Una notte… a Gazzetta del Sud

È pensiero comune che essere un membro di UVM significhi solamente trascorrere il proprio tempo di fronte lo schermo vuoto del computer.

UVM nella redazione di Gazzetta del Sud
UVM nella redazione di Gazzetta del Sud

Ebbene, non si riduce tutto a quello.

Sì, certo, essere un giornalista richiede di scrivere articoli – ma va! – e a questo incombente lavoro non ci siamo mai sottratti, svolgendolo anche – riconoscetecelo – in maniera piuttosto efficiente.

Ma cosa sarebbe un giornalista senza esperienze?

Gazzetta del Sud, ieri sera, ci ha dato la grandissima opportunità di poterne vivere una assai peculiare.

In visita alla sede, non solo abbiamo avuto modo di vivere la vita redazionale, respirando il frenetico circolare delle idee e ciò che è alla base della creazione delle notizie, ma abbiamo anche visto da vicino quelle stesse notizie farsi cartacee e diventare vera e propria informazione. Quella vecchio stile, impressa nero su bianco su profumati fogli di giornale.

Ed è stato proprio il giornale in sé ad aver catalizzato l’attenzione. In una versione a noi inedita, Gazzetta del Sud ci ha raccontato la sua trasformazione.

Stampa della nuova edizione di Gazzetta del Sud
Stampa della nuova edizione di Gazzetta del Sud

Cosa è cambiato?

«Il design è studiato per guidare il lettore in un’esperienza fluida e coinvolgente, senza distrazioni. Ogni scelta grafica è pensata per lasciare spazio (bianco) alla riflessione, creando una connessione emotiva e cognitiva con il contenuto»

ha spiegato il designer spagnolo Sergio Juan, coordinatore del progetto di restyling.

Minimale e moderna, di una più facile fruizione: la nuova grafica di Gazzetta del Sud ha fatto, infatti, dell’accessibilità il suo cavallo di battaglia.

D’altronde, in un’epoca storica di grandi mutazioni, in cui la carta stampata ha perso attrattiva a favore della velocità e della tempestività del digitale, modificarsi in primis – senza per questo cambiare DNA – potrebbe essere l’unica strada che rimane da percorrere per riuscire a fronteggiarla.

In un’intervista ad Antonino Rizzo Nervo, subentrato alla guida di GdS lo scorso dicembre, il direttore responsabile ha concordato con noi nell’affermare che «il cambiamento del progetto grafico è un segno di vitalità».

Intervista al direttore responsabile Antonino Rizzo Nervo
Intervista al direttore responsabile Antonino Rizzo Nervo

«Il giornale è un prodotto vivo, che si evolve. Ogni tanto, vi è il bisogno di rivisitarlo»

si è, inoltre, espresso a riguardo il presidente Lino Morgante.

Intervista al presidente Lino Morgante
Intervista al presidente Lino Morgante

Quella di Gazzetta del Sud, quindi, non sarebbe solo una “rivoluzione” estetica, ma, innanzitutto, simbolo della sua volontà di sapersi reinventare, al fine di poter rilanciare il proprio ruolo in quanto inestimabile fonte di informazione.

«Il giornale è qualcosa che si legge in poltrona. Nel momento in cui leggi in poltrona, pensi di più rispetto a quando leggi sullo smartphone»

ha aggiunto Rizzo Nervo, sottolineando l’importanza del cartaceo e dell’analisi critica che questo favorirebbe.

In questo senso, sfogliarne le pagine, più che scrollarle, consentirebbe di acquisire una maggiore consapevolezza.

Una consapevolezza che riguarda la sacralità dell’atto in sé e di ciò che di positivo può derivarne.

Gazzetta rende, quindi, evidente la sua intenzione di andare incontro alle esigenze del lettore, per poter creare con lui una comunicazione bidirezionale in grado di scuotere la coscienza e spingere all’azione.

Una trasformazione sentita

Un avvenimento senz’altro suggestivo, quello di cui siamo stati spettatori. Una scelta direzionale che noi, come UVM, condividiamo in pieno.

Durante il suo breve intervento per Scirocco, la nostra coordinatrice, Giulia Cavallaro, ha, di fatto, rivelato:

«Noi stessi, come progetto, abbiamo vissuto una trasformazione. Questo è il giornalismo che continua ad andare avanti.»

I tempi corrono, le mentalità – si spera – evolvono. Non si può rimanere statici e invariati, ferrei in un abito che non ci calza più.

Manteniamo i nostri principi, l’ambizione di creare comunità e confronto, ma prendendoci cura della nostra forma.

Cambiamo, sì, ma rimanendo gli stessi.

Cronista condannato al carcere. È rivolta unanime contro il giudice

A dare la notizia Il Giornale, nella sua prima pagina di ieri; correttamente in evidenza, accanto ai più importanti fatti del mondo. Un cronista, per l’appunto un collaboratore assiduo del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, è stato condannato a otto mesi di carcere e a pagare una cospicua somma di denaro.

Il reato riconosciutogli è quello noto di diffamazione a mezzo stampa. L’azione reprimenda però è severissima, particolarissima, quasi unica e sconsolante per l’Italia, che lotta per mantenersi tra le linee di quei paesi del mondo detti democratici. Detti concedenti vasta libertà d’espressione.

Vediamo quindi di seguito chi è il triste protagonista di questa vicenda, chi sono i suoi risoluti accusatori, il motivo della condanna e le proteste unanimi in reazione.

