I segreti di Sagittarius A*: Fotografato il buco nero al centro della via lattea

Gli scienziati sono riusciti a fotografare per la prima volta il buco nero Sagittarius A* al centro della Via Lattea, la nostra galassia. Una scoperta sensazionale, che conferma la teoria della relatività generale di Einstein.

Indice dei contenuti:

Cos’è un buco nero?

La scoperta

Differenze con M87

L’immagine

Metodologie della scoperta

Futuro

Conclusione

Cos’è un buco nero

Il buco nero è un luogo nello spazio in cui la gravità è talmente attrattiva che nemmeno la luce può uscirne. Questo perché la materia è stata schiacciata in uno spazio minuscolo e ciò può accadere quando una stella sta morendo. Abbiamo già affrontato una spiegazione più dettagliata in un precedente articolo.

Fonte https://tg24.sky.it/

La scoperta

Durante le cinque notti nell’aprile 2017, la collaborazione EHT, ha utilizzato otto osservatori in tutto il mondo per raccogliere dati sia dal buco nero della Via Lattea sia da M87*. Le posizioni dell’osservatorio andavano dalla Spagna al Polo Sud e dal Cile alle Hawaii. Hanno raccolto quasi 4 petabyte (4.000 terabyte) di dati che, essendo troppi per poter viaggiare su internet, sono stati trasportati in aereo su dischi rigidi.

Differenze con il precedente buco nero della galassia M87

I dati di Sagittarius A* erano più difficili da analizzare. I due buchi neri hanno all’incirca la stessa dimensione apparente nel cielo, perché M87* è quasi 2.000 volte più lontano ma circa 1.600 volte più grande. Qualsiasi massa di materia che ruota attorno a M87* copre distanze molto maggiori, più grandi dell’orbita di Plutone attorno al Sole, e la radiazione che emettono è essenzialmente costante su scale temporali brevi. Ma Sagittarius A* può variare rapidamente, anche in poche ore. “In M87*, abbiamo visto pochissime variazioni in una settimana […] Sagittarius A* varia su scale temporali da 5 a 15 minuti”, afferma Heino Falcke, co-fondatore della collaborazione EHT ed astrofisico della Radboud University di Nijmegen, nei Paesi Bassi.

Fonte:
https://www.focus.it/scienza

L’immagine

A causa di questa variabilità, il team EHT ha generato non un’immagine del Sagittarius A*, ma migliaia, la cui immagine svelata qualche giorno fa, è la risultante di molte elaborazioni. Oltre a mostrare un anello di radiazione attorno a un disco più scuro, l’immagine elaborata conteneva tre “nodi” più luminosi. “Vediamo nodi in tutte le immagini che abbiamo creato”, dice Issaoun, astrofisico dell’Harvard and Smithsonian Center for Astrophysics a Cambridge, Massachusetts “ma ognuna aveva i nodi in punti diversi. I nodi mediati che appaiono nell’immagine sono probabilmente artefatti della tecnica di interferometria utilizzata dall’EHT”.

Ricostruisce le immagini da una parabola radiofonica idealizzata delle dimensioni della Terra, ma in cui solo minuscoli frammenti della parabola sono in grado di acquisire dati in un determinato momento. L’aspetto è diverso da quello di M87*, per il quale la regione più luminosa nell’immagine aveva una forma più a mezzaluna, il che potrebbe indicare una massa di materia più densa che viene accelerata lungo la direzione della linea di vista. Come affermato da Gomez, il team EHT ha condotto simulazioni di supercomputer per confrontare i propri dati. Ha così concluso che il Sagittarius A* sta probabilmente ruotando in senso antiorario lungo un asse che punta all’incirca lungo la linea di vista della Terra.

FONTE: https://tech.ifeng.com/

“Quello che mi fa impazzire è che lo stiamo vedendo di fronte”, dice Regina Caputo, astrofisica al Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland.

Il telescopio spaziale Fermi Gamma-ray della NASA, con cui Caputo lavora, aveva precedentemente rilevato gigantesche caratteristiche luminose sopra e sotto il centro della galassia, che potrebbero essere state prodotte dal Sagittarius A* durante periodi di intensa attività in passato. Ma quelle caratteristiche, note come bolle di Fermi, sembrano richiedere che la materia ruoti attorno al buco nero di taglio, piuttosto che di fronte, come si vede dalla Terra.

Metodologie della scoperta

Il Sagittarius A* è praticamente invisibile ai telescopi ottici a causa della polvere e del gas sul disco galattico. Ma a partire dalla fine degli anni ’90, Falcke e altri, si sono resi conto che l’ombra del buco nero poteva essere abbastanza grande da essere ripresa con brevi onde radio in grado di perforare il velo. Ma i ricercatori hanno calcolato che ciò avrebbe richiesto un telescopio delle dimensioni della Terra. Fortunatamente, la tecnica  dellinterferometria, che  implica il puntamento simultaneo di più telescopi lontani sullo stesso oggetto, potrebbe rivelarsi utile perchè, in effetti, i telescopi funzionano come frammenti di una grande parabola (vedi immagine di seguito).

Mappa illustrativa della costituzione dell’EHT ©Jacopo Burgio

I primi tentativi di osservare il Sagittarius A* con l’interferometria, hanno utilizzato onde radio di 7 millimetri relativamente lunghe e osservatori a poche migliaia di chilometri di distanza. Tutti gli astronomi potevano vedere un punto sfocato. I team di tutto il mondo hanno quindi perfezionato le loro tecniche e adattato i principali osservatori che sono stati aggiunti alla rete. In particolare, i ricercatori hanno adattato il South Pole Telescope e l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array in Cile da 1,4 miliardi di dollari per svolgere il lavoro. Nel 2015, i gruppi hanno unito le forze come collaborazione EHT. La loro campagna di osservazione del 2017 è stata la prima a coprire distanze abbastanza lunghe da risolvere dettagli come le dimensioni del Sagittarius A*.

