Tante care cose: indie pop ma non solo

Tra indie e musica d’autore: disco piacevole ma di un certo livello – Voto UVM: 4/5

Uscito venerdì 12 marzo su Youtube e Spotify e prodotto da Maciste Dischi, Tante care cose, secondo album di Fulminacci (all’anagrafe Filippo Uttinacci) non può passare inosservato nel circuito musicale contemporaneo.

C’è la vita quotidiana nell’album di questo giovane talentuoso, la vita veramente (titolo del disco precedente) narrata con parole e concetti talvolta ricercati, la vita della nostra generazione, il presente. Ma c’è anche il passato: non solo il passato dei nostri ricordi – quello privato e autobiografico, quello dei “versi-polaroid” dell’indie pop – ma anche quello della musica che ha fatto la storia, dei mostri sacri del cantautorato italiano (partendo da Dalla, Battisti, De Gregori finendo a Silvestri) e delle stelle internazionali (Beatles e tanti altri).

Tormentoni che ti rimangono impressi in testa già al primo ascolto? No. Tante care cose è una miniera di preziose gemme pop in 36 minuti che si svelano assaggio dopo assaggio agli intenditori di buona musica.

Cover dell’album realizzata con l’Intelligenza Artificiale ( lo stesso metodo è stato usato per creare le immagini che accompagnano ogni canzone). Fonte: sentireascoltare.com

Originalità e semplicità si sposano in questo disco. Non vi fate depistare dalle immagini bizzarre della cover perché Tante care cose non è un disco banale, ma nemmeno un prodotto di nicchia pieno di virtuosismi inascoltabili: a partire dal pop molto orecchiabile di Meglio di così, con quel ritornello dal motivetto frizzante perfetto da fischiettare la mattina mentre ci stropicciamo gli occhi davanti alla macchinetta del caffé.

Voglio respirare l’atmosfera
Quando è notte e sembra sera

È vero, anche qui Fulminacci sembra parlare di una sera, ma perché non iniziare la giornata cominciando anche un buon disco?

Ancor meglio di Meglio di così, è però Santa Marinella, capolavoro incompreso sul palco dell’Ariston. Ballata soft dalla melodia per niente scontata (accordi di settima si alternano ad accordi minori in un sound malinconico), Santa Marinella è una perla da ascoltare proprio durante «uno di quei giorni che/ se mi vuoi lasciami stare», magari quando piove e non si può andare in giro a «citofonare e poi scappare».

Un gigantesco Fulminacci passeggia per le vie di una “città-presepe” nel videoclip onirico di Santa Marinella. Fonte: wikipedia.org

Pare che la fonte di ispirazione per Fulminacci sia stata la storia di un amico e non una vicenda autobiografica. Poco importa: in parole come « non cercarmi mai però incontriamoci / prima o poi, senza volerlo» si può ritrovare ognuno di noi.

A svegliarci da questo sogno dolceamaro ci pensano poi i fiati potenti e le melodie più easy di Miss Mondo Africa, hit allegra e travolgente. Io ci sento Battisti (sarò di parte), alcuni Silvestri, altri Jovanotti. Certo è che Fulminacci sa saltare come un agile canguro (allarme spoiler) da un genere all’altro.

Cambio di registro col synth pop de La grande bugia: qui le parole toccano vette metafisiche, ma tutto sommato le note ci avvolgono in una sensazione di leggerezza e relax. «Visti dallo spazio siamo ricordi» è un aforisma da incidere sulla pietra.

Meno leggero e più incalzante è Un fatto tuo personale, una produzione Frenetik & Orange (famosi per aver lavorato con altri artisti della scena romana quali Carl Brave, Franco 126 e Gemello). Non un tormentone melodico, ma sicuramente il testo più schietto, geniale e ribelle dell’intero disco.

E benvenuto nell’era delle parole senza articolo
Di quello piuttosto che quello piuttosto ridicolo

Qui vince chi se ne frega e non paga le tasse

Ma il meglio deve ancora venire e Fulminacci conferma il suo estro versatile nota dopo nota, canzone dopo canzone. Apre le danze del lato B il veloce giro di chitarra alla Doobie Brothers di Tattica, brano superenergico che strizza l’occhio alla vecchia dance: lo balleremo tutti quest’estate (si spera!).

Per gli estimatori del cantante non è poi una sorpresa Canguro, singolo già lanciato il 10 settembre. È sempre un piacere però riascoltare il suo groove “saltellante” che accompagna alla perfezione il significato del testo.

La vera sorpresa è invece Forte la banda, un capolavoro: applausi di sottofondo introducono un sound trionfale da progressive rock; un omaggio alla «musica, quella dei grandi» che riecheggia anche nel piano suonato alla Elton John.

