The Apprentice: il lato di Trump che non vi voleva svelare

The Apprentice non si perde in chiacchiere ed è attuale. Voto UvM: 4/5

 

A poco meno di un mese dalle elezioni presidenziali negli USA, esce nelle sale un film incentrato proprio sulla figura di uno dei due candidati alla Casa Bianca: Donald J. Trump. “The Apprentice – Alle origini di Trump” è stato mostrato in anteprima al Festival di Cannes in quanto concorrente per la prestigiosa Palma d’Oro. L’ambientazione degli anni ’70 e ‘80 lo vede agli albori della sua lunga attività imprenditoriale, interessandosi all’apprendimento dei trucchi del mestiere. L’ex presidente è magistralmente interpretato da Sebastian Stan, conosciuto per l’interpretazione del Soldato d’Inverno nei film Marvel, affiancato da Jeremy Strong nei panni dello spietato Roy Cohn.

Da piccolo gestore immobiliare alla Trump Tower

La storia del film inizia con un Donald irriconoscibile che cerca di barcamenarsi nell’adrenalinica New York. All’ombra del padre, il rude Fred Trump, è poco considerato quando si tratta di chiudere affari. La sua fortuna risiede nell’azienda immobiliare di famiglia, anche se Fred pone poche speranze nel figlio. Il loro rapporto è di fatti per lo più composto da conflitti, soprattutto quando si parla del processo federale in cui la famiglia è coinvolta. In una delle serate dell’alta società newyorkese, fa la conoscenza di Roy Cohn, rinomato avvocato che viene visto come la soluzione ai problemi legali. Roy si presenta apparentemente senza un briciolo di umanità, non sapendo che ciò farà la fortuna di Trump.

Con un po’ di insistenza Donald riesce a diventare suo cliente: l’incontro gli cambierà la vita poiché l’avvocato gli trasmette i propri insegnamenti. Tre spietate regole per vincere nel mondo degli affari, dei processi e della vita che diventeranno un vero e proprio mantra per il costruttore. Il suo primo obiettivo è quello di farsi notare vincendo una grande scommessa: l’acquisizione del Commodore, un lussuoso hotel in rovina, al fine di rilanciare l’economia cittadina. Grazie all’aiuto di Cohn, che non si fa scrupoli di nessun genere, riesce a vincere il processo contro l’azienda. In seguito riesce anche ad ottenere la struttura del Commodore senza tassazione. Questo lo porta ad affermarsi nella scena pubblica come costruttore, come gli piace definirsi, in ascesa nella grande mela.

Il rapporto col mentore

Il suo avvocato gli insegna anche come curare la sua immagine, che presto imparerà a elevare sopra ogni cosa attorno a lui, tanto da affermare che l’utilizzo del suo nome per oggetti di lusso o grandi edifici “non ha niente a che vedere con l’ego, semplicemente vende”. La sua vera vocazione si palesa essere quella della figura di spicco più che del grande uomo d’affari che non sbaglia un colpo, anzi tutt’altro. Lo stesso Cohn, colui che l’ha costruito, inizia ad essere fatto da parte.

The Apprentice: Individualismo oltre ogni cosa

Dopo l’apertura della Trump Tower e l’espansione spropositata dei casinò ad Atlantic City iniziano a sorgere i problemi relativi ai mutui accumulati per queste grandi costruzioni. Anche la relazione con la sua prima moglie, Ivana, conosciuta durante una delle tante cene della New York per bene, inizia a scricchiolare. L’avanzamento dell’età e la fama portano Donald a compiere scelte ambigue ed egoistiche: la scarsa considerazione del fratello Fred Jr. porterà alla sua morte, perde interesse in Ivana, costretta a sottoporsi a una mastoplastica, e allontana definitivamente Roy Cohn. Nel film ci sono continui riferimenti ad avvenimenti futuri, come la creazione del motto “Make America Great Again”. Non mancano neanche domande riguardo una eventuale candidatura come presidente.

The Apprentice
Lo stile del maccartista.  Fonte: npcmagazine.it

La figura di Cohn come specchio della società

Per analizzare bene The Apprentice è necessario dare uno sguardo anche al mentore dell’imprenditore. L’avvocato Roy Cohn, seguace del maccartismo, è additato come il diavolo, anche se andrà a creare una creatura ben più spregevole. Come già accennato, il mantra di Donald sono state le determinate tre regole di Cohn: attaccare, attaccare, attaccare, senza dare tregua, negare la verità fino a crearsi la propria verità e infine mai confessare, al fine di risultare sempre vincitore. Tutto questo, unito a qualche trucchetto non propriamente legale, fanno di Roy l’avvocato e il maestro perfetto, ma solo all’apparenza. Dietro i suoi processi contro comunisti e omosessuali, si nasconde un uomo anch’esso omosessuale, che finirà per contrarre l’AIDS negli anni dell’epidemia. La rivelazione del suo lato umano, anche nei confronti del compagno, porterà Trump ad allontanarlo e a ripudiarlo per la sua malattia.

The Apprentice
Roy Cohn interpretato da Jeremy Strong. Fonte: bbc.com

Conclusioni su The Apprentice

La de-umanizzazione di Donald passa dalla liposuzione e dalla chirurgia estetica fino all’abuso della moglie. Questa scena in particolare ha creato problemi nella distribuzione del film stesso, che si pensava fosse ideato per celebrare ancora di più la figura del candidato presidente. Lo stesso Trump ha cercato di oscurarlo, minacciando azioni per vie legali, ma mai effettivamente attuandole. The Apprentice si conclude con il climax della scrittura dei primi libri del magnate, che ormai diventato un uomo copertina si prepara a prendersi il mondo intero con insaziabile ambizione.

 

Giuseppe Micari

Il Robot Selvaggio: tra Artificio e Natura

Il robot selvaggio è un film che unisce sapientemente il classico e l’innovazione
Voto UVM: 5/5

 

Il Robot Selvaggio è un film d’animazione del 2024 targato Dreamworks, scritto e diretto da Chris Sanders (regista di Lilo & Stitch Dragon Trainer). È l’adattamento dell’omonimo libro scritto da Peter Brown.

