Una notte… a Gazzetta del Sud

È pensiero comune che essere un membro di UVM significhi solamente trascorrere il proprio tempo di fronte lo schermo vuoto del computer.

UVM nella redazione di Gazzetta del Sud
UVM nella redazione di Gazzetta del Sud

Ebbene, non si riduce tutto a quello.

Sì, certo, essere un giornalista richiede di scrivere articoli – ma va! – e a questo incombente lavoro non ci siamo mai sottratti, svolgendolo anche – riconoscetecelo – in maniera piuttosto efficiente.

Ma cosa sarebbe un giornalista senza esperienze?

Gazzetta del Sud, ieri sera, ci ha dato la grandissima opportunità di poterne vivere una assai peculiare.

In visita alla sede, non solo abbiamo avuto modo di vivere la vita redazionale, respirando il frenetico circolare delle idee e ciò che è alla base della creazione delle notizie, ma abbiamo anche visto da vicino quelle stesse notizie farsi cartacee e diventare vera e propria informazione. Quella vecchio stile, impressa nero su bianco su profumati fogli di giornale.

Ed è stato proprio il giornale in sé ad aver catalizzato l’attenzione. In una versione a noi inedita, Gazzetta del Sud ci ha raccontato la sua trasformazione.

Stampa della nuova edizione di Gazzetta del Sud
Stampa della nuova edizione di Gazzetta del Sud

Cosa è cambiato?

«Il design è studiato per guidare il lettore in un’esperienza fluida e coinvolgente, senza distrazioni. Ogni scelta grafica è pensata per lasciare spazio (bianco) alla riflessione, creando una connessione emotiva e cognitiva con il contenuto»

ha spiegato il designer spagnolo Sergio Juan, coordinatore del progetto di restyling.

Minimale e moderna, di una più facile fruizione: la nuova grafica di Gazzetta del Sud ha fatto, infatti, dell’accessibilità il suo cavallo di battaglia.

D’altronde, in un’epoca storica di grandi mutazioni, in cui la carta stampata ha perso attrattiva a favore della velocità e della tempestività del digitale, modificarsi in primis – senza per questo cambiare DNA – potrebbe essere l’unica strada che rimane da percorrere per riuscire a fronteggiarla.

In un’intervista ad Antonino Rizzo Nervo, subentrato alla guida di GdS lo scorso dicembre, il direttore responsabile ha concordato con noi nell’affermare che «il cambiamento del progetto grafico è un segno di vitalità».

Intervista al direttore responsabile Antonino Rizzo Nervo
Intervista al direttore responsabile Antonino Rizzo Nervo

«Il giornale è un prodotto vivo, che si evolve. Ogni tanto, vi è il bisogno di rivisitarlo»

si è, inoltre, espresso a riguardo il presidente Lino Morgante.

Intervista al presidente Lino Morgante
Intervista al presidente Lino Morgante

Quella di Gazzetta del Sud, quindi, non sarebbe solo una “rivoluzione” estetica, ma, innanzitutto, simbolo della sua volontà di sapersi reinventare, al fine di poter rilanciare il proprio ruolo in quanto inestimabile fonte di informazione.

«Il giornale è qualcosa che si legge in poltrona. Nel momento in cui leggi in poltrona, pensi di più rispetto a quando leggi sullo smartphone»

ha aggiunto Rizzo Nervo, sottolineando l’importanza del cartaceo e dell’analisi critica che questo favorirebbe.

In questo senso, sfogliarne le pagine, più che scrollarle, consentirebbe di acquisire una maggiore consapevolezza.

Una consapevolezza che riguarda la sacralità dell’atto in sé e di ciò che di positivo può derivarne.

Gazzetta rende, quindi, evidente la sua intenzione di andare incontro alle esigenze del lettore, per poter creare con lui una comunicazione bidirezionale in grado di scuotere la coscienza e spingere all’azione.

Una trasformazione sentita

Un avvenimento senz’altro suggestivo, quello di cui siamo stati spettatori. Una scelta direzionale che noi, come UVM, condividiamo in pieno.

