NextGenerationME: Jacopo Genovese, tra cantautorato e processi creativi

La Musica è sempre stata una parte fondamentale della mia vita, certe volte mi ha salvato nei momenti peggiori curandomi le ferite, a volte ha amplificato le mie paure rendendomi più consapevole di me stesso. No, questo non è un estratto dell’intervista che state per leggere, ma un pensiero personale e intimo del redattore che sta per raccontarvi l’esperienza e le speranze di chi, condividendo queste sensazioni, si è messo in gioco assecondando le proprie necessità creative e di scrittura.

Torna la rubrica NextGenerationME con Jacopo Genovese, messinese classe 1993, appassionato alla musica fin da bambino grazie all’influenza del nonno Cleofe Lanese, tastierista dei Gens, storico gruppo anni ’70 della nostra città. Dopo aver partecipato ad alcuni reading poetici, ha preso coscienza di sé stesso e si è dedicato alla musica, dalla quale ha avuto le prime grandi soddisfazioni:

  • nel 2018 si classifica primo alla finale regionale di Area Sanremo tour con il brano “Gelso Nero“;
  • nel 2019 viene premiato come miglior testo al contest Game of Chords organizzato dal Saint Louis College of  Music di Roma, con il brano “La sorella di Sergio“;
  • sempre nel 2019 si esibisce sul palco dell’Indiegeno Fest  nella sezione Spaghetti Unplugged con la canzone “Alice“;
  • nel 2020 viene selezionato tra i dieci finalisti di Road to the Main Stage by Firestone.

Partiamo dalle origini: come e quando hai maturato l’idea di metterti in gioco pubblicando i tuoi lavori? Quando hai deciso di condividere con altri ciò che fino a quel momento era solo tuo? 

La passione per la musica c’è sempre stata; purtroppo da questo punto di vista crescere in una città come Messina non aiuta. Sono veramente pochi gli eventi artistici che vengono promossi, così viene negata ai ragazzi la possibilità di innamorarsi dell’arte e di pensare: “voglio fare questo nella vita!”. Al contrario c’è una sorta di pregiudizio nei confronti di chi si dedica a questo genere di attività; per fare un esempio banale, quando a scuola a ricreazione suonavo la chitarra, il resto della classe era da tutt’altra parte e io venivo visto quasi come uno un po’ strano. Quindi ho coltivato la mia passione di nascosto, possiamo dire che “me la sono cantata e me la sono suonata” fino ai 24 anni. Successivamente episodi e momenti piuttosto negativi che ho vissuto mi hanno portato alla scrittura di un pezzo: “Gelso Nero”.

“Gelso Nero” ha cambiato tutto, è come se il mio essere si stesse ribellando a me stesso e volesse liberarsi dalla gabbia in cui lo avevo messo, come se mi dicesse: “basta, non hai più via di scampo o difendi la tua musica e la fai conoscere agli altri oppure cadi nel baratro”. Questo pezzo mi ha fatto stare bene e mi ha dato la forza ed il coraggio per cambiare prospettiva e obiettivi.

Parlaci del processo creativo che c’è dietro i tuoi lavori, come nascono le tue canzoni? 

Nel mio telefono ci saranno almeno 15 giga di registrazioni in cui canticchio o suono e una serie infinita di note scritte. Qualsiasi idea che riguardi parole o melodia viene salvata nel mio telefono, che io sia in studio a registrare o che stia facendo tutt’altro. Per me l’ispirazione esiste, non so bene come nasca, ma esiste. Può avere però diverse intensità; per fare un esempio quando ho scritto “La sorella di Sergio” ero fortemente ispirato, ho buttato giù tutto senza fermarmi un secondo, altri lavori invece sono nati riprendendo pensieri o melodie che avevo salvato nell’archivio tempo prima. L’ispirazione però non basta, devi avere anche a disposizione gli strumenti per poterla sviluppare e trasformala in canzone e questo forse è il processo di crescita più importante per un’artista emergente: acquisire le capacità necessarie per rendere la tua ispirazione fruibile anche ad altri.

Quali artisti hanno influenzato il tuo mondo musicale o comunque ti hanno appassionato maggiormente?

Beh, direi tutti i maestri del cantautorato degli anni ’70: Dalla e De Gregori, per citarne alcuni. Dalla un genio assoluto, per scrittura e suoni era avanti anni luce rispetto al momento storico in cui viveva. Di De Gregori amo l’intimità dei suoi testi; probabilmente questa caratteristica gli ha negato un successo ancora più grande rispetto a quello che ha avuto. Per quanto riguarda la chitarra, amo la musica di artisti come Elliott Smith o Mark Knoplfer; per citarne uno più contemporaneo, apprezzo molto Ed Sheeran.

Oggi il cosiddetto indie-pop spopola tra i giovani ed ha trovato anche uno spazio importante nelle scalette delle radio più ascoltate in Italia, senti in qualche modo di appartenere a questo filone musicale?

Sinceramente no, non mi ci vedo proprio se non per il fatto di essere assolutamente indipendente a livello discografico, come lo erano i vari Calcutta o Gazzelle quando hanno iniziato. Comunque li apprezzo per aver portato una ventata di novità soprattutto a livello di scrittura e attitudine. In generale fatico a mettermi un’etichetta e mi interessa anche poco farlo. Ispirandomi ad una frase di Paul McCartney, ti dico: “io suono ciò che è mio, totale e libera espressione di ciò che ho in testa”.

