Conferenza sull’Impegno civico e democrazia: il ruolo dell’Università e della Comunità ecclesiale

martedì 22 ottobre si è tenuta, presso l’aula magna del Rettorato dell’Università di Messina, una conferenza che ha visto la partecipazione di figure accademiche e religiose, unite nel promuovere il valore della partecipazione attiva dei giovani alla vita sociale e politica. L’incontro, aperto dalla rettrice dell’ateneo, ha sottolineato la necessità di coltivare la democrazia attraverso un impegno costante e responsabile, aggiungendo quanto sia a rischio la democrazia in Italia.

Gli interventi della conferenza

Il filo conduttore della conferenza è stato il tema della partecipazione civica e del ruolo che l’Università può e deve svolgere nel formare cittadini consapevoli e attivi.

“L’università – ha ricordato la rettrice – non è soltanto un luogo di studio, ma anche un punto di partenza per coltivare il senso civico e l’impegno verso la società.”

Tra i partecipanti di rilievo, l’arcivescovo della diocesi di Messina ha espresso gratitudine per l’invito e per il sostegno continuo che l’ateneo ha sempre dimostrato verso le iniziative ecclesiali. Nel suo intervento, l’arcivescovo ha ricordato l’importanza di contrastare l’indifferenza e di alimentare un senso di zelo e impegno, definendolo “un seme ardente nel cuore” che deve guidare l’azione di ogni cittadino, in particolare in un momento storico in cui la partecipazione è tanto richiesta quanto messa in discussione.

L’incontro ha inoltre accolto il contributo di Don Giuseppe Riggio, gesuita e direttore della rivistaAggiornamenti Sociali. Riggio ha messo in evidenza l’importanza della partecipazione politica e sociale da un punto di vista costituzionale, richiamando il ruolo della Repubblica Italiana come una democrazia fondata sulla partecipazione attiva dei cittadini. Ha inoltre collegato questi temi alla 50ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi a Trieste, sottolineando come i cattolici siano chiamati a dare un contributo concreto alle questioni sociali del paese.

Don Giorgio Siracusano, direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e del lavoro, ha richiamato l’attenzione su tematiche di stretta attualità come il rapporto tra economia, lavoro e politica, integrandole con la prospettiva dell’ecologia integrale. Questo concetto, centrale nella visione della Chiesa contemporanea, lega la cura dell’ambiente a quella delle relazioni umane e sociali.

Interventi e considerazioni finali 

Al termine degli interventi tutti i partecipanti, divisi in 3 gruppi, hanno discusso di diversi temi con l’obiettivo di proporre delle soluzioni per dei problemi specifici, legati alla città di Messina e provincia. I tre gruppi, ambiente e agricoltura, diritti e welfare ed economia hanno quindi focalizzato dei problemi del territorio e offerto delle soluzioni quanto più pratiche. Un momento di aggregazione, brainstorming e team working inserito all’interno di una conferenza progettata per sollecitare l’impegno civico e aggregazione.A concludere la serata un aperitivo a chilometro zero preparato da “Buona Terra”, un consorzio di sei aziende di Itala Superiore, un paesino di  collina nei pressi di Messina.

Il messaggio che è emerso con forza dalla conferenza è chiaro: l’uomo è chiamato a partecipare attivamente nella società, e in questo processo l’università e la Chiesa possono svolgere un ruolo fondamentale, lavorando insieme per stimolare idee e azioni concrete a favore del bene comune.

Marco Prestipino

La cultura in un mondo sempre più mediatico

Nel panorama del nuovo millennio, l’approccio alla cultura è cambiato radicalmente. Siamo passati da un’epoca in cui i libri e i dizionari erano considerati i fondamenti della conoscenza a un’era in cui la possibilità di accedere a informazioni è a portata di click.

Internet, con la sua vasta rete di dati e accessori, ha rivoluzionato il modo in cui apprendiamo, comunichiamo e interagiamo con l’esterno.

Tuttavia, questa traslazione non è priva di contro e pone una serie di interrogativi riguardo alla nostra capacità di riflessione critica, alla nostra pazienza e alla nostra felicità in un contesto mediatico così frenetico.

La cultura della superficialità

La cultura del “tutto e subito” ci ha portato a sviluppare abitudini che premiano la superficialità a scapito della profondità.

La lettura di articoli brevi e post sui social media ha sostituito la lettura approfondita di saggi e libri. Ciò non solo limita la nostra capacità di sviluppare un pensiero critico, ma riduce anche il nostro tempo di riflessione. Siamo sempre più portati a consumare contenuti in modo rapido, ma raramente ci fermiamo a riflettere su ciò che abbiamo appena appreso.
Un grande studioso, Zgmunt Bauman, dedicò gran parte dei suoi testi alla modernità, denominandola, in più occasioni, come “liquida”: nelle relazioni, nelle interazioni, nel modo di vivere, nella ricerca. Non siamo più abituati ad aspettare, non conosciamo la virtù della pazienza, ma ricerchiamo costantemente qualcosa che sia immediato.
Le conseguenze di questa cultura della superficialità sono evidenti. Il nostro modo di apprendere è diventato reattivo piuttosto che attivo. Ci muoviamo da un argomento all’altro, raccogliendo frammenti di informazioni che raramente vengono integrati in un contesto più ampio.

Questo approccio alla conoscenza non solo impoverisce la nostra comprensione del mondo, ma mette in discussione anche la nostra capacità di pensare in modo critico.

Riflessione critica e capacità di attesa

La riflessione critica è uno dei pilastri fondamentali della cultura. Ci consente di analizzare, valutare e soppesare ciò che apprendiamo e ci guida verso decisioni più informate.

Ma in un’epoca in cui l’informazione è sempre a disposizione, ci chiediamo: sappiamo ancora riflettere? Siamo in grado di attendere il momento giusto per ottenere risultati significativi?
Il mondo moderno sembra premiare la velocità, a discapito di una reale analisi di ciò che si trova dietro ai nostri occhi, dietro lo schermo del pc spesso dimentichiamo che si nasconda la “vita vera”.
La pressione per produrre risultati immediati ha colpito molti aspetti delle nostre vite, dall’educazione al lavoro, passando per le relazioni.

Nei social media, il “like” e il feedback immediato sono diventati la misura del successo, spingendoci a cercare gratificazioni rapide piuttosto che impegnarci in processi più lenti ma gratificanti.
Questa corsa contro il tempo ha un impatto negativo sulla nostra capacità di riflessione. Ciò che un tempo richiedeva giorni o settimane di studio e analisi può ora essere sintetizzato in un articolo veloce o in un video di pochi minuti.

La domanda cruciale è: stiamo veramente comprendendo ciò che apprendiamo, oppure stiamo semplicemente accumulando informazioni senza mai integrarli in un quadro più ampio?

La felicità in un mondo mediatico

Un altro interrogativo che emerge dalla nostra nuova realtà culturale è se, in fin dei conti, ripetere comportamenti superficiali e affrettati ci renda realmente felici.

I social media, che promettono connessione e interazione, possono spesso portare a sentimenti di isolamento e insoddisfazione.
Molti utenti si trovano a confrontarsi quotidianamente con versioni idealizzate della vita degli altri, il che può generare sentimenti di inadeguatezza e depressione.
La pervasività dei media e della tecnologia ha cambiato radicalmente il nostro modo di percepire la felicità. Le gratificazioni immediate e la ricerca incessante di “likes” e approvazioni sociali hanno spostato il nostro senso di valore e autostima. Questo non è solo un problema individuale, ma anche sociale: stiamo vivendo in un’epoca in cui la salute mentale e il benessere sono messi a dura prova da aspettative irrealistiche e dalla pressione costante di essere sempre “online”.