Futuro

Feryal Özel, astrofisico dell’Università dell’Arizona a Tucson, in una intervista svoltasi a Washington, ha affermato che il prossimo obiettivo del progetto è generare un filmato del buco nero per saperne di più sulle sue proprietà fisiche.

I ricercatori sperano di scoprire se Sagittarius A* ha i getti astrofisici. Molti buchi neri, incluso M87*, mostrano due fasci di materia che escono rapidamente in direzioni opposte. Essi sono ritenuti il ​​risultato dell’intenso riscaldamento del gas in caduta e alimentati dalla rotazione del buco nero. Il Sagittarius A* potrebbe aver avuto grandi getti in passato, come suggeriscono nubi di materia riscaldate sopra e sotto il centro galattico. I suoi getti sarebbero ora molto più deboli, ma la loro presenza potrebbe rivelare dettagli importanti sulla storia della nostra Galassia. “Questi getti possono inibire o indurre la formazione stellare, possono spostare gli elementi chimici in giro” e influenzare l’evoluzione di un’intera galassia […] e ora stiamo guardando dove sta succedendo.” afferma Falcke.

Conclusione

Ciò che abbiamo osservato non è una scoperta fine a se stessa, poichè avrà certamente implicazioni nel domani e nelle tecnologie future della vita di tutti i giorni. Quindi non ci resta che aspettare con il naso puntato all’insù.

Livio Milazzo & Gabriele Galletta

Fonti: Nature,   Eso

NextGenerationMe: gli artisti di “Apollo&Arte”

In occasione della mostra temporanea “Apollo&Arte, che ridona vita alla via San Filippo Bianchi, torna la rubricaNextGenerationMe”. 

I protagonisti di oggi sono i giovani messinesi che hanno esposto le loro opere, ai quali abbiamo chiesto di raccontarci la storia del loro rapporto con l’arte e delle loro esposizioni.

Anna Viscuso

Classe ’99, ha iniziato ad avvicinarsi all’arte all’età di 15 anni grazie ad una professoressa del suo liceo linguistico. 

La cosa che ho imparato in questi anni è come qualsiasi forma d’arte non si limiti alla tecnica, anzi come inglobi totalmente la personalità di chi si avvicina”. Così Anna ci parla del suo vivere l’arte.

Il suo dipinto, dal titolo “E ti senti un po’ un fallito se ripensi alla tua età e cammini per la strada e provi a perderti”, riprende nel titolo una citazione di Cosmo, noto cantante pop italiano che riflette lo stato d’animo di quel Pierrot: “un po’ malinconico per non essersi riuscito a vivere a pieno i suoi vent’anni.”

©Cristina Geraci  – “E ti senti un po’ un fallito se ripensi alla tua età e cammini per la strada e provi a perderti” di Anna Viscuso, Messina 2021

Sofia Bernava 

Classe ’98, disegna fin da bambina, ma con l’inizio del liceo ha iniziato a volersi specializzare nei ritratti e da qui è “cominciata la ricerca di uno stile sempre più personale, ricerca infinita perché non si smette mai di evolversi insieme alla propria arte”. 

Il dipinto, già stato esposto in altri allestimenti, è un mix perfetto di molte forme d’arte ed è per questo che Sofia ha deciso di renderlo parte di questo progetto: “non desidero che chi lo guardi provi una determinata sensazione; il mio scopo è spingere l’osservatore a sentire qualcosa, qualsiasi sentimento esso sia.”

©Cristina Geraci  – “La poesia rende sempre giovani” di Sofia Bernava, Messina 2021

Lucia Foti

Classe ’92, l’arte è sempre stata la sua “seconda vita”, grazie al nonno che l’ha iniziata a questo mondo e a quello dei tarocchi, mondo dal quale proviene la sua opera . “La mia sensibilità all’arte non si riduce solo al disegno: ho avuto vari amori tra cui la street art e la fotografia perché a mio parere la sensibilità all’immagine è unica, se si è sensibili al disegno lo si è anche alla fotografia. Poi alla fine le mie radici mi hanno riportata a disegnare e a ottenere molte soddisfazioni”.

Ha scelto di esporre il suo disegno dell’arcano XXI, il mondo“, in cui una dea sorregge tutte le energie del mondo, “per esprimere il compimento del ciclo della vita, si impara una lezione e quindi si può  ricominciare da capo con la carta del matto.

©Cristina Geraci – “Arcano XXI, il Mondo” di Lucia Foti, Messina 2021

Grazia d’Arrigo

Classe ’86, ci dimostra come una passione può nascere per caso. Da poco tempo ha iniziato a “scarabocchiare per sfogare le sue emozioni” come piace dire a lei, nonostante fosse sempre stata affascinata dall’arte in generale. Il suo dipinto nasce durante i due mesi in cui è stata positiva al Covid-19: “l’isolamento mi ha provocato la necessità di un qualcosa di cui non ho mai sentito la mancanza, ho sognato un contatto con persone che non fossero i miei familiari. Ho deciso di rappresentare con questo bacio astratto ciò che prima ci teneva in vita e che adesso può addirittura metterla in pericolo.

©Cristina Geraci –”Tenuta astratta” di Grazia d’Arrigo, Messina 2021

Ylenia Bottari

Classe ’94, la sua sensibilità all’arte è sfociata in una “sensibilità a ciò che visivamente mi colpisce”. La fotografia esposta è stata scattata al teatro greco di Siracusa: “ho deciso di scattare questa fotografia e in generale tutte le altre perché sentivo il bisogno di immortalare quel momento, quel sentimento che provava chi ho fotografato”.

