesavo la mia voglia di andarmene dalla falce della Sicilia, alcuni mi rispondevano: “ma chi te lo fa fare? Almeno laureati qui”, oppure “criticare ciò che non va ma desiderare di lasciare Messina è da incoerenti, perché equivale a non avere il coraggio di restare per cercare di cambiare le cose”. Ammetto che quest’ultimo commento mi ha sempre infastidita, alimentando sensi di colpa e giudizi che come catene hanno anche se parzialmente contribuito a ritardare e rimandare la mia partenza. Poi un giorno mi sono svegliata, stanca più mentalmente che fisicamente, e come folgorata da un’illuminazione ho capito: quando di possibilità te ne dai e se ne danno troppe a un luogo, non vivi più, ma sopravvivi soltanto. È inevitabile che poi arrivi il momento in cui senti l’esigenza impellente di dare una svolta alla tua vita, scartando tutto ciò che non ti fa più stare bene, perché a prescindere che il problema possa anche essere la tua crisi identitaria e qualsiasi parte del mondo potrebbe non andarti bene, percepisci che qualcosa dove ti trovi adesso non funziona più, e che abiti un posto che non senti più casa tua e che ti sta stretto.

©CristinaGeraci, Francesco Biacca, TEDxCapoPeloro, Messina, 23 novembre 2019

Sono giovane e ho sicuramente tanto da imparare ancora e di cui essere davvero sicura, ma ho una certezza: Messina non mi rende più felice. La posizione geografica privilegiata in cui sorge non è più sufficiente. Il mare e le bellezze naturali che offre non mi bastano più, se ci si investe poco. Osservo alcune zone della città con sconcerto. Le vedo trascurate, povere di innovazione e di opportunità. Quando al mio ultimo anno di liceo, in letteratura inglese, mi sono imbattuta nello studio di “Gente di Dublino”, ho paragonato Messina alla capitale irlandese, al modo in cui Joyce la raccontava e descriveva come città paralizzata. Ecco, è così che vedo Messina adesso: statica, poco vivace, martoriata, sfruttata e rassegnata al suo destino. Mi sento appartenere a una categoria di altri miei coetanei che si alzano dal letto senza ricordare più un sogno, spenti, privi di speranza e fiducia in una politica losca e marcia, cancro di una terra in cui non c’è spazio per tutti, appannaggio di pochi e a favore di coloro che sempre hanno avuto e sempre avranno, a volte gli stessi che lasciano Messina e il sud più per moda che per necessità di affermarsi onestamente.

Forse mi verrà detto che non mi so accontentare, che non mi so adattare, e che avrei avuto comunque la voglia di esplorare il mondo e formarmi altrove, anche se Messina fosse stata migliore. Probabilmente è vero. Per mia personalità avrei sicuramente cercato un posto più conforme ai miei interessi e al mio stile di vita, e infatti è un altro tra i motivi che mi spinge a fare le valigie piene di tutto ciò che ho vissuto fino ad adesso e che mi servirà, per sradicare le radici da Messina, trasformarle in ali, e poi piantare nuove radici nei posti in cui andrò. Le mie prime radici però non verranno mai dimenticate. Non è mia intenzione rinnegarle o vergognarmene. Ma saranno conservate più nel mio cuore e nella mia mente. Tendere al cosmopolitismo non significa vantarsi di aver viaggiato in modo meramente turistico in mille posti del mondo, bensì vuol dire vivere quei posti apprezzandone le differenze culturali e vedendole come occasione per capire il proprio ruolo nel mondo e sviluppare una cittadinanza attiva. Non si fa peccato a sentire di abitare il mondo più che una casa singola.

©GiusyBoccalatte, Wild Duck, Dublino, 2019

La mia curiosità e il mio carattere spigliato e intraprendente mi hanno sempre agevolata e spinta a cogliere tutte le possibilità di viaggio di varia durata che mi si sono presentate fino ad oggi, realizzate prevalentemente grazie a progetti associativi e convenzioni, oltre che all’aiuto della mia famiglia. Non si tratta di nulla di eccezionale, nulla di lussuoso, nulla da ostentare. Per me non erano vacanze, ma viaggi di scoperta che mi hanno consentito di farmi portatrice della mia nazionalità e della mia Messina, senza annullarla, ma cercando di capire nuovi punti di vista che potessero allargare i miei orizzonti e rendere la mia mentalità più elastica e sostenibile. Ho seminato tante case tanti quanti sono i posti che ho visitato. Ritrovo casa in tutti quei posti dove ho lasciato pezzi di me e pezzi di cuore, che ho colmato con tutto ciò che la gente di quei luoghi e che quei luoghi stessi mi hanno donato.

A ogni ritorno, mi sono sentita straniera in quella che prima ritenevo essere la mia unica casa, fino a scoprire di trovarmi forse nel posto sbagliato per me, che non mi lascia esprimere come vorrei, che non sempre tira fuori il meglio di me, e che soffoca le mie ambizioni. I sogni non devono essere calpestati, quindi forse bisogna piantarli in un terreno più fertile per coltivarli. I koala purtroppo non hanno più le condizioni favorevoli per vivere, e forse potrebbe non esserci possibilità di salvezza per loro. Noi uomini, pur causando un male che danneggia l’intero ecosistema, siamo più fortunati e possiamo spostarci. C’è chi direbbe che le rivoluzioni si fanno restando a casa propria. Io dico invece che la vera rivoluzione è cambiare sé stessi, in qualsiasi posto, e riscoprirsi per conoscere meglio sé stessi e il mondo. Solo a questo punto i cambiamenti possono avvenire più facilmente, e magari, tornando un giorno nella propria casa natale, portare la propria esperienza per migliorare le cose.

