Dagli studenti per gli studenti: Toxoplasmosi, sintomi e trasmissione

Spesso, dietro la bontà degli alimenti come carne, verdura e frutta, che consumiamo giornalmente, potrebbe celarsi uno tra i tanti microscopici patogeni che popolano i nostri territori! Parliamo di “Toxoplasma Gondii”, parassita responsabile della toxoplasmosi.

Cos’è la toxoplasmosi

La toxoplasmosi è una zoonosi causata dal Toxoplasma gondii, un parassita che compie il suo ciclo vitale solo all’interno delle cellule. Può infettare moltissime specie e trasmettersi da un animale all’altro, attraverso l’alimentazione di carne infetta e il contatto con le feci di un animale infetto.

L’essere umano contrae la toxoplasmosi per ingestione di Toxoplasma gondii; i potenziali veicoli del contagio per via orale sono:

  • Le feci di gatti infetti: per infettarsi, non è sufficiente toccare le feci di gatti o altri animali infetti, ma occorre anche portarsi le mani in bocca (o manipolare qualcosa che poi finirà in bocca) senza averle lavate accuratamente;
  • L’acqua contaminata: condizione che interessa i paesi in via di sviluppo e quelli più poveri, nei quali i livelli igienici sono ancora molto scadenti;
  • La carne, la frutta e gli ortaggi contaminati: la carne contaminata è pericolosa solo se non cotta adeguatamente (la cottura distrugge Toxoplasma gondii). Frutta e verdura contaminate, sono pericolose solo se consumate a crudo. A maggior rischio sono quelle coltivate a terra (es: fragole e insalata);
  • Le posate e gli utensili da cucina contaminati: anche un coltello da cucina può essere veicolo di infezione. Ciò è possibile viene impiegato per tagliare carne cruda contaminata e successivamente usato per mangiare senza prima averlo lavato con acqua e sapone.

È doveroso segnalare che l’ingestione non è l’unica via di contagio; infatti è possibile contrarre la toxoplasmosi anche dopo una trasfusione di sangue o trapianto di organo da donatore infetto.

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Animali maggiormente a rischio

In genere, i gatti sviluppano la toxoplasmosi dopo aver cacciato ed essersi nutriti di prede altrettanto infette. Per questo, la toxoplasmosi nel gatto, dipende fondamentalmente dallo stile di vita condotto dall’animale: i gatti selvatici e quelli domestici che trascorrono molto tempo all’aperto sono maggiormente a rischio.
Dopo aver contratto la toxoplasmosi, i gatti espellono il parassita responsabile con le feci per diverse settimane. All’escrezione, tali feci non sono generalmente contagiose; lo diventano nel giro di 24-48 ore, che è il tempo che serve al patogeno in esse presenti per assumere una forma attiva.
Anche gli animali da allevamento e la selvaggina possono contrarre la toxoplasmosi se il cibo di cui si nutrono proviene da aree di terreno contaminate da feci infette.

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Sintomi

Nelle persone sane e con un sistema immunitario pienamente funzionante, la toxoplasmosi è di norma asintomatica, tanto che i pazienti non si rendono nemmeno conto di esserne affetti. Nei rari casi in cui è sintomatica, gli effetti sono: mal di testa, dolori muscolari diffusi, senso di malessere e stanchezza (sintomi simili influenzali), ingrossamento dei linfonodi, mal di gola e febbre.

Nei soggetti con un sistema immunitario deficitario, come malati di AIDS, pazienti oncologici e immunosoppressi, la toxoplasmosi costituisce un’infezione sempre temibile e associata a un ricco quadro di conseguenze.

Negli adulti, il tempo di incubazione della toxoplasmosi va da 5 a 23 giorni. Da alcuni studi è emerso che l’infezione impiega meno tempo a svilupparsi quando il veicolo di contagio sono state le feci dei gatti infetti (5-20 giorni contro i 10-23 giorni quando il contagio è avvenuto per ingestione di carne contaminata).

