Il fotovoltaico dell’ISS: cosa cambierà?

  1. Quando nasce l’ISS?
  2. La rivoluzione del fotovoltaico… nello spazio
  3. I pannelli dell’ISS tra passato e presente
  4. Più energia!
  5. Tante idee attorno al fotovoltaico

Dalla sua costruzione ad oggi l’International Space Station (ISS) ha rappresentato il punto di riferimento per molte missioni spaziali.

I comandanti Bill Shepherd e Soyuz Yuri Gidzenko e l’ingegnere di volo Sergei Krikalev sono stati i protagonisti della prima missione verso l’ISS. Da allora 293 sono stati gli astronauti che finora vi hanno fatto ingresso, ognuno dei quali ha svolto numerosi esperimenti, ognuno dei quali ha portato un pezzo di spazio qui sulla Terra, segnando la storia della stazione. Tra questi, Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano.

Quando nasce l’ISS?

La storia dell’ISS e la sua stessa esistenza, oltre ad essere il riflesso di un grande traguardo scientifico, sono il simbolo di un momento storico in cui ogni tentativo di avvicinarsi sempre più allo spazio sembrava fallire.

Si tratta di progetti nati in seno alla guerra fredda e ogni idea in quegli anni era strettamente correlata alla politica.

Agli inizi degli anni Ottanta, la Nasa aveva già immaginato la costruzione della stazione spaziale chiamata Freedom, come  risposta alle stazioni russe Saljiut e Mir. Ma il progetto fallì e il bisogno di trovare un punto d’unione tra i Paesi coinvolti nell’esplorazione spaziale divenne sempre più forte.

Prende così vita l’idea di una stazione spaziale costruita coinvolgendo più parti.
Il governo statunitense strinse accordi con la Russia, con l’Europa, con il Giappone. Sulla base dei progetti delle stazioni Freedom e Mir2 e dei laboratori Columbus e Kibo,  nasce l’International Space Station.

Nel 1998 si lancia il primo modulo, Zarja, ma sono state necessarie 41 missioni per giungere al completamento della stazione. Missioni che si sono concluse nel 2011 con l’arrivo alla stazione del Multi-Purpose Logistics Module “Raffaello”, adibito a “deposito”.

 

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Breve riassunto della struttura dell’ISS.

La rivoluzione del fotovoltaico… nello spazio

Negli anni duemila uno di questi viaggi verso l’ISS ha portato all’installazione del primo set di pannelli solari della stazione. Ulteriori aggiunte sono state poi fatte nel 2006 e nel 2009, anno in cui si installa l’ultimo segmento della struttura energetica, per un totale di 16.400 celle fotovoltaiche.

Un tassello importante per tutto l’ambiente scientifico. Generare energia tramite fotovoltaico è stata una delle rivoluzioni del Novecento;  tra il 1954 e il 1980 si realizzano grandi imprese. Fra queste, il lancio del veicolo spaziale Vanguard I, il primo ad essere alimentato da celle fotovoltaiche, e del razzo Explorer 6, costituito da quattro pannelli solari.

Negli anni novanta il fotovoltaico diventa il simbolo di una nuova “era” di libertà energetica.

Spazio e produzione di energia solare sono strettamente legate.

I pannelli dell’ISS tra passato e presente

L’ISS è alimentato tramite pannelli solari fotovoltaici (SAW, Solar Array Wings), i quali assorbono le radiazioni del Sole convertendole in energia. Quei pannelli che immediatamente ci ricordano la famosa immagine della stazione.

I pannelli sono montati lungo l’Integrated Truss Structure e sono fatti ruotare da una struttura ad anelli (Beta Gimbal Assembly) che con il Solar Alpha Rotary Joint  fa sì che essi seguano la direzione del Sole.

Viene così garantita la massima energia.
I pannelli sono la principale fonte della stazione, sono il suo “sostentamento”.

Hanno funzionato e continuano a funzionare. Ma c’è pur sempre un limite alla loro resilienza. Così potenti e così preziosi da richiedere un continuo controllo, che ultimamente ha evidenziato segni di degradazione. Quindi, a inizio 2021 la NASA ha deciso di aggiungere nuovi pannelli solari, per riottenere una giusta fornitura di energia e un giusto funzionamento della stazione. E tutto ciò diventa ulteriormente importante in vista del programma Artemis che vede nell’ISS un “modello”  sulla quale affidarsi per eventuali dimostrazioni tecnologiche.

Più energia!

