Firenze, estremisti di destra aggrediscono due studenti davanti scuola

Lo scorso 18 Febbraio, davanti al Liceo Classico Michelangiolo di Firenze, alcuni studenti membri di un collettivo di sinistra sono stati ferocemente aggrediti con pugni e calci prima dell’inizio delle lezioni. Fra gli aggressori sono stati identificati sei membri del collettivo giovanile di estrema destra Azione Studentesca.

Il blitz di matrice fascista

Grazie alle testimonianze e alle immagini riprese in diretta dell’episodio, si è potuta ricostruire la dinamica su cui avrebbe avuto origine l’aggressione: tutto sarebbe partito da un volantinaggio in una via adiacente alla scuola da parte dei giovani di Azione studentesca, movimento studentesco italiano di estrema destra, non direttamente affiliato, ma molto vicino al partito di Fratelli D’Italia, proprio perchè, nella sede di Firenze, ne condivide la sede amministrativa con il centro sociale Casaggì. Non solo: Giorgia Meloni è stata anche responsabile nazionale di Azione Studentesca dal 1996 al 2000.

Rappresentanti di Azione Studentesca che presentano il movimento in Emilia-Romagna con la deputata di Fratelli d’Italia Gaetana Russo. Fonte: Facebook.com

 

Qui, alcuni studenti del Sum, collettivo studentesco antifascista, si sarebbero avvicinati invitandoli a gettare via i volantini in un cestino e a sospenderne la distribuzione. Si sono quindi accesi gli animi a causa delle due visioni politiche opposte e dalle parole si è passati ai fatti: sei ragazzi di età compresa tra i 16 e i 20 anni, come dimostrano i video caricati sui social, hanno attaccato due studenti del collettivo sferrando calci e pugni. Identificati poco dopo, tra gli aggressori fisici ripresi in video è presente anche il responsabile locale del movimento di destra.

Mentre alcuni rappresentanti degli studenti in consiglio d’istituto parlano di un “attacco terrificante e premeditato“, la Digos sta facendo gli accertamenti del caso per capire cos’è accaduto prima dell’aggressione e se tutto fosse stato preordinato.

Il sindaco di Firenze Dario Nardella si è recato nel primo pomeriggio dello stesso giorno al liceo classico per parlare con gli studenti, definendo l’accaduto “un’aggressione squadrista”. Nardella ha poi detto di aspettarsi una condanna “da tutte le forze politiche“, riferendosi in particolare modo a Fratelli d’Italia, il principale partito del governo, con cui i militanti di Azione Studentesca condividono varie posizioni politiche.

Nella giornata del 20 febbraio, alcune centinaia di studenti si sono riuniti in un presidio davanti l’ingresso del liceo Michelangiolo, nel quale si è poi tramutato in corteo. Hanno già aderito numerosi rappresentanti politici, sindacali e centri sociali, quali Firenze città aperta, Anpi, Potere al Popolo, Usb Firenze, oltre ovviamente ai collettivi scolastici di sinistra.

Bloccando il traffico per strada, i manifestanti hanno srotolato e sventolato uno striscione con scritto “il 25 aprile scendi in piazza”, ripetendo a gran voce lo slogan “Firenze è solo antifascista“. Gli studenti sono poi entrati a scuola e si sono riuniti in assemblea. Un altro striscione è apparso davanti al liceo scientifico Castelnuovo, situato di fronte al Michelangiolo, con scritto “Fuori Casaggi dalle scuole“.

La preside del liceo Michelangiolo, Rita Gaeta, ha spiegato che la manifestazione avvenuta nella mattinata non era stata preavvisata. Ha, inoltre, affermato che:

stamattina mi hanno avvisato che c’erano ragazzi davanti al portone con uno striscione, sono andata giù e siccome c’erano megafoni, fumogeni, e assembramento di massa di studenti che impediva anche la circolazione del traffico ho chiamato la Digos che ha mandato degli agenti.

Le risposte dalla politica

A portare la questione sull’agenda politica del giorno è il parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra Nicola Fratoianni, con un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Piantedosi e al ministro dell’istruzione Valditara, condannando l’aggressione violenta davanti al liceo, definendo il gruppo di Azione Studentesca “gruppetto di fascisti“, esortando la destra al Governo a prendere posizione e duri provvedimenti.