Durante il suo breve intervento per Scirocco, la nostra coordinatrice, Giulia Cavallaro, ha, di fatto, rivelato:

«Noi stessi, come progetto, abbiamo vissuto una trasformazione. Questo è il giornalismo che continua ad andare avanti.»

I tempi corrono, le mentalità – si spera – evolvono. Non si può rimanere statici e invariati, ferrei in un abito che non ci calza più.

Manteniamo i nostri principi, l’ambizione di creare comunità e confronto, ma prendendoci cura della nostra forma.

Cambiamo, sì, ma rimanendo gli stessi.

A scuola di sopravvivenza dagli studenti fuori sede UniMe. Il lungo “calvario” alla ricerca di una casa “ai limiti della normalità”

 

La vita da studente fuorisede non è fatta solo di mercoledì universitari in cui ci si ubriaca nel locale di turno, sessioni d’esame infinite e ordini su Glovo agli orari più impensabili.

Ph: Alessandra Cutrupia

Dietro le quinte di questo teatro di stress e divertimento è presente un retroscena di difficoltà e fatica, soprattutto nel momento in cui bisogna trovare una casa quanto più possibile dignitosa in cui trasferirsi. Del resto, ognuno prova ad assecondare le proprie esigenze quando cerca un alloggio in affitto. C’è chi non rinuncia alla comodità del wifi, chi si accontenta di una camera doppia o chi, come me, non sopporta il freddo ed è alla ricerca di una stanza provvista di termosifoni.

Grazie a numerose testimonianze raccolte attraverso una serie di interviste a studenti UniMe fuorisede sono giunta ad una conclusione: più che di “esigenze personali” si tratta di una vera e propria questione di sopravvivenza, di esperienze di ragazzi sul filo del rasoio tra rincaro dei prezzi, “innumerevoli disagi” e affittuari con comportamenti molto spesso discutibili.

La prima testimonianza è quella di Luca e Marco, alle prese con un forno da “brividi” e gli annunci sessisti:

Non abbiamo riscontrato problemi irrisolvibili in casa, direi piuttosto che ci sono alcune trovate buffe. Ad esempio gli stipetti della cucina nascondevano gli stickers delle winx al loro interno.

I graffiti poi sono il punto forte della casa! In corridoio abbiamo una raffigurazione dell’albero della vita fatta da qualche inquilino precedente.

Forse uno dei punti deboli dell’alloggio è il forno a gas. Per un periodo non lo abbiamo utilizzato essendo abituati al forno elettrico.

Purtroppo il proprietario non ha sopperito alla mancanza di un forno nuovo con un microonde o un fornetto perciò abbiamo imparato ad utilizzare il forno a gas. Potrebbe esplodere da un momento all’altro ma a noi piace il brivido.

Tutto sommato non ci possiamo lamentare della casa in cui attualmente abitiamo, abbiamo appena rinnovato il contratto ma trovarla è stata una faticaccia. Non c’è molta possibilità per gli uomini di affittare una stanza, tutti gli annunci sono rivolti alle donne.

Giungiamo all’esperienza di Alice:

Ho trascorso due mesi cercando case in affitto a Messina. Ho visto annunci veramente inappropriati.

“Affittasi a studentesse tra i 18 e i 25 anni.” E se io ne avessi 26? Per quale ragione non potrei prendere in affitto quella stanza? Per non parlare dei proprietari che convivono nelle stesse case insieme agli inquilini!

Serena e Rebecca invece ci raccontano della loro privacy turbata:

il nostro proprietario ha dato una copia delle chiavi di casa ad ogni elettricista, imbianchino o idraulico che venisse a riparare qualcosa. Lo abbiamo scoperto una mattina, quando ci siamo ritrovate in casa il tecnico del wifi.

