Il gene dei serial killer: la criminalità è una questione genetica?

Sin da sempre nella storia dell’uomo, scienziati, psichiatri e professionisti di ogni tipo, hanno cercato una ragione dietro crimini atroci come l’omicidio.  Se fino a poco tempo fa non sembrava esserci una vera motivazione genetica, adesso invece si potrebbe ritrovare nella mutazione del gene che codifica per l’enzima MAO-A.

Fonte: Ansa

Cosa sono le MAO-A

Le ammino ossidasi o monoammino ossidasi (MAO) sono enzimi appartenenti alla classe di ossidoreduttasi (enzimi che catalizzano il trasferimento di elettroni da una molecola ad un’altra).
Distinguiamo le MAO-A  e le MAO-B. Le prime sono associate al metabolismo di neurotrasmettitori come adrenalina, dopamina, noradrenalina e serotonina, mentre le seconde al metabolismo di tiramina e beta-feniletilammina. Sembra esserci una diretta correlazione tra mutazioni del gene che codifica per le MAO-A, o livelli alterati degli stessi, e disturbi vari come quello dell’attenzione, fobie sociali, iperattività ecc.

Fonte: Wikimedia

La correlazione con la criminalità

Il gene che codifica per le MAO-A si trova nella parte più corta del cromosoma X. La sua mutazione sarà recessiva e più fenotipicamente osservabile nei soggetti di sesso maschile piuttosto che in quelli di sesso femminile. Una mutazione a carico del gene che codifica per le MAO-A, si traduce in un comportamento aggressivo solitamente visibile già in giovane età. Tutto questo è possibile spiegarlo perché le MAO-A sono coinvolte in processi metabolici di neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina, conosciuta come “l’ormone della felicità”. Tutti i neurotrasmettitori il cui metabolismo dipende dalle MAO, controllano il nostro umore, il sonno, l’appetito e altri processi essenziali.
I soggetti cresciuti in un contesto sociale abusivo e traumatico sono più predisposti ad avere inattività enzimatica o sregolata del gene mutato che codifica per le MAO-A, con conseguente atteggiamento aggressivo e impulsivo.

I casi italiani

Il 1 ottobre 2009, con la sentenza n.5 della corte d’Assise di Trieste, è stato determinato per la prima volta in Italia il grado di capacità di intendere e di volere basato su fattori genetici in un caso di omicidio. Questa sentenza non solo fu rivoluzionaria, permettendo la riduzione della pena da 9 a 8 anni ma fu anche oggetto di parecchie controversie e pareri contrastanti nel mondo scientifico.
Nel 2020 si è tornati a parlare di fattori genetici come attenuanti in caso di omicidio. La vittima si chiamava Viktoriia Vovkotrub, uccisa dall’ex compagno Kadrus Berisa, la cui difesa provò a premere su questi fattori genetici.

Gli studi

Se da un lato degli studiosi, come James Fallon, sostengono che anche la genetica faccia la sua parte e sia predisponente dall’altro altri studiosi non credono che la genetica abbia un ruolo cruciale nei crimini e che bisogna piuttosto osservare la psicologia del soggetto e il suo contesto sociale. A essere letale, secondo Fallon, è quindi la combinazione fra fattori biologici e un’esposizione alla violenza in un periodo significativo come l’infanzia.

La psicologa e professoressa associata Kanika Bell, si proclama scettica: “Siamo assetati di risposte che possano spiegare questo fenomeno. Quando facciamo questo tipo di lavoro, cerchiamo trigger che riguardino l’ambiente in cui l’individuo è cresciuto, solitamente cerchiamo fattori psico-sociali e dinamiche legate alla vita in famiglia che possono portare un individuo a sviluppare la capacità di compiere atrocità. Non penso che abbiamo studi che possano effettivamente dimostrare dei marker genetici”.
James Fallon, di contro, afferma che Un bambino abusato o abbandonato, con forti traumi infantili, se possiede quel gene è portato a sviluppare comportamenti psicopatici violenti.”

Conclusioni

Anche nella cultura pop, serie tv seguitissime come Riverdale hanno accennato al ‘gene dei serial killer’, affondando comunque le radici in questi studi. Rimane comunque il dubbio: la genetica può veramente indurre a compiere crimini atroci?