Al fronte dell’ulteriore interrogazione parlamentare da parte di Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Cultura della Camera, in cui parla di “scontri” e non di “aggressione squadrista“, Fratoianni ribatte:

Vedo che FdI di Firenze parlando dell’aggressione agli studenti del liceo fiorentino Michelangiolo parla di “scontri”? Ma con quale coraggio dicono queste cose? Se vogliono possiamo rimandargli il video dell’episodio. È stata un’aggressione, non cerchino di confondere le acque.

Prima di questo, però, le dichiarazioni tempestive dei segretari dei partiti d’opposizioni non si sono fatte attendere. Lo stesso Enrico Letta, segretario del Partito Democratico, di fronte al silenzio della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dichiara che “un silenzio prolungato da parte del Governo li fa complici“.

Anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi parla di “un atto di violenza squallido e vigliacco compiuto da alcuni militanti di destra nei confronti di alcuni ragazzi del collettivo di sinistra“.

Se dall’alto del partito in questione vige il silenzio stampa, il presidente del coordinamento cittadino di Fratelli d’Italia Jacopo Cellai fa sapere che:

Fratelli d’Italia esprime profondo rammarico per gli scontri avvenuti nei pressi del liceo Michelangiolo e condanna ogni forma di violenza da chiunque esercitata. La politica deve essere strumento di confronto anche aspro e duro ma non può e non deve travalicare mai in scontro fisico e limitazione della libertà di espressione altrui. E nessuno ha nostalgia della stagione della violenza politica che ha segnato troppo a lungo la storia d’Italia. Al contempo auspichiamo che venga fatta chiarezza sull’episodio con la corretta ricostruzione dei fatti e auspichiamo che tutti, soprattutto coloro che rivestono incarichi istituzionali come il Sindaco di Firenze, abbiano accortezza nel commentare l’accaduto senza additare responsabilità prima che le stesse siano acclarate, cosa che rischia soltanto di alimentare ulteriormente un clima già troppo pesante

Victoria Calvo

NextGenerationME: Luciano Giannone, l’architetto che ha “viaggiato nel tempo”

Riparte la rubrica “NextGenerationME” dedicata ai giovani talenti messinesi. Il protagonista di oggi è l’architetto Luciano Giannone, autore di un’opera di ricostruzione virtuale della Messina degli anni ottanta del settecento, poco prima del catastrofico terremoto del 5 febbraio 1783.

Il giovane architetto ha pubblicato un volume intitolato “Messina nel 1780: viaggio in una capitale scomparsa“, presentato giovedì scorso (9 dicembre) presso il Salone delle Bandiere del Palazzo comunale, alla presenza dell’Assessore alla Cultura Enzo Caruso, della Sopraintendete per i Beni culturali e ambientali di Messina Mirella Vinci e del Presidente dell’Ordine degli Architetti di Messina Pino Falzea.

Classe 1996, Luciano Giannone è nato e cresciuto a Messina, dove ha conseguito nel 2014 la maturità scientifica presso il Liceo Archimede. Nello stesso anno si è trasferito a Firenze per intraprendere il percorso di studi in Architettura, concluso nel 2020 -con lode- con un progetto di tesi che ha posto le fondamenta del suo libro. Nello stesso si è iscritto all’Albo degli Architetti di Messina e attualmente esercita la professione.

©Luciano Giannone – L’architetto Luciano Giannone, Firenze 2018

Noi di UniVersoMe abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con lui.

Buongiorno Luciano. Quando è nata in te l’idea di concludere il tuo percorso di studi con una tesi su Messina?

L’idea è andata evolvendosi con il tempo: a partire dalle conoscenze pregresse sulla storia di Messina, ho iniziato ad approfondire l’argomento da circa cinque anni, studiando la storia monumentale della Messina che non c’è più. Immergendomi in questi studi ho visualizzato, ma solo nella mia immaginazione, le vestigia di una città bellissima, e ho pensato che, ogni Messinese -appassionato o no a queste tematiche- avrebbe dovuto necessariamente conoscerla. 

Quanto tempo hai impiegato per completare l’elaborato?