Il cronista e la cronaca sugli avvocati di Nola

Si chiama Pasquale Napolitano il cronista vittima della grave condanna. Lui è un 42enne nolano, che scrive dal 2016 per Il Giornale, ed è già stato firma anche di Panorama e di altre testate online. Per una di queste – Anteprima24 –  ad aprile del 2020, Napolitano scrive un articolo di cronaca riguardo il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola.

Con una dozzine di righe diffonde una notizia per cui il Presidente di tale Consiglio, seppur fosse ormai senza maggioranza e seppure una sentenza del Tar avesse confermato la possibilità dei consiglieri di surrogarlo, si ostinava a rimanere in carica, evitando di convocare il consiglio stesso per il timore di essere sfiduciato e sostituito.

Un’informazione sicuramente di interesse sociale, per dar conto anche al resto degli avvocati nolani, rimasti ai margini delle decisioni di categoria.

Il giorno dopo, comunque, Napolitano – da buon cronista super partes – pubblica una lettera dei pochi consiglieri rimasti al fianco del presidente. E, passate 48 ore, riporterà la notizia delle dimissioni di quest’ultimo, con in allegato una lettera con cui lo stesso presidente ha inteso illustrare le proprie ragioni.

Ciononostante, in risposta al primo regolare, accurato e pudico articolo, l’ormai ex presidente del Consiglio degli avvocati e tre consiglieri hanno deciso di percorrere le vie legali, chiedendo il riconoscimento del reato di diffamazione.

Per il giudice è “diffamazione”

Le denunce sono affliggente companatico di chi tratta cronaca giudiziaria, dunque si può scrivere che il cronista fosse persino abituato a confrontarcisi con tranquillità. Mai, anche per questo, avrebbe potuto immaginare l’amara sorpresa: il 7 maggio è arrivata la condanna. Per il giudice (un giudice onorario di tribunale, quindi un avvocato come tutti i querelanti) l’articolo è diffamatorio tanto da poter commutare a Napolitano una pena in 8 mesi di reclusione e il pagamento di 6500 euro.

Per il deposito della motivazione bisognerà attendere il consueto termine di 90 giorni, ma si vocifera che – potendosi appellare a poco – il giudice condannante porterà come giustificazione il fatto che gli articoli scritti sarebbero stati condivisi sui social.

Procedimento consueto per una testata online, che vive di questi e di qualche visita da ricerca organica. E tuttavia qui solo può condurre la malafede.

L’ODG, la politica, i giornali, il popolo: tutti contro il giudice

Quasi si sono unite destra e sinistra politica per andare addosso alla condanna. Scrivo quasi perché puramente è avvenuto che entrambe le parti hanno disapprovato il gesto, salvo poi, al solito, scambiarsi vicendevoli accuse sulla colpevolezza del legislatore prima operante e ora inoperante.

Hanno accusato, alternativamente, il legislatore che depositò la legge che ora permette l’incarcerazione per reato di diffamazione a mezzo stampa (prima operante) e poi anche il legislatore che ancora non ha debellato tale insensatezza (ora inoperante).

Al di là dei disguidi sui demeriti precisi, però, c’è da scrivere che si è alzata una protesta compatta contro la condanna. Mentre il sentimento del popolo non è statisticamente rilevabile, ma è astrattamente visionabile nelle azioni sui social; il sentimento dei giornali, dei politici, dell’Ordine dei Giornalisti e della Federazione Nazionale Stampa Italiana è reso palese da scritti e dichiarazioni.

Il Giornale e Il Riformista, con i rispettivi articoli, non lasciano dubbi sulla loro posizione.

Secondo Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, la condanna al cronista Napolitano “è la goccia che fa traboccare il vaso di una normativa che non sta più in piedi“.

Mentre, per la segretaria della FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italia) Alessandra Costante:

Il caso del cronista del Giornale condannato al carcere ricorda a tutti – giornalisti, politica e opinione pubblica – quella che è una vergogna italiana: in Italia, nel 2024, il codice penale prevede ancora le manette per i giornalisti che dovessero essere riconosciuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa”.

La RAI limitante. Angelucci che vuole l’AGI. E il problema dal centro al resto dell’Italia

Si è gridato con forza alla RAI limitante, o persino censurante; al tentativo del senatore Angelucci – già editore de Il Giornale, Il Tempo e Libero Quotidiano – di entrare in possesso dell’AGI, e lo si è fatto opportunamente, per non far passare in sordina informazioni rilevanti come quelle sono state.

Ma poi arrivano queste notizie, accadono di queste cose, che riportano il dibattito pubblico a verità più profonde, e reindirizzano verso i più soggetti responsabili la responsabilità del calo della libertà di stampa registrato in Italia.

Lo scorrere quotidiano degli eventi ci ricorda, ancora una volta, che non può essere un organo democratico viziato senza che viziate siano pure le divisioni democratiche rappresentate, le pratiche diffuse pure nelle periferie del Paese. Perché non può esserci cattivo rappresentante a buoni elettori. O può esserci per eccezione.

L’insegnamento è che ci si dovrebbe chiedere, nel frattempo che si giudicano i mali evidenti nei maggiori organi di stampa statali, se gli stessi mali non siano replicati nelle micro-società, nelle locali periferie che la maggior parte della popolazione abita ogni giorno.

Oggi riesce a diventare notizia una condanna che ha dei caratteri spettacolari; ma quante censure morali o intellettuali, veti per interessi da proteggere e intimidazioni mafiose passano sottotraccia a danno dei giornalisti?