Parliamo di futuro: che progetti hai in cantiere?

Da  qualche  tempo lavoro con il maestro Tony Canto, per avere una guida più professionale durante la produzione dei miei pezzi. Al momento stiamo lavorando alla produzione di tre brani: un remake di “Ciao Bambina”, che è un pezzo già uscito tempo fa, e due inediti. Inoltre sto lavorando alla realizzazione di un video di “Gelso Nero” sul cratere di Vulcano, con l’accompagnamento di una violinista; sono molto legato alle Isole Eolie, sarebbe veramente un sogno realizzare un video del genere.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato!

Grazie a voi ragazzi, a presto.

 

 

Emanuele Paleologo

 

Jacopo su internet:

jacopogenovese.com

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Immagine in evidenza:

Jacopo Genovese durante un concerto – Fonte: scomunicando.it

 

 

 

 

 

 

NextGenerationME: Alessia Merlino, tra metamorfosi sonore e carriera universitaria

Nel corso di questi anni abbiamo narrato, in diverse occasioni, la storia di celebri personalità del passato legate alla città di Messina. Pur considerando importante continuare su questo percorso, abbiamo deciso di intraprenderne un altro parallelamente, dando spazio ai giovani talenti messinesi, per dimostrare che la nostra comunità non è ancorata esclusivamente ai fasti del suo passato, ma è una realtà viva, nutrita dalla linfa delle nuove generazioni.

Oggi vi parliamo di Alessia Merlino, cantautrice barcellonese con all’attivo 8 inediti – di cui 4 su Spotify -, 14.480 follower sul suo profilo Instagram, 2871 like nella propria pagina Facebook e un canale YouTube particolarmente seguito.

alessia merlino
Screnshoot dell’intervista ad Alessia Merlino

Buongiorno Alessia, in breve, cosa dici di te per presentarti a chi non ti conosce?

Sono nata all’inizio del ’98 a Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Nella vita sono una studentessa dell’Università degli Studi di Messina e frequento con amore il secondo anno del CdL di Scienze della formazione. Prima di ciò ero iscritta alla facoltà di Giurisprudenza, ma poi ho capito che era giunto il momento di non accontentare più gli altri e fare ciò che davvero il mio cuore desiderava. Ci riesco e anche con ottimi risultati; per me studiare è soprattutto uno sfogo. Per quanto riguarda l’altra mia carriera, ovvero quella musicale, diciamo che vale un po’ lo stesso concetto: canto, ringrazio e sono grata a chi ha collaborato con me e mi ha spinta fin dove sono attualmente arrivata, ma ora è il momento di volare e cimentarmi in quest’arte da sola. Se potessi descrivere ciò che mi è successo negli ultimi anni, direi che la mia persona ha subito una vera e propria metamorfosi, mi piace usare questa metafora.

alessia merlino
Copertina del singolo “Resti dentro”

Concentriamoci dunque sulla tua carriera musicale. Quando hai iniziato a cantare? Che genere di musica produci?

Ho iniziato a cantare ad 8 anni; la mia prima apparizione ufficiale risale al luglio del 2006. Da lì sono succeduti numerosi festival come Pub Italia del messinese Franco Arcoraci, o un altro in cui sono salita sul podio insieme ad Alberto Urso, oppure la mia esibizione ad Amici davanti al maestro Vessicchio. A proposito di questo, situazione Covid permettendo, a giugno vorrei andare a Roma per partecipare ai casting del talent. Il mio primo seguito ufficiale l’ho avuto però dopo l’uscita del primo singolo “Resti dentro”. Ho studiato canto e vorrei continuare per perfezionare il lato tecnico di questa mia passione. Purtroppo il Covid, oltre a negarmi la frequenza delle lezioni universitarie in presenza, mi ha contemporaneamente levato la possibilità di continuare a studiare canto. Se mi devo identificare in un genere musicale, dico sicuramente musica leggera. 

alessia merlino
Alessia durante la registrazione del singolo “Mentre te ne vai”

Dove possiamo ascoltare la tua musica?

Trovate alcune delle mie esibizioni e il mio canale su YouTube. Le mie canzoni sono su tutti i Digital Stores, su Spotify, e le potete condividere anche attraverso la sezione “musica” delle Instagram stories.

A proposito di Instagram! Ho notato che il tuo account conta più di 14mila followers. E’ un buon risultato considerando che sei un’artista emergente. Approfondiamo l’argomento?

Assolutamente sì, ringrazio i miei follower che mi seguono in tutto ciò che faccio e che condividono le mie canzoni. Ultimamente ho anche iniziato collaborazioni con diverse aziende, è una bella esperienza. Spero di crescere sempre di più perché se i numeri aumentano, ovviamente significa che la mia musica piace ed è appagante per un’artista.

