Il microbiota intestinale: un ”organo” trapiantabile

Il microbiota intestinale, comunemente conosciuto come flora intestinale, è uno degli elementi fondamentali e coinvolto in molteplici funzioni dell’ apparato digerente. 

  1. Cos’è il microbiota intestinale?

  2. Funzioni del microbiota

  3. Microbiota come ”organo”

  4. Condizioni che alterano il microbiota

  5. Conseguenze

  6. FMT, una terapia all’avanguardia

  7. Criteri per la donazione di materiale fecale

  8.  Conclusioni

Cos’è il microbiota intestinale?

La popolazione di microrganismi che costituisce questo ecosistema è rappresentata da miliardi di batteri, virus, funghi e protozoi, che interagiscono tra di loro funzionando come un vero e proprio organo.
La flora batterica e l’organismo sono in equilibrio tra loro in una condizione che prende il nome di eubiosi. L’uomo infatti, fornisce ai microrganismi i nutrienti necessari alla sopravvivenza in cambio di importanti funzioni da essi svolti per l’organismo.
Per cercare di mantenere uno stato di equilibrio, è necessario seguire uno stile di vita sano.
 Una dieta equilibrata è sicuramente molto importante (la dieta mediterranea è un buon esempio), fare attività fisica (bastano 20-30 min al giorno), astenersi dal fumo ed evitare l’abuso alcolico.

Fonte: Pleinair

Funzioni del microbiota

Le funzioni del microbiota intestinale sono molteplici e non limitate al solo distretto enterico.
Una delle principali funzioni è quella metabolica. Infatti, il microbiota produce vitamine come la vitamina K o B12 e sintetizza aminoacidi ed enzimi essenziali. Inoltre, interviene nei processi digestivi, trasformando gli acidi biliari primitivi in secondari, utili alla digestione e all’assorbimento dei lipidi.
La flora promuove lo sviluppo dei villi intestinali e delle cellule che costituiscono la mucosa intestinale, quindi svolge una funzione strutturale.
In più, regola il sistema immunitario intestinale e contrasta le infezioni mediante la produzione di sostanze che impediscono l’adesione di patogeni alla mucosa.

Fonte: ildottorerisponde.it

Microbiota come ”organo”

Il microbiota intestinale è in comunicazione con gli altri distretti del nostro organismo, al quale fornisce sia sostanze che informazioni per poter regolare al meglio tutte le funzioni del corpo.
Le sostanze prodotte a livello intestinale raggiungono il fegato attraverso la vena porta.
Nel caso di disbiosi, una condizione di squilibrio, le sostanze tossiche prodotte dal microbiota si riversano nel fegato danneggiandolo e inducendo NASH, una condizione patologica infiammatoria con accumulo di grasso.
Un altro asse comunicativo importante è con il Sistema Nervoso Centrale.
In un articolo pubblicato su Pubmed, un gruppo di studiosi italiani, evidenzia la possibile influenza del microbiota su funzioni nervose centrali e periferiche e che la salute mentale possa essere disturbata da una condizione di disbiosi.
L’Istituto Superiore di Sanità riporta anche uno stretto rapporto con l’apparato cardiovascolare ed endocrino metabolico.

Condizioni che alterano il microbiota

Mantenere un corretto stile di vita è importante per garantire l’eubiosi.
Una causa di mancato equilibrio, è il consumo scorretto e/o inappropriato di antibiotici. Oltre a causare l’insorgenza di resistenza agli antibiotici da parte del nostro oganismo, questo comportamento determina una significativa diminuzione delle specie componenti la popolazione microbica.
Anche le infezioni di diversa natura si inscrivono tra le cause di disbiosi. In particolar modo importante è l’infezione da Clostridium Difficile.

Conseguenze

Uno stato di squilibrio rende l’organismo più vulnerabile all’insorgenza di diverse patologie. La disbiosi può essere strettamente correlata a patologie dell’intestino come le malattie infiammatorie croniche intestinali (es. il morbo di Crohn), gastrite, sindrome dell’intestino irritabile e i tumori dell’apparato digerente. In tale condizione, viene meno anche la protezione dalle infezioni, con conseguente possibile proliferazione di patogeni, che causano infezioni sia localmente che in altre aree (ad esempio infezioni respiratorie).
Altra conseguenza negativa è l’alterazione della permeabilità intestinale, con possibile passaggio in circolo di sostanze in grado di attivare il sistema immunitario e determinare malattie autoimmuni e reazioni allergiche.