Gabriele Nostro

 

L’inviato speciale Valerio Pellizzari si racconta al DICAM

Il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne ha organizzato due incontri seminariali con il noto inviato speciale Valerio Pellizzari, svoltisi mercoledì 8 novembre (ore 10:30) e giovedì 9 novembre (ore 8,30) rispettivamente in Sala Conferenze e in Aula 16. Nei seminari, rivolti soprattutto a dottorandi e studenti dei Corsi di Studio in Giornalismo e Scienze Storiche, sono intervenuti numerosi docenti del DICAM, con domande che hanno arricchito il dibattito sul ruolo dell’inviato oggi.

Chi è Valerio Pellizzari?

Originario di Verona, Valerio Pellizzari è un giornalista e scrittore. Ha lavorato dapprima come inviato speciale de “Il Messaggero” e poi come editorialista de “La Stampa”. Vanta numerose collaborazioni con le seguenti testate internazionali: International Herald Tribune, Libération, El País, BBC e Al Jazeera. Pellizzari ha seguito per oltre quarant’anni gli avvenimenti che hanno sconvolto l’Europa dell’Est e non solo. È infatti definito “nemico del popolo iracheno” dal regime di Saddam Hussein per aver rivelato i documenti sui prigionieri curdi vittime di esperimenti chimici. La carriera di Pellizzari, inoltre, ha fondato le sue radici anche nel mondo della scrittura. Tra i suoi libri più importanti conosciamo: “In battaglia, quando l’uva è matura” e “Kabul Kabul”, quest’ultimo scritto assieme all’amico Ettore Mo. Pellizzari, infine, è stato insignito del premio “Max David per l’inviato speciale ed è tra i fondatori del Premio Terzani.

Valerio Pellizzari al Festival della letteratura
Valerio Pellizzari, Fonte: Wikipedia

“Chi ha ucciso il nostro inviato? Sulla mutazione genetica del Giornalismo”: il primo incontro seminariale

Nel primo incontro seminariale l’attenzione si è concentrata sulla figura dell’inviato, di come egli è percepito in un contesto giornalistico sempre più velocizzato e se oggi la sua valenza sia la stessa del passato. Pellizzari, dopo aver raccontato diversi aneddoti sulla sua carriera da inviato speciale (dalla nomea di giornalista “anarchico” acquisita in Vietnam all’intervista fatta al presidente dell’Azerbaijan nda), spiega come, ad oggi, la parola “inviato” non esista più, ponendo come esempio la recente Guerra in Ucraina. Tuttavia, non condanna del tutto la circolazione velocizzata delle informazioni, purché queste siano complete e, soprattutto, necessarie. Il baricentro del discorso si è poi spostato sui metodi utilizzati dal giornalista per raccontare un evento. A tal proposito, Pellizzari ha parlato di regole da prefissarsi, come ad esempio la durata dell’intervista (di almeno un’ora). Conclude poi parlando dell’importanza che hanno i primi cinque minuti dell’intervista per dare idea positiva di sé stessi all’intervistato.

Intervista
Fonte: flickr.com @Tais Yastremskaya

“I sette monaci di Tibhirine. Dodici anni di ostacoli per raccontare la verità”: il secondo incontro seminariale

Nell’incontro successivo, Pellizzari ha raccontato il caso dei sette monaci di Tibhirine e dei 12 anni di lavoro spesi per la ricerca della verità. Tutto ebbe inizio da un confronto con Padre Armand Veilleux, che fin dal giorno dei funerali dei monaci ha nutrito forti dubbi sulla faccenda. Dopo svariate ricerche infruttuose, Padre Armand ricevette una lettera da una persona anonima, con la quale Pellizzari riuscì a mettersi in contatto. Dopo nove ore di colloquio, Pellizzari venne a sapere da questa fonte una versione diversa da quella ufficiale. Fu infatti un elicottero dell’esercito algerino che uccise erroneamente i monaci, assieme ai loro sequestratori islamici. Per proteggere l’esercito, dunque, le autorità riesumarono e misero nelle bare solo le teste dei monaci, poiché nei loro corpi c’erano i proiettili che certificavano la colpevolezza dell’esercito. Pellizzari raccontò il fatto in un articolo, non trovando mai reali smentite, neanche dagli algerini stessi.

Facciata Monastero di Tibhirine
Monastero di Tibhirine, Fonte: Flickr.com @Daoud FLITES

Antonino Nicolò

 

Aspiranti giornalisti, grosse novità in arrivo! Ecco la riforma per la professione

Nulla di certo, né di molto sicuro, ma la proposta di riforma per accedere all’Ordine dei Giornalisti potrebbe sconvolgere la realtà di un intero sistema.

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti afferma chiaramente le sue intenzioni: diventare giornalista dovrà essere sempre più difficile, perché essere giornalista sarà sempre più un ruolo di responsabilità! 

I nuovi giornalisti: verso la specializzazione assoluta

Riporta la informazioni primaonline.it.

Lo scorso 14 giugno, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato unanimemente il contenuto del documento per la prossima riforma dell’ordinamento professionale con particolare attenzione all’accesso.

  • Dunque, per diventare un giornalista professionista: potrebbe essere necessario conseguire una laurea magistrale in giornalismo, alla quale si potrà ovviare con una laurea triennale, cui comunque dovrà far seguito l’accesso e l’esecuzione di corsi specialistici controllati dall’Ordine.
  • Invece, per diventare un giornalista pubblicista: potrà essere richiesta una laurea di primo livello (triennale) come prerequisito per iniziare il biennio di praticantato già necessario per l’iscrizione all’albo, da accompagnare – questa è un’altra novità – a un percorso di formazione.