 

Giusy Boccalatte

Fonte dell’immagine in evidenza: Daniele Passaro

 

International Skills Meeting – dal 20 al 22 Novembre

Nei giorni 20,21 e 22 novembre si svolgerà alla sede centrale dell’Ateneo la II edizione di International Skills Meeting, la Rassegna dedicata alle Competenze, all’Orientamento, alla Formazione e al Lavoro.

Chi può parteciparvi?

  • Tutti gli studenti degli istituti scolastici della Sicilia e della Calabria
  • Studenti universitari
  • Studenti del conservatorio
  • Giovani laureati e professionisti
  • Docenti
  • Personale amministrativo
  • Micro, piccole e medie imprese
  • Organizzazioni no-profit ed associazioni giovanili

–> Per una maggiore affluenza degli studenti alle attività formative, è stata disposta la sospensione dell’attività didattica nei pomeriggi del 20, 21 e 22 novembre <–

La partecipazione è gratuita e basta iscriversi compilando il modulo seguente: https://www.eventbrite.it/e/registrazione-international-skills-meeting-rassegna-internazionale-delle-competenze-80276417927?aff=ebdssbdestsearch

Cosa prevede questa rassegna?

  • 32 workshops e 6 seminari con oltre 100 ore di formazione;
  • 3 giorni di orientamento ed un giorno dedicato al Recruitment con la partecipazione di 14 aziende (Heineken, Mura – Net Result, TXT, Decathlon, Hays, Comersud, Man Power, We Business, Alleanza Spa, Cloudtec, Iniziativa Viaggi, Formula 3, Arces e Gi Group).

Coloro che vorranno sostenere un colloquio lavorativo con le aziende presenti giorno 21 novembre 2019 dalle 9.00 alle 16.00, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Messina, potranno farlo gratuitamente registrandosi a questo link

Per il programma completo di queste giornate di rassegna: https://www.unime.it/sites/default/files/ISM2019Programma.pdf

ISM 2019 ha l’obiettivo di:

  • Orientare i giovani per una scelta consapevole rispetto al successivo percorso di studio;
  • Avvicinare i laureandi, i laureati e gli studenti al mondo del lavoro con informazioni, strumenti e opportunità lavorative e di tirocinio in Italia e all’estero;
  • Informare i giovani e gli adulti delle opportunità di mobilità, volontariato internazionale e apprendimento permanente;
  • Fornire strumenti per l’accrescimento di competenze professionali e trasversali;
  • Favorire il lavoro autonomo

 

Jessica Cardullo

 

Emigrazione giovanile: l’orfanotrofio messinese

Forse fino ad ora non abbiamo avuto neanche la percezione della gravità del problema, […] l’importante è non lasciarsi prendere dalla sfiducia e dalla convinzione che questa città è ormai irredimibile e l’unica soluzione è andare via.

Questo il commento del Prorettore Vicario Prof. Giovanni Moschella sulla Gazzetta del Sud, dopo aver letto che la Sicilia presenta la più alta incidenza in Italia (38%) di NEET, cioè soggetti non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione. 

Si sente spessissimo, in TV e sui giornali, argomentare sullo spopolamento del Mezzogiorno italiano, ed è da Garibaldi che si parla di questione meridionale (oramai più lunga di Beautiful). Purtroppo a volte l’eccesso di dati, notizie ed opinioni non fa altro che confondere il fruitore dell’informazione, finendo così per rendere il cittadino disinformato. Cerchiamo di identificare le cifre che meglio descrivono il fenomeno, qui sulle sponde della città dello Stretto:

  • Nel 2010 la popolazione messinese si attestava sulle 247 mila unità, ad oggi i residenti sono 231 228 (perdiamo 1600 residenti all’anno). Se non cambierà nulla, secondo le previsioni, nel 2030 saremo 221 mila
  • Nel 2018 sono morte 891 persone in più di quante ne sono nate
  • Ad oggi 1 messinese su 4 è disoccupato
  • Nel 2018 nell’intera provincia di Messina la disoccupazione giovanile (15-24 anni) era al 60%; quinta provincia d’Italia
  • Sempre l’anno scorso l’età media dei messinesi è stata 44,8 anni, con ¼ della popolazione sopra i 65 anni
  • Dal 2008 al 2017 sono emigrati ben 4 mila giovani tra i 18-30 anni

Insomma, siamo di fronte ad una catastrofe. Questi dati fotografano una città anziana, stantia e manchevole, dove quei giovani che non vanno in quiescenza da NEET finiscono per emigrare verso nord o verso l’estero. Abbiamo già perso la spina dorsale della città del domani, sopratutto se consideriamo che quei 4 mila tra i 18-30 anni diventano più di 5 mila se ci si sposta sulla fascia 26-35 anni.

Fonte: turismo.it

La stampa locale non è rimasta in silenzio e da anni denuncia la realtà in cui verte la città. Dapprima la preoccupazione di D’Amico sulla GdS, poi Caspanello su LetteraEmme che non manca di definire Messina “Una città che premia la mediocrità e mortifica il merito, una città in cui le frequentazioni sono più importanti del curriculum e il cognome che porti determinerà il tuo ruolo nella società”.