©Cristina Geraci – “Compianto” di Ylenia Bottari, Messina 2021

Daniele Commito

Classe ’96, ha iniziato a disegnare per “uscire fuori dagli schemi imposti dalla routine”. Non ama spiegare i suoi quadri: “perché posso manifestare al pubblico ciò che ho provato io nel realizzarlo, ma chiunque può avere una reazione diversa e sono contento sia così”. 

Il disegno che ha esposto “è nato dal bisogno di raffigurare la sensazione che ha il genere umano di limitare le sue emozioni contrapposta all’istintività del mondo animale, mondo dal quale dovremmo imparare la spontaneità”.

©Cristina Geraci – “Vorremmo essere animali”  di Daniele Commito, Messina 2021

Alessia Borgia

Classe ’86, ha sempre scattato fotografie, ma “molto inconsapevolmente”. 

“È diventata una passione nel momento in cui ho capito che mi piace osservare le persone e provare a capire quali siano le loro emozioni in quel momento.”

La foto esposta è stata scattata durante l’erasmus in Spagna: “vedevo questa bambina agitarsi continuamente, ma a colpirmi è stato il momento in cui si è calmata. Aveva un espressione che non riuscivo a decifrare e quindi ho deciso di fotografarla”.

©Cristina Geraci – “Sakura” di Alessia Borgia, Messina 2021

 

Sofia Ruello

 

Immagine in evidenza:

©Cristina Geraci – Gli artisti di “Apollo&Arte”, Messina 2021

Il cinema si reinventa: una via dell’arte per Messina, scommessa e opportunità

Giorno 30 aprile il Cinema Apollo ha finalmente riacceso le sue luci, ed in attesa di collocare i nuovi manifesti in vista delle tanto attese proiezioni cinematografiche, ha arricchito i suoi spazi esterni con opere d’arte, ridando luce e colore alla via San Filippo Bianchi. Il progetto “Apollo & Arte” nasce dall’idea di Daniele Mircuda e Loredana Polizzi che, osservando quella strada, una volta tanto animata dal via vai di persone che occupavano le sale della struttura, si trova adesso vuota e priva di quei colorati manifesti che riempivano gli espositori  del multisala. Proprio per questo motivo Mircuda e Polizzi hanno deciso di organizzare una rassegna temporanea per ricordare, non solo al pubblico dell’Apollo, ma a tutti i cittadini, la bellezza ed il piacere dell’osservazione attraverso l’arte. Gli artisti che si sono messi in gioco in questa meravigliosa iniziativa esporranno opere pittoriche, fotografiche, illustrative e di collage digitali.

“Apollo&Arte” via San Filippo Bianchi

Per la pittura sarà possibile osservare le opere di Sofia Bernava, giovane messinese classe ’98, da sempre appassionata all’arte, che si forma dapprima da autodidatta e, dopo il Liceo, decide frequentare l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, dove ha poi conseguito il diploma di primo livello in Grafica d’Arte. Espone svariate volte negli anni alle mostre dell’associazione “Be Art”, all’evento “La città sommersa” nel 2019 e più recentemente alla mostra “Art Container 019” nell’Accademia da lei frequentata; vince inoltre il secondo ed il terzo premio a due estemporanee, rispettivamente “Visioni dall’interno”, tenutasi al Monte di Pietà, e “Castello e
d’intorni” presso Santa Lucia del Mela.

Altra protagonista dell’evento è Alessia Borgia, messinese nata nel ’86, che attraverso fotografie street racconta nitide immagini di vita quotidiana. Il suo approccio a quest’arte visiva avviene da giovanissima attraverso la fotografia analogica, dedicando i suoi rullini al paesaggio e a contesti familiari, per poi subire il fascino del digitale e cambiare soggetti per le sue opere. La sua sensibilità fotografica si sposa perfettamente con la precisione datale dalla sua professione di architetto, creando dunque il binomio ideale per trasmettere attraverso i suoi scatti il messaggio di una fotografia a sfondo sociale.

“Apollo&Arte” via San Filippo Bianchi

Tra le illustrazioni in mostra vi sono quelle di Lucia Foti, nata a Messina nel 1992, che, da sempre autodidatta, si avvicina all’arte sin da giovanissima, sviluppando un forte interesse per tutte le arti visive, interesse che, nel corso del tempo, la condurrà ad esporre le proprie opere sulle giacche artigianali della stilista Marcella Magistro, ed ad organizzare due mostre, una personale presso TOTù a Milazzo, ed un’altra, “Abyssu” in collaborazione con NessunNettuno, noto artista messinese, presso Le Retrò Studio a Messina; inoltre si occupa della locandina per il cortometraggio “Vittoria per Tutti” della casa di produzione “8 Production” regia di Elia Bei,
vincitore del Premio al Miglior Corto Italiano di Rai Cinema Channel al RIFF (Roma Indipendente Film Festival). La sua passione per le arti figurative giunge anche al ritratto attraverso cui, sperimentando tra penne, matite ed acquerelli, riesce ad immortalare l’anima dei volti che rappresenta.

Non solo però si avrà il piacere di rivedere artisti già noti, infatti, tornando alla pittura, saranno esibite le opere di Grazia D’Arrigo, classe ‘86 che, proprio in quest’occasione esporrà, per la prima volta, il frutto dei suoi lavori.

“Apollo&Arte” via San Filippo Bianchi

Altro talento proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria è la messinese Ylenia Bottari, classe ’94, che vedrà negli espositori del multisala i suoi lavori fotografici. L’artista, acquisito il diploma di primo e di secondo livello in Scuola di Decorazione, frequenta poi uno stage di restauro “Un’estate tra Arte e Fede nella Diocesi di Locri-Gerace” e si occupa nel 2019 dell’allestimento della mostra “Artcontainer 019” organizzata dall’Accademia da lei frequentata. Partecipa alla terza edizione della Mostra “ContaminArt-Arti visive” nel 2019 ed alla collettiva tenutasi al Palazzo della Regione di Reggio Calabria per le “Giornate Cardiometaboliche Reggine”.