A fornire i pannelli sarà l’industria Boeing con la sussidiaria Spectrolab e la Deployable Space System e il risultato finale vedrà la combinazione dei pannelli originari con i nuovi, più piccoli ed efficienti.

I pannelli saranno del tipo ROSA (Roll Out Solar Array), una recente tipologia di pannelli solari fotovoltaici che ha già dimostrato la sua efficienza nel 2017, quando un loro prototipo è stato dispiegato sulla ISS.

I pannelli ROSA vengono trasportati in un cilindro per poi essere “srotolati” sulla stazione. Sono in grado di raggiungere grandi estensioni e quindi quantità di energia molto elevate. Seguiranno la “rotta” dei vecchi pannelli, il loro stesso sistema di tracciamento del Sole e di canalizzazione dell’energia.

I pannelli originari sono in grado di produrre fino a 160 kW di elettricità. Con i nuovi si raggiungeranno circa i 215 kW.
Una struttura innovativa, una delle tante piccole rivoluzioni dal mondo dello spazio.

Si prevedono tre missioni di rifornimento e il trasporto avverrà dentro la capsula cargo Dragon della SpaceX.
Il 2021 prevedibilmente sarà l’anno in cui avverrà la prima di queste missioni.

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Tante idee attorno al fotovoltaico

L’uso del fotovoltaico ha segnato un momento di rinnovo. Portarlo nello spazio ha segnato uno dei momenti in cui la scienza e la tecnologia sono cambiate.

In futuro, le idee sviluppate per lo spazio potrebbero diventare ancora più connesse con ciò che accade sulla Terra.

L’agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha in mente di progettare un enorme impianto fotovoltaico che produrrà energia elettrica da trasferire al nostro pianeta. Un progetto gigantesco che dovrebbe realizzarsi entro il 2037 e che Focus ha definito “il più ambizioso programma sulle energie rinnovabili delle prossime due decadi”.

Si basa su idee nuove, ma anche su idee già pensate in passato. Per esempio, la realizzazione dei Solar Power Satellite, in grado di assorbire l’energia solare, è un’idea che la Nasa ebbe negli anni Settanta e quest’anno dovrebbe essere realizzata una loro nuova versione, dopo quella messa a punto nel 2018.  E il piano di volo per il trasporto dei vari elementi prenderà spunto dalle manovre di aggancio (docking) dell’ISS.

Il 2021 sarà un anno di ripartenza per il mondo dello spazio, un anno di avvio per le grandi novità del futuro.

Giada Gangemi

Bibliografia:

https://www.astronautinews.it/2021/01/nuovi-pannelli-solari-per-linternational-space-station/

https://www.focus.it/scienza/energia/impianto-fotovoltaico-spaziale-giapponese

Nuove tecnologie per un mondo sempre più green: celle solari di ultima generazione

La sfida dei ricercatori di tutto il mondo per migliorare l’efficienza dei dispositivi fotovoltaici

Parola d’ordine: energia rinnovabile. Come vi abbiamo raccontato in un precedente articolo, una delle sfide più difficili ma al contempo stimolanti è la ricerca di fonti di energia rinnovabili che garantiscano l’indipendenza dai combustibili fossili, soddisfacendo al contempo la richiesta energetica mondiale.

Sulla Terra sono numerose le fonti di energie rinnovabili. Si pensi ad esempio al vento, alle maree, alle onde, ai nuclei radioattivi, ecc.; ma ce n’è una, proveniente dallo spazio, che se sfruttata a dovere può risultare promettente: l’energia solare.

Il Sole, quotidianamente, grazie alle reazioni nucleari che avvengono al suo interno, invia sulla Terra una quantità spaventosa di radiazioni. È stato calcolato che ogni giorno il Sole irradia alle soglie dell’atmosfera terrestre, in media, 1367 W/m2 di potenza, che può essere raccolta e convertita in energia elettrica. Per ottenere questa conversione, bisogna tenere conto di diversi fattori:

  • Climatici, come la copertura nuvolosa: le nuvole bloccano parte della radiazione solare;
  • Geografici, come la latitudine: all’equatore l’energia solare raccolta sarà maggiore che ai poli;
  • Tecnologici, ovvero l’efficienza di raccolta delle celle solari, che sarà l’oggetto di discussione di questo articolo.

Andremo quindi a vedere com’è strutturata una cella solare, come funziona e quali sono le recenti innovazioni nel settore.