Il Robot Selvaggio: Trama e personaggi

Il film narra le vicende dell’unità robotica ROZZUM 7134, detta Roz (nella versione italiana la voce è di Esther Elisha). Prodotta dalla Universal Dynamics, quest’unità, così come le altre della linea ROZZUM, è stata programmata per aiutare noi umani a svolgere le più svariate mansioni. Un giorno il mezzo che trasportava Roz e altre unità ROZZUM si schianta su un’isola dalla natura incontaminata. Qui il robot dovrà riuscire a “sopravvivere” in un ambiente per il quale non è stato programmato e, soprattutto, dovrà capire come fare da “madre” a Beccolustro, un’ochetta trovata da Roz stessa a seguito di un incidente. Ad aiutare Roz ci sarà anche la volpe Fink, dapprima interessata a sfruttare il robot per le sue comodità, finendo poi per affezionarsi davvero sia al robot che a Beccolustro.

La nascita di Beccolustro. Fonte: UCI Cinema

Istinto e programmazione

Uno dei temi principali del film è la relazione tra natura e tecnica, entrambe rappresentate nelle loro forme più pure: la foresta incontaminata e il robot. Da un lato, puro istinto di sopravvivenza, dall’altro una macchina che segue pedissequamente un codice preimpostato. Due modi di stare al mondo apparentemente molto diversi, ma in fondo nemmeno troppo, poiché anche gli animali, per la sopravvivenza, seguono quella che Roz definisce la loro programmazione. Ma se il robot è programmato per aiutare gli esseri viventi, gli animali sono programmati per autoconservarsi. Persiste un’importante differenza: gli animali mostrano comunque di sapersi adattare ed essere flessibili. Questo non vale per i robot, i quali, eccezion fatta per Roz, seguono in maniera rigida e inflessibile la loro programmazione, dimostrando di possedere un’intelligenza (artificiale) che dopotutto intelligente non è.

Adattarsi

Roz è un robot costruito apposta per portare a termine l’incarico che gli viene assegnato. Ma il destino le riserva un compito davvero difficile: quello di genitore. La genitorialità però, non è iscritta in nessuna sua programmazione, ed esiste un solo modo per assolverla: adattarsi, come dice una madre opossum incontrata da Roz. Il robot è quindi costretto ad andare oltre la sua programmazione, che comunque rimane alla base della sua personalità, ma non è più un semplice insieme di protocolli. Non è più un’intelligenza artificiale, lineare nei suoi algoritmi, ora diventa quella che potremmo chiamare intelligenza adattiva. Roz non sarà il solo personaggio a seguire questo percorso, anche gli animali impareranno qualcosa da lei, ma di questo non voglio anticipare niente, lascio al lettore il compito di scoprirlo guardando la pellicola.

Roz e Fink cercano di crescere Beccolustro. Fonte: Dreamworks, Universal Pictures

Non Cosa raccontare, ma Come raccontarlo

Fino a qui, il film non pare nulla di nuovo: in effetti, la storia non è così rivoluzionaria. Viene però rappresentata in maniera eccellente e con introspezione immediata. Un ingrediente della pellicola che mantenendo leggerezza e bellezza, porta il giovane spettatore alla facile comprensione e l’adulto alla riflessione. Le animazioni sono una gioia per gli occhi, e sfruttano alcune delle tecniche più recenti che stanno rinnovando l’estetica occidentale dei film d’animazione. A ciò si aggiunge la colonna sonora, di Kris Bowers, la quale si accompagna perfettamente ai momenti principali del film, coinvolgendo lo spettatore nelle scene emotivamente più alte della pellicola. È anche facile ritrovarsi nei personaggi, tutti mossi dal medesimo scopo: trovare il proprio posto, obiettivo un po’ di tutti. Questo film ci ricorda che non è tanto il cosa racconti, ma il come lo racconti a fare la differenza.

Conclusioni su Il Robot Selvaggio

In conclusione, Il Robot Selvaggio vale il prezzo del biglietto, anche già solo per il comparto tecnico, il quale è un vero spettacolo. Inoltre, c’è tanto altro da dire sul film, che volutamente ho omesso proprio per non rovinare la visione a chi volesse recuperarlo. La pellicola ha tanto da dire un po’ a chiunque, come ogni opera d’arte degna di tale nome dovrebbe riuscire a fare.

 

 

Alberto Albanese

The Crow – Il Corvo: l’eroe simbolo dell’underground può diventare mainstream?

The Crow - Il Corvo
Rupert Sanders con “The Crow” prende una direzione del tutto nuova. Ha saputo individuare e perfezionare le falle del film precedente ma, in quanto interpretazione originale, ha i propri punti deboli. – Voto UVM 4/5

 

Bill Skarsgård (IT, John Wick 4) è The Crow, il leggendario personaggio della graphic novel di James O’Barr, rivisitato in questa nuova versione cinematografica diretta da Rupert Sanders, nelle sale dallo scorso 28 agosto.

Sinossi

Eric Draven e Shelly Webster vengono brutalmente assassinati da una banda di criminali. Avendo la possibilità di salvarla dagli inferi sacrificando se stesso, Eric cerca vendetta, attraversando il mondo dei vivi e quello dei morti per “rimettere a posto le cose sbagliate”.

Il Corvo
Bill Skarsgård in The Crow – Il Corvo (2024) Larry Horricks/Lionsgate

Un remake necessario?

Eric Draven (Skarsgård) e Shelly Webster (FKA Twigs) ci sono ormai familiari con i volti di Brandon Lee e Sofia Shinas per la loro celebre performance nella versione della pellicola del 1994, un vero e proprio cult senza tempo.

Siamo però di fronte a un’arma a doppio taglio: se la fama che li precede stuzzica la curiosità degli appassionati, un remake si presta a inevitabili paragoni e basse aspettative.

C’è da tenere in conto che l’adattamento precedente, parlando specialmente ad un pubblico underground, risultava perfettamente inserito in una fetta della cultura della sua epoca. A chi si rivolge oggi il remake? La risposta è la Gen Z, ma stavolta si punta più al mainstream.

Un eroe “meravigliosamente a pezzi”

Interessante scelta d’interprete, che si accosta bene all’idea originale di O’Barr: il fumettista si era ispirato al volto di Peter Murphy e al corpo di Iggy Pop per caratterizzare Eric con tratti marcati.  Skarsgård poi, si è sempre distinto per ruoli psicologicamente complessi e sfaccettati, e l’ultimo non è da meno.

Il tenebroso vendicatore dal fascino gotico a cui ci ha abituati Brandon Lee ha lasciato il posto a un anti-eroe più contemporaneo, vulnerabile e pessimista. Il Non può piovere per sempre adesso si trasforma in un Piangi ora, piangi dopo.