Dulcis in fundo, potrebbe anche essere rivisto il criterio di esclusività professionale; si sta lavorando per rendere l’attività giornalistica “prevalente” per tutti gli appartenenti all’alveo dei professionisti, piuttosto che “esclusiva” come è al momento.

Comunque, è segnalato che in un eventuale periodo di transizione gli attuali aspiranti potranno fare riferimento alle vigenti modalità d’accesso.

Il documento sarà ora oggetto di rivalutazione da parte del Consiglio nazionale e dei presidenti e vice presidenti regionali, che potranno suggerire ulteriori modifiche. Successivamente, alla Commissione speciale Riforma spetterà il lavoro di “rifinitura” e, infine, il testo sarà messo in votazione alla prossima riunione del Consiglio prevista per la metà di luglio.

Resta, in ultimissima istanza, vincolante il parere del Parlamento, che sarà chiamato a esprimersi in coda a tutti i procedimenti interni all’Ordine.

Giornalisti
Logo dell’Ordine dei giornalisti. Fonte: Ordine dei giornalisti

I punti deboli e il punto forte della riforma

Per combattere l’evoluzione instabile dell’infodemia servono professionisti, e professionisti di altissima levatura, in grado di sguazzare con agilità tra le nuove difficoltà che viziano il discorso pubblico.

In considerazione di ciò, tutto quanto proposto nella riforma dovrebbe suonare eccellente. E sarebbe ottimo se di ogni questione si potesse parlare in termini così ridotti, ma, purtroppo, in questo caso come negli altri, è meglio guardare al contesto e alle rivoluzioni poco comprensive che si promettono di stravolgerne alcuni elementi intoccabili.

Il Foglio definisce la riforma “una mazzata esiziale al pluralismo”. Infatti, pretendendo di irrigidire in tal modo i percorsi di formazione e di pratica degli aspiranti giornalisti si rischia di minacciare seriamente la differenza culturale propria di ognuno.

Ad oggi, giustamente, giornalista può essere chi ha studiato scienze della comunicazione, come chi ha studiato scienze politiche, giurisprudenza, storia o economia. E poi: oggi, giornalista, si può ritenere logico che sia anche chi è un esperto in un campo delle scienze sanitarie, per poter scrivere e argomentare di quello, che ugualmente ad altri è un ambito di interesse della nostra vita.

Di contro, creando professionisti tutti uguali, che siano solo provetti informatori, si ridurrebbe la specificità tematica di chiunque in favore di un’ “unica specificità” (l’espressione sarebbe impropria) indirizzata verso un numero ridotto di competenze.

Inoltre, rendere l’Ordine titolare di cotanti poteri potrebbe essere deleterio per la democrazia della professione stessa. Tutta questa irreggimentazione comporterebbe il rischio di consegnare de facto la facoltà di promozione o negazione a pochi eletti che siedono al vertice: dando struttura a un sistema che pare essere più all’insegna dell’autoritarismo che della benamata democrazia.

Conclusioni

Ciò contestato, benvenga la volontà di arricchire di competenze puramente giornalistiche i nuovi professionisti, ma anziché compiere sovvertimenti così drastici sarebbe forse più opportuno promuovere un’istruzione prettamente giornalistica di durata ridotta, al massimo semestrale, che sia comunque efficiente per stabilire quei requisiti basali imprescindibili.

Distinguere i giornalisti dai non giornalisti diventa fondamentale quando ai primi è dato il compito, e la grande responsabilità, di fare i gatekeepers, cioè di filtrare l’informazione che poi nuota, nel mare magno del web, modificandosi e traslandosi a velocità olimpionica.

Altri scrittori, commentatori del caso ed editorialisti rimangono legittimati a esprimersi, dispensando analisi e opinioni, presso blog e testate giornalistiche varie, ma non avendo le proprietà esatte che un giornalista futuro dovrà avere sarà bene che agiscano sotto il titolo di una diversa figura professionale.

Gabriele Nostro

Workshop nazionale sul giornalismo scientifico in universitá di messina con giornalisti VIP RAI il 13 gennaio 2023

Nuovo evento d’eccellenza con Giornalisti Vip a Messina: il workshop nazionale, aperto al pubblico, intitolato “Il Giornalismo Scientifico ai giorni nostri” si terrà il 13 gennaio 2023, ore 9, all’Università di Messina nella Sala Accademia Peloritana dei Pericolanti (Piazza Pugliatti 1).

L’evento è organizzato dal Prof. Salvatore Magazù del Mift (Dipartimento Scienze Matematiche Informatiche Fisiche della Terra), da Byto, società di comunicazione nazionale del giornalista e portavoce parlamentare Antonio Ivan Bellantoni, dal giornalista di Ansa e Corriere.it Gianluca Rossellini e dall’Accademia Peloritana dei Pericolanti. Per l’occasione, interverranno con una Lectio Magistralis tre Giornalisti Rai noti al grande pubblico: Marco Frittella, Direttore Editoriale Rai Libri e già Conduttore Tg1 e “Unomattina”; Barbara Carfagna, Conduttrice Tg1 e Autrice-Conduttrice “Codice: la vita è digitale” su Rai Uno; Romolo Sticchi, Inviato Speciale Tg3 e Curatore “Pixel” su Rai Tre.