 

Francesca Aramnejad

Per approfondire:

https://www.ecodibergamo.it/stories/eppen/cultura/scienza/perche-non-sono-un-serial-killer-il-ruolo-dei-geni-e-dellambiente-nello-svilup_1373588_11/

https://www.nature.com/articles/ejhg201031

https://www.oxygen.com/is-there-really-a-serial-killer-gene

https://bsj.berkeley.edu/born-to-kill-the-story-of-serial-killer-genes/ 

https://www.ivg.it/2020/08/il-gene-del-serial-killer/

Giornata delle Malattie Neuromuscolari 2021: novità incoraggianti dalla terapia genica ai farmaci sperimentali

Il 13 marzo 2021, in occasione della Giornata delle Malattie Neuromuscolari 2021, associazioni laiche e scientifiche (AIM e ASNP) hanno portato avanti un progetto volto ad aggiornare un pubblico di ampio respiro, in primis i pazienti e le loro famiglie, ma anche medici e psicologi che si occupano della loro gestione.

I punti salienti:

L’evento live ha visto protagonisti molteplici esperti in materia, che hanno fatto luce su quelle che sono patologie, ereditarie o acquisite, interessanti il motoneurone, il muscolo, la giunzione neuromuscolare o il nervo periferico. Si tratta di forme estremamente eterogenee: alcune di queste sono malattie del motoneurone (come la SLA), altre forme distrofiche e forme infiammatorie.
Comportano disturbi del movimento, paralisi, difficoltà nello svolgere attività fisiologiche come deglutire, camminare correre.
Sebbene siano forme rare, sono da attenzionare in quanto compromettono notevolmente la qualità della vita del soggetto, considerando per di più che le fasce più colpite sono bambini e giovani adulti.

Fonte: https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/18_marzo_02/centri-malattie-neuromuscolari-49184256-1e3f-11e8-af9a-2daa4c2d1bbb.shtml

Tutto ha inizio da una corretta diagnosi

Il Professor Carmelo Rodolico ed a seguire la Professoressa Olimpia Musumeci (UOC di Neurologia e Malattie Neuromuscolari) illustrano come eseguire una attenta procedura diagnostica.
Di fondamentale importanza è l’anamnesi, personale e familiare, al fine di individuare altri casi tra parenti prossimi nell’ipotesi di una forma congenita. Altro fattore importante è l’età, in quanto l’orientamento diagnostico sarà diverso a seconda del momento di insorgenza. Saranno poi necessarie determinazioni di laboratorio (CK sieriche e LDH), analisi genetiche nelle forme ereditarie, studi biochimici nelle forme metaboliche e mitocondriali ed elettromiografia. La biopsia muscolare, una volta considerata il gold standard, oggi riveste un ruolo di primo piano nelle malattie da accumulo, infiammatorie e nelle forme genetiche. Infatti, uno stesso gene può essere responsabile di quadri clinici differenti, così come forme cliniche differenti sono associate a mutazioni di geni diversi.
Oggi, l’affinamento della diagnosi è stato possibile grazie a metodiche di sequenziamento dell’esoma che consentono di sequenziare le regioni codificanti del genoma e di identificare tutti i potenziali “geni malattia”. Il limite è la grande mole di dati che si ottiene, pertanto sarà necessaria una scrupolosa cernita per trovare quelle varianti realmente significative.

Nuove speranze dalle terapie innovative e sperimentali

Le novità più recenti riguardo la SMA

L’intervento della Professoressa Messina ha apportato novità circa i risultati delle recenti terapie innovative e sperimentali in ambito di SMA (atrofia muscolare spinale, patologia neuromuscolare caratterizzata da progressiva morte dei motoneuroni).
Un primo studio ha comparato una coorte di 12 pazienti, trattati con terapia genica, con due studi di storia naturale. Ha mostrato un aumento della sopravvivenza accompagnato da un miglioramento funzionale. “Il dato fondamentale – riporta la Prof. Messina – è che due pazienti erano capaci di stare in piedi e camminare autonomamente, mentre solo tre pazienti hanno sviluppato effetti collaterali”. Nel follow-up a 5 anni si è continuato a registrare un aumento della sopravvivenza rispetto all’andamento più aggressivo osservato negli studi di storia naturale.