Altro protagonista dell’esposizione è il venticinquenne messinese Daniele Commito, un giovane illustratore, che ha coltivato la sua arte da autodidatta acquisendo sempre più consapevolezza della sua capacità di spostare le sue idee su “carta”. Sono svariate le mostre a cui ha già preso parte, sia in città, quali Be Art Tropical session, Mood art al Centro Multiculturale Officina o ancora, la più recente, Segnalibro d’artista presso la Libreria Mondadori, ma anche nella metropoli Catanese alla galleria d’arte Nukleika.

“Apollo&Arte” via San Filippo Bianchi

Altra già nota pittrice messinese è poi Anna Viscuso, classe ’99, anche lei studentessa
dell’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria, e che fa parte del collettivo Be
Art . Ha già esposto, non solo a tutte le mostre organizzate dall’associazione, ma anche a Viareggio alla collettiva NEROBIANCO.

Inoltre all’estemporanea sarà possibile ammirare le opere di uno degli organizzatori, Daniele Mircuda, che esporrà i suoi collage digitali in cui unisce note opere pittoriche a fotografie di personaggi noti e non, creando immagini interessanti e innovative. Ed è proprio l’artista in questione che, in veste di organizzatore, ha rilasciato una dichiarazione sull’evento descrivendo come si sia sviluppata l’idea della mostra.

Mircuda racconta infatti del profondo senso di tristezza che suscitava in lui la visione di quegli espositori vuoti, che un tempo coloravano la via del cinema. Così proprio osservando la strada ha ben pensato di domandare a Loredana Polizzi, gestore dello storico multisala messinese, di usare gli espositori come pannelli per una mostra d’arte. Polizzi si è subito mostrata entusiasta dell’idea ed ha dato immediatamente la sua disponibilità, permettendo così che l’estemporanea venisse organizzata nel più breve tempo possibile. Mircuda aggiunge poi, che “l’arte è bellezza pura e totale” e grazie a questa è possibile abbellire una via ormai vuota, divenendo così un “raggio di sole metaforico” per quella via ormai ingrigita. Tutto ciò rende il cinema un luogo ancora più culturale, ha proseguito l’artista, poiché la struttura che solitamente viene vissuta soltanto all’interno delle sue sale, viene così sfruttato a pieno per l’arte in ogni sua forma.

“Apollo&Arte”, gli artisti, via San Filippo Bianchi

Il Multisala Apollo, tra l’altro si è da sempre fatto sede di mostre, tuttavia fruibili solo dall’interno, ciò che rende particolare quest’estemporanea è proprio il fatto che sarà visitabile dall’esterno h24 e tutti i giorni della settimana. Gli espositori saranno ben illuminati, così che chiunque si trovi a passare di lì, anche la sera, possa goderne, e magari questa iniziativa potrebbe pure incuriosire chi non è molto vicino al mondo dell’arte. L’estemporanea sarà visibile per quindici giorni, allo scadere dei quali gli espositori non torneranno ad essere vuoti, ma vi sarà un ricambio di artisti, che con le loro opere continueranno ad impreziosire la nota via. Un’incantevole iniziativa che nella nostra città mette in luce come la voglia di fare possa portare ad idee innovative, come quelle di una mostra fruibile semplicemente passeggiando per le vie del centro città , e che soprattutto evidenzia come sia possibile reinventare degli spazi per far continuare a vivere l’arte, e quindi a goderne, anche al di fuori dei musei.

Laura La Rosa

“Planet vs Plastic. Un pianeta straordinario tra bellezza e abusi” di Randy Olson National Geographic

Venerdì 12 aprile 2019. Ore 18.00. Palacultura “Antonello da Messina“. Si è aperto un Talk dal titolo “Sostenibilità e innovazione, sfide dovute tra costume, economia e architettura” a introduzione della mostra internazionale “Planet vs Plastic” al quale hanno partecipato: il Presidente della Conferenza permanente interregionale per l’Area dello Stretto On. Mimmo Battaglia, l’Architetto Claudio Lucchesi – studio UFO, l’architetto Renato Laganà – UniRC e il Dott. Francesco Scarpino Amm. Unico e curatore della mostra. L’incontro ha registrato la presenza di numerosi professionisti e appassionati di fotografia.

La mostra, di forte impatto emotivo, è frutto della partnership tra Bluocean e National Geographic di cui Randy Olson è tra i più importanti e storici collaboratori nonché docente del Bluocean’s Workshop percorso di Alta formazione fotografica giunto alla 10 edizione e patrocinato in esclusiva da NatGeo.

Le immagini di Planet vs Plastic mirano a rappresentare il racconto di una sfida sempre più attuale: la straordinaria bellezza del nostro Pianeta mentre è impegnato nella più ardua delle battaglie, ovvero, la resistenza contro l’inquinamento. Il rispetto dell’ambiente e delle sue risorse naturali sono un tema centrale sempre più collegato alle grandi emergenze che colpiscono il pianeta, da quelle idrogeologiche all’inquinamento, in particolare della plastica la quale ha compiuto una vera e propria rivoluzione.

Tema attualissimo per cui l’ONU promuove numerose campagne di sensibilizzazione e l’UE si impegna a ridurre notevolmente, entro il 2030, l’uso di questi materiali.

Anima così tanto le coscienze della popolazione che basti pensare alla piccola Greta Thunberg, la ragazzina di 12 anni, che fa scioperare il mondo contro il riscaldamento globale, famosa ormai in tutto il web per la propria lotta.

La mostra propone un percorso volto all’educazione degli animi del visitatore attraverso opere di grandi dimensioni. Ca 35*50 cm. Una sorta di manifesto a protezione della vita della Terra. Ogni fotografia, uno strumento di persuasione, affinché si possa prendere coscienza che ogni nostro piccolo gesto è finalizzato a mutare in maniera indelebile il volto del pianeta.