Una delle esibizioni di Alessia nel 2019

Oltre i casting di Amici, quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho un nuovo inedito interamente scritto da me pronto ad uscire presto, intitolato “Senza voce”, ed inoltre vorrei provare a fare uscire una hit un po’ più estiva rispetto alle sonorità a cui è abituato chi mi ascolta. I miei modelli di ispirazione sono Ultimo e Alessandra Amoroso, ma se devo sognare, un giorno mi piacerebbe molto duettare con Shade, e se devo allargare ulteriormente il sogno, mi vedo sul palco di Sanremo. Credo che sarebbe l’apice. Eppure, per quanto fondamentale sia la musica per me, il mio principale obiettivo è laurearmi col massimo dei riconoscimenti, lavorare al più presto e chissà, un giorno fare un dottorato di ricerca in pedagogia.

 

Alessia Merlino è bravissima a raccontarsi da sola e io da redattrice non ho potuto far altro che armonizzare i contenuti e riportare a voi il fulcro della nostra piacevole intervista. Quel che mi viene da aggiungere, raccogliendo in poche misere battute ciò che questa cantautrice è riuscita a trasmettermi, potrei sintetizzarlo con una nota citazione: “non conta da dove vieni, ma dove stai andando”.

Alessia è molto fiera e legata alla sua terra natale, ma parte da zero. Nonostante la sua condizione iniziale ha le idee ben chiare sulla strada che vuole intraprendere e crede in se stessa, elemento fondamentale per perseguire qualsiasi carriera. Non ha paura di darsi, di dare e di far sentire la sua voce.

Uno spunto per chi come lei, magari, vuole provare ad emergere tra la moltitudine delle nuove proposte musicali, di cui l’era dei social ci bombarda ogni giorno.

 

Corinne Marika Rianò

 

Alessia sui social:

instagram/_alessiamerlino

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youtube.com/AlessiaMerlino

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UniMe: aperte le iscrizioni al programma “Generation4Universities”

L’Università degli Studi di Messina informa che sono aperte le iscrizioni al programma di accelerazione verso il lavoro “Generation4Universities”.

Con il sostegno ed il patrocinio, fra gli altri, della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), la Fondazione Generation Italy, ha avviato una selezione finalizzata ad inserire 25 studentesse e 25 studenti in un programma di accelerazione verso il mondo del lavoro che dura 6 mesi e prevede formazione esperienziale, mentorship individuale, e seminari professionalizzanti.

Cos’è Generation Italy?

La fondazione “Generation Italy” aiuta i giovani a sviluppare competenze altamente qualificate, fornendo alle imprese i profili professionali di cui hanno bisogno. Cerca, quindi, di garantire ai giovani un lavoro che dia inizio alla carriera professionale di ogni giovane, in qualsiasi parte del mondo.

Il principale obiettivo di questa fondazione è quello di consentire ai giovani di costruire le proprie carriere professionali, aiutandoli a sviluppare competenze altamente qualificate.

In Italia, Paese in cui 1,3 milioni di giovani sono disoccupati, oltre 731 mila posizioni lavorative entry-level sono difficili da coprire per le aziende. Un approccio pragmatico, che mette in relazione la domanda di competenze, le professionalità richieste dalle imprese e le aree geografiche che presentano un elevato numero di disoccupati, permette quindi di creare valore per i datori di lavoro e di fare la differenza per i partecipanti ai programmi, creando un incentivo per tutti a investire nella formazione.

Scadenze e termini per l’iscrizione al programma

I giovani potranno iscriversi all’iniziativa, denominata “Generation4Universities” e promossa anche dalla multinazionale di consulenza strategica McKinsey & Company, accedendo a questo LINK, entro il  21 marzo per completare le 5 fasi del processo di selezione.

I requisiti richiesti, ai giovani profili, per poter accedere al suddetto programma sono i seguenti:

  • Iscrizione all’ultimo anno di un CdL Magistrale in Ingegneria, Economia, Lettere, Filosofia e Lingue
  • Essere in regola col percorso di studi ed aver conseguito una media ponderata non inferiore a 28/30

Cosa prevede il programma

Il programma dell’iniziativa “Generation4Universities” si articolerà in 3 moduli formativi, ed in particolare:

  • Bootcamp da metà aprile;
  • Mentorship individuale da maggio a luglio;
  • Seminari professionalizzanti tra aprile/luglio.

Per maggiori informazioni, di seguito i link, per accedere alla presentazione ed al programma dell’iniziativa, forniti dalla stessa Fondazione “Generation Italy”:

 

Andrea Valenti

Tutto ciò che è necessario per i giovani. La chiave della rinascita per Draghi

Draghi rimini
Draghi al Meeting di Rimini (agosto 2020) Fonte: investing.com

È un uomo di poche parole, Mario Draghi. Non è un frequentatore di salotti televisivi né avvezzo ad interviste: lo abbiamo percepito tutti cercando tra le righe le idee da cui potrebbe far partire un nuovo esecutivo. In circolo ci sono poche espressioni, ma che hanno il peso e l’eco di epigrafi. “Whatever it takes”: sì, ma non solo. Ci sono altri momenti per il quale Super Mario merita di essere menzionato. “Ai giovani bisogna dare di più”, ad esempio. Lo diceva già ad agosto, durante il Meeting di Rimini, spiegando che i sussidi tout court da soli non serviranno a risanare il tessuto sociale del Paese: se non ben bilanciati, lo lacereranno ancor di più. Per Draghi l’unico volano per una rinascita sociale ed economica italiana, sarà investire sulle nuove generazioni, le stesse – diciamolo senza mezzi termini – che dovranno pagare un debito mai visto nella storia italiana.