Altro approccio recente è il Nusinersen, oligonucleotide antisenso che agisce sullo splicing alternativo, determinando una produzione di proteina matura e stabile. Il problema è che va somministrato per via intratecale, cioè all’interno del liquor cefalorachidiano (il fluido presente nel sistema nervoso centrale). Il farmaco è in commercio per tutti i tipi di SMA indipendentemente dall’età. Il primo studio sulla SMA di tipo 1, pubblicato sul “New England Journal of Medicine“, mostrava una migliore sopravvivenza dei bambini trattati. Inoltre il 22% acquisiva il controllo motorio completo del capo, il 18% di sedere autonomamente e l’1% di stare in piedi.

Ultimo approccio innovativo è il Risdiplam. Anch’esso agisce sullo splicing promuovendo la sintesi di una proteina totalmente funzionante. Il farmaco è uno sciroppo e attualmente è previsto un uso compassionevole nelle SMA 1 e 2. In uno studio il 29% dei bambini con SMA 1 era in grado di stare seduto autonomamente per 5 secondi, cosa normalmente impossibile, ed il 95% ha registrato un miglioramento nella capacità di deglutire. Risultati sovrapponibili si sono ottenuti in tutte le fasce di età, non solo nei più piccoli.
Naturalmente, più progredisce la malattia, minori saranno le possibilità di risposta ottimale al trattamento.

Fonte: https://www.stateofmind.it/2018/05/malattie-neuromuscolari-benessere/

L’evoluzione nelle neuropatie disimmuni e genetiche

Altri progressi si hanno in ambito di neuropatie disimmuni, legate ad un’aggressione del sistema immunitario contro antigeni del nervo periferico. La Prof. Mazzeo ha illustrato alcune terapie innovative. “Una terapia ormai consolidata è con immunoglobuline per via endovenosa, anche se, negli ultimi anni, una svolta è stata affiancata dalla somministrazione sottocutanea, che naturalmente garantisce una maggiore adesione del paziente”. Una nuova molecola è l’Efgartigimod, il quale mostra affinità e competitività per il frammento Fc delle immunoglobuline ed è pertanto in grado di ridurre i livelli sierici di IgG (responsabili del danno ai nervi).

Nell’ambito delle neuropatie genetiche, su base ereditaria, una delle più frequenti è la malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT), caratterizzata da debolezza e atrofia dei muscoli che appaiono come “smagriti”. Recentemente è in corso l’utilizzo del BXT3003, una composizione di sorbitolo, baclofene e naltrexone. Studi animali hanno mostrato che la somministrazione di questo composto determina un miglioramento del danno delle fibre nervose in termini di aumento di calibro e dei processi di mielinizzazione.

Le nuove prospettive nella terapia dell’amiloidosi

Altri sviluppi terapeutici si sono avuti in ambito di amiloidosi, patologia caratterizzata da depositi di proteine anomale (come la transtiretina mutata). La forma che interessa il SNP, oltre alla neuropatia somatica, coinvolge il sistema nervoso autonomico. Ne conseguono pertanto disturbi della sfera sessuale, dell’alvo, per poi dare a breve termine un interessamento di organi nobili.
La conoscenza delle alterazioni molecolari alla base ha permesso di identificare nuove molecole che si sono rivelate efficaci nel trattamento. Tra queste il Tafamidis, stabilizzante della transtiretina che impedisce la formazione di fibrille di amiloide.
Terapie estremamente innovative sono quelle di gene silencing. L’Inotersen è un oligonucleotide antisenso, che agisce sull’RNA mutato e wildtype della proteina, determinando una riduzione dei livelli sierici di transtiretina. Altra molecola che permette di raggiungere lo stesso obiettivo è il Patisiran, che agisce con un meccanismo di RNAi (RNA d’interferenza). Lo studio APOLLO, pubblicato sul “New England Journal of Medicine“, ha dimostrato un netto miglioramento dei pazienti che assumevano il farmaco.