La ricerca di un nuovo wquilibrio

In questo contesto così complesso, diventa essenziale cercare un nuovo equilibrio. Dobbiamo imparare a reintrodurre la riflessione critica nelle nostre vite e a riscoprire la pazienza come valore.
Ciò implica anche una rivalutazione del nostro approccio alla conoscenza e dell’importanza di investire tempo per comprendere e interiorizzare ciò che apprendiamo.
Le istituzioni educative hanno un ruolo cruciale in questo processo. Cambiando il modo in cui insegnano, possono incoraggiare gli studenti a pensare in modo critico, a ricercare informazioni di qualità e a rispettare il processo di rappresentazione della conoscenza. Solo così possiamo sperare di alleviare le conseguenze negative della nostra cultura della superficialità e trovare un equilibrio salutare tra informazione e riflessione.

Conclusione

La cultura non è solo accumulo di informazioni, ma è anche e soprattutto un atto di conoscenza profonda, di amore per la verità e di ricerca nel continuo dialogo con il mondo.
Dovremmo iniziare ad interrogarci e porci una semplice domanda: siamo noi i padroni della nostra conoscenza oppure è la stessa rete a veicolarci?

Lo abbiamo visto grazie all’intelligenza artificiale, che giorno dopo giorno, sta andando a sostituirsi all’essere umano nei più svariati contesti: viene lecito chiedersi se prima o poi non verremmo soppressi noi stessi da questa modernità.

Fonti: https://www.eolo.it/home/blog/giovani-e-internet.html

Zygmunt Bauman, Modernità liquida (1990) 

Elezioni europee, per i sedicenni la prima volta al voto: ecco dove

Siamo ufficialmente entrati nella settimana in cui si terranno, in tutti i Stati dell’UE, le votazioni per eleggere i membri del prossimo Parlamento europeo.

Come sempre, l’Unione indica solo dei criteri di massima da seguire per svolgere le elezioni – per esempio, il metodo per l’assegnazione dei seggi deve essere per tutti proporzionale (e non maggioritario), la soglia di sbarramento non deve essere superiore al 5% (in Italia è del 4%), e la chiamata alle urne deve avvenire tra il 6 e 9 giugno (in Italia si voterà tra l’8 e il 9).

Il resto è quasi totalmente delegato alla discrezione degli Stati membri. Per questa ragione, ognuno decide secondo cultura e sensibilità propria, manifestando diversità di vedute anche su questioni di notevole importanza.

Specialmente sulle scelte riguardo l’individuazione dell’elettorato passivo e attivo si nota una certa divergenza. Qualcuno ha propeso per allargare il diritto di voto persino ai 16enni, qualcun altro ha lasciato che la prerogativa rimanesse dei maggiorenni e altri – pochi altri – risaltano per restrizioni d’età ulteriori.

Vediamo nel dettaglio come si comportano i ventisette.

Voto ai 16enni? Per Germania, Austria, Belgio e Malta sì alle elezioni 

È proprio così, per la prima volta i 16enni potranno partecipare alle elezioni europee in Germania, Austria, Belgio e Malta. Mentre in Grecia la porta è stata aperta anche ai 17enni. Nel complesso si stima che il nuovo elettorato sia di 20 milioni di cittadini.

Solo in cinque Nazioni su ventisette, dunque, potranno votare gli under 18.

Inoltre, riguardo l’età necessaria per candidarsi: è di 18 anni in 15 Stati membri; di 21 anni in Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia; di 23 anni in Romania e di 25 in Italia e in Grecia.

Elezioni europee, l’apertura contro l’astensionismo

Sono vari i motivi per cui alcuni Paesi hanno deciso di allargare il bacino elettorale: cardinale è la volontà di combattere l’astensionismo – pericolo antidemocratico da non dimenticare -, forse secondario – ma non per questo futile – è il tema del coinvolgimento giovanile in senso lato e della forza rappresentativa di questa corposa fazione sociale.

I giovani (gli under 35) – attestano le statistichesono più inclini a recarsi alle urne rispetto agli adulti (gli over 54). Sia perché sono particolarmente speranzosi, vivi e baldanzosi, o sia perché devono ancora rendersi conto della crudeltà del mondo, il dato schietto non è fraintendibile e indica che l’interesse esiste pure tra i nati negli anni ’80, nei ’90 e nei 2000 (contrariamente da come stereotipo vuole).

L’ampliamento del diritto di voto in funzione dei giovanissimi, dunque, molto probabilmente avrà un effetto positivo contro la percentuale degli astensionisti.

Lateralmente, si può pensare che sia vantaggioso che la politica “entri nelle vite degli adolescenti” subito dopo la pubertà – senza dilatare i tempi di incontro – per migliorare il coinvolgimento in ottica futura. Se a 16enni e 17enni si concede la possibilità di votare, questi avranno modo in anticipo di raffrontarsi con il loro dovere civico, iniziando ad avere a che fare direttamente con elezioni, candidati e gestione della cosa pubblica già dal triennio scolastico.

Infine, aumentando il peso elettorale dei giovanissimi si aumenta la loro potenziale rappresentatività. La politica – su tutti i livelli – spesso ignora le esigenze di adolescenti, post-adolescenti e nuovi adulti per semplice calcolo elettorale. Si tende ad accontentare chi vale, in forza dei numeri, maggiormente e non chi può far valere un minor apporto.

Con l’ingresso dei 16enni, l’importanza elettorale delle due categorie – giovani e adulti – portanti solitamente interessi vari e complementari, viene riequilibrata.

È giusto che votino gli immaturi?

Immaturi non è un’offesa, è solo il modo con cui si definiscono, in Italia, gli studenti che ancora non hanno conseguito la maturità scolastica. I 16enni e grandissima parte dei 17enni rientrano nell’etichetta, al di là della reale loro preparazione alla vita e delle loro conoscenze.

Ciò scritto, si può tornare alla domanda, senza la pretesa di trovare una risposta unica e definitiva. Le leggi seguono l’andamento della società, che si conforma diversamente nei tempi e nei luoghi. Nel Belpaese, per questo, è quasi impensabile che ai 16enni possa essere esteso il diritto di voto e il diritto di indirizzare – seppur indirettamente – le scelte politiche sulla vita pubblica.

Cultura popolare ha legittimato che si diventi maggiorenni al compimento dei 18anni, questa età, e non una inferiore, insomma, viene valutata come quella giusta in cui la maturazione individuale abbia raggiunto un livello sufficiente per affermare un individuo formalmente responsabile di sé e formalmente responsabilizzabile per gli altri.

Tuonare oggi che sia opportuno abbassare l’età per la partecipazione elettorale sarebbe estraniante e controsenso rispetto al senso comune. Altrove, ove il senso comune sia di altra natura, si potranno fare altri conti.

Elettorato più vasto, ma di che tipo? Il problema della qualità

Poi c’è un’altra domanda da porsi, che può essere invece validamente assolutizzata per tutti i Paesi. Siamo molto convinti delle positività –  su elencate – di allargare la base elettorale ai 16enni, ma abbiamo opportunamente valutato i lati negativi sulla qualità dell’espressione elettorale?