È dunque alle donne e agli uomini di domani che bisogna dare il massimo supporto affinché si delinei una società che permetta libera scelta nella formazione umana e nella qualificazione professionale. Se non si mette al centro questo punto focale il rischio è che al futuro si arrivi con meno possibilità del presente e con più diseguaglianze del passato.

Si tratta di coltivare persone, non titoli di stato, non voti. Si mette sul tavolo un investimento potenzialmente vincente ed esponenzialmente fruttuoso.

campanella draghi-conte
Il passaggio simbolico della campanella tra il presidente uscente Conte e il premier incaricato Draghi -Fonte: avvenire.it

Non serve un esperto in politica economica per capire, invece, che il vizio dei recenti governi sia risieduto tutto nel non aver mai impiantato obiettivi di lungo termine, ma semplicemente portato a compimento – nel migliore dei casi – obiettivi nei termini temporali di un esecutivo a causa di una ricerca spasmodica di un immediato ritorno politico.

Quello che serve per una crescita sostanziale, economica e sociale, sono tutti elementi che vanno nella direzione opposta. Servono lungimiranza, pazienza e soprattutto coraggio. Ci vuole impegno morale per spendere decine di miliardi di euro nell’istruzione. È una strada scomoda, un investimento silenzioso, i cui risultati possono essere raccolti solo nel lungo termine, quando ormai sono troppo distanti da chi li ha propagati. Chi investe sull’istruzione, insomma, rischia di passare inosservato.

PNRR
Fonte: mef.gov.it

Già a partire dalla sobrietà del governo dimissionario, sembra che si sia mettendo fine all’egoismo che ha indotto i governi a favorire obiettivi elettorali; la tendenza sembra essersi invertita anche ad un livello superiore, e non è un caso che l’Europa abbia intitolato il piano di ripresa europea alla generazione futura – il NextGenerationEu. Per gestire i fondi di quest’ultimo, nel Recovery Plan già il governo Conte, aveva riservato nell’ultimo progetto quasi 28,46 miliardi (9 in più rispetto alla prima bozza) all’istruzione e alla ricerca mentre la questione giovanile era al secondo posto tra i gli obiettivi fondamentali da portare a termine entro il 2026. Adesso si ha buon motivo di credere che spetterà al nuovo governo tecnico ricalcolare e rinegoziare. E Draghi non sembra discostarsi tanto da queste premesse poichè già da giorni le prime dichiarazioni trapelate sul programma di governo confermerebbero la primarietà dell’istruzione in agenda, come anche le notizie sull’apertura delle scuole fino a luglio per recuperare il “tempo perso” o del riempimento delle cattedre già dalla fine di quest’anno scolastico.

piano resilienza
Il piano approvato dal consiglio dei ministri dell’esecutivo Conte il 12 gennaio 2021 – Mef.gov.it

È il solo modo, quello di investire dei fondi per i giovani, affinché l’Europa riprenda a chiedersi che ne pensa l’Italia. E non solo perché si prospetta una figura come Draghi al comando di un esecutivo.

Ma soprattutto l’istruzione e la ricerca, insieme, sono la sola via perché i germi di menti performanti attecchiscano nella loro terra, senza dover perdere le radici.

“Ogni crisi ha in sé i semi del successo e le radici del fallimento”, dice Norman R. Augustine; ed ogni crisi può innescare un vero e proprio turn-around. Non si tratta di utopia, ma di responsabilità morale verso il futuro.

È forse giunta l’ora che l’Italia sperimenti l’ordinario e metta a frutto il cosiddetto debito buono – come lo chiama il Presidente incaricato – un vero e proprio investimento che risponda a criteri di sostenibilità e che, seppur contempla un ingente impiego di risorse nell’ora, delinei dei consistenti risultati umani nel futuro.

Martina Galletta

Articolo pubblicato l’11 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

COVID e adolescenti: la pandemia oltre il virus

L’Italia non è un Paese per giovani, e la pandemia in corso ne da ulteriore conferma.
Scarsa considerazione è stata data a chi rappresenta il futuro, generando una pandemia silenziosa tra i giovanissimi. Affrontiamo insieme la questione! Continua a leggere “COVID e adolescenti: la pandemia oltre il virus”

Il musicale dell’Ainis in protesta. L’intervista: “Vogliamo quel 25%. La videocamera uccide la musica.”

(fonte: gazzettadelsud.it)

Arrivano nuove reazioni alle misure restrittive imposte, a partire dal 24 ottobre, dall’ultimo DPCM e dalle ordinanze dei vari consigli regionali. Avevamo già parlato qui delle proteste dei lavoratori; oggi sono le scuole a prendere la parola.

In particolare, gli studenti dell’indirizzo musicale del Liceo Emilio Ainis di Messina si sono assentati per due giorni, 26 e 27 ottobre, dalle lezioni in via telematica in segno di protesta contro la D.A.D. (Didattica a Distanza). Hanno inoltre emesso un comunicato, firmato da 87 degli studenti in questione, che è stato pubblicato da diverse testate giornalistiche.