Eric è “meravigliosamente a pezzi”, come lo definirà Shelly. Anche lei, spogliata della sua perfezione eterea e resa una donna moderna, incontra Eric in un centro di recupero.

The Crow - Il Corvo
Bill Skarsgård in The Crow – Il Corvo (2024) Larry Horricks/Lionsgate

Il male ha un nuovo volto

Ecco uno dei grandi meriti di questa versione: gli antagonisti, Vincent e Marian, non sono più una coppia di vampireschi delinquenti con il gusto per il macabro. Sono ricchi malavitosi, con una vera e propria armata di scagnozzi al loro servizio. C’è poi del soprannaturale: parliamo di un patto col diavolo. La vita eterna di Vincent in cambio della dannazione degli innocenti che uccide.

La melodia della vendetta

Largo spazio allo splatter, al sangue sulla cinepresa, ad organi in vista e a spettacolari scene d’azione. Il film raggiunge il suo acme in una sequenza pulp altamente “teatrale”. Ci troviamo, infatti, proprio all’interno di un teatro, in cui un massacro si alterna con l’opera  in atto sul palcoscenico.

Riuscitissimo l’uso del sonoro: l’orchestra, diegetica all’interno della scena, segue per intensità le dinamiche del combattimento. Si tratta di una tecnica che avevamo già visto nel film precedente, ma in un contesto meno scenografico e più sommesso: un night club con musica dal vivo, che in realtà era il covo segreto degli assassini.

The Crow
Bill Skarsgård in The Crow – Il Corvo (2024) Larry Horricks/Lionsgate

Nella colonna sonora, a cura del compositore tedesco Volker Bertelmann, è sempre presente il goth rock come omaggio alla cultura underground anni ‘90, in particolare della scena alternative rock e goth metal, di cui sia il fumetto che il primo film erano diventati i “manifesti”. Invece per le scenografie si tende più all’urban, con le immagini a vincere sui dialoghi.

È shitstorm per “Il Corvo”: quali sono i punti deboli?

La morale si è ribaltata: i sentimenti assoluti di amore e vendetta del Corvo del ’94, più favolistici, vengono corrotti dal peso del dubbio. Così tutto diventa relativo e incerto, in un certo senso anche più umano.

Questo dettaglio inedito risulta un po’ forzato per un personaggio che è l’incarnazione della vendetta, eppure aggiunge un tocco di realtà che facilita il rispecchiarsi nel personaggio. Passa però come un timido tentativo di sviluppo psicologico che, a conti fatti, resta abbastanza superficiale.

Ciò che lascia perplessi, è il suo continuo via-vai tra il nostro mondo e un aldilà dal gusto quasi distopico. Ad aspettarlo una guida, che gli chiede vendetta promettendogli in cambio il ritorno di Shelly. Questo compromesso sminuisce, se non addirittura cancella, l’elemento ossessivo e disturbante della storia, tipico sia delle le tavole di O’Barr che del primo film. Quello era il vero movente: trent’anni di inquietudine e dolore, di cui solo alla fine riesce veramente a liberarsi, restituendoli direttamente al mittente.

Insomma, si tratta di una produzione su cui si è puntato molto, che non ha preteso di riproporre al pubblico la copia carbone di una storia già fatta e finita. Invece ha preferito riesaminarla, proponendone una lettura tutta nuova.

Carla Fiorentino

Deadpool & Wolverine: il nuovo film sull’eroe “chiacchierone”

Se non fosse per alcune citazioni metafumettistiche e metafilmiche, “Deadpool & Wolverine” altro non sarebbe che una nuova “superhero fatigue” da aggiungere alla lista dei film-flop targati Marvel. – Voto UVM: 4/5

 

Deadpool & Wolverine è un film del 2024 co-prodotto, co-scritto e diretto da Shawn Levy. È il terzo dedicato al mercenario chiacchierone della Marvel (i primi due erano slegati da questo universo e realizzati dalla Fox, prima che venisse acquistata dalla Disney).

I protagonisti della pellicola sono Ryan Reynolds, anche co-sceneggiatore e co-produttore, e Hugh Jackman, rispettivamente nei panni di Deadpool e Wolverine.

Sinossi alla Deadpool, anzi, alla Wolverine…

Sono passati sei anni dagli eventi del secondo film e Wade Wilson ha abbandonato il ruolo di Deadpool per vivere una vita tranquilla. Ma un giorno, la Time Variance Authority (rimandiamo alla nostra recensione della serie su Loki!) rapisce Wade comunicandogli che la sua linea temporale è in pericolo e rischia la cancellazione.

Wade riprende i panni di Deadpool e viaggia tra le varie linee temporali alla ricerca del “giusto” Wolverine in grado di aiutarlo. Purtroppo (o per fortuna) si imbatte in un Wolverine diverso da quello che conosciamo noi.

Deadpool e Wolverine litigano. Fonte: Disney
Deadpool e Wolverine litigano. Fonte: Disney+

È davvero la fine dei supereroi? Lo dice il “merc with a mouth” 

Tuttavia, urge ricordare ai dirigenti Disney che non basta un solo film a risollevare le sorti di un Marvel Cinematic Universe ormai a pezzi. Dopo Avengers: Endgame, sono stati tanti i film che hanno ricevuto recensioni negative sia dalla critica che dal pubblico. Flop al botteghino, fan delusi, universi sempre più espansi e complicati: è davvero la fine dei supereroi?

Se non fosse per l’effetto nostalgia e per alcune citazioni metafumettistiche e metafilmiche (incluse le considerazioni ironiche del personaggio-Deadpool sulla scarsezza artistica dell’attore-Reynolds e i rimandi alla dolce metà di quest’ultimo: Blake Lively), Deadpool & Wolverine altro non sarebbe che una nuova “superhero fatigue” da aggiungere alla lista dei film-flop (o, in questo caso, semi-flop) targati Marvel.

Wolverine e Deadpool in azione
Wolverine e Deadpool in azione. Fonte: Disney+

Un film da guardare a cervello spento? Senti chi parla!

Deadpool & Wolverine è un film che, per certi aspetti, riprende lo stile di Spider-Man: No Way Home: trama fragile e piena di fan-service. Non aggiunge nuovi pezzi al grande puzzle della Marvel. E menomale! Più che un cineuniverso crossmediale ormai sembra aver preso la piega di uno di quei corsi d’aggiornamento in cui non puoi permetterti di saltare un appuntamento. (Per nostra fortuna Deadpool è nato a “casa Fox”).