Giovane da un po’, penultimo brano, sarebbe perfetto per un finale col botto; è l’inno bittersweet di chi ha sempre sofferto la nostaglia di una Golden Age mai vissuta: quella dei figli dei fiori, del rock’n’roll, delle lotte studentesche, delle piccole rivoluzioni degli anni ’60.

Io, giovane da un po’
C’ho una specie di senso di vuoto
L’ho riempito coi film e le foto

Giovane da un po’ è “sixties” in tutto, non solo nel testo: a partire da quei coretti di sottofondo finendo con il ritornello che sprizza gioia da tutti i pori. Poteva essere l’ultima traccia (sì, sono di parte) ma Fulminacci rivela la sua vena indie lasciandoci nel fondo del calice il sorso più amaro.

Ed ecco la ciliegina sulla torta: Le biciclette, brano più intimo e acustico con stralci di poesia assoluta, una dolcissima dichiarazione d’amore senza troppi giri di parole:

Vorrei che fossi
Su questo tetto
Su quella spiaggia
Sull’orizzonte di questo letto

Le biciclette, autobiografica al 100 % a detta dell’autore, è una traccia incantevole che ha l’unica pecca di chiudere il disco lasciandoci soli nel silenzio con una sensazione di nodo alla gola.

Le biciclette: cover. Fonte: genius.com

Ma del resto poco importa. Siamo nell’era della musica streaming e della riproduzione shuffle: possiamo benissimo skippare i brani “scomodi” e comporre e ricomporre a nostro piacimento la tracklist di un album.

Eppure un vero peccato: perché Tante care cose è uno di quei gioielli da mettere a crepitare su un giradischi mentre si sta a contemplare un tramonto arancione, comodamente sdraiati a sorseggiare una birretta su un vecchio divano di una casetta in riva al mare – per chi ha la casa al mare. E per chi non l’avesse, bastano queste 10 canzoni a coinvolgerlo in un viaggio divertente e – perché no? – anche nostalgico, capace di aprire dimensioni ed orizzonti ignoti a noi “giovani da un po'”, spiacenti di non aver corso a cento all’ora con la musica dei grandi, ma in ogni caso fortunati. Fortunati di avere talenti che racconteranno di noi proprio come Fulminacci.

Angelica Rocca

Fulminacci e la nuova era del cantautorato – intervista per UniVersoMe

©GiuliaGreco – Fulminacci, Indiegeno Fest 2019

Fulminacci, nome d’arte di Filippo Uttinacci, è entrato a gamba tesa nella scena indie-pop – genere ridefinito come it-pop – con il suo primo album “La Vita Veramente”, rilasciato nell’aprile 2019 sotto la label Maciste Dischi. È definito da rockol.it la luce in fondo al tunnel del cantautorato italiano. Ed effettivamente anche per noi di UniVersoMe è così.

Da sinistra: Antonio, Fulminacci, Giulia – Indiegeno Fest 2019

Classe 1997, romano doc, non dimostra affatto la giovane età. I suoi testi e la sua musica godono di una piacevole complessità stilistica, che non lo allontana dal pop, ma ne aumenta la ricchezza. Ci ha rapiti sin dalle prime note ascoltate quando ha pubblicato i due singoli “Borghese in Borghese” e “La Vita Veramente” ma il disco ha sorpreso tutti per la grande varietà stilistica (lui stesso definisce l’album quasi “schizofrenico”) presente in esso: ogni brano sembra a se stante ma al contempo coerente perchè sincero. La poesia è tanta, l’emozione che riesce a trasmettere, dal palco soprattutto, anche. Siamo riusciti a scambiare quattro chiacchiere con lui all’Indiegeno Fest, che lo ha visto sul palco il 2 agosto insieme a Clavdio, i Canova e Franco126. 

©GiuliaGreco – Fulminacci, Indiegeno Fest 2019

Cos’è che ti ha spinto, ad un certo punto, a buttarti nel mondo della musica? O meglio, qual è stata quella miccia che ha acceso in te la voglia di iniziare, di incidere la prima canzone?

Fondamentalmente il fatto di stare parecchio da solo in determinati periodi. Questo mi ha invogliato molto a scrivere, di “dire” quello che non dici. Poi piano piano ho superato anche il problema della timidezza e quindi ho iniziato a far sentire ciò che avevo scritto. Mi sono sfogato, nei confronti di me stesso principalmente.

E come nasce, poi, il brano finale?

Scrivo io stesso l’arrangiamento. Registro qualche prova e poi lavoro con due produttori, Federico Nardelli e Giordano Colombo. Con loro, in studio, mettiamo a punto il brano e viene tutto fantastico.

Sei molto giovane e siamo certi che di strada ne farai, e tanta. Cosa vedi nel tuo domani?

Non so cosa vedo, ma so cosa voglio. E ciò che voglio è fare sempre musica onesta e sincera, perché solo quando quel che si canta viene da dentro, sarà sicuramente musica bella e potrà funzionare. Più che altro io mi sentirò fedele al mio rapporto con la musica e con il pubblico. 