Le istituzioni, le associazioni ed i sindacati più che rispondere, hanno commentato l’evoluzione della vicenda nella maggior parte dei casi, seppur con delle dovute differenze. Il segretario generale della CGIL di Messina Giovanni Mastroeni  ha accolto così a settembre in città Maurizio Landini, segretario generale della CGIL: “La situazione è drammatica, bisogna ripristinare le condizioni minime di fiducia e di speranza perché si possa immaginare ancora un futuro per Messina sulle rive dello Stretto. Se non si ferma questa emorragia demografica, se le migliori intelligenze vanno a cercare fortuna altrove se non si crea un minimo di sviluppo e nuovo lavoro la città e il nostro territorio soffocheranno”.

Fonte: gazzettadelsud.it

L’UniMe intanto non è rimasta a guardare ed ha adottato una serie di misure atte ad incentivare i giovani ad iscriversi nell’ateneo messinese. Studiare ed arricchire il proprio bagaglio permette di trovare (a volte crearsi) un’occupazione, ma purtroppo ai nostri giovani è stato tolto slancio necessario. Così lo sforzo dell’Università di Messina, volto ad eliminare questo disagio, si è concretizzato in misure come la No tax area, ampliata nel nostro ateneo fino alla soglia dei 23 mila euro; le borse di studio e contributi affitto per tutti gli studenti fuori sede; insieme alle convenzioni con le varie società di trasporti.

Ma dove sono le risposte delle altre istituzioni necessarie alla resa appetibile di questa città? Cosa si sta facendo a Messina per creare posti di occupazione?
Qualcuno addirittura dice che a Messina il lavoro c’è ma i giovani non hanno volontà. Magari prima andrebbe definito il concetto di “lavoro” in questa città, a mio parere egregiamente fotografato dal giovane rapper messinese Sciack, che nel suo brano in dialetto “Mah” dice:

Giocunu cu bisognu di cristiani
Du euru l’ura, dudici uri ‘o jonnu
Poi misi in regola p’ tri se vonnu
“N’ videmu dumani?” “se…” se tonnu 

Intanto, in mezzo a tutto questo parlare, le persone vanno via ogni giorno da questo posto, e non mancano di comunicare il loro rammarico tramite le varie testate locali. C’è Miriana su Tempostretto che dice “a Messina manca la civiltà”, c’è Roberta a cui UniVersoMe ha dato spazio prima di tantissimi altri giornali per pubblicare la sua bellissima lettera “Cara Sicilia, sei riuscita a farne scappare via un altro”. Di fatti, da Messina sono andati via così tanti giovani, che da anni esiste una associazione che li rappresenta e ragiona sulle soluzioni che potrebbero riscattare la città che tanto gli manca: i ragazzi di FuoridiME.

Lo spopolamento della città è la principale emergenza che Messina dovrà affrontare nei prossimi anni. I dati del 2018,-commenta Roberto Saglimbeni dell’associazione FuoridiME- in attesa del report Svimez 2019, evidenziano ciò che tutti noi viviamo sulla nostra pelle: Messina è diventata una città “stagionale”, legata al rientro e alla partenza di tutti i suoi figli emigrati altrove. Le conseguenze si riverberano su tutti: l’economia ne risente, le iniziative di chi resta ne risultano penalizzate. Più in generale, Messina appare depressa dall’emorragia cronica che la affligge, privata costantemente di energie, mezzi e persone che le servirebbero per risalire. La situazione è complessa e necessita dell’apporto di tutte le componenti sociali. Creare le condizioni lavorative e culturali perché Messina sia davvero un’alternativa alle più quotate opzioni “fuorisede” e, al contempo, valorizzare chi, da fuori, mantiene il proprio interesse per la città, favorendone il rientro: quest’agenda dovrebbe essere posta in cima ai programmi politici locali.  In mancanza di sensibili inversioni di rotta, la situazione potrà solo peggiorare. D’altronde, lo spopolamento colpisce l’intera area geografica meridionale, nella quale Messina, peraltro, non si distingue per imprenditorialità, innovazione, capacità di attrarre capitali e risorse.

Fonte: letteraemme.it

In tutto questo c’è chi è insorto come chi ha aderito alla manifestazione “Si resti arrinesci”. L’iniziativa ha già ricevuto il sostegno di molte istituzioni locali, ha già coinvolto molti studenti universitari e delle scuole superiori, docenti, associazioni di volontariato e promozione sociale e si pone l’obiettivo di fermare l’emigrazione giovanile in maniera subitanea, mettendo al centro del dibattito pubblico il tema del diritto a vivere nella propria terra.

Fonte: gazzettadelsud.it

Io ho 26 anni, sono sempre stato un ragazzo socievole ed ho avuto la fortuna di incontrare degli amici fantastici lungo il mio percorso. Con alcuni siamo cresciuti insieme e non so come avrei fatto diversamente. Messina ci è sempre stata un po’ ostile, un po’ troppo stretta, ci ha sempre fatto intuire che qui eravamo orfani di un futuro. Ci siamo fatti forza l’un l’altro come una famiglia, come i bambini che stanno negli orfanotrofi. Ci sentivamo figli di un gene marcio, pecore di un pascolo abbandonato, ma c’eravamo l’uno per l’altro. Ora sono rimasto solo io qui, gli altri bambini sono andati tutti via, adottati da un altro futuro, completamente diverso da quello che ci eravamo immaginati. Io oggi, nel picco della mia giovinezza, mi sento così, come l’ultimo dei bambini nell’orfanotrofio.