Nonostante tutto, la Disney non snatura lo stile e le caratteristiche del personaggio-Deadpool, conservando anche quella sua autoconsapevolezza metanarrativa che lo porta a sfondare la cosiddetta quarta parete. Anzi, la Disney porta sul grande schermo un film violento, divertente, scurrile, satiresco. Insomma, vietato ai minori, e la cosa non dispiace affatto!

Deadpool e Wolverine
Deadpool e Wolverine con il nuovo arrivato: Dogpool. Fonte: Disney+

Ryan Reynolds e Hugh Jackman? Una coppia da “sballo”

Pur mantenendo invariato (o quasi) il carattere di Deadpool, l’aggiunta di Wolverine dona al film una nota malinconica. Non è il Logan che ha reso celebre Hugh Jackman. Questo nuovo Wolverine (che non si vergogna ad indossare la tuta degli X-Men!) ha un peso sulle spalle, e con questo non ci ha ancora fatto i conti.

Ryan Reynolds e Hugh Jackman funzionano bene insieme e la loro “diversità”, – caratteriale e professionale, – ha permesso l’osmosi ideale tra i due archi narrativi (perfettamente bilanciati tra loro).

Quello di Shawn Levy è sicuramente uno dei film dell’anno, ottimo per passare una serata spensierata al cinema!

 

Giorgio Maria Aloi

Taormina Film Fest 70: Finché notte non ci separi

Un film piacevole e divertente, romantico ma non troppo, esuberante al punto giusto. Voto UVM: 1/5

 

Entro, spacco, esco, ciao

Lei un osteopata, lui un agente immobiliare, Pilar Fogliati e Filippo Scicchettini sono Eleonora e Valerio, novelli sposi e novelli in crisi. La love suit, che poi è la stanza in cui passeranno la notte i due protagonisti e non solo, sarà il luogo in cui inizieranno i problemi e il luogo in cui finiranno, per poco! 

Commedia divertente che spezza il dramma dell’insicurezza e della gelosia grazie al cast, infatti presente nei panni di un tassista un po’ fuori di senno, romano ma juventino, è Francesco Pannofino; Lucia Ocone invece riveste il ruolo della classica madre impicciona rimasta affezionata all’ex fidanzata di suo figlio Valerio, Ester(Neva Leoni), mentre Giorgio Tirabassi è colui che verrà trascinato, proprio dalla moglie Lucia Ocone, in questa vicenda, tutta sotto gli occhi della Capitale.  

Eleonora, come tutti d’altronde, vorrebbe certezze, che forse poco prima di mettere la fede al dito credeva di avere, ma che subito sono state smontate da qualcosa che Valerio sembrava voler nascondere. Impulsiva e con la necessità di sapere istantaneamente la verità nient’altro che la verità, Eleonora dà il via a questa lunga notte, cercando risposte un po’ dappertutto, forse anche dal suo ex fidanzato (Claudio Colica), di cui Valerio è chiaramente geloso. 

Fonte: ScreenWEEK
Un frame del film.

Se tiri troppo la corda si spezza

Molti dei temi che vengono trattati sono difettosi per via di alcune lacune evidenti all’interno della pellicola, come lo stesso dramma dell’insicurezza e della gelosia, a prescindere dal fatto che entrambi i sentimenti siano giustificati da alcune azioni ambigue, il modo in cui ci si rapporta ad essi viene troppo sottovalutato e reso nella maniera più frivola.

Spezzare il dramma per rendere molto più fluente una storia come questa è giusto ma il troppo purtroppo stroppia, per cui trovare un equilibrio è sicuramente difficile ma l’esito del prodotto sarebbe molto più efficace e meditativo. 

Imprevisti: fate tre passi indietro (con tanti auguri)

Gli imprevisti banali e a volte poco chiari non danno giustizia a ciò su cui puntava la commedia, il disagio della gelosia e il parallelismo delle relazioni di oggi e di ieri. Il parere pubblico è importante e da questo non si sfugge, ma lo stile classico e fresco, aiutato anche dalla buona costruzione dei personaggi, ha portato comunque ad un risultato. 

Fonte: My Red Carpet
Un frame del film con Pilar Fogliati.

Ci vuole un fi..lo di concretezza

Una rom-com che nel complesso abbraccia il pubblico e fa sorridere, ottima la perfomance di Filippo Scicchettini e Pilar Fogliati, avvantaggiati dalla loro alchimia.

La pecca rimane il non aver dato la giusta importanza a un argomento in realtà così delicato e discusso che ha una sua dignità, la gelosia. Un velo di dramma avrebbe fatto la differenza, poiché anche se i personaggi non si dicono quasi mai “ti amo”, come dichiarava lo stesso regista Riccardo Antonaroli durante la conferenza stampa, paradossalmente il film ricade sul genere romantico.

Con l’avanzare delle dinamiche che si creano attorno a una Roma notturna di agosto, gli incontri e gli scontri dei personaggi, il filo motore della commedia perde di credibilità, e questo per via di alcuni vuoti del racconto che si sperava venissero colmati al termine della storia.

A prescindere dal genere di film, romantico, drammatico o qualsiasi esso sia, la funzionalità di questo avviene sì per la riuscita di un ottimo incastro di cast, sceneggiatura e produzione, ma soprattutto per la corretta e lineare struttura di un racconto.

Bello il dialogo tra padre e figlio (Filippo Scicchettini e Giorgio Tirabassi) verso la fine della pellicola, in cui emerge la cruda realtà di alcune coppie e del fatto che i rapporti molte volte durano ma per una semplice questione di abitudine o per essere più schietti, per inerzia. Il consiglio dettato dal padre è quello di inventare un sogno e di scoprirsi mano a mano dichiarando che:

“la vita è come la fede, aiuta”

 

Asia Origlia

Taormina Film Fest 70: L’invenzione di noi due

L’invenzione di noi due è l’analisi di un rapporto che può finire ma che, se preso in tempo, può essere salvato. – Voto UVM: 3/5

 

Il 16 luglio, durante la 70esima edizione del Taormina Film Fest, al Teatro Antico di Taormina è stato presentato in anteprima nazionale il secondo film del registra vicentino Corrado Ceron, L’invenzione di noi due, con protagonisti Lino Guanciale (Che Dio ci aiuti, L’allieva, La porta rossa, To Rome with Love) e Silvia D’Amico. Il lungometraggio uscirà nelle sale italiane il 18 luglio ed è tratto dall’omonimo romanzo di Matteo Bussola uscito nel 2020. Il film racconta l’amore tra due ragazzi che, innamoratisi nei banchi di scuola, si ritrovano, andando man mano più avanti col tempo, ad affrontare un tipo di relazione che oscilla tra la leggerezza e la spensieratezza dell’innamoramento e lo svanire di un qualcosa.