Per approfondire meglio la questione, abbiamo deciso di ascoltare i pareri di alcuni dei diretti interessati.

Come nasce l’iniziativa

“Tengo a sottolineare che è un iniziativa degli studenti del musicale e non sono stati affatto indirizzati dai docenti. Dal punto di vista logistico, ci sono delle discipline che presuppongo il contatto diretto con lo strumento, della presenza dell’insegnante che fa strumento o musica d’insieme, forme laboratoriali per cui hanno delle difficoltà in più.”

Afferma il professore Cesare Natoli, insegnante di storia e filosofia presso l’indirizzo musicale del Liceo Ainis.

“Noi viviamo di musica e fare una lezione di strumento in D.A.D. non è la stessa cosa. In primo luogo perché sarebbe necessaria una strumentazione costosissima, dal momento che le classiche attrezzature tendono a ‘tagliare’ frequenze, sia alte che basse, per comprimere il suono. Dunque, non si sentirebbe allo stesso modo. Le materie che più ne risentono, oltre Strumento, nell’ambito musicale sono – ad esempio – tecnologie musicali. Anche Teoria di analisi e composizione è una materia che necessita di un approccio di presenza.”

Aggiunge lo studente Emanuele Arena, rappresentante degli studenti del Liceo Emilio Ainis.

Le richieste degli studenti

Quando gli abbiamo chiesto a cosa mirasse la loro iniziativa, la risposta è stata secca:

“Noi puntiamo tutto su quel 25%. Uno schermo, una videocamera uccidono la musica.”

Ed in effetti, il 25% è la percentuale che il DPCM aveva concesso per le lezioni in presenza. Gli istituti superiori siciliani si sono tuttavia dovuti conformare all’ordinanza regionale del presidente Musumeci che prevede un 100% di D.A.D. fino al 13 novembre. La richiesta è proprio quella di adeguarsi alla normativa nazionale. D’altro canto, una recente comunicazione del Presidente Regionale prevede che, per motivi logistici di particolare esigenza (e potrebbe rientrarvi il caso del liceo musicale) e per gli studenti con gravi disabilità sia possibile svolgere la didattica in presenza. Sarebbe per loro un risultato già significativo.

Alla protesta dei ragazzi si sono uniti anche molti genitori e professori, che continuano ad accompagnarli in questa situazione di criticità. A tal proposito, il professor Natoli, portavoce del gruppo ‘Scuola in presenza’, assieme ai colleghi intende organizzare una manifestazione di protesta che si svolgerà – nel rispetto delle misure anti-covid – giorno 7 novembre presso Piazza Unione Europea (Municipio). I dettagli sono reperibili sull’omonimo gruppo Facebook. Essa intende coinvolgere il mondo della scuola (docenti, studenti, personale ATA, genitori), dell’università e gli operatori culturali del teatro e della musica (ricordiamo le associazioni concertistiche messinesi come l’Accademia Filarmonica, la Filarmonica Laudamo e l’Associazione Bellini. Questi ultimi settori, colpiti dall’ultimo DPCM, sono stati costretti a chiudere dopo aver compiuto molti sacrifici per adattarsi alle misure anti-virali promosse negli ultimi mesi dal Ministero della Salute e dal comitato tecnico scientifico.

“Il fatto che siano stati minati i centri di cultura come i teatri, per noi che amiamo la musica e lo spettacolo e tutto ciò che è annesso, è stato un colpo. Noi rendiamo di questo, dopotutto.”

Continua Emanuele, tenendo in considerazione anche i risvolti che tali misure potrebbero avere sul futuro lavorativo di questi studenti.

(fonte: tg24.sky.it)

Il futuro della società e l’importanza dell’arte

Il professore si abbandona poi ad una riflessione: “Quale umanità stiamo difendendo?”, si domanda, prendendo spunto dalla riflessione di uno dei maggiori filosofi italiani, Giorgio Agamben.

“Il bios, il restare in vita, è senza dubbio sacrosanto. Tuttavia, non possiamo limitarci solo a questo poiché l’umano eccede il bios, va oltre il semplice restare in vita. Se tutto il resto viene trascurato, allora ci stiamo degradando. Il covid, probabilmente, ha semplicemente scoperchiato la questione. Ma si tratta di un processo che affonda le proprie radici lontano nel tempo.”

(fonte: stateofmind.it)

Nell’esprimere la propria preoccupazione per il futuro della cultura e dell’uomo come animale sociale, il professore ha offerto anche una propria visione di quelli che potranno essere i possibili scenari di una società post-covid. Ad una visione (considerata ‘idilliaca’) del ritorno alla normalità si accosta la possibilità che, da scelte così drastiche e necessarie, derivino conseguenze altrettanto importanti anche per la vita in società.

“Bisogna fare in modo che l’emergenza rimanga emergenza”

Ossia che non si trasformi in normalità. Fondamentale è ben soppesare i rischi derivanti da un non adeguato controllo dell’epidemia ai rischi derivanti da altre cose, come le questioni legate allo sviluppo relazionale dell’individuo.

Ed in tal senso, si sa, l’arte ha la straordinaria capacità di unire oltre ogni barriera.