Ricco il parterre dei relatori: Carmelo Picciotto (Presidente Confcommercio Messina); Giuseppe Ruggeri (Medico e Giornalista); Giovanni Pioggia (Ingegnere Responsabile Irib-Cnr Messina); Dimitri Salonia (Artista e Divulgatore Scientifico); Mariateresa Caccamo (Ricercatrice Mift); Prof. Salvatore Magazù; Gianluca Rossellini; Antonio Ivan Bellantoni. L’evento è organizzato in collaborazione con Università di Messina, Ansa, Aif (Associazione per l’Insegnamento della Fisica), Ristorante Salotto Fellini, Fipe (Federazione Italiana Pubblici Servizi), Lisciotto Viaggi, Cisfa (Consorzio Interuniversitario Scienze Fisiche Applicate), Società Italiana di Fisica, Motostore D’Arrigo Honda, Confcommercio Messina, Caronte&Tourist, Residence Cine Apollo, Gruppo Lem Tipografia, Fondazione Salonia (che donerà all’Università un’Opera pittorica sul tema dell’evento) e Ristorante Il Siciliano.

I Giornalisti Rai Frittella, Carfagna e Sticchi riceveranno una Targa al Merito Professionale durante l’evento, che avrà come tema dominante “il giornalismo scientifico quale protagonista assoluto nella produzione culturale e nello sviluppo economico della nostra società, specie in un’epoca segnata dall’aumento di fake news su argomenti cruciali per scelte individuali e collettive legati al mondo della ricerca”.

Convegno “Mafie tra continuità e mutamento: analisi, esperienze, narrative”: intervista alla dott.ssa Rossella Merlino

Nei giorni 27 e 28 settembre si svolgerà il convegno “Mafie tra continuità e mutamento: analisi, esperienze, narrative” presso l’Aula Magna del Rettorato.

L’evento rientra nell’ambito del progetto di ricerca MessCa: “Mafia-type organised crime in the Province of Messina”, di cui è responsabile scientifico la Dott.ssa Rossella Merlino (Bangor University-U.K.) sotto la supervision del Prof. Luigi Chiara presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche dell’Università di Messina (SCIPOG), e finanziato della European Research Executive Agency (REA) della Commissione Europea.

L’evento sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook dell’Ateneo.

Marie Skłodowska-Curie Actions: un programma per le eccellenze europee

La Dott.ssa Rossella Merlino è detentrice della prestigiosa borsa di studio post-dottorato “Marie Curie” (Marie Sklodowska Curie Research Fellow). Le Marie Skłodowska-Curie Actions, direttamente collegate alla Commissione Europea, contribuiscono a promuovere le eccellenze nel campo della ricerca, finanziando ricercatori con investimenti mirati a sviluppare nuove conoscenze e competenze, e favorendo la collaborazione tra diversi settori, discipline e università.

In questo contesto stimolante e autorevole, il team composto dal Professore Luigi Chiara, la Dott.ssa Merlino, la Dott.ssa Francesca Frisone, e il Dott. Marco Maria Aterrano, ha organizzato un meeting che affronterà una tematica di rilievo con ospiti da tutto il mondo: la mafia in rapporto ai suoi mutamenti ma anche alla continuità storica, entrambi elementi che la caratterizzano.

Il programma del convegno

Il ricco programma, che si svilupperà tra il pomeriggio del 27 (dalle 15.30) e l‘intera giornata del 28, affronterà il fenomeno mafioso da diversi punti di vista, grazie alla partecipazione di numerosi ospiti illustri provenienti da diversi contesti: saranno presenti in Aula Magna (oltre agli interventi previsti da remoto) sia rappresentanti delle Istituzioni, che studiosi universitari provenienti da tutta la penisola e da prestigiosi Atenei stranieri, nonché addetti ai lavori del mondo del giornalismo.

Programma completo del convegno – UniMe

Il tema principale, che accomunerà i diversi panel, è rappresentato dall’analisi multidisciplinare del fenomeno mafioso in relazione ai processi di mutamento dell’ambiente esterno: in altri termini, saranno approfonditi, da differenti punti di vista, i meccanismi di adattamento delle mafie, quali l’assunzione di forme organizzative più flessibili e di modelli d’azione più complessi e multiformi.

Interrogativi quali:

  • In che misura modelli di analisi e rappresentazione del fenomeno mafioso accompagnano questi mutamenti?
  • Quali sono le risorse che facilitano i meccanismi di riproduzione mafiosa nel tempo e nello spazio?
  • Quali le relazioni tra consorterie mafiose tradizionali e le cosiddette “nuove mafie”?

rappresentano dei nodi imprescindibili da sciogliere per comprendere quali sfide si presentano oggi nella lotta alla criminalità organizzata.

Dott.ssa Rossella Merlino – Bangor University

Vista la complessità dell’argomento – e del programma – abbiamo deciso di porre qualche domanda alla dott.ssa Rossella Merlino, per addentrarci “dietro le quinte” del convegno e approfondire il suo ruolo di ricercatrice titolare di una prestigiosa borsa di studio come la Marie-Skłodowska-Curie. 

Il convegno spazia in vari ambiti, ma delinea un percorso ben preciso. Qual è il vero filo conduttore che accomunerà i diversi interventi degli ospiti?

Il convegno prevede una serie di panel incentrati su temi diversi, da modelli di analisi e proposte interpretative sul fenomeno mafioso, all’ esperienza sul campo di autorità inquirenti, ai nuovi contesti in cui si muovono le mafie e alle loro rappresentazioni culturali. A sottendere gli interventi, tuttavia, è il focus sui processi di trasformazione che interessano le mafie, e gli elementi di continuità che le caratterizzano. Perché a caratterizzare la criminalità organizzata di tipo mafioso, in generale, è proprio la capacità di coniugare continuità di obiettivi e trasformazione del profilo operativo per adattarsi alle circostanze esterne.