CELLE SOLARI – INFORMAZIONI PRELIMINARI

Le più comuni celle solari sono realizzate in Silicio, uno dei più abbondanti materiali presenti nella crosta terrestre, appartenente alla classe dei semiconduttori e, in assoluto, il re indiscusso dell’elettronica. Infatti gli hardware dei più comuni dispositivi tecnologici, dallo smartphone al computer, dalla televisione alla lavatrice, sono realizzati con questo importante materiale semiconduttore.

Ma quali sono le proprietà del Silicio, che permettono alle celle solari di convertire l’energia solare in elettrica?

Addentrandoci un po’ più a fondo nella fisica della materia, apprendiamo come i solidi abbiano tutti una struttura definita “a bande”: banda di valenza (nella quale sono presenti gli elettroni legati ai nuclei) e banda di conduzione (nella quale sono presenti gli elettroni non legati ai nuclei che permettono, dunque, la conduttività). In base a come queste sono disposte, possiamo distinguere conduttori, semiconduttori ed isolanti.

  • Nei conduttori, banda di valenza e banda di conduzione sono sovrapposte: ciò permette agli elettroni di poter facilmente “slegarsi” dai nuclei e passare in banda di conduzione, in modo da consentire il passaggio di elettricità.
  • Negli isolanti, invece, non vige questa proprietà, poiché gli elettroni sono fortemente legati ai nuclei e quindi è difficile il loro passaggio dalla banda di valenza alla banda di conduzione.
  • Nei semiconduttori, che altro non sono che una via di mezzo tra conduttori e isolanti, le bande di valenza e di conduzione sono energeticamente distanti tra loro, ma in modo da non rendere troppo difficile il passaggio di un elettrone dall’una all’altra banda.

 

Struttura a bande

 

Ma quindi, nelle celle solari come avviene la conversione dell’energia solare in energia elettrica?

Quando un fotone (particella di luce) raggiunge la cella solare, un elettrone in banda di valenza assorbe la sua energia e raggiunge la banda di conduzione, lasciando una lacuna (vacanza di un elettrone) in banda di valenza. Grazie ad un sistema esterno, gli elettroni che raggiungono la banda di conduzione vengono raccolti e utilizzati per l’alimentazione domestica.

Questa conversione presenta, però, una serie di problematiche. Le più importanti sono:

  • la riflessione: alcuni fotoni incidenti vengono riflessi dagli strati superficiali della cella solare;
  • l’efficienza di ricezione dei fotoni: non tutta la luce che raggiunge le celle solari viene raccolta;
  • la ricombinazione: molti degli elettroni che raggiungono la banda di conduzione si ricombinano con le lacune, cioè tornano in banda di valenza, rendendo quindi nulla la raccolta dei fotoni che li ha generati.

Al fine di ottimizzare questi dispositivi, i fisici hanno incentrato la loro ricerca sul miglioramento dell’efficienza di ricezione, evitando il più possibile la ricombinazione.

Negli ultimi anni, sono stati realizzati diversi tipi di celle solari, ognuna di loro con le proprie peculiarità e limitazioni. Andremo ora a descrivere il funzionamento di alcune di esse.

CELLE SOLARI ETEROGIUNZIONE

Le celle solari eterogiunzione, tra tutti i dispositivi fotovoltaici, sono tra le più promettenti. Sono composte da strati di diverso materiale, aventi quindi diversi energy gap (ovvero l’apporto energetico che necessita un elettrone per passare dalla banda di valenza a quella di conduzione). I suddetti strati vengono impilati, in genere, partendo da quello con energy gap maggiore sulla superficie fino ad arrivare a quello con energy gap minore; questa struttura permette alle celle solari di prendere la maggior parte dei fotoni, tutti con energie diverse, compresi nello spettro solare.

 

Pannelli fotovoltaici eterogiunzione

 

Al Liten, uno degli istituti di ricerca della francese Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives, sono state prodotte delle celle solari eterogiunzione con un picco dell’efficienza di conversione (la capacità del processo di ricevere un fotone e convertirlo in elettricità) del 24,25%. Questo risultato è stato raggiunto grazie agli sviluppi sugli strati trasparenti di ossido conduttivo e ai sempre minori danni associati al trattamento degli strati durante la produzione. “I test eseguiti confermano che la tecnologia delle celle eterogiunzione in silicio è praticabile sia in termini di tecnologia che di producibilità”, spiegano gli scienziati. I prossimi obiettivi dell’istituto di ricerca sono quelli di diminuire i costi, rendendo le celle fruibili in larga scala, aumentandone l’efficienza.