Giovanni Paolo II disse: “Il futuro inizia oggi, non domani”; speriamo si sbagliasse.

Alessio Gugliotta

 

Insonnia e depressione: la doppia faccia della tecnologia

Che la nostra quotidianità sia ormai pervasa da strumenti elettronici è un dato di fatto.
Negli ultimi anni la digitalizzazione è entrata nelle case di tutti i cittadini, volenti o nolenti, con effetti a volte non sempre benefici.
Siamo connessi, giorno e notte con gli occhi incollati a degli schermi luminosi, incuranti o inconsapevoli del danno che questo spasmodico uso della tecnologia può causare alla nostra salute.
Secondo vari studi svolti dalla National Sleep Foundation, la maggior parte degli americani fa largo uso di dispositivi elettronici prima di andare a dormire, in alcuni casi, paradossalmente, per conciliare il sonno.
Questo, a lungo andare, mina gli equilibri del ritmo sonno-veglia sia a livello fisiologico che psicologico.

 Uno sguardo alla fisiologia

Secondo gli studi, la luce blu artificiale (a bassa lunghezza d’onda) emessa dagli apparecchi, inibisce il rilascio della melatonina, l’ormone fondamentale per la regolazione dell’orologio biologico dell’individuo e senza la quale è inficiata la qualità del sonno.
Inoltre osservare uno schermo instaura un meccanismo di allerta e ritarda l’insorgenza del sonno REM, questo a lungo termine comporta un accumulo di stanchezza cronica che si riflette sulle capacità relazionali.
È chiaro che non tutti siano influenzati in egual misura, ma che ci siano molte variabili in gioco, come i livelli di stress individuali e la predisposizione del soggetto a entrare in stati ansiosi che incidono sul sonno.

Le nuove generazioni

Purtroppo, a pagare il prezzo del progresso sono i più giovani, per i quali a volte lo smartphone o il computer è l’unico mezzo per sfuggire a una realtà ogni giorno più dura.
Cresciuti in quest’epoca di incertezze e basse aspettative per il futuro, è quasi naturale siano più suscettibili di altri a sviluppare patologie psichiatriche.
Dietro il frenetico gesto di aggiornare la pagina home di un social network o di controllare i messaggi, si nasconde un disagio ben più profondo. Il telefono diventa un ancora di salvezza e lo schermo un faro per illuminare l’oscurità di una stanza troppo stretta.
Come accennato, alcuni tentano di addormentarsi con la compagnia magari di un video o un film, ignari che quella luce sia il peggior nemico del loro riposo.

Dati preoccupanti

Le indagini effettuate dipingono un quadro tutt’altro che roseo: sottrarre il cellulare a un soggetto, può causare degli episodi di astinenza, anche molto gravi.
Sudorazioni, vertigini, stato d’ansia crescente e spesso aggressività, sono tutti sintomi che nell’immaginario comune vengono associati all’uso di sostanze stupefacenti e che possono essere ritrovati in queste situazioni.
Sembra proprio che l’eccessivo utilizzo della tecnologia possa essere classificato come un tipo di dipendenza vera e propria.
Tuttavia, è probabile che i dispositivi elettronici siano semplicemente un fattore scatenante per una condizione preesistente nell’individuo e non la vera e propria causa del disturbo.

I rimedi

Come è facile immaginare, smettere di utilizzare il telefono da due ore a trenta minuti prima di andare a dormire migliora considerevolmente la qualità del sonno.
Svolgere attività che non prevedano la presenza di luce artificiale, come leggere un libro per esempio, consentono al soggetto di addormentarsi più facilmente.
Purtroppo molti pensano di riuscire a “disintossicarsi” da questa droga informatica, tuttavia sarebbe più opportuno ricercare un aiuto professionale per il proprio disturbo, nonostante oggi ci sia ancora molta ignoranza riguardo quella che è una vera e propria malattia.

Maria Elisa Nasso

I nativi digitali e la lotta di supremazia dei millennials

Ascolto consigliato “Altrove” – Eugenio in via di gioia

Qualcuno disse “La storia si ripete”, ma la stessa storia potrebbe confondere se stessa con le sue bugie. Quello succede periodicamente ad intervalli indeterminati. Ad ondate ancora non ben delineate nell’universo spazio temporale.

Un po’ come in una classica puntata di Sex and the City, mi ritrovo nella stessa situazione di Carrie quando si metteva a scrivere: peccato non essere in quell’appartamento. In ogni caso la scena di me che prendo un sorso di caffè accanto al pc c’è. Agenda accanto c’è. Cose procrastinate da giorni pure.

Ricordo un pomeriggio di quelli che apprezzo vivere, perché ogni volta vivo qualcosa di nuovo. Chiacchieravo con una splendida ragazza, Lilly, di qualche anno più grande di me, che ci teneva a dirmi che ammira tanto le generazioni nate tra il 1994 e il 1999, i nativi digitali. Perché? Perché siamo la cavia di un passato incosciente e di un futuro aggressivo. Viviamo con la costante oppressione del posto fisso, della paura di dover superare i nostri limiti perché ci viene imposto, trascinando il peso di una crisi generazionale frammentata e mai ricomposta da una comunità statale che ha accantonato i disturbi patologici sofferti dai propri cittadini. Lilly mi ha ammesso con le mani in alto che la sua classe della fine degli anni Ottanta e inizi Novanta a volte si comporta con prepotenza nei nostri confronti, come chi vede i giovani una minaccia per il proprio futuro.

