La realtà oltre il turismo: l’altra faccia delle isole Eolie pt.2

Mito e storia sono sempre state due componenti importanti di luoghi come le isole Eolie, centro da secoli di attacchi, conquiste, leggende. Ne abbiamo già parlato nell’articolo precedente, raccontando la storia di Vulcano, Lipari e Panarea; vediamo insieme cosa si nasconde invece dietro le altre quattro isole, anch’esse ricche di racconti e tradizioni che in pochi conoscono.

Stromboli

L’isola di Stromboli è nota per il suo vulcano, uno dei più attivi al mondo, e venne definita per moltissimo tempo “Faro del Tirreno” proprio per i bagliori delle eruzioni e la normale attività vulcanica visibili anche nell’oscurità. Secondo la mitologia, l’isola sarebbe la dimora del dio Eolo e proprio lì si pensa che avvenne l’incontro tra quest’ultimo e Ulisse, narrato nell’Odissea.

Data importante per l’isola è l’11 Settembre 1930, quando una disastrosa eruzione del vulcano provocò grandissimi danni al territorio e alla popolazione costringendo moltissimi abitanti a emigrare in America e Australia. Fabio Famularo, autore residente dell’isola, ripercorre nel libro “… E poi Stromboli i ricordi del nonno che visse quest’esperienza e ne sottolinea lo stato d’animo e i sentimenti vissuti:

“Qualcosa nel rapporto col vulcano si era interrotto: si sentivano traditi, come quando un amico ti volge le spalle…”

 

Il vulcano di Stromboli – Fonte: ilsecoloxix.it

 

L’isola è stata anche il set, nel secondo dopoguerra, del film del grande regista italiano Roberto Rossellini, “Stromboli Terra di Dio” (1950). La casa in cui soggiornava il regista con l’attrice Ingrid Bergam (con la quale aveva avuto una relazione particolarmente chiacchierata) è ancora oggi visitabile e presenta una targa commemorativa in ricordo del loro soggiorno sull’isola.

Di particolare interesse è anche Strombolicchio, un piccolo isolotto di origine vulcanica nei pressi di Stromboli, che, secondo alcune leggende, si pensava essere il tappo del vulcano esploso durante un’eruzione. Isolotto inabitabile, è sede oggi di un faro ad energia solare e presenta esemplari in via d’estinzione, come il falco della regina e la lucertola delle Eolie.

 

Strombolicchio – Fonte: liparinet.it

Salina

L’isola, chiamata così perché utilizzata dai Romani come salina per estrarre il sale, è strettamente legate alla storia di Lipari (l’ossidiana da quest’ultima veniva qui esportata per essere poi lavorata). Rimasta disabitata fino al 580 a.C. fu poi popolata dai greci e risulta oggi divisa in tre piccoli comuni autonomi: Santa Marina, Malfa e Leni.

Santa Marina, popolata dai greci e divenuta centro principale dell’isola, presenta luoghi di interesse come le grotte saracene, costruite nel tufo e utilizzate come rifugio dagli attacchi degli arabi.

Martina Galletta© Salina, 2020

Malfa è il nome dato al comune probabilmente dagli amalfitani giunti nell’isola nel dodicesimo secolo. Sui resti di un cratere parzialmente sprofondato troviamo qui Pollara, che è passata alla storia anche per essere stata il set del celebre film con Massimo Troisi, “Il Postino” (Michael Radford, 1994).

 

Spiaggia di Pollara – Martina Galletta© Salina, 2020

Il comune di Leni, nome derivato dal greco Lenoi (termine che indica i contenitori per la pigiatura dell’uva), presenta luoghi di particolare interesse come il Santuario della Madonna del Terzino, realizzato da un eremita sui resti di un modesto edificio sacro. Il piccolo borgo di pescatori di Rinella poi è particolarmente suggestivo e presenta una bellissima spiaggia nera a forma di mezzaluna.

Alicudi e Filicudi

Queste due isole sembrano non avere nulla a che fare con le precedenti: percorribili solo a piedi, popolate oggi da pochissimi abitanti, sembrano davvero luoghi fuori dal tempo e in cui si respira la vera anima delle isole Eolie.

