Chauvin dichiarato colpevole per la morte di George Floyd. Biden: “É ora di cambiare”

Guilty” (colpevole) è la sentenza emessa dal Tribunale di Minneapolis per il poliziotto Derek Chauvin, accusato di aver ucciso George Floyd il 25 maggio 2020. Quest’ultimo era stato trovato in possesso di una banconota falsa da 20 dollari.

Costretto dagli agenti intervenuti a rimanere immobile, a terra ammanettato, è morto in seguito al soffocamento causato dal ginocchio di Chauvin stretto sul suo collo per più di nove minuti. Non ci sono più dubbi. La violenza non si è arrestata neanche dopo le implorazioni e ultime parole di Floyd I can’t breath, divenuto poi simbolo di numerose proteste in tutta l’America.

Chauvin lascia l’aula dopo la sentenza della sua condanna, in custodia alle autorità. Fonte: Deutsche Welle.

La sentenza

Chauvin è tre volte colpevole: per omicidio colposo, per omicidio di secondo grado preterintenzionale e per omicidio di terzo grado. Una decisione che ha richiesto solo due giorni di deliberazione e che, per questo, aveva lasciato presagire la lapidaria sentenza dei giudici di Minneapolis che, senza attenuanti, potrebbero far rischiare all’ex poliziotto fino a 40 anni di carcere.

Mentre Chauvin si allontana in manette dall’aula del tribunale, in custodia alle autorità, fuori la folla esplode di entusiasmo con con applausi e cori che invocano Justice!. Scene analoghe hanno attraversato molte altre città americane, da Times Square (New York) a Washington, fino a Los Angeles e Chicago. Nella stessa città in cui si è consumata l’ingiustizia è stato dichiarato lo stato d’emergenza, in via del tutto precauzionale, schierando la guarda nazionale nei punti nevralgici.

Oggi si rivendica una “svolta storicaper gli Stati Uniti, come affermato dal legale della famiglia Floyd.

Il supporto del presidente Joe Biden

Joe Biden conferma il suo supporto alla causa e dichiara: “Bisogna riconoscere e confrontare il razzismo sistemico, nelle attività di polizia e nel sistema della giustizia”. Fonte: Corriere della Sera.

Lo stesso Joe Biden, che aveva espresso vicinanza ai familiari della vittima con una telefonata del tutto eccezionale, si è spinto a parlare di “prove schiaccianti” emerse durante il processo, auspicando la fine delle violenze razziste e l’inizio di una nuova stagione sociale per il Paese:

E’ stato un omicidio in piena luce, che ha strappato i paraocchi e tutto il mondo ha potuto vedere. Il razzismo sistemico è una macchia sull’anima dell’America” e ancora Dobbiamo ricordare le sue parole “non posso respirare” per cambiare. Questo può essere un momento di significativo cambiamento”.

La denuncia delle violenze

E’ stato uno dei processi più seguiti nella storia d’America, che ha tenuto tutti col fiato sospeso, per il timore delle eventuali conseguenze che una decisione differente da quella emessa oggi avrebbe potuto scatenare, in particolar modo per alcune comunità, come quella afroamericana e ispanica, spesso oggetto di violenze da parte della polizia americana.

Proteste per George Floyd a Minneapolis. Fonte: Il Post. 

Secondo le statistiche, infatti, dal 2005 solo sette agenti sono stati trovati colpevoli in casi violenza letale, mentre sono circa 1.100 le persone uccise durante interventi della polizia americana. Eventi drammatici che hanno trovato voce nel movimento di protesta Black Lives Matter, che ha denunciato il controverso uso della forza letale da parte degli agenti e si è, inoltre, attivato per chiedere giustizia di altre vittime dopo la morte di Floyd; l’ultima, quella del ventenne afroamericano Daunte Wright, ucciso qualche giorno fa da un agente che sostiene di aver utilizzato erroneamente la pistola invece del teaser.

La riforma George Floyd Justice in Policing Act

Il verdetto di oggi assume, dunque, un valore altamente simbolico, che vuole consegnare al Paese la pace sociale, assente dalle ultime proteste, e la speranza di una riforma della polizia, sia a livello locale che federale, che necessita di essere realizzata in tempi più celeri.

La riforma, chiamata “George Floyd Justice in Policing Act“, sostenuta in prima linea dalla vice-presidente Kamala Harris, crea standard nazionali per gestire l’ordine pubblico, vieta tecniche di strangolamenti e banche dati sugli agenti accusanti di abusi, fino a una revisione radicale dell’immunità, concessa ai poliziotti in caso di accuse di maltrattamenti verso i civili. Nonostante ciò, la riforma sembra essere destinata ancora a lungo a rimanere bloccata in Senato, sia perché contrariata all’unanimità dai repubblicani sia per due defezioni democratiche. 