“L’arte è libertà d’espressione.”

Afferma, infine, Emanuele alla domanda su cosa essa rappresenti per un qualsiasi ragazzo.

Guai a dimenticare il valore dell’arte, linguaggio universale capace di unire i popoli laddove l’incomprensione li divide.

 

Valeria Bonaccorso

La Commissione Giovani SIEDP si arricchisce con un giovane dottorando UniMe

Il Dott. Domenico Corica è il nuovo membro della commissione giovani SIEDP

Il Dottor Domenico Corica – Fonte: unime.it

Eccellenza tra i dottorandi UniMe

Grande riconoscimento per il Dott. Domenico Corica,  specialista in Pediatria e Dottorando di Ricerca in Biotecnologie Mediche e Chirurgiche (coordinato dal Prof. G. Squadrito, tutor Prof.ssa M. Wasniewska). È stato infatti recentemente nominato componente della Commissione Giovani della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) per il prossimo biennio.

Il Dott. Corica lavora presso l’ambulatorio di Endocrinologia Pediatrica dell’U.O.C. di Pediatria (diretta dal Prof. G.B. Pajno) presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “G. Martino” di Messina.

La nomina è frutto di una selezione sulla base dei titoli scientifici, sull’esperienza clinica maturata in campo endocrinologico e diabetologico, sulla partecipazione alla Diabetes, Obesity and Metabolism School della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica (ESPE) nel 2017, alla Scuola di Perfezionamento in Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica della SIEDP nel 2018 ed alla ESPE Summer School del 2019.

Prossimi impegni della Commissione

Nel prossimo biennio la Commissione Giovani SIEDP, formata da sei giovani ricercatori italiani, si occuperà dell’attivazione di un network tra i centri di endocrinologia e diabetologia pediatrica, dell’organizzazione di un grant per Young Investigators di giovani di età inferiore ai 40 anni  e dell’implementazione di un osservatorio delle pubblicazioni scientifiche sul Journal Club a servizio della SIEDP, di cui il Dott. Corica sarà il responsabile.

Il fine dell’associazione è quello di migliorare la formazione e le conoscenze dei futuri specialisti e dei giovani specialisti pediatri endocrinologi e diabetologi Italiani, potendo così contribuire al costante miglioramento della salute e della qualità di vita dei bambini.

Al Dottor Corica i nostri miglior auguri, ad maiora.

Giuseppina Simona Della Valle 

Binge Watching: perché la maratona non ti fa bene

Non appena abbiamo un momento libero o bisogno di evadere dalla realtà, cerchiamo rifugio nel nostro amato Black Mirror: e no, non è solo un riferimento alla nota serie tv, ma allo schermo nero dei nostri dispositivi.

Le nostre case ormai ne sono piene, ed è come se non avessimo più altro modo di passare il tempo. Però questa moda potrebbe diventare una necessità e addirittura una possibile patologia.

Consideriamo la questione dello streaming e delle serie tv come un fenomeno che sta dilagando e che potrebbe renderci tutti Binge Watchers: come dei maratoneti… ma che corrono tra una puntata e l’altra.

Fonte : macine24 – netflix invents

Premettendo che in molti si sono spesi sull’argomento, cerchiamo di capire cosa succede quando guardiamo la tv e soprattutto come evolve questa potenza mediatica, tanto da renderci così addicted al prodotto.

Rapporto produttore – consumatore

Dalla loro parte, le piattaforme di streaming ci propongono:

Prossimo episodio *barra che si carica in 3,2,1*… la comodità, la mancata interruzione di pubblicità e l’alta definizione.

D’altro lato, i contenuti proposti hanno un qualcosa che ci incanta :

  • l’effetto cliffhanger: la puntata che finisce sul più bello e, soprattutto, quest’ultima è come se fosse la parte di un film che dura 10 ore (e che non si può non completare);
  • il feuilleton: un vero e proprio romanzo a puntate che funzionando come una macchina gratificatoria, provoca tensione e poi la scioglie, per poi riprovocarla e così via.

Così facendo riescono ad attivare i meccanismi della gratificazione e in particolare la via mesolimbica.

Fonte: la menteemeravigliosa – sistema limbico

Questa interessa il nucleo accumbens che, collocato nei meandri del nostro cervello, regola il meccanismo della ricompensa, rilasciando dopamina: il famoso neurotrasmettitore del piacere.

Questi circuiti, che sono implicati nei meccanismi delle dipendenze, potrebbero giustificare (in casi di iper-attivazione) il perché qualcuno potrebbe definire il Binge Watching una patologia, quasi come il gioco d’azzardo.

Sicuramente c’è una condizione scientifica alla base.

Fasi in crescendo: dall’ intrattenimento alla patologia

Sulla  rivista Scientific American Mind, già nel 2004 viene descritto quando e come comincia ad esserci un’ evoluzione in qualcosa di più grave: “quando al piacere di guardare un telefilm si sostituisce l’urgenza di doverlo fare e la difficoltà nell’interrompere l’attività“.

Fonte: adirai – bingewatching

Ma c’è chi ha approfondito la situazione e molto recentemente tre scienziati dell’ Università di Austin: Sung, Kang e Lee hanno detto la loro.