Si può ritenere responsabile o irresponsabile, secondo cultura nazionale, un 16enne. Non si discute una sola verità a proposito. Certo e naturale però è che la generalità degli individui non può nemmeno aver avuto molto tempo per crearsi una coscienza politica entro i 16 anni di vita.

Siamo nell’era dell’informazione superficiale e del voto a bassa consapevolezza, quando l’emozionalità inficia più della ragione sulle scelte elettorali. Per i giovanissimi, questa condizione di scelta non può che essere persino peggiore, disponendo loro di flebilissime basi culturali e una scarsa dotazione culturale per riconoscere fake news, notizie travisate e personaggi politici solo simpatici rispetto a personaggi politici competenti.

Beninteso, non bastano gli studi universitari per muoversi agilmente presso la mala-informazione italiana. Qualche anno di istruzione supplementare, tuttavia, può emancipare le persone dal totale spaesamento che fisiologicamente si prova.

Gabriele Nostro

Club Dogo, i capi sono tornati a casa!

Un album che letteralmente urla “Siamo Tornati Zio” – Voto UVM: 5/5

Come ci hanno lasciato i Club Dogo?

Sarebbe stato facile dire, fino a qualche anno fa, che non avremmo più sentito parlare del trio musicale più famoso di Milano, dopo Non siamo più quelli di Mi Fist. Titolo che suona come un epitaffio, un album che rivela l’evoluzione finale dei Club Dogo, collettivo che nel tempo gradualmente perdeva il suo scopo. In 13 anni si sono appollaiati sugli allori, sapendo di essere i migliori hanno deciso di dare il loro peggio per guadagnare di più, ed è cosi che dalle importanti Cronache di Resistenza (Mi Fist) siamo passati a Minc*ia Boh!

Tuttavia anche perdendo il peso liricistico, sono diventati con gli anni un simbolo del gangsta/coca rap italiano, dove alla denuncia sociale si sostituiva l’esaltazione dell’alcool, delle discoteche, dei soldi e la musica da club e da piazza.

Cover di “Club Dogo”. Casa discografica: Universal Music Italia Srl

La speranza è l’ultima a morire

Nel 2015 si è chiusa anche quella fase con un’apparente rottura tra i tre membri dei Club Dogo, di cui si sa tutt’ora molto poco. Rimane un dato di fatto che da allora non abbiamo mai assistito a un lavoro che contenesse tutti e tre i membri insieme. Eppure dopo tanto silenzio, tra interviste e citazioni nei pezzi, è venuto fuori che effettivamente l’affetto e la stima erano ancora vivi tra Guè Pequeño (Cosimo Fini), Jake La Furia (Francesco Vigorelli) e Don Joe (Luigi Florio).

In un’intervista di un paio di anni fa scopriamo che Jake ha sempre voluto tornare a lavorare con entrambi insieme ma a patto che fosse per riportare effettivamente il gruppo in gioco. Inoltre esigeva che fosse fatto per conto del gruppo e non sul disco di qualcun altro. A detta sua, Guè, che ha preso molto seriamente la sua carriera solista negli anni dopo l’ultimo lavoro fatto insieme, lo aveva contattato per farlo comparire nei suoi lavori personali, e ha sempre rifiutato. Fortunatamente questo fatto non è stato ragione di astio fra i due. Anzi è stato il meccanismo di riflessione che ha portato all’attesissimo ritorno del 2024 dei Club Dogo.

Come siamo arrivati a questo punto?

Guè ha avuto alti e bassi dal 2015 fino ad ora, iniziando la sua carriera solista quando i Dogo erano ancora insieme. La sua anima da rapper megalomane, rimasta ancora nei primi lavori (Il Ragazzo d’Oro, Vero) ha conosciuto l’avvento della trap, mutandosi in modo non molto decente in quella di un trapper di mezza età (se mi sentisse mi insulterebbe la madre), evento visibile in Sinatra e Gelida Estate EP. Ma ha anche ritrovato qualità e decenza con gli ultimi lavori (Mr.Fini, Fastlife 4, Gvesus, Madreperla) e con apparizioni in dischi di altri artisti e producers.

Jake, dal canto suo, subito dopo lo ‘scioglimento’ si è buttato sul commerciale in qualsiasi modo possibile, cimentandosi in qualsiasi stile andasse di moda in quel periodo. Addirittura è riuscito a fare lavori reggaeton e da discoteche in spiaggia, causando l’amarezza dei fan di una vita. Soltanto nell’ultimo paio di anni sembra essersi stancato di essere usato per i balletti su TikTok, tornando prima con un joint-album con Emis Killa (17) che fa tirare un sospiro di sollievo agli amanti del rap, e poi con un disco solista molto carino: Ferro del mestiere. Quest’ultimo segna il suo ritorno alle rime e alle barre hip-hop.

Infine Don Joe tra silenzi e sporadiche produzioni personali, si è reso artefice di diverse produzioni per tantissimi artisti della scena rap old e new-school e anche di quella pop italiana, ma più recentemente un producer album molto bello: Milano Soprano.

I Dogo durante una sessione di registrazione del nuovo album.

Come li ritroviamo adesso?

L’annuncio è arrivato completamente dal nulla, avevamo smesso tutti di pensarci e sperarci, ma è arrivato nel momento più ideale delle carriere dei tre membri. Tutti e tre hanno solo in testa l’hip-hop, le basi vecchia scuola col boom-bap, gli scratches, e l’autoreferenzialità. I Dogo si sentono i supereroi del rap, direttamente da Milano per l’intera Italia, tanto che prima ancora dell’album, la campagna pubblicitaria si è rivelata iconica e demenziale al punto giusto. Testimone il simpatico sketch con Claudio Santamaria e Beppe Sala.

“Club Dogo”, come suona?

L’album Club Dogo si presenta come un decentissimo ritorno, praticamente tendente ai primi album come Mi Fist o Penna Capitale. Manca purtroppo il peso sociale di quegli album ma compensa con l’attitudine e il volersi riportare al proprio posto nell’Olimpo del genere in Italia. E’ la conseguenza diretta dei diversi stili evoluti dei membri del gruppo. Sovverte completamente l’album con cui ci hanno lasciato nel 2015 e probabilmente anche quei due-tre prima di lui. I temi sono principalmente di critica al rap odierno, fatta anche con molto divertimento e ironia. I featuring sono ben selezionati, Marracash, Elodie e anche Sfera Ebbasta, hanno scritto strofe e ritornelli azzeccati per l’occasione.

A primo ascolto potrebbe sembrare un album un po’ piatto dove ogni canzone sembra quasi sullo stesso piano, senza una canzone che spicchi. Serve tuttavia almeno un altro ascolto per discernere bene la qualità di ogni singola traccia. Le prime quattro soprattutto, sono quelle che danno una botta di nostalgia difficile da gestire all’ascoltatore dogofiero storico. Un’altra di queste è Tu Non Sei Lei, la traccia più scura, sorprendente sia per il lavoro strumentale di Don Joe, sia per il tema. Una canzone che parla di amore marcio paragonato al male delle droghe pesanti.