Alicudi, essendo un luogo particolarmente isolato, era anche meta perfetta per scorribande e attacchi dei banditi. Ciò è testimoniato dalla distanza del centro abitato, a 350 metri di altezza, presso San Bartolo, e dalla fortificazione naturale detta “Timpone delle Femmine”, rifugio di donne e bambini.

L’isola viene anche chiamata “Isola delle donne che volano”, nome che trova la sua spiegazione in una leggenda tramandata per anni tra gli abitanti del luogo: dal 1902, per qualche anno, gli isolani affermarono di vedere donne volare. Questa allucinazione collettiva è spiegata dal fatto che questi, vivendo principalmente di agricoltura, si nutrirono per molto tempo della segale cornuta, senza sapere però che questa contenesse un principio attivo (ergotossina) in grado – tra le altre manifestazioni cliniche – di provocare allucinazioni.

Il nuovo pontile di Scalo Palumbo sostituisce oggi il vecchio molo, in cui si approdava con la tecnica del “rollo” che consisteva nel far raggiungere il porto da una piccola imbarcazione, la quale caricava persone e merci per approdare.

Alicudi - Isola di Alicudi - Isole Eolie
Isola di Alicudi – Fonte: isoleolie.me.it

La storia di Filicudi è invece particolarmente legata al villaggio preistorico di Capo Graziano, in cui sono state trovate circa 20 capanne disposte a spina di pesce a 100 metri dal livello del mare, probabilmente per difendersi anche qui da attacchi nemici. Troviamo anche relitti marini di epoca romana.

L’isola ospita anche la Biennale d’arte di Jaques Basler, nella casa atelier Basler sita in contrada Pecorini. Durante l’evento vengono mostrate opere che mostrano chiaramente il legame tra gli artisti e l’isola.

La Biennale di Filicudi, la più piccola del mondo – Le Vie dei ...
Foto dalla Biennale d’arte di Filicudi – Fonte: magazine.leviedeitesori.com

Al termine di questo viaggio tra le isole Eolie appare chiaro come ci sia molto da scoprire oltre le bellissime spiagge, apprezzate da sempre dai turisti di tutto il mondo: secoli di storia e tradizione che spesso non conosciamo o non valorizziamo, ma che, al contrario, dovrebbero essere il punto di partenza per poter vivere a pieno un’esperienza indimenticabile in uno dei luoghi più belli del Mediterraneo.

Cristina Lucà

 

Immagine in evidenza: Salina, 2020 – Martina Galletta©

 

 

La realtà sommersa di Messina: la storia raccontata dal mare

“R…estate in Sicilia” è la campagna lanciata dall’associazione FuoridiME con lo scopo di valorizzare il territorio siciliano. Messina riparte ancora una volta dal turismo e l’associazione invita tutti a dare il proprio contributo, inviando contenuti multimediali che abbiano come protagonista la Sicilia in modo da creare un tour virtuale della nostra isola.

Tutto nasce da un importante bisogno di ripartenza e da un senso di appartenenza al proprio territorio; proprio per questo noi non potevamo certo tirarci indietro.

Vogliamo quindi valorizzare quello che è il nostro patrimonio culturale e vogliamo farlo rendendo protagonista il nostro mare. Lo stesso Pascoli, parlando dello Stretto di Messina, affermava:

“Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni”.

Troppo spesso considerato solo dal punto di vista della balneazione, nei suoi fondali nasconde invece secoli di storia, tesori spesso sconosciuti o dimenticati. E oggi ve ne mostreremo un assaggio.

 

Fonte: FuoridiME (Facebook)

 

Il museo sottomarino di Capo Graziano, Filicudi

Conosciamo benissimo le leggende legate allo Stretto che mostrano quanto questo mare fosse temuto da marinai e navigatori fin dall’antichità, a causa delle correnti che rendevano difficile il transito delle imbarcazioni.  La situazione è particolare nell’isoletta di Filicudi (arcipelago delle Eolie) dove – sin dai primi secoli a.C. – le imbarcazioni venivano intrappolate in una secca.

Questo ha fatto sì che oggi questo luogo sia anche un importantissimo sito archeologico, meta indiscussa di sub esperti. Ad una profondità di 45 metri si può osservare il relitto A di età greca, risalente al II secolo a.C. e il relitto G del V secolo a.C.