Fonte: PoliambulatorioKI
Fonte: PoliambulatorioKI

FMT, una terapia all’avanguardia

Una forma di terapia che sta acquisendo sempre più importanza è la FMT, ossia il trapianto di materiale fecale. Essa è utilizzata nei casi gravi di infezione da ceppo resistente di Clostridium Difficile, ma alcuni studi stanno mettendo in risalto la sua validità anche per la cura di altre patologie.
Il trasferimento di materiale fecale, da un donatore in buona salute, permette di migliorare le condizioni dei pazienti con patologie correlate ad una disbiosi. Sostanzialmente, si ricostruisce il normale habitat microbico nell’ambiente intestinale.

Criteri per la donazione di materiale fecale

La selezione dei donatori segue dei criteri rigidi: vengono esclusi individui che abbiano comportamenti sessuali ad alto rischio, tossicodipendenti, chi ha fatto un piercing o un tatuaggio nei sei mesi precedenti, chi è stato in prigione e chi abbia viaggiato in aree endemiche per diarrea.
Si escludono anche tutti quei soggetti che hanno patologie intestinali infettive, non infettive e/o patologie sistemiche e tutti coloro che hanno seguito una terapia antibiotica nei tre mesi precedenti alla donazione.
I donatori devono eseguire screening per HIV, Virus dell’epatite B ed epatite C.
Una volta eseguita la donazione, il campione può essere trasferito subito (entro sei ore dalla donazione) oppure congelato e conservato.
Il campione è costituito da 30 gr di feci sospesi in 150 ml di soluzione salina sterile e, successivamente, filtrati. Nel caso del congelamento, viene aggiunta una soluzione con glicerolo ai fini della conservazione (che avviene a -80 °C).
Le vie di somministrazione sono diverse: la tecnica preferenziale è la colonscopia. Tuttavia è anche possibile la somministrazione mediante clistere o endoscopia per via nasale o orale oppure attraverso l’ingestione di una capsula.

Fonte: islandhealth.it

Conclusione

Giovenale nelle Satire afferma “mens sana in corpore sano“, una locuzione abbastanza conosciuta e che indica come una mente sana possa essere presente solo in un corpo in salute. È importante avere uno stile di vita sano per prevenire squilibri come la disbiosi, che può essere causa di discomfort o veri e propri stati patologici.

Gaetano Giusino

 

Bibliografia:

https://www.news-medical.net/health/Fecal-microbiota-transplant-technique-(Italian).aspx

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33497754/

https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/f/flora-intestinale-microbiota-e-microbioma#conseguenze-della-disbiosi

http://www.trapianti.salute.gov.it/imgs/C_17_cntPubblicazioni_416_allegato.pdf

 

Covid 19: la trasmissione oro-fecale è possibile?

Da quando la minaccia Covid19 ha iniziato a prendere forma, destando un notevole allarme mondiale per la sua rapida diuffusibilitá e altissima contagiosità, un particolare su tutti venne immediatamente identificato: il coronavirus responsabile si trasmette per via aerea mostrando perciò un’elevatissima somiglianza con l’allora ben più nota SARS. Il virus si trasmette tramite le goccioline di flügge ed è responsabile di una serie di manifestazioni che hanno come comune denominatore l’assoluta aspecificità: tosse e febbre (tipici di un’infezione acuta delle vie aeree inferiori) che possono complicarsi in alcuni casi con lo sviluppo di dispnea, ipossiemia e ARDS.

Ma siamo sicuri che quella respiratoria sia l’unica via di trasmissione?

Infezione oro-fecale da Covid19, cosa sappiamo oggi

Gli ultimi dati provenienti da un recentissimo studio pubblicato sulla rivista ufficiale della società Americana di gastroenterologia “Gastrojournal” mettono in evidenza, tramite una serie di attente osservazioni cliniche, la presenza di tracce di RNA virale in campioni fecali. Ciò confermerebbe l’infezione gastrointestinale avvalorando maggiormente la tesi di una trasmissione oro-fecale. Dal 1 al 14 Febbraio 2020, 73 campioni unici ottenuti da pazienti infetti provenienti da un unico nosocomio, in accordo con le Linee guida del controllo e della prevenzione della Cina, sono stati isolati e sottoposti al test di amplificazione molecolare (PCR). I risultati confermano che su 73 campioni fecali analizzati 39 (53,42%), di cui 25 uomini e 14 donne, contenevano tracce di RNA virale con una positività dagli 1 ai 12 giorni. Il dato che però più sorprende è la positività del test fecale anche dopo la completa negativizzazione del tampone naso faringeo su 17 pazienti dei 39 positivi, che tradotto clinicamente indicherebbe una potenziale infezione oro-fecale, principalmente con acque contaminate da feci infette, anche con la completa negativizzazione dell’espettorato.