“Club Dogo”, il come-back di Milano con la ‘M’ maiuscola

Una caratteristica molto particolare di questo album è che non ha tracce da radio. Incredibile a dirsi, anche i pezzi con i featuring non hanno un sound commerciale. Certo potrebbero essere passati in radio, ma mai come i loro pezzi più famosi e cantati. Questo non vuol dire che sia un brutto album, ma anzi che sia un disco ben mirato. Di sicuro è mancato poter ballare su una canzone come Pes, anche se King Of the Jungle si avvicina molto a quelle vibes estive e reggae.

E’ un disco che ha un target e uno scopo: è stato scritto per rieducare, per riabituare l’orecchio dell’adolescente al rap di qualità, o comunque davvero di strada (di piazza, nel caso dei Dogo). Ma anche per esaudire tutti noi che li aspettavamo cantando Puro Bogotà.

 

Giovanni Calabrò

Giovani insoddisfatti? Uno studio ISTAT dice di sì

Proprio ieri, il 20 marzo, si celebrava la Giornata mondiale della felicità. Quell’emozione passeggera che, con un senso di soddisfazione, gioia e serenità, riempie la vita di ognuno. Ma, purtroppo, secondo i dati del World Happiness Report, l’Italia non è poi così felice. Infatti, ci troviamo al 33esimo posto, ben due posizioni indietro rispetto all’anno scorso.

Che sia dovuto all’insoddisfazione riscontrata in particolar modo nei giovani?

I dati Istat parlano chiaro: tra i giovani dai 14 ai 19 anni, circa 220 mila i ragazzi avvertono frustrazione e malcontento per la propria vita. Queste sensazioni sono principalmente dovute ad uno scarso benessere psicologico e ad un senso di inadeguatezza causato dal non sentirsi parte di qualcosa sia nelle relazioni famigliari (8,9%) che nelle relazioni amichevoli (16,1%).

Anche il tempo libero sembra non accontentare più i ragazzi e le ragazze, che preferiscono vivere in maniera quasi insonorizzata, a tratti passiva, rimanendo sospesi in una realtà dove la speranza per il futuro viene meno. Infatti, molti scelgono di sparire, di osservare tutto da uno schermo freddo e sterile trascurando la parte più umana di loro stessi. E ciò è provocato dal mancato senso di appartenenza manifestato dagli adolescenti.

Ma come dice l’autore Alessandro D’Avenia:

I ragazzi di oggi non sono né migliori né peggiori di quelli di ieri e quando gli adulti decino di esserci, in corpo e spirito, loro fioriscono. Perché, come ogni germoglio curato, hanno trovato terra in cui metter radici e nutrirsi di vita buona.

Dunque, sarebbe sufficiente prendersi cura di se stessi e degli altri come se fossimo piante. Trovare radici salde a cui aggrapparsi nei momenti difficili, un buon terreno fertile dove assorbire tutti i valori necessari per diventare uomini e donne migliori… E acqua fresca per purificarsi da tutti quei veleni che provano a turbare la nostra anima.

E i giovani universitari come se la passano?

La situazione non è delle migliori, infatti più volte si è sentito parlare delle difficoltà lamentate dai giovani lungo il percorso universitario. A maggior ragione nell’ultimo periodo, dove i tristi fatti di cronaca ne sono l’esempio più tangibile. La paura di fallire e di deludere genitori, parenti e amici è la causa principale che provoca infelicità, ansia e difficoltà psicologiche.

giovani
Fonte: Flickr. Autore: Università di Pavia

Un sondaggio eseguito da Skuola.net dimostra come gli universitari, per sfuggire alla pressione familiare e per tranquillizzare gli altri, tendono a mentire sulla propria carriera universitaria: circa uno studente su tre ammette di averlo fatto per non angosciare la famiglia, perchè si vergogna di non essere all’altezza oppure per evitare lo scontro. Più è difficile la situazione più le bugie potrebbero aumentare e andare fuori controllo. Il 32% degli intervistati vorrebbe confessare, ma l’angoscia di riconoscere il fallimento farebbe troppo male.

Ad allarmare però è il 25% che ritiene di poter essere preda di uno stato di disperazione che potrebbe sfociare anche in un gesto estremo.

È forse giunta l’ora di intervenire?

Non è più possibile aspettare il prossimo tragico epilogo, bisogna trovare un modo per fermare o limitare questo fenomeno che rischia di arrivare a un punto di non ritorno. Il 46% degli studenti vorrebbe che passasse il messaggio che la laurea non sia necessariamente sinonimo di successo. Solo il 15% di questi vede utile incrementare il supporto psicologico da parte degli atenei, mentre uno su tre vorrebbe un approccio più umano e comprensivo da parte delle Università.

Ciò non significa mettere da parte lo studio, perché è con forza di volontà e dedizione che i risultati arrivano. Bisognerebbe solo ricordarsi che il voto non rappresenta la persona, né questa è definita dal numero di esami dati o di bocciature ricevute.

Infine, sarebbe anche necessario porre un freno alla domanda più temuta tra tutte… «Ma quando ti laurei?»

Serena Previti

Sbocciano nuovi artisti: l’esibizione al Messina Music contest è un concerto di passione

Meritata vittoria al “Messina Music Contest” per i tre finalisti: Arianna Nicita (prima classificata); Laura Celi (seconda classificata) e il gruppo Taurus Void (terzi classificati). La sera del 20 gennaio al Palacultura di Messina si sono esibiti all’insegna della musica dieci giovani artisti locali (Domenico Ieni, Laura Celi, Ludovico Parisi, Giuseppe Lo Presti, Ester Falzea, Skilla, Arianna Nicita, Paolo Muscarà, Fabio Porcino, Alex Fazio) e due gruppi (“AstriOpposti” e “Taurus Void”). Un divertimento a cielo aperto tra balli, scene teatrali, performance, imitazioni, giochi e sorprese.

Presentatori, giurie e pubblico. Tutti i protagonisti della serata

All’evento hanno partecipato come ospiti speciali Annalaura Princiotto (cantautrice) con Giorgio Alberti (chitarrista), e una giuria che, attraverso la propria valutazione, ha determinato la classifica grazie alla quale vari artisti hanno ricevuto un premio, una targa o premi in palio da parte degli sponsor (Greengea, il Bho, MyLillo, La Pineta Sport Club e molti altri). La giuria era composta da Paride Acacia, Sarah Lanza, Teresa Impollonia, Floriana Sicari e Nino Pipitò. L’evento è stato organizzato dall’associazione Crescendo Incubatore insieme alla collaborazione dei ragazzi facenti parte della Testata Multimediale UniVersoMe. Sono stati quest’ultimi a intrattenere il pubblico del Palacultura rendendolo non spettatore passivo bensì parte integrante della serata. I presenti hanno cantato la prima strofa del brano “La canzone del sole” scritta da Lucio Battisti, risolto degli indovinelli, ed infine fatto da giuria esprimendo la propria preferenza attraverso un link indicato dai presentatori. La platea si è dimostrata molto interessata, concentrata, attenta e divertita, pronta a battere le mani e a incoraggiare gli artisti.

 

Le interviste di UVM ai ragazzi in gara

Il team della redazione UniVersoMe ha inoltre effettuato delle interviste agli artisti in gara, i quali si sono dimostrati cordiali e soddisfatti delle domande insolite e curiose.