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Parassita in gravidanza

Se una donna in gravidanza contrae la Toxoplasmosi e non viene curata, c’è la possibilità che trasmetta l’infezione al feto (40% dei casi), con il rischio di aborto spontaneo. Ciò che ne consegue è: il ritardo di crescita intrauterina, nascita prematura, con gravi sequele o con neonato morto.
Se invece la Toxoplasmosi viene contratta prima della gravidanza di solito non viene trasmessa al feto, poiché la donna -a meno che non abbia un sistema immunitario compromesso- ha sviluppato un’immunità permanente. Tuttavia, se si programma una gravidanza, è bene aspettare circa sei mesi dall’infezione.
I possibili danni da Toxoplasmosi in gravidanza variano in base al periodo in cui è stata contratta l’infezione:
durante il periodo del concepimento, le probabilità di passare l’infezione al feto sono molto basse (5%);
nel primo trimestre di gravidanza, le probabilità che accada (circa 17%) sono basse. Tuttavia, il rischio di aborto spontaneo è alto e i possibili danni al feto piuttosto gravi, poiché i suoi organi sono ancora in formazione;
durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza, le probabilità di trasmissione sono maggiori (65-90%, specialmente nelle ultime 3 o 4 settimane di gestazione), ma le possibili conseguenze sono meno gravi poiché il feto è già formato.
Nella quasi totalità dei casi (90%) questi neonati non hanno sintomi alla nascita, ma li sviluppano nel corso dei mesi o addirittura degli anni successivi.
Al contrario i prematuri oppure i nati a termine piccoli per età gestazionale, sviluppano i sintomi già alla nascita o poco dopo. Nel caso di infezione nel neonato, anche se apparentemente sano, dovrà essere seguito per almeno tutto il primo anno di vita per poter escludere eventuali danni cerebrali e visivi nei mesi successivi.

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Trattamento e prevenzione

In genere, se non causa sintomi di rilievo, la toxoplasmosi non richiede alcun trattamento particolare. Quando è associata ad un importante quadro sintomatologico, è prevista una cura basata sull’impiego di due antibiotici: la pirimetamina e la sulfadiazina. Il trattamento in gravidanza varia in relazione a quando la gestante contrae l’infezione.
La prevenzione della toxoplasmosi passa attraverso la cottura dei cibi. È opportuno evitare il consumo di carne cruda, soprattutto agnello, maiale e manzo, insaccati, salumi e carpacci. Stessa precauzione deve essere riservata ai vegetali, che devono essere cotti per evitare il rischio di infezione. Se si possiede un gatto domestico, eliminare quotidianamente gli escrementi dalla sua lettiera, avendo cura di lavarsi le mani dopo ogni operazione di pulizia. Se si ha la passione del giardinaggio, indossare sempre un paio di guanti durante tale attività ed evitare di portare le mani alla bocca.

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Conclusioni

Negli ultimi anni, grazie a test sierologici più sofisticati, è possibile non solo accertare la diagnosi, ma disegnare anche una terapia. Allo stato attuale non esiste un vaccino contro la toxoplasmosi, ma applicando buone pratiche comportamentali è possibile ridurre notevolmente il rischio di contrarre questa malattia.