 

Alessia Vaccarella

L’offensiva di Anonymous vuole rivelare cosa si nasconde dietro il sistema giudiziario americano

Dopo la notizia della morte dell’afroamericano George Floyd , avvenuta la scorsa settimana,  per mano degli agenti di polizia di Minneapolis, il popolo americano non è rimasto con le mani in mano ma ha deciso di scendere in piazza a protestare. Il video dell’arresto, infatti, è fin da subito diventato virale sul web, mostrando la brutalità degli agenti americani e, in particolare, del poliziotto Derek Chauvin.
Questo è solo uno dei tanti casi di razzismo che negli anni hanno portato alla morte di persone nere, per mano di poliziotti americani. Dopo un primo rapporto in cui si dichiarava di essere davanti ad un incidente medico e che George avesse posto resistenza al fermo dei poliziotti, il tutto è stato smentito. “Morto per asfissia dovuta a compressione del collo e della schiena”, come rivelato dall’autopsia indipendente che la famiglia di George Floyd ha fatto eseguire sul corpo del 46enne.La morte di George Floyd e la società della "supremazia bianca"

Cos’è Anonymous?

La protesta per la morte di George non ha interessato solo i cittadini americani, ma anche l’organizzazione Anonymous.

Innanzitutto chiariamo cos’è ANONYMOUS. Si tratta di un’organizzazione di cyber attivisti composta da membri anonimi. I cosiddetti hacktivisti condividono una sorta di codice etico basato sulla libertà d’espressione e sulla lotta contro ogni tipo di ingiustizia. Questi giustizieri intraprendono proteste e altre azioni sotto l’appellativo di “Anonymous”  e più genericamente anche per riferirsi ai sostenitori e ai seguaci della subcultura di internet. Il noto gruppo di hacker agisce attraverso la pubblicazione di materiale riservato o attacchi informatici, mantenendo l’anonimato attraverso l’uso della maschera di di Guy Fawkes, resa famosa dal film “V per Vendetta” e che si ispira al cospiratore inglese che nel 1605 tentò di fare esplodere il Parlamento.

L'offensiva di Anonymous contro Trump e la polizia

Anonymous e la controffensiva

Il gruppo di Cyberattivisti ha deciso di esporsi nella vicenda legata alla morte di George Floyd, dichiarando di voler fare luce sul sistema delle forze dell’ordine americane (additando il dipartimento di Minneapolis come il peggiore). L’organizzazione, oltre a postare un video in cui annuncia il proprio intervento per mostrare i reati commessi dalle forze dell’ordine (insabbiati negli anni), ha pubblicato un documento riguardante il presunto coinvolgimento del presidente americano Donald Trump nella rete di traffico e stupro minorile, che ha visto come principale protagonista Jeffrey Epstein, criminale statunitense morto in circostanze misteriose in un carcere di New York. Morte di cui si ignorano i mandanti, visto le numerose accuse rivolte a Trump sulla presunta partecipazione alla cospirazione a Epstein; avvenuta (presumibilmente)  per insabbiare il passato misterioso sul traffico di minori e abusi sessuali che vedrebbe come protagonista il presidente Americano.

Il filmato in rete

Il filmato che in poche ore è diventato centrale sui media, mostra il solito uomo incappucciato con la voce modificata che accusa il sistema delle forze di polizia americane, (in particolar modo riferendosi al distretto di Minneapolis) di essere colpevole di omicidi e corruzione. Morti oscure come quelle di Jamar Clark, Justine Diamond,Thurman Blevins Brian Quinones, in cui video e altre testimonianze mostrano le bugie della polizia. Ma non solo: continua sostenendo di come i poliziotti della città abbiano il consenso da parte delle élite al potere per reprimere la popolazione e creare un regime basato sull’oppressione.

“Negli ultimi vent’anni 193 persone sono state uccise dalla polizia nel Minnesota”, dice l’esponente di Anonymous nel video puntualizzando che “purtroppo, nella maggior parte dei casi, l’unico rimasto a raccontare la storia è l’agente che ha ucciso la persona”.

Un ciclo che continua a ripetersi. Assassini che portano una divisa, dichiarando di voler proteggere la popolazione, quando forse è la popolazione a dover proteggersi da loro. Si tratta di pedine mosse dalle lobby al potere, pedine che non pagheranno mai per i crimini commessi, perchè solo la base di un sistema più ampio.

Nella parte finale del video gli attivisti annunciano di voler rivelare al mondo intero i vari crimini insabbiati commessi dal sistema giudiziario corrotto.

Poche ore dopo il sito della polizia è andato in down. Anonymous dai vari profili social rivendica di essersi introdotto nel sistema radio della polizia di Chicago diffondendo la canzone “Fuck the police” sulle frequenze utilizzate dalle forze dell’ordine per le comunicazioni e di aver diffuso un documento che coinvolgerebbe il presidente americano. Non sappiamo ancora se la causa del down sia stata una mossa strategica da parte della polizia di Minneapolis per prevenire l’attacco o sia il frutto dell’hackeraggio del noto gruppo di cyber attivisti. Ciò che percepiamo è di come il popolo americano sia stanco di queste continue violenze e repressione e forse stia cominciando a capire ciò che nascondono dietro.