Ecco che, a dispetto della grande eterogeneità delle patologie, la Medicina non si arrende! Ciò che dai più è ritenuto “irrisorio”, in realtà sono piccoli grandi tasselli ritrovati nell’estrema complessità della fisiopatologia umana.

Alessandra Nastasi

Fonti:
Webinar “Giornata delle Malattie Neuromuscolari” 2021
https://www.giornatamalattieneuromuscolari.it/

CRISPR Cas9 è Nobel per la Chimica 2020, cos’è?

l Nobel per la Chimica quest’anno è stato “vinto a parimerito” dalla chimica americana Jennifer A. Doudna e dalla biochimica francese Emmanuelle Charpentier, per lo sviluppo di CRISPR Cas9, una tecnica di editing genomico.

In cosa consiste questa scoperta? 

CRISPR cas9 è un metodo per “tagliare e cucire” il DNA nei punti che si desidera.  

Ha già aiutato molti scienziati nello studio e nella cura di molte patologie, negli OGM e nella ricerca di base. 

In molte malattie infatti, ci sono dei geni che sono difettosi o mancanti, oppure come nel caso dei tumori, mutati. 

Tramite questo ingegnoso sistema è possibile andare a tagliare via il gene difettoso e sostituirlo con una copia sana dello stesso, guarendo in una sola volta e definitivamente una determinata patologia. 

 

 

Ma non esistevano già tecniche di editing genomico?  

Sì, ma non erano sicure. 

L’editing genomico è una particolare tecnica di ingegneria genetica in cui si cancella, aggiunge o modifica, una porzione del DNA di un organismo vivente. 

Sin dagli anni 2000, mappato il DNA, si è pensato che una volta capito quale fosse il gene difettoso in una determinata patologia, sarebbe bastato correggerlo per far guarire il malato dalla patologia stessa: nacque così la Terapia Genica. 

 pensò all’inizio di utilizzare le proprietà di alcuni virus con trascrittasi inversa, capaci di inserirsi nel DNA della cellula infettata e vivere in essa per sempre, come ad esempio fa il virus dell’HIV. Questa tecnica tuttavia presentava degli svantaggi: 

Non si riusciva a controllare dove il pezzo di DNA da voler aggiungere fosse inserito. Questo comportava che se da un lato si potesse curare una patologia genetica, dall’altro se ne sarebbe potuta procurare una nuova, visto che inserendo a casaccio del DNA, esso poteva essere letto scorrettamente o poteva far “sfalsare” il resto del DNA, che venendo letto male, avrebbe comportato la nascita di altre patologie genetiche. 

 

Sarebbe come inserire una frase a caso in un libro, il lettore sarebbe confuso e potrebbe travisare il significato dell’intero paragrafo 

 ZFN e TALENs

Successivamente, sempre prima di CRISPR cas9, vennero utilizzate le tecniche ZFN (Zinc Finger Nucleases) e TALENs (Transcription activator-like effector nucleases). In queste due tecniche, venivano usate delle nucleasi, ovvero specifici enzimi che tagliano il DNA, per tagliare e successivamente inserire il DNA voluto all’interno del genoma dell’organismo. 

Le “dita di zinco” sono delle particolari proteine che abbiamo tutti nelle nostre cellule, che consentono di legare il DNA in specifici punti, si è pensato quindi di modificare queste proteine per realizzare appunto la tecnica ZFN. 

Crediti  immaginenature.com 

 

Mentre per la TALEN ci si è ispirati a delle proteine dette TALprovenienti dalle piante che le usano per difendersi da batteri o altri microorganismi, capaci anch’esse di legare il DNA in specifici punti e quindi tagliarlo. (1)

Crediti immagine: researchgate.net 

Qual era il problema di queste due tecniche?  

Che usavano delle proteine (strutture fatte da amminoacidi) per legare il DNA, che è  fatto di nucleotidi. Questo comportava una certa imprecisione, visto che per quanto specifiche, sequenze di DNA simili a quelle che si volevano modificare potevano essere presenti in altre parti del DNA, andando quindi a ricadere nell’errore di modificare parti non volute del genoma, con tutte le possibili patologie che ne potrebbero derivare nel caso della cura di malattie, o di inefficienza parlando di OGM. 