Se quanto scritto finora può sembrare accettabile, dalle parole di Laura si evince un sentimento di sfiducia nei confronti dei proprietari a causa delle gravi problematiche riscontrate: 

I miei sei anni da fuori sede a Messina sono stati un incubo. Il primo appartamento si allagava di continuo a causa delle tubature rotte. Nonostante avessimo firmato un contratto regolare, il proprietario voleva mandarci via di casa con l’accusa di essere state noi la causa della “distruzione” del suo appartamento.

La seconda casa invece era più grande e luminosa. Il disagio? La maggior parte di questi ampi spazi era occupata da effetti personali del locatore e perciò non riuscivo a mettere i miei vestiti nei cassetti.

La cosa peggiore però è stata la fuga di gas. Il cattivo odore lo attribuivamo ai tubi di scarico del lavandino, ma invece il problema era ben più grave.

Sono molti i sacrifici dei genitori che mandano i loro figli a studiare fuori. Ci si aspetterebbe che i proprietari trattassero con rispetto i ragazzi che pagano con il frutto di tanto lavoro un ambiente che, se non confortevole, dovrebbe essere quantomeno sicuro.

 

 Alessandra Cutrupia 

 * articolo pubblicato all’interno dell’inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud il 24/11/22

La mia “favola storta” e il lieto fine che sono stata capace di costruire

C’era una volta un’universitaria

 Ho sempre amato le favole: “Cappuccetto rosso”, “La Bella Addormentata”, “Cenerentola”, ma quella che mi ha più illuso è stata sicuramente “La favolosa vita di un’universitaria”. Diciamo che non è propriamente adatta per i bambini; di solito gli adulti iniziano a raccontartela quando hai più o meno sedici anni, solo che a questa ci credi (perché sei fomentata dal trilione di serie tv ambientante nei college americani). Nella maggior parte dei casi questo “e vissero felici e contenti” esiste davvero nella vita reale, fatta eccezione per chi come me ha iniziato a frequentare l’università nel 2019 e adesso sta per laurearsi. Noi matricole di quell’anno non lo abbiamo vissuto il lieto “inizio”, siamo stati catapultati nella versione aggiornata al 2020 della “favola”. Non c’è neanche stato il tempo perché passasse la paura dei primi esami universitari che una pandemia globale ci ha relegati in casa. Totalmente alienati dalle lezioni online, tra un circuito per gli addominali e un impasto per la pizza ci siamo imposti di studiare e andare avanti, pensando che, forse in seguito, saremmo riusciti a viverla anche noi quella “favolosa vita universitaria”. Settembre 2020: nuovo anno, nuove restrizioni, un po’ meno speranza. Il nostro Paese si faceva spazio tra una vasta gamma di colori e noi studenti vivevamo però in una scala di grigi. Dopo l’ennesimo picco di contagi, il grigio è scomparso, vedevo solo nero. Mi stavo perdendo una favola che mi spettava di diritto, allora ho deciso di riscriverla cogliendo l’occasione di partire in Erasmus. Ho vissuto per sei mesi una storia diversa da quella che mi aspettavo, parallela e alternativa. La “sliding doors” della “favolosa vita di un’universitaria”. Il mio periodo in Spagna più che la “reconquista” di abitudini da studentessa è stato lo “spin off” dell’estate dopo la maturità: bellissimo ma pur sempre differente. Andavo a “scuola”: la mattina in classe, il pomeriggio i compiti. Niente. La favola non iniziava! Poi, al rientro, il dipartimento in ristrutturazione mi ha fatto diventare ospite nella mia stessa università. Una matricola attempata che sta per laurearsi… altrove, seguendo le lezioni con una modalità mista che rende i colleghi icone evanescenti del mio laptop. Niente in questa favola sembra andare come dovrebbe, tra un “c’era una volta” mancato e un “vissero felici e contenti” solo promesso.