L'invenzione di noi due
L’invenzione di noi due. Produzione: Medusa Film.

L’invenzione di noi due: lo schema del film

I protagonisti di questa storia sono Milo (Lino Guanciale), un architetto che lavora come chef in un ristorante a causa delle difficoltà lavorative, e Nadia (Silvia D’Amico) che svolge diversi lavori, ma con il sogno di diventare scrittrice. I due si conoscono da bambini, in una Verona degli anni ’90. Allora ha inizio la loro corrispondenza: le lettere sono una colonna portante della loro relazione e di tutto il film.

L’invenzione di noi due, prodotto da Medusa Film, è stato cofirmato proprio da Matteo Bussola, insieme alla moglie Paola Barbato, e agli sceneggiatori Federico Fava e Valentina Zannella. Nel film troviamo anche Francesco Montanari (il Libanese in Romanzo Criminale – La serie) nel ruolo di Marco, fratello maggiore di Milo, e Paolo Rossi nel ruolo di un negoziante di modellini.

L’idea dell’amore

Quando un rapporto è ridotto sul lastrico, come quello di Milo e Nadia, tentare di ricostruirlo come fosse un edificio, per Milo sembra essere la scelta più giusta. Annullarsi come esseri umani, facendo di tutto per l’altro è il modo peggiore per cercare di costruire qualcosa di sano e duraturo, e questo è un po’ quello che viene narrato dai protagonisti di questa storia. Milo e Nadia si sono amati e odiati contemporaneamente per non essersi conosciuti davvero nel corso degli anni.

Il tempo è amico e nemico, cicatrizza le ferite ma prima le fa comparire. L’idea dell’amore secondo Milo, durante l’arco temporale che si sviluppa all’interno della pellicola, è completa la dedizione e dannazione per qualcosa che poco a poco è andato perduto. Pare spontaneo chiedersi cosa ci fosse di sbagliato o di inappropriato nel rapporto tra Milo e Nadia. Se si fa attenzione al finale e alle parole di quest’ultima la risposta è proprio davanti ai nostri occhi…

L’invenzione di noi due: perdersi per ritrovarsi

 Nel film Milo e Nadia passano dall’amarsi a stare insieme per inerzia, trasformando la loro relazione in un motivo di frustrazione per entrambi. L’invenzione di Milo sarà la goccia finale che porterà i due a fare quello che forse non hanno mai fatto realmente: dialogare.

La mancanza di comunicazione e il continuo fuggire di Nadia da conversazioni scomode fa esplodere qualcosa dentro Milo, persona pacata e quasi impacciata. Questo è anche un altro tassello problematico della relazione, la loro diversità che finisce per separarli. Lo scambio di lettere era stato un modo, divertente ed eccitante, di creare un ponte tra di loro. Ciononostante, l’insoddisfazione di due lavori diversi che portano loro solo malessere e frustrazione, causa l’allontanamento di Nadia e Milo e il conseguente deterioramento della coppia.

Ciò che attira maggiormente di L’invenzione di noi due è l’interpretazione realistica degli attori, accompagnata dall’analisi di un rapporto che può finire ma che, se preso in tempo, può essere salvato. Il finale incompleto lascia lo spettatore con un accenno di sorriso e porta alla riflessione su quale sia il vero linguaggio dell’amore.

“Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.” – Fedor Dostoevskij

 

Asia Origlia
Rosanna Bonfiglio

Taormina Film Fest 70: Padre Pio (di Abel Ferrara)

 

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Padre Pio segna la “redenzione” del regista Abel Ferrara. – Voto UVM 4/5

 

Nel corso della settantesima edizione del Taormina Film Festival abbiamo avuto l’opportunità di assistere alla prima in lingua italiana dell’ultimo film di Abel Ferrara, Padre Pio. Alla proiezione erano presenti il regista e parte del cast, i quali hanno successivamente risposto alle domande dei giornalisti presenti in sala. Durante la presentazione della pellicola, Cristina Chiriac, che nel film recita nei panni di Giovanna, ha ricevuto il premio Nuove Rivelazioni. Si conferma così il sodalizio fra l’attrice e Ferrara, cui film precedenti ha lavorato, fra gli altri, insieme a Willem Dafoe.

Il film, girato in Puglia nel 2021, ripercorre gli eventi dell’eccidio di San Giovanni Rotondo del 1920. Il massacro, che si inserisce nel più ampio quadro di tensioni politiche e sociali del biennio rosso, ha portato alla morte di 14 persone perlopiù appartenenti al Partito Socialista. Le sofferenze che hanno luogo nel paese vengono ricalcate attraverso scene di vita del santo (incarnato da Shia LaBeouf), perlopiù ambientate nel vicino ma isolato convento dei Frati Minori Cappuccini. In realtà, come ha ricordato Ferrara stesso dopo la proiezione, il film è stato interamente girato nel vicino Monte Sant’Angelo. Le riprese a San Giovanni Rotondo sarebbero state impossibili dato che ad oggi il paese è meta di numerosi pellegrinaggi.

monte san'angelo
Monte sant’Angelo. Fonte: giovannicarrieri.com

Le vicende del paese

Dopo la fine della Grande guerra, i superstiti entrano in paese fra onori e lacrime della comunità. Tuttavia, con l’arrivo dei soldati giungono anche notizie su chi non fa ritorno, fra false speranze per chi è disperso e lutto per i morti accertati. Il marito di Giovanna non si fa vivo: non esiste una lettera che ne certifichi il decesso e fra i compaesani c’è chi la rassicura che ritornerà. Come altre vedove e gente povera, deve lavorare più duramente per garantire i beni primari ai suoi bambini. In un’Italia meridionale post-bellica e latifondista questo equivale però ad oppressione e sfruttamento, contro cui Giovanna e altri membri del Partito Socialista si schierano. Fra questi c’è Luigi, membro di un’importante famiglia del paese ma fermamente ancorato all’ideologia comunista.

Dopo la vittoria dei socialisti alle prime elezioni libere del Paese nel 1920, i proprietari terrieri e i carabinieri vicini a quella che sarà l’ideologia fascista, impediscono ai vincitori di fare ingresso nel municipio. Ne scaturisce una rivolta che porterà al massacro di quattordici persone, perlopiù socialisti.