La mostra sarà fruibile lunedì, dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00; martedì e giovedì dalle 9.00 alle 17.00; mercoledì e venerdì dalle 9.00 alle 13.00.

Gabriella Parasiliti Collazzo

 

Mostre a Palermo: Vittorio Storaro e Antonello da Messina

A Palermo è stata accolta presso il Palazzo Chiaramonte Steri la mostra dedicata a Vittorio Storaro dal titolo “Scrivere con la luce”. Ha rappresentato un’occasione innovativa per scoprire la maestria di un importante autore della fotografia cinematografica.

Vincitore di numerosi premi tra cui tre premi Oscar per Apocalypse Now, Reds e L’ultimo imperatore, Vittorio Storaro ha lavorato con diversi registi come Bernardo Bertolucci e Francis Ford Coppola, e curato la fotografia di film rimasti nella storia (“Il Conformista”, “Ultimo tango a Parigi”, “Giordano Bruno”, “Novecento”, “Il tè nel deserto”). 

Innanzitutto, un po’ di chiarezza. Chi è l’autore della fotografia cinematografica? Una figura professionale, fondamentale per un set di un film, che ne cura la resa visiva, cioè l’aspetto dell’immagine in movimentoLa mostra è stata distribuita all’interno della Sala delle Armi e la Sala delle Verifiche, ed è stata allestita partendo dalla trilogia di libri scritti dall’artista per poi fare un confronto tra opere pittoriche (dal ‘700 in poi) e la cinematografia dei vari film.

La speranza è quella che in futuro verranno ideate ulteriori esposizioni riguardo alla settima arte, cercando anche di coinvolgere personalità della realtà cinematografica siciliana, in modo da fare sempre meglio e da espanderne la conoscenza con ampia risonanza.

L’Annunciazione, Antonello da Messina

La mostra di Antonello da Messina al Palazzo Abatellis invece è forse la più frequentata dal pubblico, nella quale sono presenti diverse opere provenienti da musei sparsi in molte città italiane e non solo.

Il percorso è suddiviso in diverse sale e presenta una sequenza cronologica della carriera artistica dell’autore. A partire dalla giovane età con dipinti del periodo fiammingo, per poi arrivare al periodo veneziano, che comprende la collaborazione con il figlio Jacobello nell’opera la Madonna col Bambino. Il tragitto viene seguito da grandi pannelli didattici che mostrano la vita e la storia delle opere dell’artista.

Questa monografica è una prova di come sia possibile realizzare mostre di grandi autori che, anche se spesso considerati minori, non hanno nulla da invidiare a quelli europei. L’unica nota negativa di questa mostra è l’assenza di altri lavori altrettanto rilevanti realizzati dal pittore, che rimangono visionabili solo fuori porta.

Avendo assistito nello stesso giorno a due mostre di impostazione e tipologia diverse, ma ugualmente interessanti, ho maturato alcune riflessioni. Sorge dunque spontaneo proporre il seguente confronto: la mostra di Antonello da Messina è organizzata sulla base di un ordinato orientamento spaziale; quella di Storaro, pur rispecchiando parzialmente questi canoni, risulta a tratti dispersiva, aspetto probabilmente attribuibile all’ampiezza delle sale.

“Scrivere con la luce” Vittorio Storaro, Palazzo Steri

Nonostante sia sicuramente una scelta valida confrontare i vari film con opere pittoriche che risalgono a epoche dal ‘700 in poi, questo aspetto rimane poco comprensibile e accessibile a quella parte di pubblico che non ha già visto preventivamente tutti i film.

Se le stampe dei frame fossero state sostituite con l’installazione di pannelli virtuali proiettanti pochi secondi di film, si sarebbe garantita maggiore dignità al maestro della luce Vittorio Storaro, mostrandola in tutta la sua interezza.

“Il cinema non è un’opera singola. Il cinema è un linguaggio di immagini attraverso cui si esprime un concetto, essendo l’immagine rilevata dal conflitto e dall’armonia dell’ombra e della luce e, come li chiamava Leonardo da Vinci, dei loro diretti figli: i colori. Infatti una diversa impostazione della luce, comporta nel film una differente struttura figurativa.”  Vittorio Storaro

 

Marina Fulco

Il fotografo Franco Carlisi alla libreria Ciofalo

Giovedì 15 novembre alle ore 18 presso la libreria Ciofalo si è svolta la presentazione del libro Il valzer di un giorno del fotografo matrimonialista Franco Carlisi.

Franco Carlisi classe 63 è un fotografo di Agrigento. Laureato in Ingegneria Elettrica, si appassiona alla fotografia nel 1994.
Nelle sue fotografie non vi è soltanto una ricerca antropologica e sociologica, ma anche una rappresentazione teatrale, in cui la realtà è raccontata con originalità. Sono i piccoli istanti catturati dalla macchina fotografica che raccontano il matrimonio, che danno nostalgia.

Ogni fotografia, nonostante sia un’opera della spontaneità e realizzata in pochissimi secondi, è un’opera d’arte a sè e presenta equilibrio e cura nei dettagli.

Cosa spinge un fotografo a riprendere proprio quel momento non è altro che uno scatto che avviene al proprio interno e che riemerge dalla propria storia personale o dall’inconscio.

In ogni fotografia vi è la rappresentazione di un momento cristallizzato, è un attimo che dona emozioni.

Fin dal primo sguardo il fruitore si sente immerso come se l’immagine lo appartenesse. 
Una sorta di feritoia nella quale vi si può entrare per scoprire qualcos’altro.