Dal momento in cui ho iniziato l’attività, non mi sono più fermato. Ho passato i primi 6-8 mesi a studiare: ho stampato un’enorme mappa del centro storico della città e l’ho appesa sopra la mia scrivania, catalogando tutta la documentazione reperibile sui singoli edifici della città. Finita questa fase è iniziata la modellazione, durata da giugno 2019 fino a inizio 2020; l’ultimo passo è stato quello di convertire i vari blocchi ricostruiti a seconda dell’elaborato che volevo offrire (vista 2d, video, tour virtuale). Seppure in maniera ormai sporadica, ancora oggi continuo ad affinare parti della città ogni qualvolta che reperisco nuove fonti di riferimento.

©Luciano Giannone – Mappa qualitativa delle documentazione

Perché hai scelto di “viaggiare” proprio nella Messina del 1780?

Chi conosce la storia di Messina sa bene che il terremoto del 1908 non è stato l’unico evento che ne ha offuscato la memoria e la stessa identità culturale. Già nella Messina anteriore al sisma novecentesco non era più possibile ammirare il Palazzo Reale, la Loggia dei Mercanti, il campanile normanno e la Palazzata del Gullì, tutti monumenti unici e ampiamente documentati; anche l’immagine stessa della Messina tardo-ottocentesca è comunque ancora oggi tangibile attraverso la documentazione fotografica. L’idea di fondo dunque è stata quella di restituire l’immagine di una città “integra”, nella quale fosse ancora ben tangibile la sua stratigrafia storica, urbanistica e monumentale.

 

                             

                                   Trailer della Ricostruzione di Messina nel 1780 a cura di Luciano Giannone.  ©Luciano Giannone

La grande peculiarità della tua opera consiste nella creazione di un vero e proprio tour virtuale. Quali software hai utilizzato? Il tour virtuale sarà disponibile alla cittadinanza in futuro?

L’idea di iniziare un viaggio virtuale è nata dopo un viaggio in Svizzera fatto a fine 2018: lì, indossando un visore VR in uno spazio espositivo, ho compreso l’importanza di queste tecnologie nella didattica e musealizzazione e ho intuito che l’unico modo per poter riportare in vita la Messina Antica era di farlo attraverso questa tecnica

Il grande vantaggio del workflow 3d è quello di modellare singolarmente le varie porzioni e poterne disporre in molteplici modi, creando un’infinità di formati e scene a seconda del supporto scelto; il tour virtuale non è altro che la ripetizione di singole immagini renderizzate a 360° con 3d Studio Max e combinate tramite un linguaggio Java “preconfezionato”.

La scelta di includere il tour nel libro è stata fatta per aggiungere un contenuto importante a conclusione della lettura, ma, in linea con i miei scopi originari, intendo renderlo totalmente disponibile a breve, soprattutto con la speranza di riuscire ad affiancarlo ad un supporto hardware permanente (come una postazione Oculus) in qualche spazio culturale della città ,per poterne apprezzare appieno le funzionalità; a questo ci stiamo lavorando!

©Luciano Giannone – Piazza Duomo nel 1780: la Cattedrale e il campanile normanno, la chiesa di San Lorenzo e la statua di Carlo II

Al termine delle note storiche del libro hai parlato della catastrofe del 1908 e della successiva ricostruzione ad opera dell’ingegnere Borzì, accusato più volte di aver stravolto la struttura storica della città. Qual è il tuo personale giudizio sul piano Borzì? Credi che ad oggi ci sia l’esigenza di un nuovo piano regolatore?

Chi ancora oggi reputa il piano Borzì come la radice di tutti i mali urbanistici di Messina è oltremodo ingeneroso e pigro nella ricerca dei veri episodi nefasti che hanno interessato il centro cittadino. Dobbiamo ricordare che il piano Borzì fu adottato nel 1911, nel momento in cui a Roma si dibatteva ancora se fosse conveniente ricostruire la città o raderla al suolo per riadattarla a scalo ferroviario. La condizione imposta per la sua rinascita fu il rigido disegno di una scacchiera e l’edificazione di isolati di altezza non superiore ai due piani, e Borzì, come chiunque altro fosse stato incaricato di redigere il piano, dovette attenersi a ciò.

Tuttavia, è impossibile non nascondere i conclamati interessi economici di imprese e potentati che forzarono la demolizione di fabbricati recuperabili, come è difficile non biasimare il sistema economico-finanziario dei comparti edificatori introdotti dal piano che crearono un asfissiante e opprimente regime fondiario.