Alice Pantano

Bibliografia

https://www.epicentro.iss.it/toxoplasmosi/

www.fondazioneveronesi.it

www.saperidoc.it

www.ospedalebambinogesu.it

www.izsvenezie.it

Infezione da Sars-Cov-2 negli animali: incidenza e trasmissione

Dall’inizio della pandemia si è spesso discusso del ruolo degli animali domestici nella diffusione del virus. Ad oggi però non esiste ancora nessuna evidenza che affermi che essi abbiano un compito attivo a riguardo. In ogni caso alcuni studi sperimentali dicono che ne sono occasionalmente suscettibili. La suscettibilità al virus, per quanto se ne sappia ad oggi, può influenzare l’animale quasi esclusivamente se i proprietari di esso siano infetti e, pertanto, l’animale domestico si trova costantemente in un ambiente in cui è presente una forte circolazione viraleIn queste condizioni non è così strano se anche il gatto o il cane di casa arrivino a contrarre l’infezione. Al fine di non creare allarmismi è bene però sottolineare che la possibilità che un animale domestico infetti un umano non è ancora stato dimostrato e, a oggi, non è mai avvenuto. Al contrario, seppur in pochi casi, è stato riscontrato che alcuni umani abbiano infettato i loro animali. Per ridurre i rischi al minimo sarebbe opportuno evitare di lasciare che altre persone, al di fuori della propria famiglia, prendano contatto con i propri amici a quattro zampe, a meno che essi abbiano bisogno di cure veterinarie. E’ importante applicare il distanziamento sociale non solo agli umani ma anche agli animali.

L’infezione nei cani

Ad inizio giugno, il National Veterinary Services Laboratories del dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha confermato un caso di Coronavirus in un pastore tedesco a New York. Al cane sono stati prelevati dei campioni dopo che esso ha mostrato alcuni problemi respiratori, i quali sono poi migliorati di giorno in giorno. Si è scoperto che uno dei proprietari del cucciolo era positivo al virus ancora prima che la Covid-19 colpisse il pastore tedesco.

Un secondo cane della stessa famiglia, tuttavia, non ha riscontrato alcun sintomo, ma nonostante ciò gli sono stati rilevati anticorpi, suggerendo quindi che abbia contratto il virus proprio come il suo compagno di giochi, seppur con un esito diverso. Ad oggi, dati i pochi casi, non si è ancora capito se il virus sia in grado di causare gravi danni al migliore amico dell’uomo.

E’ però certo che non esiste alcuna prova che affermi che i cani possano infettare le persone.

L’infezione nei gatti

Sempre ad inizio giugno è stata accertata la positività di un gatto nel Minnesota. Qui il veterinario ha deciso di capire l’eventuale positività al virus del felino in quanto esso presentava una temperatura corporea elevata ed aveva problematiche respiratorie simili a quelle causate dalla Covid-19. Inoltre il suo proprietario era risultato positivo alla malattia già una settimana prima, e quindi anche in questo caso sembra che il virus sia stato trasmesso dall’uomo all’animale. Proprio per quanto riguarda i gatti però, una lettera sul Journal of Medicine del New England ha fatto notare che per questo animale domestico è possibile trasmettere il Coronavirus ad altri esseri viventi della sua specie.Per questo motivo nelle zone ad elevato rischio contagio si consiglia di isolare il proprio gatto dagli altri felini.A livello globale sono stati riscontrati pochi altri animali domestici risultati positivi al SARS-CoV2.

Cosa è consigliato fare se sono malato di Covid-19, o se sospetto di esserlo?

In questo caso al fine di preservare la salute dell’animale, bisogna limitare il contatto con esso.Sarebbe opportuno chiedere a qualcuno di fiducia di occuparsi del proprio cane o gatto che sia.Se non si conosce nessuno a cui chiedere un favore simile, è bene continuare a prendersi cura del proprio animale domestico tramite alcune precauzioni come lavarsi le mani prima e dopo essere entrati in contatto con lui ed utilizzare una mascherina quando si è in sua presenza. Come abbiamo visto non c’è assolutamente bisogno di creare allarmismi al riguardo. Solo in alcuni casi è bene prendere un paio di accorgimenti al fine di garantire la loro buona salute.

Possiamo quindi continuare a godere della buona amicizia che ci offrono senza preoccupazioni!

Roberto Cali’

Bibliografia

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-animali-domestici

https://www.oregonvma.org/care-health/zoonotic-diseases/coronavirus-faq

https://content.govdelivery.com/accounts/USDAAPHIS/bulletins/28eae2e

https://www.startribune.com/carver-county-pet-cat-tests-positive-for-coronavirus/570963412/?refresh=true

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2013400