Eppure: ci sono tanti “eppure” in questa favola un po’ storta. Eppure, se fosse stata una di quelle favole in ordine, avrei perso più tempo ad organizzare lo studio da sola dopo il liceo. Eppure non avrei macinato tutti i libri che mi hanno permesso di essere in corso con le materie. Eppure non avrei saputo intrecciare rapporti con persone fisicamente lontane. Eppure, senza questa “ingiusta detenzione” da pandemia, forse mai e poi mai mi sarei imbarcata sul transatlantico Erasmus, perché non ne avrei sentito il bisogno, e a questa favola sarebbe comunque mancato un pezzo.

È vero che l’isolamento forzato ti toglie il sostegno del gruppo e quel cameratismo che spinge e tira. Eppure, con tutte le difficoltà del caso, questa situazione un po’ anomala mi ha costretto a contare sulle mie forze, a verificare da sola la mia preparazione, a supportarmi nelle decisioni da prendere senza confronto coi miei pari e, infine, a fidarmi di me e delle mie capacità. Ho toccato con mano i miei limiti e i miei momenti di sconforto, ma la mano non ha tremato quando finalmente ho potuto aprire la porta e uscire.

In questa favola storta non c’è una strega cattiva, è una di quelle in cui eroe e antagonista coincidono: la forza maturata all’interno di quella solitudine è stata l’espediente eroico che mi ha consentito di essere creativa e produttiva, nonostante mi sentissi fuori da quel mondo che mi ero immaginata.  La principessa si è salvata da sola ed è scesa dalla torre con le sue stesse trecce.

Aprile 2022: entro in un dipartimento non mio e mi stupisco di vedere gente intorno, mi sembra un sogno interagire con i miei colleghi e con i professori, scambiare chiacchiere e informazioni tra un caffè e l’altro… un sogno ad occhi aperti!

Adesso sto preparando la tesi, inizio a dare un’occhiata al mondo del lavoro; insomma sto temperando la matita per disegnare il bozzetto del mio futuro. Questo tempo, seppure vissuto in maniera inusuale, imprevedibile, inaspettata, è trascorso, e non invano. Ha lasciato le cicatrici della pandemia ma anche le medaglie dei traguardi. Ha investito indistintamente tutti e in particolare quelli che, come me, erano allo start di una gara fondamentale. Ma in un modo o nell’altro al traguardo ci sono arrivata. Sulle mie gambe, con le mie forze, con le trecce di Raperonzolo e col cavallo bianco di ogni principe che si rispetti. Perché in questa favola un po’ storta, che mi sono raccontata da sola, c’è una sola morale: il “vissero felici e contenti” l’ho scritto da me.

* Articolo pubblicato il 28/04/22 all’interno dell’inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud.

                                                                                                                     Sofia Ruello

Contemporanea iscrizione a due corsi di laurea: opportunità o nuovo metodo per collezionare titoli?

Si profila l’abolizione definitiva del divieto di iscrizione a due corsi di laurea contemporaneamente.

Qualche mese addietro, infatti, la Camera dei Deputati ha approvato il testo unificato intitolato “Disposizioni in materia di iscrizione a due corsi di istruzione superiore”. Il disegno di legge, attualmente in attesa di passare all’esame del Senato, riunisce varie proposte di anni precedenti che andranno a modificare l’articolo 142 comma 2 del Regio Decreto 31 agosto 1933 n. 1592 che così disponeva: “ (…) è vietata l’iscrizione contemporanea a diverse Università o a diversi Istituti di Istruzione superiore, a diverse Facoltà o Scuole della stessa Università o dello stesso Istituto e a diversi corsi di Laurea o di diploma della stessa Facoltà o Scuola”.

Prescindendo dalle valutazioni di opportunità o ideologiche che hanno indotto il legislatore dell’epoca a introdurre questo limite, proviamo ad entrare nel merito di questa proposta che sta per completare il suo iter in parlamento.

Il disegno di legge prevede non solo l’iscrizione contemporanea a due diversi corsi di laurea o di laurea magistrale anche in più università, ma consente anche un’iscrizione alternativa, per esempio un corso di laurea magistrale e un master, un corso di Dottorato di ricerca e un master.