In generale ritengo che uno degli errori più grandi sia stato quello di non aver introdotto un piano urbanistico nell’immediato secondo dopoguerra, in grado di sostituire l’emergenziale piano Borzì e di impedire i fenomeni di speculazione edilizia che hanno deturpato irrimediabilmente il centro storico.  

Attualmente ritengo che Messina abbia urgentemente bisogno di un piano del verde pubblico, essendo tra le tre città d’Italia con la maggiore quantità di verde pubblico inutilizzato e potendo disporre di soli 14.8 mdi verde pubblico per cittadino contro i 32.8 m2 della media nazionale (dati 2020).

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai ancora qualche idea in mente per Messina?

Il progetto di ricostruzione virtuale della città sta andando avanti, pur potendoci lavorare nei sempre più esigui ritagli di tempo dettati dalle esigenze lavorative. Di recente è stato completato un video immersivo nel quale, come una ripresa fatta col drone, si vola attraverso le strade della Messina del XVIII secolo: tale esperienza, presentata in anteprima alla presenza delle autorità cittadine, sarà a breve disponibile a tutti all’interno degli spazi del nascente “teatro immersivo” del Palacultura.

Non nascondo che l’interesse riscontrato nel progetto ha sollecitato l’invito da parte di molti nel proseguo e nello sviluppo ulteriore del progetto. Sarebbe bello poter creare una stratigrafia storica della città nelle diverse epoche o incrementare il software di visualizzazione sfruttando la Realtà Aumentata.

Sicuramente, per creare qualcosa di duraturo e mettere a sistema l’intero progetto ci vorrebbe tanto impegno e anche la creazione di un gruppo di lavoro; ma sicuramente questa potrebbe essere l’occasione giusta per creare un sistema di visualizzazione AR/VR di un ambiente interamente ricostruito nello scenario di un’intera città, sulla base di una documentazione completa: Messina costituisce un unicum in tal senso e potrebbe essere capofila di un sistema innovativo che in Italia e in Europa ha pochi precedenti.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato

Grazie a voi!

©Luciano Giannone – Il Monte di Pietà nel 1780

Luciano è uno dei tanti giovani che per causa di forza maggiore ha dovuto lasciare per motivi di studio la città di Messina, ma che non hai mai dimenticato le sue origini e non ha mai soffocato il desiderio di poter contribuire con la propria professione alla rinascita materiale, culturale e spirituale della nostra città.

Con questo viaggio nel passato Luciano ha squarciato i limiti dello spazio e del tempo, dando la possibilità di immergerci completamente nell’antico splendore di Messina; le sue ricostruzioni -citando la prefazione di Nino Principato- “hanno la capacità di suscitare un’intensa emozione e una totale partecipazione sul piano estetico e affettivo”.

Non possiamo che ringraziare Luciano per averci restituito la memoria di un glorioso passato e aver rinvigorito un’identità collettiva che ha bisogno di essere nutrita costantemente per rafforzare il legame tra urbe civitas.

La copertina del libro

 

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Di seguito, in attesa dei mancanti, potete trovare i link degli articoli che abbiamo dedicando  ai vari quartieri di Messina, nella ricostruzione dell’Architetto Giannone.

https://universome.unime.it/2022/05/03/messina-nel-1780-il-quartiere-palazzo-reale/
https://universome.unime.it/2022/05/17/messina-nel-1780-il-quartiere-piazza-duomo/
https://universome.unime.it/2022/06/25/messina-nel-1780-il-quartiere-grande-ospedale-collegio/
https://universome.unime.it/2022/05/31/messina-nel-1780-il-quartiere-quattro-fontane-purgatorio/

Luciano sui social:

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Uccise la compagna in seguito ad un litigio, la Corte d’Appello dimezza la pena: ecco le motivazioni e i punti critici

Il 15 settembre scorso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze ha stabilito uno sconto di pena di 13 anni rispetto alla sentenza di primo grado per Tun Naj Bustos, 32enne originario del Myanmar che il 24 novembre 2018 uccise la compagna di 21 anni, di origini cinesi, strangolandola in un ostello di Firenze in cui si trovavano in vacanza.