Facendo un passo indietro, è bene spiegare i termini “tecnici”: con nativi digitali si intendono quelle generazioni nate e cresciute con i nuovi sistemi tecnologici che sono appannaggio di tutti; i millennials sono invece tutti coloro nati dalla fine degli anni Settanta in poi.

La differenza, benchè semplice, è abissale nel loro rapporto con la società. I millennials sono figli del secondo boom economico, con genitori che hanno vissuto i nostri anni Sessanta, la rivoluzione 68ina e tutto ciò che ne è scaturito. Nel bene e nel male. Il problema è che questo boom economico li ha abituati bene, sono stati molto fortunati nella loro crescita, ma si sa i primi anni ’90 sono stati un fulmine a ciel sereno che ha fatto crollare quel muro di sogni che era stato costruito con tanta cura.
I nativi digitali, nella crisi esistenziale che ha colpito un’intera società, hanno affrontato le paure di genitori apprensivi e si affacciano su un futuro sempre più confusionario.

Il paternalismo particolarmente fastidioso delle generazioni precedenti mette in continua crisi chi è a cavallo tra passato e futuro globale. I millennials hanno una gamba appoggiata sul commodore 64 mentre l’altra la fanno vedere a mare con una tattica foto postata su Instagram. Due realtà di materialismo temporaneo con una difficile individuazione delle responsabilità. Lilly mi diceva che lei, come tutti i suoi amici, si sono cullati sugli allori, lasciando il grosso ai tech addicted. Forse perché avevano troppe aspettative sulle spalle difficili da realizzare nel contesto.

La generazione neo-adulta che vive il 21esimo secolo ha invece tante opportunità, invidiate da chi li precede, che frequentemente vengono stroncate da un “perché sì, è così.” In continua lotta tra ciò che hanno e cosa poterne costruire. I millennials accusano il colpo, e come tattica di difesa ripetono le stesse parole dei loro genitori allontanandosi dalla realtà e prendendone solo ciò che per loro è comunque conveniente. Attenzione: la mia non è una critica a nessuna generazione, ma un confronto diretto. E vi spiego perché: Il sociologo Christopher Lasch scriveva delle élite globali così

“Si sentono a casa propria soltanto quando si muovono, quando sono en route verso una conferenza ad alto livello, l’inaugurazione di una nuova attività esclusiva, un festival cinematografico internazionale, o una località turistica non ancora scoperta. La loro è essenzialmente una visione turistica del mondo”

e Mario Capanna, nel libro Lettera a mio figlio sul sessantotto, che

“I <<figli di Tangentopoli>> (tra i quindici e in ventiquattro anni) nati e cresciuti nel dilagare del rampantismo – gli anni Ottanta e Novanta – si distinguono per <<sfiducia nei confronti delle istituzioni>>, <<diffidenza verso il prossimo>>, <<disillusione riguardo il futuro>>, <<timore di fronte alle scelte e alle possibilità>> […] come se si svegliassero di colpo in un mondo ostile, senza colori e senza speranza”

La prima citazione, di Lasch, fu scritta nel 1995 e Mario Capanna pubblicò il libro nel 1998. In un primo momento avete pensato fossero attuali? Ebbene, più di vent’anni fa la storia era la stessa.

Due generazioni con le loro sfighe, che dell’appellativo “giovani” ne hanno fatto un mostro simile a Thanos (personaggio dei fumetti Marvel, ndr). Siamo in un loop adolescenziale che non ci permette di essere sereni, di vivere la nostra esistenza. Quindi, cari millennials, non abbiatecela con noi: anche voi siete stati giovani! Lo siete. Non è meglio ritenersi una risorsa al posto di essere influenzati dall’idea di essere un pericolo?

 

 

Giulia Greco

Pics credits: ©Giulia Greco

Immagine in evidenza: ©Laura La Rosa

 

 

Incontro di riflessione sull’Europa: dialogo tra professori e giovani studenti

Si è svolto mercoledì 22 Maggio nel salone dell’Azione Cattolica di Messina l’incontro dal titolo “La riflessione sull’Europa: domande dei giovani”.

Professor Alberto Randazzo, riceve dall’Avvocato Giuseppe Pedullà l’Adset, alla sua sinistra il Professor Dino Calderone. Immagine tratta dal Cittadino

L’evento è stato organizzato dalla consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali con il moderatore Professor Dino Calderone, segretario della Consulta. Interventi del Prof. Alberto Randazzo, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico, e del Prof. Michele Limosani, docente di Economia Politica.

Gli ospiti, intervenendo e interfacciandosi con i giovani, hanno fornito spunti interessanti di riflessione su differenti temi:

  • La Costituzione Italiana, nata come Costituzione antifascista per relazionarsi con gli altri paesi.
  • La crisi dovuta a mancanza di etica, comportamenti non virtuosi della classe dirigente.
  • Problemi culturali: l’associazionismo, lavorare insieme per un profilo culturale.
  • Storia della formazione dell’Unione Europea.
  • Le politiche interne ed esterne dell’Italia e del meridione, con l’intervento del Professor Limosani, il quale pone l’accento sull’autonomia della Sicilia e la cattiva gestione delle risorse interne economiche rispetto all’Europa. Queste le sue parole:

Cosa fa il Governo per una regione autonoma indebitata, come la Sicilia, che chiede sempre fondi e spende sempre di più senza saperli gestire?