Eleonora Genovese

Libertà fondamentali e Coronavirus: ecco perchè il mondo non può non protestare

L’emergenza Covid-19 ha riscritto molte regole sociali e della vita quotidiana.

Siamo stati costretti a rinunciare a molte attività e la quarantena ha modificato i ritmi del mondo.

Restano però molti ambiti che non hanno ancora una chiara ri-scrittura.

Questi non possono che essere quelli in cui sono coinvolte un gran numero di persone, dove il rischio di un incremento del contagio è altissimo.

Gli “assembramenti” veri e propri, consentiti e sicuri, sono ancora molto lontani dalle nostre possibilità.

Le libertà di riunione e manifestazione sono ancora da limitare, se vogliamo evitare il disastro.

Ma cosa accade quando l’esercizio di queste libertà si fa impellente e necessario?

Riunirsi e manifestare è una diretta conseguenza di ciò che accade nella società.

È una risposta agli eventi che, in determinati casi, può costituire l’unica modalità di esercizio del potere.

In questi giorni sono diversi gli eventi che hanno riportato a galla questa necessità.

In diverse occasioni la gente si è riversata in strada, sia rispettando sia violando le disposizioni di sicurezza.

Sembrano surreali le immagini di folle numerose per le strade dopo tutti questi mesi di quarantena.

Il pericolo di quelle azioni è palpabile attraverso uno schermo e temiamo che l’incubo abbia di nuovo inizio.

 Ma dove si è riversata in strada la gente?

Ad Hong Kong già dall’inizio di maggio

Hong Kong aveva una situazione difficile già da prima della pandemia.

Molte manifestazioni sono avvenute nei mesi precedenti, per difendere quello che chiamano “Una Cina, due sistemi”.

Il loro obiettivo è difendere la propria autonomia e contestare la sempre più preponderante influenza del governo cinese.

Dopo la pandemia una delle prime manifestazioni, pacifica ma non autorizzata, è avvenuta in un centro commerciale, dove si è creato un assembramento.

In questi giorni invece le proteste stanno tornando nelle strade cittadine, dove la repressione della polizia si è fatta più intensa.

Negli Stati Uniti, per la morte di George Floyd

È avvenuto martedì l’omicidio di George Floyd da parte della polizia del Minnesota.

Un poliziotto bianco ha soffocato col suo ginocchio l’afroamericano Floyd, sommando l’accaduto alla numerosa collezione di episodi di razzismo da parte di agenti di polizia bianchi.

In questi giorni sono molte le manifestazioni del movimento Black Lives Matter.

Ci sono episodi di marce pacifiche ma sono numerosi gli scontri e gli atti di vandalismo, che in queste ore si stanno scontrando con le forze di polizia.

I Gilet Arancioni, in Italia

In queste ore l’indignazione per aver ignorato le misure di sicurezza sta sommergendo il web.

In diverse città italiane, ma soprattutto a Milano, sono avvenute delle manifestazioni dai toni un po’ estremisti.

Il movimento infatti chiedeva un ritorno alla lira italica e un governo votato al popolo.

Questi, i tre maggiori episodi di riunione e manifestazione.

 

Cosa possiamo dedurre?

Ognuna di queste manifestazioni ha un suo perchè impellente. Talmente forte da superare la paura per un nuovo contagio, sia che si tratti di eventi autorizzati o meno. 

L’emergenza Covid ha reso necessaria la limitazione delle libertà fondamentali.

E chiedersi fino a che punto questo sia possibile è legittimo.

Il diritto ci risponde sostenendo che è necessario attuare un bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti.

Per citare il nostro riferimento costituzionale potremmo ricordare l’articolo 16 della Costituzione, il quale afferma che la legge può stabilire limitazioni per motivi di sanità o sicurezza.

È tuttavia necessario riflettere sui motivi che hanno portato alle tre grandi mobilitazioni di cui abbiamo parlato.

Scendere in piazza a volte può essere l’unico strumento di esercizio del potere popolare contro un’entità più grande, come nel caso di Hong Kong, in cui è minacciata la libertà stessa di una nazione.

Oppure, come nel caso americano, l’unico modo affrontare collettivamente una piaga sociale (quella delle discriminazioni razziali in questo caso).

E infine, anche se per motivi concretamente estremisti, la discesa in piazza può figurativamente essere espressione di mesi di legittima “repressione” per evitare il contagio, e quindi un monito a non dimenticare che la normalità è esercitare liberamente i propri diritti.

In questa sede non si intende affatto giustificare le ragioni delle manifestazioni soprattutto la violazione delle misure di sicurezza.

 Tuttavia è necessario renderci conto che, senza la giusta accortezza, quella a rimanere più indebolita da questo virus potrebbe essere proprio la democrazia.

 

Angela Cucinotta