Un così repentino cambio di orientamento è stato motivato dai giudici d’appello sulla base di circostanze che renderebbero le attenuanti generiche prevalenti rispetto alle aggravanti. In particolare: «Occorre valorizzare il profilo psicologico del comportamento dell’imputato nell’immediatezza del fatto», che, secondo le ricostruzioni, si sarebbe mostrato profondamente turbato dalla propria condotta già nei primi momenti successivi all’evento. La primissima reazione sarebbe stata, infatti, quella di chiamare i soccorsi e la polizia – un gesto, questo, che per i giudici d’appello dimostrerebbe la consapevolezza del disvalore della propria condotta da parte del giovane, diversamente da gesti di pentimento e scuse che, solitamente, tendono ad arrivare a distanza di tempo e solo a processo iniziato.

La sentenza di primo grado ed il successivo ribaltamento

Il 24 novembre 2018, Tun Naj Bustos uccideva la propria compagna (appena sposata) strangolandola nella camera di un ostello in seguito ad una lite: la vittima aveva mandato il compagno a chiedere una posticipazione del check-out, ma con risultati deludenti per la prima. Secondo la difesa, guidata dall’avvocato Francesco Stefani, si tratterebbe dell’ultima di una serie di sorprusi ed umiliazioni condotte dalla vittima nei confronti del suo cliente. Tuttavia, tali argomentazioni hanno trovato riscontro solo nelle parole dell’imputato. Un particolare motivo di frustrazione era quello della dipendenza economica di quest’ultimo dalla compagna, fatto ulteriore che si pone alla base della richiesta (avanzata dalla difesa) del riconoscimento di una circostanza attenuante della provocazione, tuttavia negata in entrambi i gradi di giudizio. E rimane fermo un punto fondamentale: nessuno costringeva il giovane alla convivenza con la vittima.

(fonte: lanazione.it)

In primo grado, svoltosi il 9 luglio 2020 con rito abbreviato (non più concesso per i casi di omicidio in seguito alla “Legge sul Codice Rosso” del 19 luglio 2019 n.69 – ma comunque applicato al caso di specie in ragione del principio del favor rei, ex art.2, comma 4, c.p.), la procura generale aveva richiesto una pena di 30 anni di reclusione per l’imputato. Poi il ribaltamento ed un primo sconto in grado d’Appello a 24 anni; infine a 16 anni. La Corte d’Appello avrebbe deciso di catalogare la componente psicologica dell’omicidio volontario in questione come dolo d’impeto, riconoscendone quindi il valore attenuante (una sorta di stato d’ira).

L’avvocato Stefani, pur ritenendosi soddisfatto del risultato, ha tuttavia annunciato il ricorso in Cassazione. Si precisa che, in media, la pena stabilita per omicidio volontario ammonta a 12,4 anni – laddove il Codice penale prevede un minimo di anni 21.

Profili di criticità della sentenza d’Appello

Una tale sentenza ha suscitato diverse reazioni negative da parte della pubblica opinione, che ritiene eccessivo lo sconto di pena operato dalla Corte di Firenze. L’ammontare della pena, tuttavia, è solo uno dei diversi profili di criticità apprezzabili in questo caso: bisogna partire da una considerazione principale, ossia la piena accettazione, da parte del reo, delle conseguenze delle proprie azioni. Tale condotta, pur meritando di essere tenuta in conto nella valutazione giuridica, è apparsa a molti come eccessivamente premiata, al punto da svilire la serietà del reato e la dignità della vittima.

Dall’altra parte ci si è chiesti, tuttavia, se 16 anni possano essere ritenuti “pochi” per una pena di reclusione.

(fonte: lanazione.it)

Un altro profilo di criticità è quello che riguarda il giudizio circa il dolo d’impeto: un orientamento giurisprudenziale affermato ritiene che, tra i vari requisiti, per la configurazione di questo tipo di elemento psicologico sia necessaria la sussistenza di un “fatto ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale. E in ogni caso, secondo la Suprema Corte, l’attenuante in oggetto, pur non richiedendo i requisiti di adeguatezza e proporzionalità, non sussiste ogni qualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui e il reato commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere o lo stato d’ira ovvero il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira.