CELLE SOLARI CON NANOFILI DI SILICIO

Questo tipo di celle solari presenta la superficie coperta da nanofili di Silicio drogati che, grazie alle loro piccolissime dimensioni (alcuni nanometri), riescono a catturare meglio i fotoni incidenti mediante le loro proprietà quantistiche.

 

Gaute Otnes, Lund University

 

Ad oggi questi dispositivi non sono fruibili sul mercato, ma i ricercatori le considerano comunque molto promettenti, nonostante ai pro si contrappongano anche diversi contro: se è vero che queste celle solari sono molto poco dispendiose e occupano meno spazio rispetto alle celle solari comuni, è anche vero che alcuni meccanismi non si conoscono ancora alla perfezione (come per esempio la fase di drogaggio dei nanofili) ed inoltre l’efficienza non è ancora elevatissima rispetto ad altre tecnologie.

CELLE SOLARI ORGANICHE

Le celle solari organiche si ispirano al processo naturale della fotosintesi clorofilliana. Sono composte da tutti quei dispositivi fotovoltaici realizzati tramite l’utilizzo di composti organici, ovvero in base carbonio. La loro struttura è composta a strati realizzati con materiali fotoattivi, intercalati tra due elettrodi conduttivi, ed un substrato composto da vetro o plastica flessibile.

 

In questa figura possiamo notare la flessibilità delle celle solari organiche

 

Le miscele di materiali che compongono gli strati presentano dei pigmenti che hanno il compito di assorbire la radiazione solare, mentre gli altri componenti estraggono gli elettroni. La gamma di pigmenti che possono essere impiegati include quelli a base vegetale, come le antocianine derivate dai frutti di bosco, i polimeri e le molecole sintetizzate.

In questa famiglia di celle solari si possono annoverare: le celle “dye sensitized” (la cui parte fotoelettricamente attiva è costituita da un pigmento, da ossido di titanio e da un elettrolita), organiche (la cui parte attiva è totalmente organica o polimerica), ibride organico/inorganico e ibride biologico.

L’efficienza di queste celle solari non permette ancora un largo utilizzo nel settore privato, ma in prospettiva possono essere molto promettenti grazie alle loro caratteristiche “green”: infatti, i pigmenti naturali sono facilmente biodegradabili e i costi di produzione sono molto ridotti rispetto alle normali celle solari.

CELLE SOLARI CON PEROVSKITI

Il gruppo di ricerca guidato da Steve Albrecht e Bernd Stannowski ha prodotto, presso i laboratori dell’Helmholtz Center di Berlino (HCB), una cella solare tandem realizzata con due semiconduttori, Silicio e Perovskite, che ha raggiunto una efficienza del 29,15%. Questo valore, confermato dal CalLab del Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems (ISE), risulta essere tra i più alti mai raggiunti nel campo del fotovoltaico.

 

Cella solare Silicio-Perovskite

 

La struttura Silicio-Perovskite possiede una tale efficienza grazie alle proprietà elettroniche dei due materiali: infatti il Silicio cattura i fotoni meno energetici, mentre la Perovskite raccoglie i fotoni ad energia maggiore. In tal modo la cella solare riesce a coprire la quasi totalità dello spettro solare, massimizzando l’efficienza.

Nonostante gli ottimi risultati sperimentali raggiunti dalle celle solari Silicio-Perovskite, i costi non le rendono ancora competitive a livello industriale.

CONCLUSIONI

Negli ultimi anni, sempre più gruppi di ricerca si stanno impegnando per migliorare le caratteristiche delle celle solari al fine di ottenere una larga scalabilità, senza venir meno alle esigenze riguardo l’efficienza. I risultati ottenuti fino ad ora sono molto promettenti e stimolanti, sebbene ancora le celle solari non siano tra i dispositivi più efficienti per la produzione di energia rinnovabile.

Nei prossimi articoli vedremo altri esempi di energie rinnovabili e dispositivi per il loro utilizzo.

 

Giovanni Gallo

Giulia Accetta

L’energia del futuro: in esclusiva per UVM il Prof. Aldo Di Carlo dalla conferenza “Innovative Materials for Future”

Durante l’evento Innovative Materials for Energy, promosso dalla Prof.ssa Giovanna D’Angelo del dipartimento MIFT dell’Università di Messina, si cerca di rispondere alla domanda “qual è l’energia del futuro?” Nella conferenza del 20/11 i relatori: la Prof.ssa Giulia Grancini ed il Prof. Aldo Di Carlo hanno mostrato un resoconto dei materiali e delle tecnologie più innovative che ci permettono di compiere un salto concreto nel futuro.