Ai quesiti “se dovessi andare a Sanremo di chi vorresti fare la cover? e con chi vorresti fare il duetto? puoi farci una lista di almeno cinque persone famose che vorresti fra il pubblico ad un tuo concerto? una canzone che avresti voluto scrivere tu?” gli artisti si sono sbizzarriti con l’immaginazione.
Paolo: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover dei Stills o dei Pink Floyd e duettare con Andy Timmons. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono: il suo maestro di chitarra, David Gilmour, Andy Timmons, Stills e i suoi genitori. Mentre la canzone che avrebbe voluto comporre lui è “Il Testamento di Tito” di Fabrizio De Andrè;
Ludo: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover di Lazza e duettare con Laura Pausini. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono: Sfera Ebbasta, Marracash, Guè Pequeno, Eros Ramazzotti, Tha Supreme. Mentre la canzone che avrebbe voluto scrivere lui è “Niente canzoni d’amore” di Marracash. Afferma inoltre che il posto più bello in cui ha cantato è stato in Puglia, ad un contest precedente alla live di Salmo;
Domenico: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover al piano “You are the Reason” di Calum Scott e duettare con una voce femminile leggera per accompagnare il piano. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono la sua famiglia e i suoi amici. Ha composto due inediti, di cui uno intitolato “Leggerezza”, ispirato alla falsa sensazione della vita frivola ma altrettanto difficile;
Manuel: Se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover di Nirvana e duettare con Michael Jackson. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono la sua famiglia, i suoi amici e Jimi Hendrix. Mentre la canzone che avrebbe voluto scrivere lui è “I Don’t Want to Miss a Thing” di Aerosmith. Il posto più bello in cui ha cantato è stato il Teatro ABC di Catania;
Antonella: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover dei Green Day e duettare con Chester Bennington. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono lo stesso Chester Bennington, oltre alla sua famiglia e ai suoi amici. La canzone che avrebbe voluto comporre lei è “Numb” dei Linkin Park. L’emozione più bella per Antonella è stata al Duomo di Messina mentre si esibiva con i Taurus Void.
Andrea: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover e cantare con Phil Collins. Le persone famose che vorrebbe al suo concerto sono ovviamente Phil Collins, ma anche Robert Plant, John bohnam, e Gianni Morandi. La canzone che avrebbe voluto comporre lui è “Every Breath You Take” dei The Police;
Gabriele: vorrebbe duettare con Salmo. Le persone famose che vorrebbe al suo concerto sono: Travis Barker, Peter Steele, Tony Iommi, Danny De Vito. La canzone che avrebbe voluto comporre lui è “Bleed” dei Meshuggah;
Annalaura e Giorgio: se dovessero andare a Sanremo vorrebbero fare la cover di Claudio Baglioni “Questo piccolo grande amore”. Annalaura vorrebbe duettare con Ultimo. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono: un produttore della Sony, Giovanni Caccamo, Guns N’ Roses, Claudio Baglioni e Laura Pausini. Giorgio come persone famose al suo concerto vorrebbe Slash, Guns N’ Roses, Laura Pausini, Prince. La canzone che Annalaura avrebbe voluto scrivere è “I just died in your arms” di Cutting Crew; invece Giorgio avrebbe voluto scrivere lui “November Rain” di Guns N’ Roses. Anche Annalaura afferma che il posto più bello in cui ha cantato è stato Sanremo mentre Giorgio presume Militello Rosmarino e Piazza Duomo di Acireale.
Infine per concludere l’intervista è stata fatta la fatidica domanda “Pensate che con l’evento di questa sera potreste essere di ispirazione ai ragazzi di oggi? Tutti gli artisti intervistati hanno affermato che il loro obiettivo è essere di ispirazione a tutti i giovani che si cimentano in questa arte, scoprire nuovi talenti e accendere passioni.

 

 

 

Formica Myriam

Calandra Giulia

Dalle prossime Politiche, i 18enni potranno votare per eleggere i senatori: arriva l’ok definitivo alla riforma

Fonte: Open

Scende da 25 a 18 anni l’età minima per partecipare al voto per l’elezione dei membri del Senato: a Palazzo Madama è stata approvata ieri, giovedì 8 luglio, la riforma costituzionale che attribuisce il voto ai 18enni, così soppiattando il vecchio vincolo stabilito dall’articolo 58 della Costituzione, che riservava questo diritto soltanto alle persone con più di 25 anni di età.

A partire dalle prossime elezioni politiche saranno, dunque, 4 milioni i giovani elettori che potranno votare anche per eleggere i senatori, oltre che per i rappresentanti della Camera.
Saltata, invece, l’ipotesi di abbassare l’età per essere eletti senatori, cosicché resta invariata la regola per la quale è richiesta un’età minima di 40 anni per essere candidati ed eventualmente eletti.

Prevista la modifica della Costituzione

Al primo comma dell’articolo 58 della Costituzione, le parole “dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età” sono soppresse.

E’ con questo breve testo che viene modificato l’articolo 58.

Il provvedimento per la modifica è stato approvato con 178 voti favorevoli, 15 contrari e 30 astensioni. Si è trattata della quarta lettura del provvedimento, conforme con le due precedenti della Camera, del 31 luglio 2019 e 9 giugno 2021, e con la prima del Senato del 9 settembre 2020.

L’entrata in vigore del provvedimento

Dal momento che il disegno di legge non aveva ottenuto il quorum di due terzi nella seconda votazione alla Camera, bisognerà attendere tre mesi prima dell’entrata in vigore, in modo tale da lasciare spazio ad un eventuale referendum confermativo.

In base all’articolo 138 della Costituzione, il referendum potrà essere richiesto da un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o 5 consigli regionali. Nel caso in cui tale richiesta non verrà avanzata, la riforma entrerà comunque in vigore una volta trascorso l’arco di tempo stabilito.

Tutto è cominciato da una polemica in Commissione

A detta di Giuseppe Brescia del M5S, presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera e primo firmatario della proposta di legge costituzionale per il voto ai 18enni al Senato, tutto è nato da una polemica del 2019 con il Partito Democratico (Pd) – che ai tempi si trovava all’opposizione – sul taglio del numero dei parlamentari.

Giuseppe Brescia. Fonte: il Manifesto

Quando allora si discusse in prima lettura il testo sulla riduzione dei parlamentari, si riuscì infatti a trasformare gli scontri in azione costruttiva, concordando la presentazione di proposte di legge da affrontare separatamente in tempi veloci e con un doppio relatore, uno di maggioranza ed uno di opposizione al Governo, superando così quella linea di frattura impeditiva maggioranza-opposizione.

Le opinioni politiche a favore

L’approvazione della riforma ha immediatamente suscitato le varie reazioni politiche: il relatore Dario Parrini, presidente della Commissione degli Affari costituzionali del Senato, ha dichiarato che con la riforma le due Camere avranno la stessa base elettorale e, quindi, le stesse maggioranze politiche.

Il ministro M5s per i Rapporti con il Parlamento, Federico d’Incà, ha  commentato su Facebook che in questo modo si «favorisce la partecipazione delle nuove generazioni alla vita politica». Ha poi continuato scrivendo:

«Il voto di oggi testimonia anche che il metodo delle riforme puntuali, che ha già portato alla riduzione del numero dei parlamentari lo scorso settembre, non solo è efficace ma è anche utile ad approvare le riforme necessarie con larga maggioranza, come testimonia il voto di oggi del Senato».

Fonte: Cosmopolitan

Un commento è arrivato anche dalla Senatrice del Partito democratico, Valeria Fedeli:

«Con il via libera definitivo al ddl costituzionale che abbassare da 25 a 18 anni l’età dell’elettorato attivo per il Senato si compie un’importante passo, atteso da anni: finalmente le ragazze e i ragazzi che diventano maggiorenni saranno pienamente e attivamente coinvolti, attraverso il diritto di voto anche per il Senato, nella partecipazione alla vita democratica del nostro Paese».