Nessun genitore è disposto a dare sempre ad un figlio che sperpera e non sa gestire e poi elemosina soldi. Il problema è proprio la cattiva gestione. Il conto arriva sempre! C’è bisogno di responsabilità politica, di fondi strutturali e una forza politica. È inutile che ci siano persone ben preparate e formate senza una forza politica solida. Il destino di queste persone spesso è di venire colpite direttamente, o abbandonate. È necessaria un’Italia con la schiena dritta! 

Professor Michele Limosani, immagine tratta da Tempostretto,  (“A Proposito dello sviluppo della città di Messina”). L’immagine potrebbe essere soggetta a Copyright.

Efficace e diretto l’intervento del Professor Luigi D’Andrea, Professore di Diritto Costituzionale di Giurisprudenza dell’Università di Messina.

Professor Luigi D’andrea, immagine tratta da Messinordine, (Articolo: “Referendum Costituzionale: le ragioni del sì. Faccia a faccia con il Professor Luigi D’Andrea.”) L’immagine potrebbe essere soggetta a copyright.

Il professore ha dichiarato che: la risposta è collegare le relazioni all’identità. Non si può rispondere ai problemi degli italiani se non si tiene conto dei pareri di relazione. Bisogna saper valorizzare le relazioni esterne, ad esempio il  problema dell’immigrazione.

L’Unione Europea è nata dall’idea che valorizzare le relazioni tra popoli che si erano battuti fino a poco tempo prima per delle cause nobili poteva essere proficuo. Questa è la sfida del futuro. Questo ci deve far riflettere! Stiamo gestendo bene o male il declino dell’Europa? Credo difficilmente si possa ribaltare questa situazione, ma è necessario governarla.

Abbiamo il dovere di incidere sulla gente. Non è possibile parlare per settimane di migranti che sbarcano in Italia mentre nello stesso momento si apprende che c’è un cambiamento climatico ad esempio che ha ridotto il numero delle api, e in tal modo viene minacciato l’intero ecosistema globale. 

L’intervento si è concluso con un invito a riflettere sull’Europa, a interrogarsi su quale Europa si vuole e qual è il modo migliore per arrivarci, ribadendo l’importanza di andare a votare alle elezioni Europee.

Significative anche le parole conclusive del Professor Alberto Randazzo:

Il più grande errore che si possa fare è l’indifferentismo verso la politica! Metafora di questo atteggiamento è quella famosa storiella su dei naviganti, che sono in mezzo al mare su una barca che sta per affondare, perché l’acqua è alta. Uno è sveglio e cerca di svegliare l’altro. Quello che dorme, continua a dormire e risponde infastidito che non è un problema suo e che la barca non è sua. Questa rappresenta la vera sfida ad essere diversi. Le sfide esistono per essere superate. L’augurio ai giovani è di riconoscere e capire l’importanza della politica.

L’evento si chiude citando il motto di Piergiorgio FrassatiNON ACCONTENTARSI: VIVERE, NON VIVACCHIARE.

Daniela Cannistrà 

X Edizione della Settimana della Sicurezza

Messina Risk. Sis.ma 2019, fare e fare bene. La chiarezza del rischio nella forza delle azioni.
Questo l’intento che anche quest’anno ha visto coinvolti molteplici realtà cittadine, studenti, associazioni di volontariato, forze dell’ordine, autorità civili, militari e come sempre la sinergica collaborazione dell’Ateneo Messinese.
Presente come di consueto e immancabile il Dipartimento di Medicina clinica e Sperimentale con i suoi studenti infermieri coordinati dalla Dott.ssa Mariella Caruso in veste di Tutor supervisore.
Ormai da anni, sicurezza e cultura della prevenzione caratterizzano eventi simili a questo e Messina risponde egregiamente con attenzione e spirito di serietà a quella che ormai è una abitudine augurabile alla città ancora per
tantissimi altri anni.
Messina come banco di prova, rischi collettivi emergenziali in simulazione organizzata, che ha visto l’ impegno attento e scrupoloso di Massimiliano Minutoli, Assessore alla Protezione Civile, di sua Eccellenza Dottoressa Maria Carmela Librizzi, Prefetto di Messina, del dirigente generale del dipartimento regione siciliana Protezione civile Calogero Foti e di Agostino Miozzo del Dipartimento nazionale di Protezione civile.
Ecco, la maxi emergenza voluta dal Comune di Messina tramite il suo COC (Centro Operativo Comunale di Protezione Civile), comprendente variegate funzioni al proprio interno, una tra le molteplici la “funzione volontariato” che risponde a quelle esigenze cardini delle quali un paese civile non può più fare a meno.
Nell’ottica di questa simulazione, che ha visto coinvolte diverse strutture dell’apparato pubblico, tra cui in primis il comando provinciale dei Vigili del Fuoco, la Capitaneria di Porto, la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia Municipale nonché la macchina operativa in seno al Dipartimento Regionale della Protezione Civile, tutto si è svolto con la massima serietà e competenza fattiva da sempre tratti tangibili della macchina emergenziale organizzativa messinese.