Il medesimo elemento psicologico è stato riconosciuto anche in un caso di omicidio scaturito da infedeltà coniugale nel quale il dolo d’impeto ha costituito risposta immediata ad uno stimolo esterno senza alcuna programmazione preventiva, per cui si è avuta una riduzione della pena in quanto l’assassino uccise per un impeto di rabbia, un’esplosione d’ira.

Ad oggi è fortemente messo in discussione dalla pubblica opinione il valore attenuante dello stato d’ira, in particolare nei casi di femminicidio. Alla base rimane sempre e comunque un problema di anacronismo tra l’evoluzione delle regole di convivenza sociale in un determinato momento storico e l’adattamento del diritto vivente a tale evoluzione.

A questo punto, non rimane che aspettare che sia la Cassazione a pronunciarsi circa l’eventualità di una revisione della pena oppure di una conferma dell’esito della sentenza.

Valeria Bonaccorso

Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: La Farina e Archimede

In attesa del rientro in classe degli studenti delle scuole superiori siciliane, previsto, salvo rinvii, per l’inizio della prossima settimana, torna il nostro spazio dedicato alle scuole messinesi. Come preannunciato, oggi è il turno degli altri due licei del centro: il Liceo Classico “G. La Farina” e il Liceo Scientifico “Archimede”.

 

Liceo Classico “G. La Farina”

Il Liceo Classico “G. La Farina”, oggi parte dell’I.I.S. “La Farina – Basile” in quanto accorpato al Liceo Artistico “E. Basile” – di cui tratteremo prossimamente -, avviò le attività didattiche nel 1932. L’edificio è situato in via della Munizione, il cui nome ricorda un teatro che, in precedenza, fu magazzino di armi e munizioni. Si dice che in questo teatro anche La Farina – tra i tanti – inscenò una sua opera; probabilmente questo è uno dei motivi per cui fu scelto come nome dell’istituto quello del patriota messinese.

L’edificio del Liceo Classico “Giuseppe La Farina” – Fonte: normanno.com

Giuseppe La Farina (1815 – 1863) nacque a Messina e si laureò in Giurisprudenza presso l’Università di Catania. In giovinezza fu anche redattore di alcuni giornali cittadini. La sua grande passione, però, fu la politica, per la quale, nel 1937, dovette lasciare la città dello Stretto, insieme alla moglie Luisa di Francia – zia di Sant’Annibale-, con l’accusa di aver partecipato a un movimento rivoluzionario.

Soggiornò nella città di Firenze, prima di rientrare nel 1848 in Sicilia in occasione dei moti per l’indipendenza del Regno di Sicilia. La Farina fu uno dei protagonisti del biennio rivoluzionario, ricoprendo la carica di deputato al Parlamento di Palermo e quella di ministro (prima della Pubblica Istruzione, poi dei lavori pubblici, dell’interno e della guerra).

Terminata l’esperienza rivoluzionaria, si trasferì prima in Francia e successivamente a Torino, dove fondò un’associazione patriottica: la Società nazionale italiana. A seguito della spedizione dei Mille (1860), il Presidente del Consiglio del Regno sabaudo Cavour lo inviò a Palermo quale rappresentante in Sicilia del Governo, anche se la sua permanenza sull’Isola durò poco, a causa dei contrasti con Garibaldi.

Monumento a Giuseppe La Farina in Piazza Solferino, Torino – Fonte: vivatorino.it

Nel 1861 fu eletto deputato della città di Messina nel primo Parlamento del Regno d’Italia – con sede a Torino – in cui ricoprì l’incarico di vicepresidente della Camera dei deputati. Due anni più tardi si spense nella città della Mole.

Nel 1872, in occasione dell’inaugurazione del Gran Camposanto, le sue ceneri furono trasportate nella città natale, ove tutt’ora giacciono nel famedio del cimitero.

Liceo Scientifico Statale “Archimede”

Poco distante dal centro storico, in prossimità dello svincolo autostradale Messina-Boccetta, è situato il Liceo Scientifico “Archimede”, fondato nel 1969. L’edificio principale è quello che ospitava il Convitto “Cappellini”, un ospizio di beneficienza istituito nell’Ottocento. L’istituto è intitolato al celebre scienziato Archimede, che, seppur non abbia avuto un legame diretto con la città di Messina, ha apportato un importante contributo all’evoluzione della scienza e della tecnica.