La svolta di CRISPR Ca9 

Nel 2011, Emanuelle Charpentier, studiando un batterio patogeno per l’uomo, lo Streptococcus Pyogenes, si accorse che questo batterio aveva un’arma per difendersi dai Batteriofagi (virus che attaccano i batteri). 

L’arma in questione era CRISPR. Letteralmente Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeatstraducibile con “brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari” 

In pratica il batterio che era stato attaccato da un virus, ne memorizzava il DNA o RNA, inserendolo poi nel suo Genoma, per far sì che ad una eventuale reinfezione, trascrivendo l’RNA da quelle sequenze che aveva memorizzato tramite CRISPR, poteva produrre delle sequenze di RNA complementari a quelle del virus, bloccandolo e avendo così una sorta di “immunità” ad esso (questo meccanismo è conosciuto come “RNA interference)  (2)

Crediti immagine: researchgate.net 

Non era nuovo questo meccanismo, in quanto fu notato per la prima volta nel 1993 dal biologo marino Francisco Mojica, in una serie di batteri. 

Dove sta quel plus che ha fatto vincere il Nobel alle due scienziate? 

Una scoperta quasi per caso: 

L’intuizione della scienziata Charpentier, sta nel fatto di aver notato che questo meccanismo di difesa non usava proteine, ma RNA e DNA come strumenti principali per riconoscere il DNA, per cui aveva una precisione molto maggiore rispetto a qualunque tecnica di editing genomico fino ad allora conosciuta.  

Così nello stesso anno, ha pensato insieme alla scienziata Jennifer Doudnadi iniziare a lavorare alla riproduzione in laboratorio del sistema CRISPR unito alla proteina (sempre batterica) Cas9, che è una endonucleasi, ovvero un enzima capace di tagliare il DNA. 

Cas9, associata a CRISPR e altre proteine come transcrittasi e transattivasi, sarebbe stata in grado di tagliare uno specifico punto indicato dalla sequenza nucleotidica voluta, per poi inserire, sempre con la stessa precisione, un eventuale pezzo di DNA nel punto desiderato. 

Dal 2012 la tecnica si è sparsa per il mondo ed è stata utilizzata per una miriade di esperimenti, dagli OGM, ai biocarburanti alla cura di tante patologie. 

Il Nobel 

Oggi, a distanza di soli 8 anni (un Nobel può richiedere decine di anni per essere assegnato, ma la loro scoperta è talmente importante da aver impiegato pochissimo tempo per essere riconosciuta), le scienziate Charpentier e Doudna ricevono il più ambito dei riconoscimenti scientifici. 

Questa scoperta mostra come oltre allo studio, che alla lunga paga, una buona intuizione ed una vivace creatività sono le armi migliori di uno scienziato. 

Dalla semplice osservazione del sistema immunitario di un batterio, le scienziate sono riuscite a ricavare un potentissimo strumento che aiuterà l’umanità negli anni a venire, in innumerevoli campi tecnico-scientifici. 

Grande plauso quindi a queste grandi scienziate, che possano continuare a migliorare il mondo grazie ad una delle più preziose e nobili attività umane, la ricerca scientifica, e che questo meritatissimo premio possa essere d’ispirazione per le generazioni odierne e future! 

(1) https://upbiotech.wordpress.com/2019/05/27/lediting-genomico-prima-di-crispr-cas/

(2) https://elifesciences.org/articles/13450

 

Roberto Palazzolo

Patologie incurabili, sequenziato per la prima volta un intero cromosoma umano, compresi i telomeri

Progresso tecnologico e speranze future per le patologie incurabili. 

Un team di scienziati statunitensi e britannici ha prodotto la sequenza di DNA senza interruzioni, dall’inizio alla fine, di un cromosoma X umano 

Un telomero è l’estremità di un cromosoma che protegge l’interno del cromosoma stesso dai danni durante la divisione cellulare. Crediti immagine: Darryl Leya, NHGRI 

 

Luglio 2020, una bellissima scoperta scientifica è passata un po’ in sordina. 

Un team di scienziati ha sequenziato interamente un cromosoma umano. 