Presenti all’evento, come da anni or sono, la aziende sanitarie, prime attrici e primi apparati coinvolti in caso di emergenza. La presenza anche quest’anno dell’università di Messina con il DIMED che ha contribuito con la partecipazione dei propri studenti infermieri coadiuvati dalla Dottoressa Mariella Caruso.
Il DIMED attento alla formazione dei propri iscritti, quali futuri professionisti e operatori sanitari, condivide, sponsorizza e valorizza tutte le attività che vedono l’essere umano al centro della tutela pubblica e persegue con lungimiranza comprovata tutte quelle iniziative volte alla cultura della prevenzione.
Una su tutte l’ammaraggio di un aereo costretto all’atterraggio d’emergenza in mare che ha visto il recupero e il salvataggio dei passeggeri a bordo.

Nello specifico impegnati nelle operazioni il centro coordinamento soccorsi della prefettura con l’ausilio del coordinamento della capitaneria di porto in soccorso dell’aeromobile ATR42 che ha visto impegnata in mare anche la motobarca del distaccamento portuale dei vigili del fuoco di Messina M03 con equipaggio composto da quattro unità specialisti nautici e da squadra terrestre.
I vigili del Fuoco, questi primi attori di Protezione Civile, rispondono da sempre a quelle caratteristiche necessarie ai primi interventi, direbbe qualcuno non vi è emergenza grave senza l’intervento dei vigili del fuoco, corpo questo per antonomasia “élite” di Protezione Civile.

In un tessuto cittadino, quale quello della città di Messina e della sua oggi area metropolitana messinese, favorire l’educazione alla prevenzione e alla tutela della vita in quanto tale, è segno che ad ogni livello, in ogni istituzione statale, parastatale e privata, venga fuori quella voglia, caratteristica innata dei messinesi nel perseguire concetti di autotutela e autoformazione continua in protezione civile.
La Protezione civile siamo tutti noi, il nostri vicini di casa, i nostri amici, colleghi, insegnati, genitori, fratelli e sorelle, tutti insieme per un fine comune, esserci e saper esserci in caso di emergenza.
Diceva qualcuno un tempo di non chiederci cosa può fare la nostra città per noi, piuttosto chiediamoci cosa possiamo fare noi per la nostra città, la nostra Sicilia, la nostra nazione.

                                                                                                                                                                                              Filippo Celi

Ecco i risultati delle elezioni studentesche 2019

Si sono concluse le votazioni, svoltesi per la prima volta in via telematica, per l’elezione dei rappresentanti degli studenti, specializzandi, dottorandi ed assegnisti.
L’Ateneo messinese è il primo degli atenei pubblici siciliani ad avere adottato la modalità telematica per l’espressione delle preferenze elettorali.
Gli studenti votanti sono stati 6296 (26,63%) sui 23578 aventi diritto.

Per il biennio 2019/2021, si è votato per

a) cinque rappresentanti degli studenti in seno al Senato Accademico;

b) due rappresentanti degli studenti in seno al Consiglio di amministrazione dell’Ateneo;

c) due rappresentanti degli studenti in seno al Comitato sovrintendente alle Attività Sportive Universitarie (CSASU);

d) un rappresentante dei Dottorandi e Assegnisti di ricerca in seno al Senato accademico;

e) un rappresentante degli Specializzandi in seno al Senato Accademico.

Si è votato , inoltre per l’elezione dei rappresentati degli studenti, assegnisti e dottorandi nei Consigli dei Dipartimenti e dei rappresentanti degli studenti nei Consigli dei Corsi di Laurea, di tre rappresentanti degli studenti, dei dottorandi, degli specializzandi e degli iscritti presso le Istituzioni per l’alta formazione artistica e musicale in seno al Consiglio di Amministrazione dell’E.R.S.U. di Messina e dei rappresentanti del CNSU; i risultati delle votazioni del CNSU saranno resi noti successivamente.

Ecco i risultati:

UNIME_Risultati

Convegno “Giovani e futuro”: temi attuali e interrogativi cruciali

7 marzo 2019. Ore 10. Rettorato dell’Università degli Studi di Messina – Accademia Peloritana dei Pericolanti. Il convegno dal titolo Giovani e futuro: politiche giovanili, sviluppo del territorio e rinascimento del sistema universitario, ha visto confrontarsi studenti universitari e non, assieme ad i rappresentanti delle istituzioni universitarie e forensi su interrogativi cruciali come le prospettive lavorative di un laureato e, nello specifico, come l’Università può agevolare l’inserimento dei suoi studenti nel mondo lavorativo.

Il promotore ed organizzatore, nonché giovanissimo dottore in Giurisprudenza e praticante avvocato in procinto di prendere l’abilitazione, Calogero Leanza, ci spiega da dove nasca l’idea di una giornata di riflessione di tale portata ed il perché:

“L’idea è nata da Andrea Celi, senatore accademico e fondatore dell’associazione GEA UNIVERSITAS. Tengo a precisare che in quest’evento la politica universitaria è relativa, marginale. Questo convegno nasce con l’intento di aggregare giovani e anche meno giovani affinchè restino nel nostro territorio, affinchè facciano impresa, studino e diventino i professionisti del futuro e la futura classe dirigente. Affinchè restino in Sicilia senza il bisogno di emigrare al nord o addirittura all’estero. Il nostro obiettivo è fare rete, fare squadra. Speriamo di ottenere da quest’incontro uno scambio di idee. Quando si parla di opportunità e lo si associa alla parola “futuro”, lo scambio di idee è fondamentale. Ci siamo posti l’obiettivo di confronto e dibattito fra giovani che oggi si presentano disillusi e hanno perso la speranza nella nostra terra” . 