L’edificio del Liceo Scientifico “Archimede” – Fonte: elencoscuole.eu

Archimede (287 a.C. – 212 a.C.) nacque a Siracusa, la città siciliana più potente dell’epoca, alleata di Roma durante la Prima Guerra Punica. Molto probabilmente, durante gli anni della guerra, Archimede non ha vissuto in patria, poiché si stabilì, per motivi di studio, ad Alessandria d’Egitto, la capitale culturale dell’Ellenismo.

Rientrato in Sicilia, fu apprezzato dal re Gerone, soprattutto per due episodi leggendari. Si narra che Archimede riuscì a muovere una nave con il solo aiuto di un congegno meccanico – da qui la celebre frase “datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo!” – e smascherò un orefice che aveva ingannato il Re, realizzando una corona non totalmente d’oro. L’intuizione, secondo la leggenda, gli venne quando si immerse in una vasca e, esclamando “Eureka!”, si accorse che l’acqua fuoriuscita poteva essere uno strumento di misurazione del volume dei solidi.

Busto di Archimede – Fonte: libertasicilia.it

Lo scienziato siracusano, maestro della tecnica, inventò numerose macchine – come il planetario -, persino belliche. Archimede, infatti, dopo la morte di Gerone, diresse le operazioni militari, per difendere la sua città dall’assalto dei Romani. Nonostante le ingegnose invenzioni rallentarono l’avanzata romana, la città di Siracusa capitolò e, durante il saccheggio, Archimede perse la vita – per mano di un soldato che violò l’ordine di catturarlo vivo -, mentre era immerso nello studio di alcune figure geometriche.

I suoi numerosi studi, ripresi da matematici del Cinquecento e del Seicento, tra cui Francesco Maurolico, costituirono le basi per importanti evoluzioni della scienza matematica.

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia e i personaggi degli altri celebri istituti del centro: l’Istituto Tecnico Economico “Jaci”, l’I.I.S. “Verona-Trento” e l’I.T.T.L. “Caio Duilio”.

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

islafarinabasile.edu.it

liceoarchimedeme.it/

treccani.it/enciclopedia/archimede

tempostretto.it

Immagine in evidenza:

Archimede (fonte: le-citazioni.it) e Giuseppe La Farina (fonte: universome.eu)

Giorgio La Pira: un messinese “fuorisede” del XX secolo

La città di Messina ha dato i natali a numerosi personaggi illustri che hanno fornito un contributo importante alla cultura italiana, come l’artista Antonello e il giurista, politico e rettore universitario Gaetano Martino. Altrettanto numerosa è la schiera di coloro che, seppur non siano nati nella città dello Stretto, hanno vissuto in essa una parte della propria vita, come ad esempio i poeti Giovanni Pascoli e Salvatore Quasimodo. Quest’ultimo era legato da una profonda amicizia ad un uomo che lasciato un segno indelebile nella storia politica dell’Italia repubblicana: Giorgio La Pira.

Giorgio La Pira (ultimo a destra) con tre suoi fratelli – Fonte: Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira

Biografia in breve

Nato a Pozzallo nel 1904, La Pira si laureò a Firenze in Giurisprudenza e a 29 anni divenne professore di Diritto Romano presso l’Università di Firenze. Nel capoluogo toscano fu eletto prima deputato dell’Assemblea Costituente nel 1946, poi deputato alla Camera nel 1948, e infine, per diverse volte, sindaco di Firenze, a partire dal 1950. Fu anche sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro. A Palazzo Montecitorio fu membro della Commissione per la Costituzione, in particolare della prima sottocommissione “Diritti e doveri dei cittadini”, che ha elaborato la Prima Parte della nostra Carta fondamentale. Sia da sindaco che da deputato si adoperò per la promozione della pace attraverso conferenze, incontri (i cosiddetti Colloqui mediterranei) e alcuni importanti viaggi che scaldarono l’opinione pubblica, come quello nell’U.R.S.S. nel 1958. In questa occasione, celebre fu la frase pronunciata davanti al Soviet Supremo: “c’è chi ha le bombe atomiche, io ho solo le bombe della preghiera”.

Donne e uomini promotori di pace come La Pira sarebbero fondamentali in un periodo di grande tensione internazionale come quello attuale, in cui i delicati equilibri andrebbero gestiti con lo stesso spirito di cooperazione del “Professore”. Dieci anni dopo la morte (1977) iniziò il processo di beatificazione di La Pira, che nel 2018 è stato dichiarato Venerabile da Papa Francesco.