All’interno della realtà antropologica e sociologica se ne avverte anche una surreale e visionaria. Le sue fotografie hanno successo in tutto il mondo per il valore simbolico, universale che possiedono. Sono la rappresentazione della verità, in cui si fa omaggio alla sacralità della vita.

Il libro, vincitore del premio Bastianelli 2011, è presentato nella sua seconda edizione e presenta oltre cento immagini in bianco e nero.

Introduce Alessandro Mancuso di Magika edizioni. Presenti alla conversazione l’autore Franco Carlisi, Gioacchino Barbera, storico dell’arte; Sergio Tedesco, etnoantropologo direttore della Biblioteca regionale di Messina.

E’ possibile visitare la mostra di Franco Carlisi fino a venerdì 30 novembre 2018 presso Magika edizioni, in via Placida, Messina.

Marina Fulco

 

Terrabruciata: tra fotografia e presa di coscienza

Quando il 9 Luglio scorso i colli messinesi hanno smesso di ardere, il paesaggio si è stravolto. Ettari di macchia mediterranea sono andati letteralmente in fumo, cumuli di macerie, scheletri di alberi e cenere governavano lo scenario.

 

 

 

Giusi Venuti, filosofa eclettica, e Gerri Gambino, fotografo per abitudine, hanno deciso di percorrere quei sentieri un po’ sbiaditi, arrivando fino al monte San Jachiddu attraverso il Sentiero dei cinghiali.

Dodici fotografie in bianco e nero che sono una presa di coscienza della situazione presentatasi subito dopo l’inferno che la natura ha subìto. Dodici fotografie che mostrano la follia dell’uomo dinanzi la bellezza estrema che non comprende e, senza ragione, distrugge. La mostra, infatti, non è un reportage, non vi è denuncia da parte degli artisti: è il riscontro della constatazione di circostanze antropologiche, culturali e territoriali, di cui tutti siamo complici.

“Non c’è stata alcuna progettazione”, dicono gli artisti, “è come se fossimo stati chiamati dalla natura. Il suo è stato un grido di disperazione, di aiuto.”

La mostra è strutturata come la narrazione della storia di questa vegetazione che è stata deturpata dalla follia e dal delirio dei suoi figli, gli uomini. Anche se si devasta c’è sempre qualcosa di più grande, e Giusi l’ha percepito nell’accarezzare una sughereta (vi sono infatti 4 foto dedicate a questo toccante momento) “Inutile che ragioniamo, c’è sempre qualcosa che ci sfugge. Credevo quell’albero fosse morto, ed invece ho sentito da dentro il tronco una forza di vita devastante e travolgente”.

Gli scatti si concentrano su contrasti tra bianco e nero, poche luci e poche ombre, il movimento era essenziale per trasmettere la realtà che vedevano i loro occhi. “Spesso dico per dispetto a Giusi che sono state eliminate le più belle, ma nel momento dello sviluppo dell’allestimento la scelta è ricaduta su queste 12 fotografie che vedete: un messaggio diretto e scarno, profondo e reale”.

Si dice che la bellezza generi benessere, ed io ne sono fermamente convinta. A volte, però, la stessa bellezza genera un benessere che non riesce a rendere personale per gli occhi che la mirano e, si sa, l’uomo quando non comprende qualcosa dice che è sbagliata. Le sensazioni e le emozioni che si provano osservando quegli attimi congelati variano in base ai movimenti raffigurati: il volto verso l’alto e così anche i rami spogli degli arbusti nello sfondo ricreano quella complicità che si era persa nell’odio e nella rabbia dell’uomo; il tocco delicato della mano di una donna sul sughero poroso rassomiglia alla dolcezza con cui una madre accarezza il frutto nato da lei; il cammino in vesti nere attraverso le sterpaglie rappresentano il percorso vitale di ognuno di noi, che sfortunatamente, molto spesso, esclude Madre Terra.

“Terrabruciata” sarà visitabile (gratuitamente) presso lo Studio Galbo-Marabello, via Ghibellina 96 b a Messina, fino al 5 novembre 2017. Orari: feriali 17-19; sabato, domenica e 1° novembre 10-13 e 17-19.

 

 

Giulia Greco

 

 

Sony World Photography Awards 2017

I Sony World Photography Awards sono fra i più grandi e prestigiosi premi di fotografia.
Sono quattro le macro-categorie :

  • professionisti, che al suo interno si suddivide in 10 categorie, il premio  più alto è quello di Fotografo dell’anno
  • competizione aperta, sempre divisa in 10 categorie ma non prevede alcun limite per la partecipazione
  • giovani, per i fotografi fra i 12 e i 19 anni
  • student focus, specifica per gli studenti di fotografia

I vincitori sono stati annunciati il 21 Aprile e le opere rimarranno esposte in mostra fino al prossimo 7 maggio alla Somerset House di Londra.
Il premio come miglior fotografo dell’anno è andato a Frederik Buyckx per le sue immagini di paesaggi invernali nei Balcani, in Scandinavia e in Asia Centrale.
L’italiano Alessio Romenzi ha vinto la categoria Attualità della sezione Professionisti , la sua opera vede come protagonista c’è la città di Sirte, l’autoproclamata capitale dello Stato Islamico in Libia. Il titolo dei suoi scatti è We are taking no prisoners”. 

Altri italiani hanno trionfato nella categoria Professionisti : Alice Cannara Malan nella categoria Vita Quotidiana. Con il progetto My (m)other”  nel quale racconta i rapporti familiari e ciò che c’è sotto la superficie.
Diego Mayon, Athens Studio”  nella categoria Architettura. Viaggia all’interno dei bordelli di Atene.
Lorenzo Maccotta Live chat studio industry”  vince in Storia contemporanea, si è dedicato al mondo del web: ritraendo modelli e modelle che lavorano nell’industria delle webcam per adulti in Romania.
Nella categoria Open ha vinto Alexander Vinogradov, con i ritratti ispirati al film francese Leon.