Cristina Chiriac. Fonte: ANSA.

Le sofferenze di Pio

Parallelamente a queste vicende si svolge la travagliata vita di Padre Pio nel vicino convento dei Frati Cappuccini Minori; il religioso ha numerosi visioni demoniache (rappresentate dalla musica suggestiva di Joe Delia) che tentano di far crollare la sua fede sulla scorta di un passato libidinoso e fragile. La risposta di Pio è la preghiera e un atteggiamento intransigente nei confronti di qualsiasi tipo di provocazione oscura. Le sue giornate sono scandite da canti e adorazioni al Signore e alla Vergine, unico baluardo di resistenza contro le seduzioni di Lucifero (in una scena impersonato da Asia Argento).

Un demone impersonato da Asia Argento. Fonte: Sentieri Selvaggi.

La visione di Ferrara

Nelle intenzioni del regista c’era innanzitutto quello di girare un documentario. Il film non vuole dare un’opinione sulla vita del santo – che è piuttosto controversa – ma un’immagine reale degli accadimenti di quell’anno. Ne viene fuori una rappresentazione che si discosta dal dipingere Pio come una figura sacra ma che ne illumina soprattutto il lato umano, con le sue tentazioni e peccati. Risiede qui dunque la sorprendente performance di Shia LaBeouf, in grado di incarnare queste lacerazioni grazie alla sua riconosciuta espressività. Le due trame si fondono insieme in un’unica visione in cui le sofferenze del frate sono l’allegoria di quelle degli abitanti di San Giovanni Rotondo. Quest’ultimi sono gli oppressi che tentano di ribellarsi all’oppressore, ovvero il fascismo in paese e il demonio per Pio. Non a caso il regista ha deciso di dedicare la pellicola, oltre che alle vittime dell’eccidio, anche al popolo ucraino.

 

Francesco D’Anna

Taormina Film Fest 70: Twisters

Twisters
Disaster movie che valorizza temi e rischi sottovalutati, legati ad eventi catastrofici come i tornado. Voto UVM: 5/5

 

Twisters è un sequel stand-alone e reboot di Twister uscito nel 1996 e diretto da Jan De Bont. Ritorna, dunque, in una nuova versione in cui la regia è a cura di Lee Isaac Chung, regista emergente ai film d’azione; egli è infatti noto per opere intimiste come Minari (2020), vincitore del Golden Globe per il miglior film straniero. La sceneggiatura è scritta da Mark L. Smith mentre la pellicola è prodotta da Patrick Crowley e dal premio Oscar Frank Marshall (Amblin Entertainment), quest’ultimo noto regista e produttore di successi come le saghe di Jurassic Park e Indiana Jones. Per quanto riguarda le riprese principali, sono state girate in Oklahoma e il primo trailer venne diffuso l’11 febbraio durante il Super Bowl LVIII; verrà proiettato nelle sale italiane il 17 luglio 2024.

Un cast completamente differente da quello originale

Uno dei personaggi principali è Glen Powell, visto di recente al cinema in Top Gun: Maverick (2022) e Tutti tranne te (2023). Al suo fianco, la candidata ai Golden Globe Daisy Edgar-Jones, divenuta nota grazie alla serie britannica Normal People (2020). Il resto del cast include Anthony Ramos, David Corenswet, Daryl McCormack (Isaiah Jesus nella serie tv Peaky Blinders), Kiernan Shipka (protagonista nella serie tv Le terrificanti avventure di Sabrina), Nik Dodani (Zahid Raja in Atypical) e Maura Tierney, vincitrice nel 2016 di un Golden Globe per la serie televisiva The Affair – Una relazione pericolosa.

La persistenza di una trama avvincente

Lee Isaac Chung con Twisters non ci delude; avvalora questo disaster movie intrecciando una storia d’amore ad un evento catastrofico e drammatico, adatto al clima estivo. Le tre parole chiave sono: instabilità, direzione del vento e umidità. Il film ruota, principalmente, attorno alla figura di una giovane donna, Kate Cooper (Daisy Edgar-Jones), ex cacciatrice di uragani segnata dall’incontro con un tornado dove perse la vita il suo fidanzato, Jeb (Daryl McCormack). Dopo 5 anni, si rifugerà in un ufficio di New York City ma farà ritorno nel settore, grazie alla spinta dell’amico Javi, per testare un avanzato sistema di tracciamento. Il suo rientro si incrocerà con Tyler (Glen Powell), il cosiddetto “domatore di tornado”, influencer noto per le sue imprese spericolate che insieme alla sua squadra non renderà facile la vita alla Storm Par. Ad entrambi verrà messa a dura prova la loro sopravvivenza nel capoluogo di Oklahoma City.

Ma non solo

Tyler: “Le paure non si affrontano; le paure si cavalcano”

Nella totalità della proiezione, dalla durata di 122 minuti, possiamo scorgere: avventura, azione, intensità, potenza drammatica, spirito di iniziativa e collaborazione ma soprattutto aiuto umanitario, nei confronti delle povere vittime di queste tempeste ambientali. Infatti, il film ci evidenzia la paura che rende consapevole il pubblico sulle conseguenze del rapporto incontrollato fra essere umano e natura. Nonostante questo, possiamo anche riscontrare la determinazione nel raggiungimento della sconfitta dei tornado, forte perturbazione atmosferica.

Tyler: Credevate di poter distruggere un tornado?!
Kate Cooper: Non avevamo speranze.
Tyler: Vuoi averne?

Non può mancare il sentimento d’amore

Addentrandoci nella trama di Twisters possiamo intravedere la nascita di un sentimento tra Kate e Tyler. Proprio come le tempeste, il loro inizio fu burrascoso e capriccioso per poi scorgere un cielo sereno tra i due. Nonostante la protagonista fosse scossa dalla perdita del suo precedente compagno, non può sottrarsi allo scatto della scintilla di desiderio con Tyler. Nella scena finale, Kate decide di tornare nella sua splendida New York City ma il segno del destino vuole che, a causa di forti venti, verrà previsto un ritardo sul volo. Ed ecco che, nel momento di questa annunciazione, spunta dietro di se proprio Tyler, pronto a coronare il loro trionfo d’amore, insieme.