Alla 65ma Conferenza annuale dell’associazione internazionale delle comunicazioni è stato dimostrato un possibile link tra Binge Watching e depressione.

Fonte: humanmachinecommunication – logo

Il loro studio è stato condotto su un campione di persone tra i 18 e i 29 anni, somministrando un semplice questionario:

  • quante volte guardi la tv ?
  • come ti senti dopo?

Il risultato è sconcertante: ci si sente più soli e tristi per la fine di qualcosa, ma addirittura sembra esserci una vera e propria propensione a chiudersi a casa e ad essere depressi.

Non tutti i soggetti reclutati sono stati definiti dei “Binge Watchers highgrade“,  ma è stato definito un vero e proprio atteggiamento, una sorta di propensione a diventarlo.

Quelli che lo studio delinea come “a rischio” sono  dei soggetti che hanno la necessità di utilizzare le maratone televisive per tamponare le emozioni negative o al contrario per riempire momenti in cui non se ne provano.

Fonte: phillymag – crankase

“ Quando la dipendenza dalle serie tv diventa patologica, i soggetti possono iniziare a trascurare il proprio lavoro e le proprie relazioni con gli altri”, commenta il dottor Sung  e sottolinea la possibilità di un interessamento sistemico “le nostre scoperte mostrano che la pratica non dovrebbe essere sottovalutata. Al binge watching sono legati problemi come l’affaticamento, l’obesità e disturbi cardiaci, per cui ci sono buone ragioni per tenere alto il livello di guardia.”

Carenza = Sofferenza

Quindi divorare serie tv potrebbe spiegare anche delle vere e proprie sindromi di astinenza: ansia, tensione e una chiara difficoltà a tornare alla realtà.

La “sindrome dell’orfano” ne è un esempio. Descritta da Emily Moyer-Gusé della Ohio State University , indica come ci si sente alla fine di una serie tv: dopo che ci ha confortato e ci è stata vicino ci abbandona e lascia come una sensazione di tradimento, ansia e angoscia.

Fonte: encrypted

E se questo potrebbe farci sorridere, dobbiamo pensare a dei possibili soggetti predisposti. Per cui chi si sente solo o chi addirittura è incline (scientificamente constatato a tutti i tipi di dipendenze), potrebbe vivere una vera e propria condizione di esasperazione.

Da qui deriverà il problema che chi non ha autocontrollo potrebbe crollare sotto questo peso e sfociare nella patologia. Anche stavolta, il troppo stroppia.

Sicuramente tutti stiamo facendo un esame di coscienza: quante ore ho passato davanti alla tv? In quanto tempo ho finito Breaking Bad?

Dato che Netflix stesso ha twittato: Sadisfyng: the feeling of equally sad and satisfying when you finish a show you binge watched”, dobbiamo chiederci: come ci sentiamo dopo aver fatto questa maratona ? Vale la pena guardare un’altra puntata?

Sicuramente si, ma magari sarebbe l’ideale farlo in compagnia e renderlo un momento di condivisione. A questo ha pensato la grande N stilando un contratto di co-watching (imponendo ai due intestatari delle regole ben precise: non addormentarsi, non prendere il cellulare ecc.) e creando Netflix Party, così da istituire un vero e proprio cineforum virtuale e provare a rendere tutti partecipi di un’attività che, come abbiamo visto, spinge alla solitudine.

Barbara Granata

 

Bibliografia:

Yoon Hi Sung, Eun Yeon Kang, Wei-Na Lee – Why Do We Indulge? Exploring Motivations for Binge Watching

https://www.google.it/amp/s/www.illibraio.it/sadisfyng-netflix-1000560/amp/

https://www.google.it/amp/s/www.wired.it/amp/64199/lifestyle/salute/2015/02/02/binge-watching-depressione/

 

Segr. Italiano Giovani Medici: ottenuta abilitazione d’ufficio e vera laurea abilitante per tutti

Riportiamo quanto comunicato oggi dal Segretariato Italiano Giovani Medici (SIGM) sulla loro pagina Facebook ufficiale:

“L’abilitazione d’ufficio per gli abilitandi del 28 febbraio e la laurea veramente abilitante per le future coorti, ossia la valutazione dei soli tirocini pratici al fine del conseguimento dell’esame di Stato, è stata finalmente approvata.

Come sapete ci siamo battuti insieme a molti abilitandi affinché questa decisione venisse presa il prima possibile monitorando l’evolversi della situazione e adattando prontamente continue proposte al Ministero.

Abbiamo creduto per primi che l’ abilitazione d’ufficio fosse il provvedimento giusto, in questo momento di emergenza.

Nel documento che abbiamo depositato, oltre alla richiesta di questo provvedimento abbiamo inoltre chiesto di estendere tale provvedimento, alla luce delle modifiche normative attuate, anche alle coorti successive, in modo da avvicinarci sempre di più all’obbiettivo di una nostra battaglia storica, una vera #laureabilitante. Anche questo è stato approvato.

Vi informiamo inoltre che abbiamo già provveduto a contattare la FNOMCeO perché venga subito digitalizzata la procedura di iscrizione all’ordine dei medici, che altrimenti sarebbe impossibile per via fisica. Vi faremo sapere appena sarà possibile iscriversi ai vari ordini!