Ci sono le ragazze della nazionale colombiana di rugby subacqueo, Joker newyorkesi ad Halloween, persone che fanno Tai Chi. Insomma guardate la galleria allegata nel link del sito “Il Post”, non  rimarrete delusi!
http://www.ilpost.it/2017/04/21/foto-vincitrici-sony/

Arianna De Arcangelis

“Others”: intervista al fotografo messinese Davide Bertuccio

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Dal 19 al 25 Novembre, presso il Monte di Pietà – sala sud – è in mostra il progetto fotografico “Others” del giovane artista messinese Davide Bertuccio (classe ’91).  Others è il terzo di altri due progetti – “Here” e “Loneliness “ – in cui Davide sottolinea lo strano rapporto che si è creato tra l’uomo ed il “non luogo” in cui abita, ma non vive; definisce l’incomunicabilità che si viene a creare nel mondo reale durante il nostro stato di persone alienate. Sia l’uomo che la città diventano virtuali, situazioni che si ripropongono in ogni agglomerato urbano in cui i cittadini vagano per le strade, quasi per convenzione, creando intorno a se una nube ed isolandosi perdendo l’essenza dell’esistenza.
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Un giorno un famoso fotoreporter disse: Per “significare” il mondo, bisogna sentirsi coinvolto in ciò che si inquadra nel mirino. Questo atteggiamento esige concentrazione, sensibilità, senso geometrico. Quanto ti senti di appartenere alle situazioni che decidi di fotografare?

Tanto ovviamente. Nel momento in cui tu metti l’occhio all’interno del mirino fotografico (e poi “mirino” perché ormai le foto si fanno anche con il cellulare) ed inquadri una fotografia, decidi cosa far rientrare dentro l’immagine e cosa della realtà escludere: questo è fondamentale, per questo, a mio avviso, è importantissimo entrare dentro la storia e quello che vuoi mettere all’interno dell’immagine. Io chiaro, ho la duplice “veste” di fotoreporter e di artista, così mi definiscono! (ma io non amo definirmi così *risata*) io sono un fotografo, come rispondo sempre. Però sono due lavori ben distinti: uno è una messa in scena, vuol dire studi (studio di composizione dell’immagine, scelta dei personaggi) e in questo caso non ho molto rapporto con il mirino perché in realtà è più un rapporto con la mia testa, la mia visione ed il luogo. Per quanto riguarda Davide come fotoreporter il rapporto con il mirino e la realtà è tantissimo perché è più istintivo. Ad esempio sto per partire per la Palestina ed il lavoro è ben preparato: so cosa cercare, che immagini devo ricavare, ma non so cosa aspettarmi! Ed è quello pure il bello ed il difficile del lavoro, sapere cosa cercare e riuscire a coglierlo in quello che è la realtà.img_9580

La fotografia si suddivide in tante categorie, una di queste è il fotoreportage e tu ti definisci un fotoreporter. Quanto questa distinzione è significativa per te?
Secondo me poco, non amo dare delle distinzioni. Partendo dalla base filosofica, il significato originario, fotografia significa “scrivere con la luce”. A noi (io ho fatto l’università di fotografia) ci hanno sempre insegnato: cosa differenzia voi da un fotoamatore? Non la tecnica, perché magari il fotoamatore la possiede e potrebbe essere anche migliore della vostra, bensì la cultura, la quale è la base per tutto. Essere un fotografo non vuol dire saper scattare una fotografia, avere la macchina più cool del mondo, ma sapere perché si scatta quella foto, sapere cosa ci sia stato prima del mio arrivo, ciò necessità di uno studio intenso ed appassionato. Io credo tantissimo nella pre-produzione, che è ricerca. In ogni caso sono fotografo, e secondo me è la definizione giusta da dare per chi fa questo come professione, perché ritengo che siano tutte persone colte.img_9558

Tramite le tue fotografie hai la possibilità di studiare il mondo ed immortalare un momento per l’eternità: con questo progetto hai voluto concentrare la tua attenzione sul rapporto dell’uomo con la città, con l’ambiente in cui abita, ma non vive. In questi anni in cui hai cercato di fermare il tempo, hai notato delle evoluzioni nella società? 
Bella questa domanda, cioè bella contorta! Beh, le differenze macroscopiche non sono state tanto negli altri quanto in me, sono cambiato io e la mia visione del mondo. È normale, studio da tre anni, quindi noto in maniera diversa le cose: prima vedevo il mondo come un ragazzo messinese, privo di una profonda conoscenza che ho poi acquisito con lo studio, ed il mio occhio è cambiato. Quindi studiare fotografia, arte e tutto ciò che concerne la fotografia, mi ha permesso di vedere il mondo in senso critico. Alla fine ho compreso che le persone che non hanno niente, al contrario avevano di più e trasmettevano di più…e viceversa. […]

Quanto ritieni che la foto sia un ferma-immagine piuttosto che il movimento di questa che suscita nel tempo e nello spazio diversi, in coloro che osservano i tuoi scatti? È un ferma-immagine reale o è un movimento che suscita in chi osserva questo ferma-immagine?
Mh…credo che l’uno dipenda dall’altra. La foto è un ferma-immagine, questo non vuol dire però che essa non possa trasmettere qualcosa che sia al di fuori della realtà. La fotografia può essere una rappresentazione della realtà oggettiva, oppure può essere la rappresentazione soggettiva della realtà: questo è il fotografo. Ad esempio una tazzina può essere fotografata da più punti di vista, ognuno la fotografa con quello che è la propria esperienza…già il movimento parte da questo ferma-immagine. Chi lo guarda riceve il messaggio che ha interpretato con la propria visione e secondo il suo trascorso. E questo lo fa qualunque tipo di arte.img_9566-2

Quando sei passato alla post-produzione (momento in cui le foto vengono “ritoccate” ndr) qual è stato il tuo principale obiettivo? Quale verità volevi mettere in luce?
Sostanzialmente la post-produzione, per quanto abbia il suo peso specifico e spesso enorme nell’immagine, cerco di evitarla (da “buon” fotoreporter) e cerco di trovare delle situazioni nelle quali non ci sia la necessità di rielaborare le foto. Inoltre io sono un maniaco, credo tanto nella pre-produzione: controllare il luogo, la luce, rendermi conto del lavoro che ho intenzione di realizzare.