 

Stefy Saffioti

Inside Out 2: sequel che ricorda la complessità delle emozioni

Inside Out 2
Pixar nella sua migliore forma, con Inside Out 2 ripropone la tematica delle emozioni e manda un messaggio più completo e coerente del primo film. – Voto UVM: 4/5

 

Inside Out 2 è un film d’animazione del 2024 diretto da Kelsey Mann, che segna il suo debutto alla regia. E’ il 28° lungometraggio d’animazione realizzato dalla collaborazione tra Disney e Pixar ed è il sequel del film uscito nel 2015.

Trama di Inside Out 2

In Inside Out 2 Riley ha 13 anni e fino a quel momento, le sue emozioni basilari (Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto), nonostante qualche difficoltà riscontrata (basta guardare gli eventi del primo film), sono riuscite a gestire bene la personalità della ragazzina dal loro Quartier Generale al suo interno. Hanno anche creato una nuova sezione della sua mente chiamata “Senso di Sé”. Lì vengono custoditi i ricordi e i sentimenti che costituiscono la personalità fondamentale di Riley. Per di più Gioia ha inventato un meccanismo che lancia qualsiasi ricordo negativo nel retro della mente di Riley.

Ma l’inizio dell’adolescenza di Riley ha portato anche all’inserimento di nuove emozioni (Ansia, Invidia, Ennui, Imbarazzo e Nostalgia) all’interno del Quartier Generale. All’inizio sembrano amichevoli, ma poi Ansia getta il Senso di Sé nel retro della mente di Riley e, assieme alle nuove emozioni, liquideranno quelle “vecchie” e assumeranno il controllo del Quartier Generale. Questo porterà ad uno scombussolamento nella personalità di Riley, tanto da portarla ad assumere comportamenti insoliti nel momento in cui prende parte al week-end dove si terranno i provini per entrare nella squadra di Hockey. Con le amiche di sempre si comporterà diversamente e cercherà di apparire in un altro modo per farsi accettare dalle altre ragazze della squadra.

Gioia, assieme alle mozioni protagoniste del primo film, cercherà in tutti i modi di recuperare il “Senso di Sé” e riprendere il controllo della personalità di Riley, in modo da farla tornare ad essere la persona che è sempre stata.

Inside Out 2
Ansia, la nuova emozione attorno alla quale gira il film sequel – Fonte: Disney Pixar’s Inside Out 2

Il metodo della Pixar

La collaborazione tra Disney e Pixar ha segnato la storia dell’animazione, partendo da un punto di vista tecnico con l’adozione dello stile della computer grafica e ispirando poi altre case di produzione a realizzare film simili (per esempio Dreamworks con film come Shrek o Illumination come Cattivissimo Me o Super Mario Bros – Il Film). La differenza tra le varie case di produzione sta nel modus operandi adottato per la narrazione delle storie.

Pixar ha sempre realizzato dei film d’animazione capaci sia di divertire che di emozionare. Tratta, con un linguaggio semplice e a tratti anche delicato, tematiche ricorrenti. In questo modo possono arrivanre sia ad un pubblico di bambini e ragazzini, per educarli agli argomenti trattati, che ad adulti, per far avere loro degli spunti di riflessione e le risposte che cercavano (talvolta facendo anche commuovere).

La Pixar è tornata ad essere quella di un tempo?

Ultimamente la Pixar ha avuto delle difficoltà e non ha osato più di tanto, ha deciso dunque di puntare sui cavalli forti e tirare fuori un sequel di uno dei loro film migliori: “Inside Out”. Questa mossa può essere rischiosa e può portare a peccare sull’originalità, ma a volte tirare fuori dal cilindro i vecchi metodi e raccontare nuove storie su personaggi apprezzati dal pubblico è una buona occasione, se sfruttata. Ebbene, dopo anni, “Inside Out” ritorna con un sequel tutt’altro che forzato e risultando addirittura migliore del primo film.

Con “Inside Out 2”, Pixar ha dimostrato di essere in grado di fare del suo meglio ma è ancora presto per dire che è tornata come quella di una volta, perché lo si vedrà col tempo. Ma almeno, “Inside Out 2” può essere un buon punto di partenza (anzi di ripartenza)

Inside Out 2
Nuove Emozioni al comando di Riley – Fonte: Disney-Pixar’s Inside Out 2

Un sequel all’altezza del primo, anzi addirittura superiore 

Nonostante la Pixar sia rimasta nella zona di comfort e non abbia osato più di tanto, ha azzeccato senza ombra di dubbio la strategia vincente per il successo di questo sequel. Saranno anche passati nove anni, ma in realtà sembra che non sia passato neanche un giorno da Inside Out. Con una regia molto semplice e con delle sequenze coloratissime, hanno adottato un linguaggio semplificato alla portata di tutti, al di là dell’età, e ha trattato nel miglior modo possibile la tematica delle emozioni e la complessità che si ha con esse. Il nuovo film ripropone lo stesso messaggio riscontrato nel prequel, ma rappresentato come un’espansione di esso. Questo lo ha fatto rimanere coerente con il primo film e il messaggio è stato reso ancora più completo e realistico.

“Inside Out 2” ricorda la complessità delle emozioni ed invita ad accettare sia quelle positive che negative

Inside Out 2 invita tutti ad accettare tutte le sfumature all’interno di sé stessi e ad abbracciare sia il positivo che il negativo presenti. Non è un male provare certe emozioni, anzi vuole far capire che è assolutamente normale e l’accettazione è il primo passo importante per un equilibrio interiore sano e ben consolidato.

Tra gag divertenti e risate assicurate, tutti i personaggi hanno il loro spazio e giocano un ruolo fondamentale nel film. In più, la ciliegina sulla torta è stata aver realizzato magnificamente un paio di scene commoventi, arrivate al momento giusto e con l’intento di colpire la parte emotiva dello spettatore e portarlo ad un’attenta riflessione, al di là dell’età e dell’esperienza di cui dispone.

L’intento del film è stato raggiunto con successo trattando ancora più delicatamente un argomento piuttosto ricorrente negli ultimi anni: la gestione dell’ansia.

Inside Out 2
Incontro tra Ansia e le altre emozioni -Fonte: Disney Pixar’s Inside Out 2

L’ansia 

Tra le nuove emozioni introdotte, c’è stata Ansia. Un appunto va fatto al doppiaggio, e a Pilar Fogliati, un’artista in gamba che si sta mettendo in gioco in vari ambiti e si sta dimostrando un’artista completa e poliedrica. Ha avuto uno spazio leggermente maggiore e contestualizzato dall’altro scopo che avevano in mente, incastrandosi perfettamente a quello principale.