Fonte: Archivio UniVersoMe

La ministra dell’Università Messa ha accolto la riforma con entusiasmo; a detta di lei sarà un grande risultato che consentirà al nostro Paese di fare un salto verso un futuro della formazione universitaria finalmente in linea con il resto del mondo. L’argomento non è per nulla nuovo, infatti, in diversi atenei esteri.

Ma quali vantaggi può ottenere lo studente da questa innovazione?

Innanzitutto, premettiamo che nello stesso testo viene specificato che “dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.  Da questo punto di vista gli italiani possono dormire sonni tranquilli: zero costi per lo Stato e di conseguenza zero costi per i cittadini e niente aumento di debito pubblico.

E invece cosa diranno le famiglie delle matricole che intenderanno iscriversi a due corsi di laurea in contemporanea? Il disegno di legge per garantire anche ai meno abbienti questa opportunità prevede agevolazioni e benefici, limitati però solamente ad uno dei due corsi a discrezione dello studente. Premettendo che una volta che la legge sarà definitiva si attenderanno regolamenti di attuazione di essa, ci pare già di intuire che per agevolazioni e benefici ci si riferisca a borse di studio, rimborsi affitto e spese varie, posti letto in residenze universitarie e premi al merito che saranno comunque previsti per un solo corso. Possiamo intuire che, anche qualora lo studente riuscisse ad ottenere anche una sola agevolazione di queste e per uno dei corsi da lui scelti, se si ritrovasse alle spalle una famiglia con un reddito medio basso, questa non sarà sgravata da tali minimi benefici e anzi dovrà sostenere per intero le spese dell’altra iscrizione. Sappiamo benissimo che i regolamenti degli atenei prevedono delle “no tax area” entro certe fasce di reddito, ma nonostante questo non tutte le matricole meno abbienti spesso riescono a rientrare in questi parametri; tra l’altro i regolamenti e gli statuti d’ateneo a fronte di una riforma del genere dovranno essere rivisitati per intero. Quindi quale vantaggio se non quello di aumentare il divario sociale tra matricole?

Fonte: archivio UniVersoMe

Si dice che la soppressione di questo divieto fosse da tempo tanto bramata dagli studenti e dovrebbe rendere l’Italia più competitiva sul piano comunitario e internazionale a livello accademico. È un fatto tristemente noto alle cronache però che il Belpaese dalle annuali statistiche Istat sia puntualmente quello con meno laureati rispetto alla media europea. Da un recente rapporto risulta che in Italia solo il 20,1 % della popolazione tra i 25 e i 64 anni possieda una laurea contro il 32.8 % dell’UE.  Ad opinione di chi scrive, date queste statistiche, sarebbe prioritario che ai piani alti si cominciasse ad incentivare lo studente innanzitutto a non abbandonare gli studi dopo il diploma. Come può una politica che negli anni in vari modi (tagli alla ricerca, laureati con contratti da stagisti costretti a fuggire all’estero) ha scoraggiato i ragazzi a intraprendere il percorso universitario, pretendere ora di rendere l’istruzione più competitiva consentendo una formale iscrizione a due corsi di laurea? Formale sì. Perché chi saranno questi studenti che poi materialmente faranno una doppia immatricolazione? Pensiamo seriamente gli universitari siano in grado di sostenere nello stesso appello sia l’esame di storia greca che di diritto privato oppure l’esame di economia aziendale e di anatomia, insomma di immagazzinare una mole di concetti di tale portata? È più che scontato a questo punto che scelte simili creeranno una pressione devastante sullo studente con rilevanti conseguenze sul piano psicologico e morale.

Fonte: Younipa

Qualora si volesse conseguire un doppio titolo, sarebbe più logico ottenerlo immatricolandosi post lauream ad un corso con un piano di studi similare a quello conseguito, convalidando ove possibile alcune materie precedentemente sostenute, chance che già viene ampiamente utilizzata, ma che sicuramente necessita di migliorie.