Prelievi bioptici multipli, colorati con Ematossilina Eosina testimoniano l’ingresso del virus nei vari distretti del tubo digerente.    Fonte: Gastrojournal.org

 

Come penetra il virus?

E’ stato ormai appurato che, alla base del processo infettivo, ci sia lo spiccato tropismo del Sars-CoV-2 per i recettori ACE2 che il virus sfrutta ampiamente per colonizzare le cellule che lo esprimono. I prelievi bioptici eseguiti a livello della mucosa esofagea, gastrica, del piccolo e grande intestino su più pazienti positivi al test fecale non hanno dimostrato danni macroscopici alla colorazione con ematossilina eosina, la quale ha piuttosto messo in risalto un’elevata presenza di recettori virali e di conseguenza di proteine appartenenti al nucleocapside virale a livello del citoplasma delle cellule gastriche, duodenali e rettali particolarmente predilette dal virus e sfruttate per la produzione di nuovi virioni. In merito a ciò un altro studio cinese ci mette di fronte a due importantissime chiavi di lettura:

– per infettare tali distretti il virus dovrebbe riuscire a resistere all’acidità gastrica. Lo stomaco in condizioni normali vanta un PH altamente acido (1-3) dato dalla elevata produzione di HCL da parte delle cellule parietali costituenti le ghiandole gastriche e che renderebbe impossibile il transito gastrointestinale del poco gradito ospite. È stato notato però che bastano moderate variazioni di PH (5-9) per far sopravvivere il virus;

– l‘età media dei positivi al test fecale è di 49 anni, ciò suggerirebbe che un eventuale rischio di infezione oro-fecale è prevalentemente, ma non esclusivamente, correlato con l’età. L’aumento del PH gastrico in relazione all’età sarebbe giustificato da una serie di condizioni morbose statisticamente appannaggio dell’adulto. In particolar modo l’infezione da Helicobacter Pylori, nota ai più come responsabile di una gastrite acuta, se non adeguatamente trattato con terapia antibiotica eradicante tende a determinare un quadro di gastrite cronica attiva, che in una piccola percentuale di soggetti tende ad evolvere in una gastrite atrofica e successivamente in metaplasia intestinale. In quest’ultima condizione avviene una completa sostituzione delle ghiandole gastriche con ghiandole intestinali le quali sono responsabili della produzione di mucine in ambiente gastrico, ciò tenderebbe a determinare un’alcalinizzazione del PH gastrico (5-9) data l’assenza totale di cellule secernenti HCL, ambiente che diventerebbe, secondo quanto detto precedentemente, ideale per la stabilizzazione del virus.

La presenza di queste due chiavi di lettura ci porta a dire che nei soggetti con tali condizioni cliniche il virus sopravvive all’acidità gastrica, diffondendosi ampiamente anche a livello intestinale e rettale. La mucosa esofagea sembra essere solo in parte coinvolta mentre, sono ancora in fase di studio possibili coinvolgimenti pancreatici ed epatici, lievi innalzamenti di amilasi e transaminasi sembrerebbero più da attribuire agli effetti sistemici del virus sull’organismo.

Sintomi gastrointestinali da Covid19

Sulla base di quanto detto quali sintomi dovrebbero allarmarci? Anche le manifestazioni gastrointestinali sono altamente aspecifiche. Uno studio retrospettivo condotto su 1141 pazienti affetti da Covid19, ricoverati allo “Zhongan hospital of  Wuhan university” , ha evidenziato che 183 di questi presentavano solo sintomi gastrointestinali estremamente comuni a quelli di una normale infezione gastrointestinale. La maggior parte dei pazienti al ricovero lamentava perdita di appetito, nausea e vomito seguiti solo successivamente da dolore addominale e diarrea con la quale ovviamente i malati eliminano il virus.

In un momento in cui il distanziamento sociale è all’ordine del giorno non sappiamo ancora quanto questi dati possano influire sull’inizio imminente della stagione balneare, ma rimane indiscusso come una nuova possibilità di contagio non farà dormire sogni tranquilli coloro i quali, ormai da tempo, sono in prima linea nella lotta contro il nuovo nemico. Ancora una volta il Sars-CoV-2 sa sorprenderci.

Saro Pistorio

Bibliografia

  • Gastrojournal: https://doi.org/10.1053/j.gastro.2020.02.055