L’idea di rappresentarla come un’antagonista è stata geniale ed utile allo scopo, ovvero trattare con delicatezza un argomento molto ricorrente e di cui spesso si fa fatica a parlarne. Tutti soffrono d’ansia almeno una volta e si fa fatica ad accettarla, perché la si vede come una nemica.

“Inside Out 2” vuole anche invitare il pubblico all’accettazione dell’ansia ed è assolutamente normale provarla e il fatto di provare un attacco di panico non rende deboli, anzi è l’esatto opposto. E’ un argomento molto delicato e si fa fatica a parlarne, ma l’accettazione di esso è il primo passo.

Lo scontro tra Gioia e Ansia è la metafora del messaggio che vuole trasmettere il film e rappresenta due facce della stessa medaglia. Sono entrambe complementari e devono esserci entrambe, per raggiungere l’equilibrio interiore.

L’ansia può essere un’amica o una nemica, ma qui sta la chiave di tutto. E’ un argomento toccante e nel film è stata rappresentata in tutte le sfumature, con un linguaggio semplice e delicato. Riuscendo a far riflettere ogni spettatore, al di là del fatto che l’abbia vissuta sulla propria pelle oppure no.

 

Giorgio Maria Aloi

The Fall Guy: puro intrattenimento cinefilo

The fall guy è Intrigante, spettacolare e divertente. Voto UVM: 4/5

The Fall Guy è un film del 2024 diretto da David Leitch che torna sul grande schermo a due anni da Bullet Train. Leitch riesce a racchiudere in maniera perfetta azione, commedia e giallo in una cornice romantica, bilanciando tutti questi generi perfettamente. Il cast è ricco di nomi importanti, tra i quali Ryan Gosling (Blade Runner 2049) ed Emily Blunt come protagonisti insieme a Aaron-Taylor Johnson, che ha già lavorato con il regista nel suo ultimo film, e ad Hannah Waddingham.

The Fall Guy: la trama

Colt Seavers (Ryan Gosling) è un talentuoso stuntman di Hollywood in una relazione con l’operatrice di camera Jody Moreno (Emily Blunt), con cui lavora sui set. In una normalissima giornata di lavoro è però coinvolto in un incidente dal quale ne esce gravemente ferito. A seguito dell’incidente, di cui si sente responsabile, cade in una crisi che lo porta a tagliare tutti i rapporti con l’ambiente di lavoro, fidanzata inclusa.
Dopo essere guarito cerca di tirare avanti facendo l’autista, ma quando la produttrice Gail Meyer (Hannah Waddingham) lo informa che Jody sta girando il suo primo film come regista, lui decide di tornare in scena. Jody, non informata del suo arrivo, non lo accoglie calorosamente, rinfacciandogli il fatto che l’abbia lasciata senza farsi sentire. Intanto l’attore di cui Colt è la principale controfigura, Tom Ryder (Aaron-Taylor Johnson), è scomparso e sarà proprio lo stunt a doverlo cercare.

the fall guy
Ryan Gosling e David Leitch sul set. Fonte: gqitalia.it

David Leitch: da stuntman a regista

Il film nasce proprio con l’idea di mettere per la prima volta in evidenza sul grande schermo quegli attori “nascosti” fra i grandi nomi di Hollywood che però compiono le scene più adrenaliniche e contemporaneamente più pericolose: le controfigure. Il tutto è reso più avvincente se pensiamo che lo stesso regista è nato come stuntman e perciò ha potuto curare nel minimo dettaglio le riprese, affinché risultassero più spettacolari possibili.
David Leitch viene da una carriera immersa appieno nel mondo del genere action: dalle già citate presenze sullo schermo come stuntman, arriva poi a produrre l’intera saga di John Wick e a dirigere Deadpool 2 e Fast & Furious – Hobbs & Shaw.

Con questa opera fa quindi un tributo a una categoria come quella degli stuntman. Inoltre, qui si vedono riprese dal “dietro le quinte” nel finale del film, dando così lo spazio che tutti gli stunt si meriterebbero.

Un cast d’eccezione per attirare il pubblico

Emily Blunt e Ryan Gosling agli Oscar 2024. Fonte: hollywoodreporter.com

Come già anticipato, il cast vede gli importanti nomi di Ryan Gosling e Emily Blunt nei panni dei protagonisti: i due si rincontrano dopo la notte degli Oscar 2024. Nell’ultima edizione degli Academy entrambi si sono visti candidati nella categoria di Miglior attore e miglior attrice non protagonista. Spiacevolmente nessuno dei due è riuscito a portare a casa il premio, ma ci hanno dato l’occasione di vederli insieme all’opera in un piccolo siparietto organizzato per tirare fuori la tanto discussa rivalità fra Barbie e Oppenheimer.

In questi due film, che hanno sbancato il botteghino lo scorso anno, usciti entrambi il 23 luglio in America, gli attori hanno interpretato magistralmente personaggi chiave come Ken e Kitty Oppenheimer, tanto da ottenere la candidatura.
Potremmo stare ore a parlare delle immense carriere degli attori protagonisti ma il cast è composto anche da altri attori di spessore come Aaron-Taylor Johnson. Quest’ultimo già comparso in due film del “Marvel Cinematic Universe” nelle vesti di Quicksilver e in Godzilla nel 2014, dove è protagonista con il tenente Ford Brody. Torna ufficialmente alla ribalta grazie a Bullet Train dello stesso Leitch, dove riesce a imporsi scenograficamente anche grazie al carismatico personaggio di Tangerine.
Ultima, ma non per importanza, fra i grandi nomi è Hannah Waddingham, rinomata attrice nel mondo dello spettacolo che non si è mai limitata a un solo settore: ricordiamo la sua partecipazione in Ted Lasso. Di fatti, questo per lei è il primo grande ruolo in un lungometraggio, la quale è riuscita a immedesimarsi perfettamente nell’eccentrica figura di Gail.

In conclusione, il film si presenta veloce e pieno di colpi di scena, grazie ai quali si riesce ad articolare una trama particolare e mai banale. Il tutto inoltre è condito da riferimenti alla cultura pop cinematografica, che i più appassionati sicuramente riconosceranno durante la visione. La pellicola sarà ancora per poco disponibile al cinema, quindi accorrete perché ne vale la pena, e in seguito sarà disponibile su Amazon Video.

Giuseppe Micari