Giorgio La Pira insieme ai cittadini di Firenze – Fonte: giorgiolapira.org

Gli anni messinesi

Passiamo ora in rassegna gli anni che La Pira visse, a partire dal 1914, a Messina, ospite dello zio Luigi Occhipinti. La formazione del giovane La Pira ha avuto una grande rilevanza nello sviluppo del pensiero e nel processo di crescita dello statista siciliano.

La città dello Stretto stava attraversando un periodo di rinascita in seguito al trauma del terremoto del 1908, ancora evidente dalla presenza di numerose baracche in cui viveva la maggior parte dei cittadini, tra i quali anche La Pira. Il trasferimento a Messina fu necessario poiché nella sua città d’origine non poteva dare seguito al suo talento spiccato nello studio, evidente negli anni in cui frequentò la scuola tecnica Antonello e l’istituto tecnico A.M. Jaci, nel quale fu uno dei migliori allievi, insieme al suo amico Salvatore Pugliatti. Questa grande attitudine agli studi sarà confermata successivamente anche nel percorso universitario, che lo vedrà laurearsi con il massimo dei voti e plauso della commissione.

L’Università di Messina ai tempi di La Pira. Egli vi frequentò i corsi della facoltà di Giurisprudenza dal 1922 a 1926; successivamente completò gli studi a Firenze. Fonte: Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira

Oltre allo studio scolastico e accademico, l’adolescente La Pira aiutava gli zii nel lavoro presso la tabaccheria di famiglia ed era membro della Società Letteraria Peloro. Grazie agli incontri della Peloro iniziò ad ampliare la propria cultura e a forgiare il proprio pensiero, inizialmente mutevole, contraddittorio e legato molto a fattori ambientali, come quello di qualsiasi altra persona che attraversa la turbolenta fase della giovinezza. In coerenza con l’attività dei propri amici abbracciò le idee futuriste e fu molto ispirato dalla figura del poeta Gabriele D’Annunzio.

Con il passare degli anni, però, si cristallizzò la sua identità cristiana, che trovò un’importante conferma nella Pasqua del 1924 (la cosiddetta “svolta cristiana”). La sua radicalità nella fede lo condusse a divenire nel 1925 terziario domenicano e a partecipare attivamente a vari movimenti giovanili cristiani. Anche lo zelo per la democrazia non fu sempre presente in La Pira, come testimoniano due scritti del 1922 in cui traspare il disprezzo per il parlamentarismo e la cultura positivista. Da un articolo del 1924 invece si evince un mutamento ideologico, causato dall’influenza degli studi giuridici e dalla lettura del filosofo Maurice Blondel, che lo portò ad abbracciare il concetto di democrazia e a rifiutare il concetto di popolo come materia grigia da plasmare, tipico dei totalitarismi.

Il palazzo in cui visse La Pira dal 1918 al 1926 – Fonte: Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira

Come tanti giovani messinesi dei nostri tempi anche Giorgio La Pira ha dovuto lasciare la città dello Stretto per altri lidi, che allora come oggi offrivano più opportunità. Nonostante questo, il legame con la città peloritana è stato sempre forte ed è ben espresso dalla sua celebre frase: “quando metto piede a Messina è come se non me ne fossi mai staccato!”.

La città di Messina ha intitolato a La Pira una scuola, situata a Camaro S. Luigi, e un tratto della Strada Statale 114, tra le località di San Filippo e Pistunina. Inoltre a lui è dedicata una lapide nel luogo (l’attuale Piazza Carducci, accanto al palazzo del Rettorato) in cui ha vissuto dal 1918 al 1926.

©Giulia Greco - La lapide dedicata a Giorgio La Pira in Piazza Carducci, Messina 2020   
©Giulia Greco – La lapide dedicata a Giorgio La Pira in Piazza Carducci, Messina 2020

  

 

  Mario Antonio Spiritosanto

 

 

Bibliografia

Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira, II edizione, 1995, Messina, Instilla Editore;

Luca Micelli, Giorgio La Pira. Un Profeta prestato, 2015, Todi(PG), Tau Editore;

http://giorgiolapira.org/it