Che dire, il down che ci ha colpiti negli ultimi anni si è ripreso proprio nel decennio duemila – duemiladieci “sfornando” un artista di altri tempi, che con la sua chitarra accarezza le speranze di un animo vintage. 

E se ancora non lo conoscete, cliccate qui:

 

 

 

Giulia Greco, Antonio Nuccio 

All’Indiegeno Fest la musica e l’arte non vanno in vacanza: buona la prima!

©GiuliaGreco – Indiegeno Fest 2019

Stessa location dello scorso anno, ma artisti diversi: l’indiegeno è finalmente giunto alla sesta edizione, che si sta svolgendo dal 2 agosto con ospiti del panorama musicale contemporaneo che si esibiscono su un palco allestito nella spiaggia di Patti Marina. Ormai diventato un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati del genere musicale Indie, quest’anno il mood che funge da filo conduttore dell’evento e che ne caratterizza anche la grafica è ispirato agli anni ’90. Già in quell’epoca si comunicava tramite cellulari e sms, ma c’era ancora uno spirito di autenticità che, con l’incombere dei social e di una vita sempre più virtuale, per certi versi si è andato perdendo. Questo festival invece consente ai nostalgici di tornare un po’ alle origini e recuperare quella voglia matta di acquistare i dischi dei cantanti per ascoltarli in automobile e imparare tutta la playlist a memoria per poi poterla cantare a squarciagola ai concerti.

©GiuliaGreco – Indiegeno Fest 2019

È stato proprio questo lo scenario che si è prospettato nella prima serata del festival, che ha riscosso un grande successo con una spiaggia gremita di gente. La musica cura gli animi, accomuna, unisce e fa condividere storie che meritano di essere raccontate. Il miglior modo, quello più genuino, per fruirne al meglio, godendosela dalla prima all’ultima nota, è ascoltarla dal vivo. La musica è una forma d’arte, e per questo non va sempre necessariamente spiegata, ma sentita e vissuta. Lo ha dimostrato Fulminacci, classe 1997, cantautore esordiente che già ha seminato fan in tutta Italia, secondo artista che si esibisce nella serata d’apertura. Prima di cantare “Davanti a te”, la introduce cercando di spiegarne brevemente il significato. Poi lui stesso ha affermato: “Vabbè non ci avrete capito nulla, meglio se la canto”, a riprova che la musica arriva laddove le parole, a volte, si rivelano insufficienti e inconsistenti.

©GiuliaGreco – Fulminacci, Indiegeno Fest 2019

Per circa un’ora Fulminacci riesce a tenere il pubblico instancabile e con il fiato sospeso, mentre lui invece di fiato per cantare ne ha da vendere ed è capace di gestirlo al meglio, soprattutto per quei suoi brani il cui ritmo veloce è sorprendente. Impeccabile, non sbaglia una nota e dal pubblico arrivano applausi di consenso e approvazione. Il cantante romano ci privilegia anche con una novità e una sorpresa inaspettata: un inedito che non è presente nel suo disco, che arrangia solo con voce e chitarra, e una cover singolare e unica nel suo genere di “Stavo pensando a te” di Fabri Fibra.

Dopo Fulminacci, a far scatenare la platea continuano i Canova, che alternano momenti di esibizione ad altri in cui lasciano che siano i cori del pubblico ad animare il concerto, e che confermano quanto le loro canzoni rappresentino ed esprimano a pieno emozioni, sentimenti, disagi, vizi e virtù di una generazione di giovani che come direbbe qualcuno “non è più quella di una volta”, e meno male che sia così. 

©GiuliaGreco – Franco126, Indiegeno Fest 2019

A chiudere la serata incanta la platea Franco126, con i singoli tratti dall’album “Stanza singola”, e uno spazio riservato anche agli esordi di “Polaroid 2.0”. Da parte di Franchino non sono mancati gli omaggi e le menzioni a quelli che lui definisce “fratelli”: la sua band e Tommaso Paradiso. 

©GiuliaGreco – Canova, Indiegeno Fest 2019

Non avrebbe potuto esserci miglior modo per concludere la prima tappa di un festival che si sta rivelando all’altezza di tutte le aspettative. Non ci resta che darvi appuntamento per questa sera e le prossime che seguiranno fino all’alba dell’8 agosto, la cui location sarà il teatro greco di Tindari, per nutrirci ancora di arte e musica, due bellezze che non ci potrà mai togliere nessuno, e che diventano immortali e intramontabili, capaci di perdurare nel tempo. Ci hanno detto: niente dura per sempre, tranne la musica, quella rimane: e se lo dicono i Coma_Cose, tra gli artisti in programma per la serata del 4 agosto, non gli si può non credere.

Giusy Boccalatte

 

©GiuliaGreco – Matteo Mobrici (frontman dei Canova), Indiegeno Fest 2019