Parlare di mafia in una terra come la Sicilia, a Messina, potrebbe sembrare quasi un “dovere”. Potresti dirci, a livello umano ma soprattutto scientifico, come nasce questa “esigenza”? 

Di mafia in Sicilia si parla da oltre un secolo e mezzo, ma non sempre il parlarne ha contribuito a conoscere meglio il fenomeno. Spesso posizioni discordanti o letture approssimative hanno contribuito semmai a creare una gran confusione sul tema.
Gli studiosi oggi hanno il compito di metterne in luce la realtà complessa, in modo rigoroso, e di divulgare i risultati della ricerca in modo da accrescere la consapevolezza generale sul tema. Nel caso specifico della provincia di Messina, contesto inspiegabilmente trascurato dalla letteratura specialistica in tema di mafia, diventa un’esigenza occuparsene da ambiti disciplinari diversi perché non si sottovaluti un territorio dove le mafie operano su più fronti.

Collegandoci alla domanda precedente, ormai sappiamo che il fenomeno mafioso ha raggiunto – da moltissimo tempo – una portata “internazionale”. Provenendo da un’università straniera – tra l’altro assisteremo agli interventi di diversi ospiti da tutto il mondo – come reputi il livello della ricerca sulle mafie fuori dal nostro Paese? Viene posta più attenzione a questo tema in Italia o all’estero?

C’è sempre stata una grande attenzione – e curiosità – all’estero per le mafie italiane. Per lungo tempo, tuttavia, ha prevalso un’immagine del fenomeno mafioso condizionata da rappresentazioni culturali, in particolar modo cinematografiche, spesso stereotipate che finivano con l’assimilare la cultura mafiosa a quella siciliana. Gli studiosi di altri Paesi impegnati sul tema hanno senza alcun dubbio contribuito alla comprensione del fenomeno mafioso, del suo radicamento sul territorio a livello locale e della sua capacità di espansione e di mobilità su scala nazionale e transnazionale, mettendo in luce la disomogeneità esistente, e le conseguenti difficoltà, nelle azioni investigative e giudiziarie di contrasto dei diversi Paesi.

Quali opportunità ti ha dato la borsa “Marie Skłodowska Curie”? È stato difficile accedervi? Puoi spiegarci più nel dettaglio di cosa si tratta?

Nel mio caso, la borsa rientra nelle azioni Marie Skłodowska-Curie Individual Fellowships. Si tratta di borse di ricerca individuali che incoraggiano la mobilità internazionale e hanno come obiettivo quello di sostenere la formazione alla ricerca e lo sviluppo di carriera dei ricercatori titolari di dottorato di ricerca in qualsiasi ambito disciplinare e su qualsiasi argomento di ricerca. Si presenta una proposta progettuale in collaborazione con un ente ospitante e sotto la supervisione di un responsabile scientifico dello stesso. Ovviamente sono borse molto competitive, per le quali, oltre ad un progetto di ricerca valido, è necessario dimostrarne l’originalità e la rilevanza.

Cosa consiglieresti a un giovane ricercatore per migliorarsi professionalmente?

Consiglierei di scegliere un percorso di formazione post-laurea mirato a sviluppare determinate competenze nell’ambito lavorativo in cui ci si vuole specializzare. Sicuramente un’esperienza all’estero aiuta, come è stato nel mio caso, magari con l’idea, un giorno, di riportare queste competenze “a casa”.

Emanuele Chiara, Claudia Di Mento

Carcere ai giornalisti: la Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità della pena detentiva

Durante la seduta del 22 giugno, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13 della legge n.47 del 1948, la cosiddetta “Legge sulla stampa”. Il disposto prevedeva l’obbligo di pena detentiva da uno a sei anni ed il pagamento di una multa per i giornalisti condannati per diffamazione commessa a mezzo stampa. Ad affermarlo, il comunicato stampa rilasciato da Palazzo della Consulta subito dopo la fine della seduta del 22 giugno.

Le questioni sottoposte al vaglio Costituzionale

La Corte Costituzionale ha discusso sulle questioni di legittimità sollevate dai Tribunali di Salerno e di Bari circa l’art.13 della suddetta legge e circa l’art.595, comma tre, del Codice Penale, che prevede, per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicità, la reclusione da sei mesi a tre anni oppure, in alternativa, il pagamento di una multa.

(fonte: giornalismocostruttivo.com)

I Tribunali avevano sollevato le questioni di legittimità sulla base degli artt. 3212527 Cost. e art. 117, c. 1 Cost. in relazione all’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Sono poi stati addotti ulteriori profili:

  • per violazione degli artt. 3 e 21 Cost., in quanto «manifestamente irragionevole e totalmente sproporzionata rispetto alla libertà di manifestazione di pensiero, anche nella forma del diritto di cronaca giornalistica, fondamentale diritto costituzionalmente garantito dall’art. 21 Cost., la cui tutela, in assenza di contrari interessi giuridici interni prevalenti, non può che essere favorevolmente estesa nelle forme stabilite dalla giurisprudenza della Corte EDU, eliminando così, salvi i “casi eccezionali”, anche la mera comminazione di qualunque pena detentiva»;
  • per violazione del principio di offensività, desumibile dall’art. 25 Cost., «in quanto totalmente sproporzionata, irragionevole e non necessaria rispetto al bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici in questione, ovvero il rispetto della reputazione personale»;
  • per contrasto con la funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27, terzo comma, Cost., perché la sanzione detentiva sarebbe inidonea a garantire il pieno rispetto della funzione generalpreventiva e specialpreventiva della pena stessa»; essendo sproporzionata ai principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte EDU, risulterebbe in concreto inapplicabile e, perciò, inidonea a orientare la condotta sia della generalità dei consociati, sia del singolo giornalista.