L’astensione di Forza Italia

Su una linea opposta si trova invece Forza Italia che si è astenuta dal voto, come annunciato dal vicepresidente vicario dei senatori Lucio Malan:

«Forza Italia non si assocerà al coro pressoché unanime in favore di questa riforma. Noi abbiamo grande rispetto per i giovani ma anche per la serietà e i giovani non ci chiedono di votare per il Senato, chiedono invece serietà, più opportunità e meglio di altri respingono la politica dei like, di cui questa riforma è chiara espressione».

Il senatore, quindi, ha proseguito:

«Vorrei evidenziare che dopo la riduzione dei parlamentari, che noi abbiamo contrastato, bisognava porre subito mano ad una serie di riforme per far fronte agli squilibri che quella sbagliata riforma produrrà dalla prossima legislatura. Fu Zingaretti, allora segretario del Pd, tra i primi a dire che si sarebbe subito passati agli atti conseguenti. Nulla, non è accaduto nulla, se non questa legge che di fatto peggiora le cose».

Le parole del vicepresidente Malan troverebbero giustificazione in un’attenta analisi dei numeri della rappresentanza politica in seguito al taglio dei parlamentari, approvato con il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020: se con la riduzione del numero di parlamentari avremo un senatore ogni 233 mila elettori, con il voto ai 18enni il numero salirà ancor di più, arrivando a 260 mila e rendendo la proporzione meno favorevole. In questo modo, i giovani avranno molto meno potere nella scelta dei loro rappresentanti.

Gaia Cautela

Messina cum Laude: una mappatura psicogeografica della città di Messina

Torna la rubrica “Messina cum laude” con un’analisi psicogeografica della città di Messina, redatta da Antonino Vitarelli.

L’autore

Nato a Messina nel 1992, Antonino ha sempre avuto particolare attenzione per le potenzialità nascoste della città, osservandola YÎU arretrate WW bbn  l’occhio attento  della psicogeografia. Nel 2011 pubblica la silloge di poesie “I colori dell’ombra “, insignita di vari premi internazionali tra cui il premio speciale per la pace universale “Frate Ilaro del Corvo”. Da sempre appassionato a tutto ciò che riguarda l’arte, da circa 8 anni svolge attività teatrali di vario genere, sia come attore che come regista.

Nel 2020 ha conseguito la laurea in “Scienze del Servizio Sociale”, discutendo una tesi psicogeografica sperimentale dall’interessante taglio narrativo, dal titolo ” Sotto l’asfalto la sabbia. Verso una mappatura psicogeografica della città di Messina “, con relatore il prof. Pier Paolo Zampieri. La tesi traccia una mappa psicogeografica della città di Messina, con le sue storture e le sue qualità.

Antonino Vitarelli

L’analisi sociologica e l’esplorazioni urbane

La tesi nasce da un approccio empirico all’analisi sociologica di un centro urbano, in questo caso, Messina. L’obiettivo della tesi è quello di scoprire e studiare a fondo la vera essenza culturale e sociale della città tramite delle vere esplorazioni urbane, esplorazioni viscerali in una città che Antonino definisce contraddittoria. Messina non esprime subito se stessa, anzi tende a nascondere il suo vero essere culturale. Infatti, a causa della ricostruzione successiva al terremoto del 1908, la città  si è vista negare il riconoscimento e la consapevolezza della sua vera identità.

Il primo obiettivo delle esplorazioni urbane è stato quello di individuare quei luoghi, che come “uno strappo nel cielo di carta” rivelano l’identità di Messina, definite ambiances. Le ambiances vengono paragonate ai passages individuati a Parigi dal sociologo Walter Benjamin, e descritti come punti  nevralgici, dei passaggi  spazio-temporali che conducono all’ identità di Messina prima del terremoto.

Insegna del centro commerciale “Maregrosso”

Le Ambiances

L’approccio utilizzato per individuare le ambiances è quello della “deriva urbana” ovvero un camminare senza meta e orario, un “camminare per perdersi”. Questo approccio spiazza la razionalità e i percorsi predefiniti dalle istituzioni e dalla burocrazia, le esplorazioni urbane, infatti, si basano anche su delle percezioni irrazionali. Tra i centri nevralgici di interesse socio-culturale individuati e poi mappati troviamoL’occhio di Chiarenza, un suggestivo affresco situato nei pressi dell’ex manicomio Mandalari, e  “La casa dei pupi” di Giovanni Cammarata a Maregrosso, considerata universalmente una delle più belle espressioni dell’ outsider art contemporanea.

Proprio la casa di Cammarata, con “l’ atelier di Linda Schipani”, ex officina trasformata in centro di arte contemporanea di riciclo, e “il pensatoio di Vittorio Trimarchi”, ex magazzino divenuto museo di arte contemporanea, formano il “triangolo delle Bermuda” di Messina, situato nella zona di Maregrosso. Questa zona di Messina si presenta come un centro gravitazionale dell’espressione identitaria della città: l’ accesso al mare totalmente negato e la costruzione di centri commerciali che soffocano il respiro artistico e spontaneo delle ambiances presenti nella zona , sono un chiaro esempio del conflitto tra sistema e esperienza. Per citare l’autore, “Maregrosso oggi è solo un’insegna” riferendosi all’ insegna di uno degli ultimi supermercati nati nella zona.

Mappa psicogeografica della città di Messina, disegnata dall’architetto Bruno di Sarcina

Il conflitto tra il sistema e l’esperienza

La tesi fa emergere uno  scontro che sta alla base della esperienza urbana di Messina: da un lato abbiamo il sistema che indica la ricostruzione post terremoto, la burocrazia, le costruzioni in un certo senso calate dall’alto, l’esperienza invece è il vivere istintivo dei cittadini che creano la vera identità della città. Questo conflitto che viene descritto come una battaglia costante dagli esiti ancora incerti, permette di identificare dei punti di tangenza, degli squarci da dove  è possibile percepire e conoscere il passato, il presente e un eventuale futuro della citta.

Esempio di questo conflitto è la Fiera di Messina: la costruzione viene imposta ai cittadini, negando l’accesso al mare ma soprattutto negando ai cittadini stessi la possibilità di scelta. Spesso alcune di queste imposizioni vengono rigettate della cittadinanza che non le sente proprie e non ne fa l’uso per cui erano state progettate e costruite. Altro esempio di imposizione burocratica è l’utilizzo della famosa zona falcata, zona potenzialmente tra le più suggestive della città, completamente negata ai cittadini che ne hanno fatto il simbolo dell’annosa discussione su ciò che Messina potrebbe essere e ciò che invece è. All’interno della zona falcata troviamo un’ambiance creata dai cittadini, il campo da basket dedicato a George Floyd, manifestazione della volontà della  cittadinanza di riappropriarsi delle zone negate dal ” sistema”.

“The naked Messina”, disegnata dall’architetto Bruno di Sarcina

La tesi si presenta come un’ analisi di quella che è stata e di quella che è l’ identità socio culturale di Messina, ma tale approccio, può essere spunto per un progetto di città futura, che dia più spazio alle sensazioni ed agli impulsi artistici e culturali dei cittadini per provare a trovare un compromesso sociale tra sistema ed esperienza. Per quanto la psicogeografia sia in larga parte soggettiva, come evidenzia la tesi, molte ambiances si prestano ad esperienze condivise; da queste percezioni collettive -da parte della maggioranza dei cittadini- potrebbe nascere il progetto per una città futura.