Questo importante risultato ci da sempre maggiore consapevolezza che l’impegno concreto portato avanti con serietà alla fine ripaga; per questo non possiamo che ringraziarvi tutti che con noi avete partecipato a questa battaglia sicuri che potremo contare l’uno sull’altro anche nelle prossime.

Quello che cambia, rispetto a prima è che non ci sarà più il test a crocette, ma i tirocini dovranno essere sempre frequentati, pre o post laurea: a tal scopo, a causa di questa emergenza, abbiamo chiesto tutele al ministero sulle modalità di frequenza e recupero.”

Segretariato Italiano Giovani Medici

Domani è un altro giorno

Il 30 ottobre 1938 lo sceneggiato radiofonico “La guerra dei mondi” di Orson Welles generò la fuga di un
discreto numero di cittadini e un notevole disordine cittadino. Cosa aveva di tanto spaventoso da provocare una  reazione tale?

L’adattamento del romanzo di H.G. Wells d’inizio secolo interruppe bruscamente il consueto programma di
musica serale con una serie di comunicati che ricalcavano i toni del giornale radio. Questi riportavano notizie in tempo reale di creature aliene appena atterrate in una fattoria del New Jersey, dando aggiornamenti continui circa la natura ostile della loro visita.

La guerra dei mondi. Wikipedia

La magistrale interpretazione di Welles stesso, mista al carattere di attendibilità e contemporaneità attribuita
all’informazione via radio dagli ascoltatori, ebbe conseguenze decisamente inaspettate anche per il suo
ideatore, il quale scrisse il giorno seguente all’amico Peter Bogdanovich: «Furono le dimensioni della reazione ad essere sbalorditive. Sei minuti dopo che eravamo andati in onda le case si svuotavano e le chiese si riempivano; da Nashville a Minneapolis la gente alzava invocazioni e si lacerava gli abiti per strada. Cominciammo a renderci conto, mentre stavamo distruggendo il New Jersey, che avevamo sottovalutato l’estensione della vena di follia della nostra America.»

Riportando questo episodio alla vostra attenzione non è mia intenzione avvalorare quelle teorie che propongono la comunicazione di massa come un “potentissimo mezzo per inoculare qualsiasi tipo di messaggio”. Il mio interesse scaturisce dalla diffusione, negli ultimi giorni, di alcune foto su Facebook che ritraggono supermercati lombardi letteralmente svuotati a seguito dell’annuncio di alcuni casi di coronavirus in Italia.  A questi si aggiungono i video personali pubblicati da molti utenti attivi ed i contenuti semplicemente ricondivisi da tutti, me compreso. Che essi abbiamo un contenuto sarcastico, divulgativo, politico poco importa, una volta postati entrano nello stesso sistema contribuendo ad alimentare le conoscenze della comunità intera.

Il Resto del carlino

Questi “atomi di cultura”, brevi e dal linguaggio informale, risultano sempre più interessanti per gli utenti rispetto alla trattazione tecnico-scientifica dei format televisivi o delle comunicazioni istituzionali, imponendosi come punto di partenza per un acceso dibattito online ed offline. Proprio in questi giorni, nella nostra città, possiamo assistere a qualcosa di simile grazie all’impatto che ha avuto il video dell’infermiere del policlinico, successivamente sospeso, o gli audio simil-istituzionali che descrivono le misure cautelari decise dal Sindaco De Luca (al momento non ancora approvate). Ne risulta una conoscenza superficiale e frammentata della materia che non aiuta il corretto “passaparola”, affascinati dai contenuti più apocalittici ritagliamo frasi di discorsi e le incolliamo decontestualizzate in giro per il web creando una notizia diversa dalla notizia che è destinata a subire altre modifiche.

Le affinità tra le reazioni al programma di Welles e l’allarme coronavirus mostrano la parte più debole
dell’essere umano che, nel momento in cui sente la sua vita a rischio, si abbandona al panico più irrazionale. La mancanza di un ascolto critico e della giusta voglia di analizzare la situazione generano spesso fraintendimenti che rendono sempre più difficile la diffusione del messaggio completo.

Così ho assistito negli ultimi giorni ad: un signore che ha acquistato ben 5 casse di Coca-Cola in un supermercato cittadino a seguito di un link ricevuto via whatsapp da sua nuora che descriveva la bevanda in questione come uno scudo impenetrabile per il virus, due anziani discutere animatamente di come servizi segreti mondiali (?) abbiano infettato la popolazione mondiale per prepararci ad una guerra batteriologica con i jihadisti ed infine un medico-chirurgo chiedere al suo agente di viaggio se fosse sicuro partire per una crociera nel Mediterraneo.

Insomma, il panico generale mi ha portato a scrivere questo articolo nell’umile intenzione di convincere, almeno una sola persona, di quanto sia importante accertarsi dei fatti ed avere una visione d’insieme lontana da quello che vorremmo fosse vero o temiamo possa essere vero (prendendo in prestito le parole di Bertrand Russell). Anche perché, se non fossero scappati, i radioascoltatori di Welles, avrebbero scoperto che alla fine gli alieni venivano sconfitti.

Davide Pedelì