Ma cosa significa? Non avevamo già sequenziato l’intero genoma umano? 

Sì e no. 

Nel 2000 grazie al “Progetto genoma umano” sono stati sequenziati e mappati tutti i geni (ovvero la parte di DNA che viene “letta” e quindi trasformata in proteina) del nostro DNA 

Tuttavia una parte del genoma, l’eterocromatina, a causa della sua compattezza” è stata impossibile da sequenziare 

In parole povere è come se fossimo riusciti a tradurre un libro senza però riuscire a tradurne la copertina, ma sappiamo tutti che in un libro anche la copertina ha la sua importanza. 

Ma come hanno fatto gli scienziati a sequenziale i Telomeri ed il Centromero, impresa ritenuta prima impossibile? 

Usando una particolare tecnologia con nanopori, sono riusciti ad evitare che le lunghe ripetizioni di nucleotidi che si susseguono in queste particolari regioni del DNA, facessero saltare la DNA polimerasi o peggio rompessero il filamento ottenuto.
La tecnologia a nanopori ha inoltre permesso di identificare sequenze con metilazioni, riuscendo così anche a vedere i cambiamenti epigenetici avvenuti nel cromosoma. 
Per quanto riguarda il centromero i ricercatori sono riusciti ad identificare le varianti della sequenza di ripetizioni, e usando dei marcatori hanno allineato le lunghe stringhe di DNA ottenute per poi unirle, coprendo l’intera lunghezza del centromero. 
Infine, usando software avanzati sono stati in grado di garantire una maggiore precisione per avere una maggiore accuratezza nella sequenza delle basi sequenziate. (1) Continua a leggere “Patologie incurabili, sequenziato per la prima volta un intero cromosoma umano, compresi i telomeri”

Il terzo gemello a metà strada tra etica, genetica e mistero

Un thriller tra scienza ed etica. Voto UvM: 4/5

 

 

 

Il terzo gemello è un’opera dello scrittore britannico Ken Follet pubblicata nel 1996.

L’autore ci propone un accattivante thriller che affascinerà il lettore già dalle prime pagine.

La trama ha come ambientazione Baltimora in cui si presenta sulla scena una giovane e brillante ricercatrice universitaria, Jeannie Ferrami, alle prese con un ambizioso esperimento che si occupa di esaminare gemelli monozigoti separati per caso dalla nascita e cresciuti in contesti sociali ed educativi totalmente diversi.

Attraverso l’esame di questi gemelli, la nostra protagonista scoprirà se il carattere, l’indole o ancor di più la personalità di un individuo possano dipendere esclusivamente da fattori genetici oppure da fattori esterni al soggetto quali l’educazione impartita e il contesto familiare e sociale in cui ha vissuto.

Qualora convivessero questi due fattori, Jeannie dovrà capire in che misura possano essere determinanti oppure quale dei due potrà essere prevalente. Siamo esclusivamente ciò che viene codificato dal nostro Dna o siamo anche il risultato di quello che è il “nostro vissuto”?

 

Per riuscire a portare avanti la propria ricerca Jeannie si imbatte in una matassa da districare, un intrigo “all’americana” che vede come al solito coinvolta la Cia, il Pentagono, gli apparati militari e la tanto agognata corsa alla Casa Bianca.

L’arco temporale della vicenda si dilata in una settimana. Il racconto è lineare: non sono presenti flashback o ring composition; lo stile è scorrevole con una terminologia intellegibile anche quando lo scrittore si cala nel lessico di settore.

L'autore, Ken Follet
L ‘ autore Ken Follet, Wikipedia.org

 

Ken Follet propone al lettore un thriller a sfondo scientifico; non possono non fare da perno alla vicenda esperimenti di ingegneria genetica e il frequente ricorso alle biotecnologie. Fino a che punto sarà possibile utilizzare questi ingegni che il progresso ci ha fatto conoscere? Ed è qui che entra in gioco l’etica.

Dunque genetica, scienza, etica e mistero diventano grazie a Ken Follet “cornice di un quadro” che il lettore non potrà fare assolutamente a meno di ammirare.

                                                                                                                                                                                   Ilenia Rocca