Tra le citazioni presenti nella tesi una tra le più importanti è quella della poesia Amo i gesti imprecisi di Magrelli. La tesi rappresenta la lotta continua tra apollineo e dionisiaco che  risulta essere qualcosa di più impreciso, istintivo. La poesia citata, si inserisce perfettamente nel ragionamento aiutando a spiegare come da qualcosa di impreciso e nevrotico, tramite la creatività, possa nascere qualcosa di costruttivo su cui basare le scelte future e la rinascita della città di Messina.

Un circolo psicogeografico

L’autore inoltre, tra i tanti progetti e attività che porta avanti, ha in mente di costituire un circolo psicogeografico, di cui i fondatori, oltre lui, sarebbero  due amici e collaboratori che lo hanno accompagnato nelle esplorazioni e di cui riportiamo le rispettive riflessioni sulla psicogeografia:

<<La psicogeografia è perdersi per ritrovarsi, dimenticare per ricordare, morire per vivere, è non essere per poter essere qualcun altro, qualcos’altro. La deriva è un piccolo ciclo della vita che ti dona nuovi occhi e nuovi sensi, uno squarcio nel cielo di carta>> Massimiliano Ori Saitta.

<<La psicogeografia è riscoprire con un occhio diverso, zolle che si muovono improvvisamente e tutto cambia, in un continuo dinamismo emozionale e vorticosi collegamenti sensoriali. Perdersi per ritrovarsi>> Veronica Pino.

 

Emanuele Paleologo

 

Antonino sui social:

http://facebook.com/antonio.vitarelli.92

Immagine in evidenza:

La Fenice capovolta come metafora della città di Messina, definita dall’autore “la città Fenice”

Tutte le immagini sono state fornite dall’autore

NextGenerationME: Marco Germanotta, la musica per sentirsi vivo

Nuovo appuntamento con la rubrica “NextgenerationMe”: l’ospite di oggi è Marco Germanotta, giovane cantautore messinese classe 96’.

La musica invade la vita di Marco prestissimo. Già all’età di 5 anni studia chitarra classica per poi entrare nella relativa classe presso il conservatorio “A.Corelli” di Messina. Qui, nel 2019, riesce a conseguire la Laurea Magistrale proprio in chitarra classica.

Per esprimere la sua arte e il suo talento, però, la sola chitarra non è sufficiente, così decide di dar sfogo alla sua voce e pubblica nel suo canale Youtube, nel 2009, la sua prima cover “Gotta find you”.  Marco prosegue pubblicando numerose cover, sia da solista sia con le band “Noi4” e “Last5”.

Il supporto dei suoi fratelli è molto importante, soprattutto la collaborazione con Stefano (in arte “Syzer”).

Nel 2012 i suoi primi inediti riscuotono un buon successo e nel 2015 partecipa alle selezioni di X-Factor, arrivando fino ai boot camp. Nel 2016 ottiene un importante riconoscimento: il testo di un suo brano “L’agonia è di chi ancora non sente” viene pubblicato nella raccolta “CET scuola autori di Mogol”.

La sua attività musicale continua negli anni tra inediti e cover e il 27 Aprile pubblica il suo ultimo pezzo “Sentirmi vivo”, disponibile su tutte le piattaforme digitali. Marco sta attualmente lavorando al suo primo album.

Fin da bambino la musica ha fatto parte di te, ma quando hai capito che era il momento di dar sfogo alla tua voce?

Ho capito di dover dare sfogo alla mia voce quando le frustrazioni per varie vicissitudini nella mia vita si facevano più intense e l’unica cosa che mi venisse naturale fare era prendere una chitarra e cominciare a raccontare, aggiungendo delle note, quello che succedeva dentro di me.

Cosa rappresenta per te la musica?

 Per me la musica rappresenta quanto di più brutto e di più bello allo stesso tempo. È un mondo a cui mi affaccio principalmente per poter esprimermi; è un   mezzo per condividere, comunicare, sentirmi vivo.

Qual è il tuo rapporto con Messina?

Con Messina ho avuto un legame viscerale sin dall’infanzia. Tutto ciò viene fuori dal fatto di averne conosciuto le strade molto presto, probabilmente. Ho sempre voluto di conseguenza puntare a migliorarne tutto ciò che avrei potuto migliorare -entro i miei limiti-, ma non nascondo che ho sentito tantissime volte l’esigenza di “cancellarla” dalla mia memoria, in tutte le occasioni in cui percepivo il suo essere “poco accogliente” con gli artisti, cosa che mi faceva sentire un po’ solo.

Marco durante le riprese della cover “Superclassico”

Pensi che gli artisti del Sud abbiano meno opportunità di emergere? O l’avvento di internet, grazie a Youtube e ai social network, è riuscito a colmare questo gap?

L’avvento di internet non è riuscito sicuramente a colmare questo gap. Sicuramente però è uno strumento in più, di cui i ragazzi delle generazioni precedenti alla mia, non potevano far uso. Io, detto onestamente, collaboro con le persone con cui sto producendo musica attualmente proprio grazie al fatto di essere stato “scovato su Youtube”.

Poco più di 11 anni fa hai pubblicato il tuo primo video su Youtube e da quel momento hai maturato diverse esperienze: svariate cover, sia da solita sia con le band “Last5” e “Noi4”, i brani con tuo fratello Stefano “Syzer”, gli inediti e l’avventura ad X-Factor. Cosa ti hanno insegnato queste esperienze?

Queste esperienze mi hanno insegnato che c’è sempre da imparare, che ogni piccolo passo che muovi ha l’unica valenza di portarti verso la direzione, la dimensione, che ti è più congeniale. Sicuramente ho avuto tante e tante delusioni. Ma allo stesso tempo, devo dire, che ognuna di queste esperienze mi ha forgiato e mi ha indirizzato verso una forma, seppur ancora grezza, di autenticità.

“Sentirmi vivo”, il nuovo singolo di Marco, disponibile su tutte le piattaforme digitali

Poche settimane fa è uscito il tuo nuovo singolo “Sentirmi vivo”, com’è nato questo nuovo pezzo?

Questo pezzo è nato dalla voglia di esplodere, dopo i tanti e tanti mesi passati dentro casa a causa del Covid. Avevo voglia di catapultarmi in una dimensione caotica, in un palco enorme con tanta gente sotto. Così ho scritto “Sentirmi vivo”, per sognare un po’.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Al momento, l’unica cosa su cui sono concentrato, è il mio primo album. Ebbene sì, sto lavorando a quello.

 

 

Francesco Benedetto Micalizzi

 

Marco sui social:

facebook.com/marcogermanottaofficial/

instagram.com/marcogermanotta_/

youtube.com/channel/

open.spotify.com/artist/

Il nuovo singolo “Sentirmi vivo”: www.youtube.com/

 

Tutte le foto sono state fornite dall’artista

Nuovo accordo Ue: consentito il turismo ai vaccinati, ma il green pass europeo è ancora in trattativa. In Sicilia nuove iniziative sulle vaccinazioni

Fonte: Il Messaggero

Gli Stati membri dell’Unione Europea permetteranno – in seguito ad un accordo preliminare raggiunto dagli stessi – i viaggi turistici ai cittadini dei Paesi che non fanno parte dell’Unione: lo ha annunciato, ieri 19 maggio, il portavoce della Commissione Europea Christian Wigan, mentre è ancora aperta la disputa tra Consiglio ed Eurocamera, per l’accordo sul pass vaccinale Covid per i viaggi degli europei nell’Unione.