Qualcosa che vuoi dire ai lettori di UniVersoMe?
Beh innanzitutto grazie! Il messaggio più importante, per me, che posso mandare a tutti voi è: cercate di essere curiosi, come diceva Steve Jobs. La curiosità comporta, sopratutto qui a Messina in cui non c’è una vasta gamma di possibilità di scelta, la libertà, il coraggio e credere in se stessi per raggiungere i propri obiettivi e realizzarli e sopratutto mettersi in gioco. Le soddisfazioni arrivano sempre. La curiosità è proprio dietro l’angolo. Noi siciliani abbiamo tutta questa bellezza, la nostra isola ci cresce e questa bellezza l’abbiamo dentro di noi, e la riusciamo a scovare anche nella “bruttezza”. Siate voi stessi.

 

Giulia Greco

È il fotografo che fa la fotografia o la fotografia che fa il fotografo?

il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l’arte della fotografia” – Helmut Newton

Spesso è difficile definire cosa sia effettivamente la fotografia. Tuttavia, si può cominciare con lo spiegare cosa la fotografia non è: non è un dipinto, una poesia, una sinfonia, una danza. È un’arte che cammina da sola, nata da sola spinta dal desiderio dell’uomo di riportare esattamente cosa vede con i propri occhi. Immortalare un momento e renderlo eterno. La pittura, la scrittura, la musica e la danza sono arti che fermano il tempo delle emozioni. Con una foto si crea l’eternità, aspirazione estrema del desiderio umano: vivere per sempre. L’attimo è la cosa più preziosa che possediamo, perché questo non si riproporrà.

La prima foto scattata nella storia risale al 1826, quando lo scienziato francese Joseph Nicéphore Niépce scattò la prima immagine permanente, intitolata Vista dalla finestra a Le Gras, nella casa di campagna della sua famiglia. Secoli di progressi nei campi della chimica e dell’ottica, costruirono la strada per la nascita della fotografia. Da quel giorno la scienza (in ambito fotografico) ha fatto passi da gigante evolvendosi sempre più velocemente, come nella prima foto a colori del 1861 scattata dal fisico scozzese James Clerk Maxwell, il quale si cimentò per tutta la vita con la teoria del colore. Maxwell fotografò tre volte un tartan scozzese utilizzando tre filtri diversi (rosso, blu e giallo) e infine unì le tre foto.

L’universo dello “scatto” si è evoluto nel XX secolo, dando la possibilità a tutti di poterne farne parte, creando tantissime sfaccettature, quante in realtà le ha la nostra Terra. La fotografia, come la conosciamo noi oggi, conta una vasta gamma di campi: street photography, foto-giornalismo, fashion photography, paesaggistica, subacquea, ritrattistica, multivisione, nudo artistico, di viaggio, etc.

Molti stili si sono sviluppati con l’avvento dei Social Network: Instagram (piattaforma che si concentra sulla fotografia) è stato il trapolino di lancio per un tipo di fotografia amatoriale accessibile a tutti. Chiunque, infatti, può mettere alla prova la sua vena artistica senza dover essere un professionista, e migliorarsi confrontandosi anche con altri utenti. C’è chi lo utilizza per svago, chi invece, grazie a questa applicazione ha ottenuto una visibilità tale da accaparrarsi il successo. Le fashion blogger, ad esempio, hanno trovato con questo social la loro pentola d’oro, perché diciamocelo, andare a controllare ogni giorno un blog non è la stessa cosa di trovarsi sulla timeline le foto del soggetto in questione. La fotografia, in questo caso, dice più di mille parole. Ma finisce lì. Diventa semplicemente una vetrina, come se stessimo passeggiando in Via Montenapoleone a Milano, o in via dei Condotti a Roma, e vedessimo i capi che sono esposti (con magari qualche infarto in meno dovuto ai prezzi, w i “poverih”). In sostanza una gara a chi appare migliore rispetto alla massa, e di conseguenza uniformandosi ad essa, perdendo di vista il concetto base: fare foto, arricchire e migliorare l’arte della fotografia.

La fotografia è diventato un mezzo, messo in secondo piano: tutti hanno la possibilità di fare foto, ormai le macchine fotografiche le abbiamo nei nostri smartphone e le multinazionali che li producono cercano di migliorarle tanto da sostituire le macchine fotografiche (reflex, bridges o compatte che siano). Il rullino ormai lo vediamo con il binocolo, ma dal momento che ci ritroviamo in un periodo nostalgico (“ma che ne sanno i 2000”, il ritorno de “Una mamma per amica”, Trump e Clinton alle presidenziali) si cerca di riempire questo vuoto con l’invenzione della Polaroid 2.0 affinché tutti possano sentirsi belli, fighi ed alternativi.

Le fotografie non si preparano, si aspettano. Si ricevano.” diceva Elliott Erwitt, ma sembra che questo concetto sia stato perso nel passaggio dallo scattare una fotografia e caricarla sul profilo senza badare alla composizione di essa, o ciò che potrebbe trasmettere. Un autoscatto (per gli amici “selfie”) non emoziona più di tanto. Tuttavia non basta avere una macchina fotografica per essere fotografi, quello che conta è la realtà che si presenta davanti e che l’occhio, che la interpreta, riesce a renderla arte, pura bellezza.

Giulia Greco