La Prof.ssa Grancini, docente del dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia, ricorda le motivazioni che spingono la ricerca in questo campo, ovvero la necessità di trovare soluzioni alternative all’utilizzo dei combustibili fossili, considerando che i livelli di CO2 atmosferici sono fra i più alti nella storia (>400ppm nel 2019) e ciò è dovuto per oltre l’80% all’attività dell’uomo. Discute quindi le sue ricerche sull’energia solare di nuova generazione, per le quali è vincitrice del premio internazionale USERN 2019. Spiega che i moduli fotovoltaici convertono l’energia solare in energia elettrica senza alcun impatto ambientale. I suoi studi vertono in particolar modo intorno alla stabilizzazione della perovskite che, grazie al suo basso costo, alla facile processabilità e all’alta efficienza (raggiungendo picchi del 23%) si propone di rivoluzionare il campo del fotovoltaico, soppiantando il più costoso e meno efficiente silicone che ha dominato per anni questo mercato.

Minerale di perovskite

Risposte concrete, quindi, ma anche nuove sfide da affrontare, delle quali abbiamo avuto la possibilità di parlare con il Prof. Aldo Di Carlo, direttore del Polo solare organico della Regione Lazio (Chose), a Roma, e coordinatore del Laboratorio per l’energia solare avanzata, a Mosca.  

Professore, quali novità dobbiamo aspettarci nei prossimi anni dall’industria energetica?  

L’utilizzo di energia si sposterà sempre più verso il rinnovabile. Invece, sul lungo termine, un campo di studio emergente che suscita interesse è quello che si occupa della fusione tra energia e informazione. Questi due termini, apparentemente estranei e difatti per lungo tempo distanti, stanno convergendo verso il concetto di smart: smart energy, smart city. Avere informazione significa ridurre entropia e utilizzare meglio e con più efficienza l’energia. 

Quanto al rinnovabile, come può essere gestito in futuro lo stoccaggio dell’energia elettrica, elemento essenziale per l’accumulo di energia ottenuta da fonti rinnovabili? 

L’immagazzinamento dell’energia è un problema importante, perché le attuali soluzioni sono parziali e lo storage elettrochimico limitato non riesce a rispondere a tutte le esigenze. Tuttavia si stanno sviluppando grandi progetti: lo stoccaggio industriale attraverso l’idrogeno è fra i più promettenti.  

Inoltre l’energia rinnovabile è pervasiva: con una migliore efficienza energetica (come la si ottiene col perovskite) e una introduzione capillare del rinnovabile, anche una centralizzazione dello stoccaggio potrebbe essere qualcosa di cui fare a meno. Sicuramente è un progetto a lungo termine, ma ancora una volta la chiave potrebbe essere la digital energy, ovvero l’integrazione di energia e informazione: è questo il concetto emergente che diventerà veramente importante. 

La Digital Energy promette massima efficienza grazie alla gestione dei dati

In una società dominata dalla logica del profitto, con le agenzie dei combustibili fossili che non vogliono abbandonare questo mercato e adeguarsi alle policies del rinnovabile, considerata anche la sempre più stringente minaccia del global warming, come possiamo favorire la transizione all’utilizzo del rinnovabile? 

Il cambiamento climatico antropogenico è un dato di fatto di cui si sta acquisendo sempre più coscienza. Noi osserviamo una cosa: il mondo dell’informazione (ICT) si muove velocemente e tende a produrre efficienza. Invece le modifiche nel campo energetico avvengono con tempi biblici. Nel momento in cui Energia entrerà in ICT, il cambiamento diventerà veloce e potrà avvenire la transizione di cui parli. Ad ogni modo le società stanno già facendo forti investimenti per non perdere terreno nel campo delle rinnovabili, ma tale transizione sarà graduale soprattutto perché ancora non abbiamo delle densità di energia tali da rendere il rinnovabile indipendente dalle altre forme di energia. Per accelerare questo processo è necessario un breakthrough che deve venire dai giovani. 

Proprio riguardo i giovani, cosa si sente di dire alla nuova generazione di scienziati che si affacciano per la prima volta al mondo della ricerca per motivarli?  

Il futuro del mondo dipende dai giovani: solo da loro possono giungere nuove soluzioni. D’altronde Galois apportò la sua innovazione alla matematica ancora adolescente. Sono loro che fanno la differenza, e in questo momento storico serve un disruptive breakthrough che dipende solo dai giovani sia per la coscienza che hanno sviluppato (vedasi il fenomeno Greta) sia per la creatività e l’innovazione che possono apportare alle attuali tecnologie. 

Mattia Porcino