La sentenza della Corte ed il suo iter

Quanto alla decisione, i giudici hanno dichiarato l’incostituzionalità dell’art.13 della L. 47/1948 facendo salvo, invece, l’art. 595, comma tre, del Codice Penale, affermando che «quest’ultima norma consente infatti al giudice di sanzionare con la pena detentiva i soli casi di eccezionale gravità».

Ma le questioni erano state discusse dalla Corte ancor prima della giornata di ieri e, più precisamente nella seduta del 9 giugno 2020. Dal comunicato stampa di allora risaltava un esempio di «incostituzionalità prospettata», espediente utilizzato in precedenza nel processo Cappato. In particolare, con questo espediente la Corte lascia intendere l’incostituzionalità della norma in questione concedendo però al Parlamento un certo margine di tempo per ovviarvi.

(fonte: stamparomana.it)

Anche in questo caso, l’ordinanza successiva alla seduta del giugno 2020 aveva sancito la necessità di un intervento legislativo che introducesse una «complessa operazione di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, diritti entrambi di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale». Ribadendo, poi, l’orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha condannato l’Italia ben quattro volte negli ultimi quindici anni per l’incompatibilità delle pene detentive per i reati di diffamazione a mezzo stampa con la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

L’art.10 della Convenzione fa salvo il disposto dell’art.13 della legge del ’48 soltanto in casi eccezionali, vale a dire quelli di grave lesione di altri diritti fondamentali, come ad esempio nel caso di diffusione di discorsi d’odio o di istigazione alla violenza. E secondo questo orientamento si è pronunciata anche la nostra Corte Costituzionale.

Legge di riforma sulla stampa, ma quando?

Dall’ordinanza della Corte Costituzionale di giugno 2020, il Parlamento non ha ancora emanato una legge di riforma. Il ddl Caliendo in materia di diffamazione a mezzo stampa – tra l’altro aspramente criticato dall’Ordine dei Giornalisti così come da FNSI e FIEG (federazioni legate all’Ordine dei Giornalisti) – ha iniziato il suo iter nel 2018 e giace presso la Commissione permanente di Giustizia da luglio 2020. In sostanza, l’iter rimane lento e travagliato nonostante le numerose sollecitazioni della Corte Costituzionale sia nell’ordinanza 2020 che in quella del 2021.

 

Valeria Bonaccorso

Giovedì 28 il webinar “Giornalismo d’inchiesta e studenti: la stampa universitaria sulle spalle dei giganti”

Il giornalismo di ieri e di domani si incontrano nell’oggi e più precisamente giovedì 28 gennaio alle 10.30, nel corso del webinar organizzato da UniVersoMe, insieme all’Università di Messina, con “Noi Magazine” nell’ambito del progetto di partecipazione all’inserto di Gazzetta del Sud; l’evento sarà accessibile tramite la piattaforma Microsoft Teams e visibile in contemporanea sulle pagine Facebook ufficiali dei partner dell’evento.

Durante il seminario si ripercorreranno le gloriose orme del passato del giornalismo d’inchiesta e si riattualizzeranno, cercando un punto di incontro tra le ondate del mondo dell’informazione che in certi ambiti risultano discordanti e distanti.

Dov’è finito il giornalismo investigativo? Quali sono i suoi prototipi per il futuro prossimo? In che modo il giornalista del presente – e del futuro – può ritrovarsi nel suo ruolo democratico e riemergere dalle ceneri del sensazionalismo e dell’omogeneità?

L’incontro vedrà come ospite Giulio Francese, presidente del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti Sicilia, e come relatori il prof Giovanni Moschella, prorettore vicario UniMe e Presidente del Centro Studi sulle Mafie, Alessandro Notarstefano, Direttore responsabile di Gazzetta del Sud e Vincenzo Ciraolo, Segretario dell’Organismo Congressuale Forense. I lavori saranno introdotti dai saluti del Rettore Salvatore Cuzzocrea e del Presidente della Società Editrice Sud (SES) Lino Morgante; la diretta sarà poi moderata moderata dal Coordinatore generale di UniVersoMe, Emanuele Chiara e dalla giornalista di Gazzetta del Sud Natalia La Rosa, responsabile dell’inserto “Noi Magazine”; l’evento online si svilupperà anche attraverso gli interventi della responsabile Unit creativa e rubrica Eventi di UVM, Cristina Geraci e della responsabile della rubrica di Attualità, dott.ssa Martina Galletta.

Un carnet di ospiti e relatori che analizzeranno storicamente, sociologicamente e giuridicamente il giornalismo d’inchiesta, prezioso quanto raro alleato della società democratica e lo metteranno a confronto con le sue espressioni del presente.

La storia conta straordinari padri del giornalismo investigativo, uno fra tutti Mario Francese, “Il giornalista con la schiena dritta” – come recitava il titolo del primo convegno in suo onore organizzato da UVM nel 2019 –  di cui la testata universitaria vuole onorare ancora una volta il ricordo organizzando un nuovo incontro – questa volta online – con il figlio Giulio, in una data vicina al 26 gennaio, giorno in cui si ricorda la sua scomparsa.

Locandina dell'evento

Nella ricerca degli esempi da seguire si approfondirà il ruolo del giornalismo universitario – anch’esso raro e straordinario- il quale oggi assurge a un ruolo di avanguardia nella lotta alla disinformazione che affligge le nuove generazioni. Una sfida che anche UniVersoMe si impegna a vincere controbilanciando lo scetticismo e l’apatia informativa dei più giovani con una spinta verso l’impegno attivo negli ambiti dell’informazione, sia da redattori che da lettori.