A livello locale, invece, arriva la nuova iniziativa ‘’Proteggi te e i nonni’’ promossa dalla Regione siciliana per dare ulteriore impulso alla campagna vaccinale nell’Isola.

L’Ue approva la proposta della Commissione

L’accordo raggiunto dall’Unione riguarda la proposta avanzata dalla Commissione il 3 maggio, ovvero, quella di ammettere l’ingresso nei Paesi dell’Unione per fini turistici, a tutti i visitatori che potranno dimostrare di aver completato, 14 giorni prima del viaggio, tutto il processo di vaccinazione anti-covid, con uno dei vaccini autorizzati dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA).

I vaccini attualmente autorizzati sono: Pfizer-BioNTech, AstraZeneca, Moderna e Johnson & Johnson. Mentre non sono autorizzati né il vaccino russo Sputnik V né quelli cinesi di Sinovac e Sinopharm.

Fonte: Fanpage

Wigand ha detto che i membri del COREPER (Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea) hanno approvato la proposta della Commissione, che dovrà però essere ora adottata dal Consiglio Europeo ed, in seguito, anche dai governi dei singoli paesi.

L’annuncio è stato accolto favorevolmente al Parlamento europeo dal capogruppo socialista, Iratxe Garcia, che all’Europarlamento rilascia le seguenti parole:

«Qualsiasi accordo che miri a normalizzare la situazione … con tutte le garanzie sanitarie, ovviamente, e con il supporto di medici esperti e ricercatori … penso sia positivo».

Le specifiche dell’accordo

La trovata intesa tra gli ambasciatori europei prevede la raccomandazione ai governi dei singoli Paesi di rimuovere le restrizioni vigenti nei confronti dei turisti extra-Ue (provenienti da fuori dell’Unione) ed il permesso, all’arrivo, delle persone vaccinate con i sieri approvati dall’EMA.

Il Consiglio ha poi deciso di espandere la lista di Paesi – che non fanno parte dell’Unione – da considerarsi con una buona situazione epidemiologica e dai quali sono permessi i viaggi per motivi turistici.

La lista verrà stilata «sulla base di nuovi criteri» benché questi ultimi non siano ancora del tutto chiari, secondo quanto detto da Wigand. Con le nuove regole, comunque, si dovrebbe compiere un significativo salto da 25 a 75 Stati che riceveranno il nullaosta, qualora dovessero registrare 75 casi Covid ogni 100 mila abitanti negli ultimi 14 giorni.

Ha poi aggiunto che, al fine di limitare il rischio che nuove varianti del coronavirus facciano il loro ingresso nell’Unione Europea, «è stato previsto un meccanismo di freno di emergenza, che consente ai Paesi di agire rapidamente e in modo coordinato» per ripristinare le restrizioni.

Nuovi spostamenti consentiti

Finora gli arrivi da paesi terzi nell’Unione Europea sono il più delle volte proibiti per motivi che non siano di salute, lavoro e necessità. Ma laddove la situazione epidemiologica risulta essere particolarmente buona, indipendentemente dalla situazione vaccinale del viaggiatore, gli spostamenti verso l’Unione sono consentiti ai cittadini.

Otto sono i Paesi da cui è attualmente possibile partire anche per altri motivi, non necessariamente prioritari: si sta parlando di Israele, Australia, Nuova Zelanda, Ruanda, Singapore, Corea del Sud, Thailandia e Cina (per quest’ultima solo se confermata la reciprocità per i turisti europei). Chiunque arrivi deve comunque presentare il risultato negativo di un test o, se le regole del Paese d’ingresso lo prevedono, sottoporsi ad un periodo di quarantena.

Secondo una simulazione circolata tra i diplomatici a Bruxelles, poi, sulla base dei nuovi criteri rientrerebbero nell’elenco anche Giappone, Marocco, Albania, e Regno Unito, ma non gli Stati Uniti (la cui soglia va ben oltre). Ciononostante, il premier britannico Boris Johnson continua a ribadire le sue raccomandazioni per i cittadini inglesi di non viaggiare per turismo nei 170 Paesi e territori inseriti nella cosiddetta ‘’lista arancione’’, comprendente pressoché tutta l’Ue (Italia inclusa) ad esclusione del Portogallo.

Green Pass europeo

Fonte: Il Messaggero

L’Unione Europea si sta organizzando affinché sia possibile realizzare un sistema che permetta di muoversi nei Paesi europei tramite un green pass europeo dei viaggi, che consista in un semplice QR Code.

Il Certificato EU Covid-19 – documento che attesta se una persona ha completato l’intero ciclo vaccinale contro il Covid-19 oppure se è guarita dall’infezione – dovrebbe essere già disponibile entro giugno, sia in versione fisica che digitale.

Tuttavia, le istituzioni Ue sono ancora in trattativa per via di alcuni punti che ostacolano il raggiungimento di un accordo finale. Tra questi, il prezzo dei test PCR (test molecolare che evidenzia la presenza di materiale genetico del virus), alto, soprattutto per i giovani, ma necessario ai fini dell’ottenimento del green pass.

«Abbiamo bisogno di un certificato a livello europeo, altrimenti rischiamo di avere una frammentazione dei documenti e questo non è nell’interesse di nessuno in Europa. Ecco perché abbiamo bisogno di un certificato. Ma per il Parlamento è chiaro che il certificato deve significare qualcosa, deve significare che le persone hanno il diritto di viaggiare nell’UE, che ha libertà di movimento», afferma il leader del gruppo PPE Manfred Weber.

‘’Proteggi te e i nonni’’, l’iniziativa siciliana

Dopo l’avvio alle prenotazioni vaccinali per gli over 40 e i diversi open day degli ultimi giorni, la Regione Sicilia presenta un nuovo progetto intitolato ‘’Proteggi te e i nonni’’, indirizzato agli ultra 80enni e ad i loro accompagnatori (anche più di uno) over 18, non necessariamente legati da un vincolo di parentela.

Fonte: Antenna Uno Notizie

Da venerdì 21 a domenica 23 maggio, gli interessati potranno presentarsi in tutti gli hub provinciali della Sicilia per ricevere il vaccino anti-covid, senza che sia necessaria alcuna prenotazione. Sarà loro riservata un’apposita corsia in modo tale da ridurre i tempi di attesa. Per gli accompagnatori verranno utilizzati, previa adesione volontaria, vaccini “a vettore adenovirale’’ (vale a dire Johnson & Johnson o AstraZeneca).

Nel frattempo, in provincia di Messina, è già in corso la nuova iniziativa “on the road’’, che prevede il giro di un camper ‘’anti-covid’’ tra tutti i piccoli paesini del messinese, per portare il vaccino praticamente sotto casa dei residenti. La prima tappa si è svolta lo scorso 18 maggio a Roccafiorita. Per sapere le successive tappe è possibile cliccare sul seguente link: https://normanno.com/attualita/vaccini-a-km-0-nella-provincia-di-messina-arriva-il-camper-anti-covid/ .

Gaia Cautela