Il dottor Leanza prosegue il suo discorso illustrandoci il perché della partecipazione di alcuni membri come quello di Stretto In Carena-SIC:

“Partiamo dal principio. Stretto In Carena rappresenta dei ragazzi, inizialmente facevano parte solo di ingegneria, fino ad allargarsi a tutto l’ateneo. Sono dei ragazzi che hanno un obiettivo comune: la progettazione di una moto che porteranno ad Aragón, in Spagna, ove ci sarà una competizione tra diverse università.  La progettazione di questa moto non è sicuramente facile, soprattutto in considerazione delle mille difficoltà che questa terra ci offre…come il reperire fondi, in primis. Infatti lancio un appello e spero che chi ci legge o ci ascolta contribuisca a questa causa a noi molto cara”.

Relatori – ©GiuliaGreco, Aula Accademia Peloritana dei Pericolanti, 7 marzo 2019

Dario Milone, presidente attuale di “SIC – Stretto in Carena” ci spiega nel dettaglio chi sono:

“Stretto In Carena o SIC, che si pronuncia /sik/, con la “c” dura, è una realtà che si prefigge di andare a partecipare alla competizione MotoStudent del 2020. Siamo studenti di tutto l’ateneo messinese, circa 80. Oggi siamo qui per rappresentare il nostro progetto e spiegare cosa facciamo. Realizzeremo entro il 2020 un prototipo da competizione di moto dalla cilindrata di 250 4T a iniezione che gareggerà in una competizione universitaria internazionale. Oggi cerchiamo sponsor interni ed esterni all’università. Colgo l’occasione per fare un appello: per portare avanti il nome di Messina, aiutateci a raccogliere i fondi necessari che servono per finanziare il progetto”.

Continua con delle curiosità riguardanti l’origine del nome:

“L’espressione “Stretto in carena” per noi ha una tripla valenza. Sic, con la “c” dolce, è un pilota italiano, Simoncelli. Ѐ un tributo alla sua persona. Successivamente, la scelta della parola stretto perché ricorda la nostra città e la peculiarità dello Stretto di Messina, appunto. Complessivamente, Stretto in carena è un gergo tecnico per indicare il pilota che assume una determinata posizione, si accovaccia sulla carena, per essere il più possibile aerodinamico durante la tratta del rettilineo, quindi un chiaro riferimento al potente mezzo a due ruote che stiamo progettando”.

©GiuliaGreco, Aula Accademia Peloritana dei Pericolanti, 7 marzo 2019

Andrea Celi, senatore accademico dell’Università degli studi di Messina, studente in corso di Giurisprudenza, 24 anni, ci dà invece delucidazioni in merito alla nascita e alle tematiche del convegno:

“Questo convegno nasce da 3 tematiche attorno a cui ruota, che abbiamo a cuore e che riteniamo inscindibili tra di loro: politiche giovanili, sviluppo del territorio e rinascimento del sistema universitario. Quello su cui personalmente faccio forza e leva è l’ultimo punto: il rinascimento universitario. Soprattutto oggi che il sistema universitario è in un momento di forte dinamismo e crescita, e quest’onda va cavalcata. Bisogna puntare su questo e su Messina come città universitaria. Noi ci crediamo e NOI puntiamo su questo. Perché siamo proprio noi in prima linea in quanto studenti universitari a doverci interessare alla vita universitaria e viverla a pieno e attivamente”.

©GiuliaGreco, Aula Accademia Peloritana dei Pericolanti, 7 marzo 2019

Tra gli ultimi relatori a parlare vi è Davide Blandina, associato del gruppo Giovani Imprenditori Confindustria che ha dichiarato:

“Occorre valorizzare il recupero del territorio in una prospettiva più istituzionale e sfidante in cui le imprese e le politiche, a tutti i livelli, comprese quelle pubbliche da cui dipende anche la certezza normativa e la qualità dei servizi, essenziali per le imprese e per i cittadini, rendano perseguibile un modello di crescita e di sviluppo competitivo in grado di assicurare il più possibile la resilienza del sistema locale a vantaggio del capitale qualificato rappresentato dai giovani e dalla classe dirigente. Abbiamo tutti gli strumenti per potere dare una svolta del genere. Si tratta di operare un cambiamento di tipo strutturale, creando un nuovo modello di crescita sociale, in cui i fattori dell’innovazione istituzionale, tecnologica ed economica siano strettamente interdipendenti.”

©GiuliaGreco, Aula Accademia Peloritana dei Pericolanti, 7 marzo 2019

Il Magnifico Rettore Salvatore Cuzzocrea si è mostrato particolarmente positivo durante il convegno, ha infatti dichiarato:

“Siamo in un periodo storico in cui il Meridione d’Italia è in netta ripresa. Ѐ il momento di fare sul serio e noi stiamo facendo sul serio. Siamo nel rinascimento universitario: un buon futuro non può che passare da una buona università. Siamo vivi, siamo attivi. Stiamo ponendo in essere queste attività. Non politiche, ma fatti.”

I vari interventi sono stati moderati da Vittorio Tumeo, giovane giornalista e studente del dipartimento di Giurisprudenza.

Gabriella Parasiliti Collazzo