Dove sta allora l’esigenza di ottenere un doppio titolo in contemporanea, se non nella voglia di creare una società di apparenti tuttologi? Una società che apprende tutto e niente: giovani che non terranno più conto delle proprie inclinazioni, tanto si può studiare sia fisica che scienze politiche, cosa importa se una delle due non appassiona, l’importante è collezionare un “pezzo di carta” in più per i curricula. A che servirebbe una doppia laurea se ormai da anni questa non rappresenta il grado più alto di istruzione perché viene bypassata da master di secondo livello, dottorati e scuole di specializzazione? A cosa servirebbe conseguire due master costosissimi  quando un eventuale bando di un qualsiasi concorso pubblico per titoli ed esami ne prevederà la valutazione di uno solo di questi probabilmente?

Attendiamo che si pronunci il Senato. I frutti di qualsiasi proposta legislativa si raccolgono parecchio tempo dopo la sua entrata in vigore. Quindi qualora tale divieto verrà soppresso, vedremo tra un po’ di anni quali saranno stati i suoi effetti.

                                                                                                                      Ilenia Rocca

 

Articolo pubblicato il 18/11/2021 nell’inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud

 

Nell’auditorium della Gazzetta del Sud un convegno su tematiche di giornalismo e diritto

©GiuliaGreco, Messina 2019

Venerdì 3 maggio 2019. Messina. In occasione della Giornata Mondiale della libertà di stampa, si è svolto alle ore 16:30 presso l’Auditorium della Gazzetta del Sud, un convegno sul tema Libertà di cronaca, diritto all’oblio e dignità della persona, organizzato dall’Associazione Alumnime, dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina, con il patrocinio di Ses Gazzetta del SudGiornale di Sicilia e dell’Associazione Nazionale Magistrati.

La scelta del tema, di straordinaria attualità, è stata presa in considerazione della recente entrata in vigore del Regolamento generale per la protezione dei dati personali che, recependo l’orientamento manifestato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ha espressamente riconosciuto il diritto all’oblio (art. 17).

Il nuovo quadro normativo si presenta insidioso per i professionisti dell’informazione chiamati ad una complessa operazione di contemperamento di diritti di rango costituzionale.

©GiuliaGreco, Messina 2019

Per tale ragione, con ordinanza del 5.11.2018 n. 28084, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha ritenuto di rimettere al Primo Presidente della Corte, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione concernente il bilanciamento del diritto di cronaca – posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione – e del cosiddetto diritto all’oblio – posto a tutela della riservatezza della persona – alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale negli ordinamenti interno e sovranazionale.

©GiuliaGreco, Messina, 2019

Dopo l’introduzione dell’amministratore delegato e direttore editoriale di SES Lino Morgante e del rettore dell’Ateneo messinese Salvatore Cuzzocrea, porgeranno i saluti la presidente di Alumnime prof. ssa Patrizia Accordino, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Messina Vincenzo Ciraolo e la dott. ssa Maria Militello presidente della sezione distrettuale dell’Anm.

I diversi aspetti della complessa tematica sono stati approfonditi, alla presenza delle massime autorità tra cui il prefetto Maria Carmela Librizzi, durante i lavori moderati dal giornalista Franco Cicero, componente del collegio dei probiviri della Federazione nazionale della Stampa italiana, da Angelo Federico, ordinario di Diritto Privato dell’Ateneo messinese; da Alessandro Notarstefano, direttore responsabile della Gazzetta del Sud; da Luigi D’Andrea, ordinario di Diritto Costituzionale e direttore della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università di Messina; da Francesco Scalia, componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia; da Marco Romano, vicedirettore del Giornale di Sicilia. A concludere i lavori Fabrizio Di Marzio, consigliere della Corte di Cassazione e direttore della rivista Giustizia Civile.

©GiuliaGreco, Angelo Federico, Messina 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©GiuliaGreco, Alessandro Notarstefano, Messina 2019

 

©GiuliaGreco, Franco Cicero, Messina 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

Gabriella Parasiliti Collazzo