L’evento darà accesso al riconoscimento di 0,25 CFU per gli studenti iscritti all’Università di Messina previa compilazione in entrata e uscita dell’apposito format che verrà fornito nel corso dell’incontro.

Martina Galletta

I ragazzi del Verona Trento incontrano il direttore della Gazzetta del Sud

 

Giornalismo e nuove generazioni. I ragazzi dell’istituto Verona Trento hanno avuto l’occasione di incontrare il direttore della Gazzetta del Sud.

È tutto merito del progetto “Gazzetta del Sud in classe con Noi Magazine”, coordinato dalla giornalista Natalia La Rosa e voluto nell’istituto tecnico messinese dalla preside Simonetta Di Prima.

Realtà e verità, questo il tema cardine dell’incontro con il direttore responsabile della Gazzetta del Sud Alessandro Notarstefano.

Le classi quarte e quinte hanno avuto la possibilità di riflettere sulla necessità di essere obiettivi nel racconto della realtà.

 

Gazzettadelsud.it

 

Temi di spicco sono stati anche l’ormai noto “scontro” tra online e informazione su carta.

L’attenzione è stata poi spostata sulle modalità: è meglio un’informazione rapida, a portata di click, o un articolo approfondito?

Tra queste argomentazioni il filo conduttore era sempre la necessità che a guidarci sia il senso di responsabilità.

In una realtà in cui le fake news fanno da padrone e dove nulla è verificabile, incontri simili possono aiutare le giovani generazioni a informarsi consapevolmente e a contribuire all’informazione di altri con coscienza.

 

Angela Cucinotta

Una vita meravigliosa pur partendo da un forte dolore: Lucio Presta, un uomo “Nato con la camicia”

Giovedì 28 marzo 2019. Ore 16.30.  Piazza Pugliatti. Rettorato. Accademia Peloritana dei Pericolanti. Lucio Presta, agente e produttore dello spettacolo, ha presentato il suo nuovo libro dal titolo “Nato con la camicia”. Libro dai forti tratti autobiografici, scritto in collaborazione con la cugina, nonché coautrice: Annamaria Matera. La storia di Lucio Presta è quella di un’Italia che ci piace raccontare e conoscere – cita il Magnifico Rettore prof. Salvatore Cuzzocreaun uomo del Sud che inizia la sua storia parlando di un momento difficile, che, nel corso della sua vita, ha comunque contribuito a rendere forte il legame con la sua terra. L’iniziativa è stata organizzata nell’ambito delle attività del Corso di Laurea triennale in Scienze dell’Informazione: Comunicazione pubblica e Tecniche giornalistiche, ed ha coinvolto anche alcuni studenti del DAMS.

©SofiaCampagna (incontro con Lucio Presta), Accademia Dei Pericolanti – Messina, Marzo 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©SofiaCampagna (incontro con Lucio Presta), Accademia Dei Pericolanti – Messina, Marzo 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’autore, orfano di madre sin dalla nascita, ha scritto questo libro spinto dal desiderio fortissimo di raccontare una persona così diversa da quella percepita dall’opinione pubblica e da quello che è il suo mondo lavorativo e non. Come lui stesso ha dichiarato durante l’incontro:

Lo dovevo ai mie figli. Volevo che i miei figli conoscessero da dove sono partito e com’ero arrivato a loro. Sono partito dalla curiosità di conoscere cosa fosse successo la notte della mia nascita, cioè cose terribili e straordinarie nello stesso tempo, che mi hanno regalato una vita meravigliosa pur partendo da un forte dolore. Poter condividere con gli altri la possibilità di dimostrare che da un dolore può nascere una storia bellissima era davvero necessario; potevo raccontarlo solo in prima persona.

©SofiaCampagna (incontro con Lucio Presta), Accademia Dei Pericolanti – Messina, Marzo 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nero su bianco viene descritta la perdita della figura materna, nel giorno della sua nascita, tra la notte del 13 e 14 febbraio 1960, la scoperta di un fratello sconosciuto, il difficile rapporto con il padre, la zia che lo ha cresciuto come un figlio, la morte della prima moglie, madre della sua prole. Le donne della sua vita, capaci di comprendere che dietro al professionista inflessibile si celava un uomo fragile che non ha mai realizzato il sogno di ricevere il bacio tanto desiderato della madre. Un viaggio nel tempo, uno sfogo per narrare a penna ciò che non è in alcun modo facile spiegare a parole, una storia privata, intima, fatta di momenti felici ed episodi drammatici, sicuramente saturi di significato che lo hanno portato ad essere un uomo “nato con la camicia”. Da qui il titolo del “diario-romanzo” edito da Mondadori Electra. Nelle sue parole è presente il sud, ha un forte senso di appartenenza: cosentino di nascita e di madre di origini messinesi. C’è un amore viscerale per quella terra che è l’unico luogo in cui si sente davvero sicuro. Emozioni, esperienze, sensibilità che non riescono ad essere contenute.

Quasi due ore di dialogo in cui il brillante manager si è messo a nudo e ha portato alla luce una storia tanto triste quanto bella. All’incontro erano presenti oltre al Magnifico Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, il Direttore del Dipartimento DICAM, prof. Giuseppe Giordano, ed il prof. Marco Centorrino, docente di Sociologia della Comunicazione.

 Gabriella Parasiliti Collazzo