Oltre ai relitti troviamo numerose anfore e moltissimi reperti conservati in parte al museo Bernabò Brea, situato a Filicudi Porto, dove è possibile ammirare ritrovamenti dell’Età del Bronzo e ceramiche greco-romane e africane, a testimonianza di quanto la Sicilia fosse meta ambita sin dall’antichità.

 

Fonte: marenaturasicilia.it

 

La battaglia di Nauloco e il rostro di Acqualadroni

Sul versante tirrenico si pensa invece si trovi il famoso Nauloco, sito passato alla storia per la battaglia navale in cui Sesto Pompeo fu sconfitto da Marco Vipsanio Agrippa nel 36 a.C. Nella zona tra Milazzo e Capo Peloro, nei pressi di Capo Rasocolmo e Acqualadroni si trova infatti una struttura palafitticola che si pensa potesse essere un pontile per il carico e lo scarico delle merci, riconducibile proprio al Nauloco (il cui termine significa appunto “rifugio per le navi”).

A prova di ciò sono i famosi ritrovamenti del relitto di Capo Rasocolmo (componenti metalliche della nave, monete della Roma pompeiana e una lamina di bronzo, probabilmente un collare di uno schiavo, sulla quale è leggibile il cognomen di Pompeo). Nel 2008 inoltre fu ritrovato nella zona di Acqualadroni un rostro in bronzo (oggetto montato sulla prua per colpire e affondare le navi nemiche) probabilmente legato alla battaglia e appartenente alla flotta di Pompeo. Il rostro, decorato con spade utilizzate già nelle armate greche, è situato oggi all’interno del Museo Regionale di Messina.

 

Rostro in bronzo. Fonte: marine-antique.net

La Bowesfield e la Valfiorita

Due relitti sono presenti ancora oggi nei fondali dello Stretto: uno di questi è la nave mercantile britannica Bowesfield, soprannominata la “Nave di Faro“. Diretta inizialmente a Bari, affondò poco distante da Capo Peloro nel 1892 a causa delle cattive condizioni meteo marine ed è oggi una delle mete più ambite dai subacquei di tutta Italia, poiché ancora in perfette condizioni (è possibile visitarne le stive e il ponte di comando).

 

 

Altro reperto importante è la motonave Valfiorita, nata per usi commerciali e utilizzata successivamente a scopo militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Diretta a Palermo, viene attaccata da un sommergibile inglese e affonda nel 1943 nei pressi di Mortelle dove si trova tutt’ora. Oggi diviene invece meta importante, ma per subacquei particolarmente esperti a causa delle difficoltà dovute alla profondità, alle correnti e alle varie reti presenti nel relitto.

 

Motonave Valfiorita. Fonte: untuffonelblu.com, foto di Marco Bartolomucci

 

Il traghetto Cariddi

Una storia particolare che merita attenzione è invece quella del Cariddi, traghetto di tipo ferroviario costruito nel 1932 a Trieste, con un innovativo sistema di propulsione che garantiva maggiore efficienza rispetto ai mezzi utilizzati precedentemente. Viene affondato durante la Seconda Guerra Mondiale e ristrutturato successivamente. Nel 1992 è acquistato dalla Provincia di Messina per essere trasformato in un museo galleggiante. Questo però non avviene e, dimenticato, affonda nel 2006 nel Porto di Messina sotto gli occhi incuranti della città.

 

Il traghetto Cariddi. Fonte: nauticareport.it, foto di Vincenzo Annuario

 

Molti di questi reperti, che costituiscono una parte importante del patrimonio culturale della città, sono oggi nascosti o dimenticati e sarebbe invece importante valorizzarli, realizzando ad esempio un museo del mare ancora oggi assente nella città di Messina.

Bisognerebbe insomma far sì che risultino vere le parole di Pascoli, che citiamo nuovamente:

Tale potenza nascosta donde s’irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato qui tanta storia, tanta bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come l’orma nel cielo, come l’eco nel mare. Qui dove è quasi distrutta la storia, resta la poesia”

Fare in modo dunque che questo mondo e questa realtà, se pur “sommersi”, non vengano dimenticati ma siano piuttosto l’eco di battaglie e vicende che hanno visto la nostra terra e – soprattutto – il nostro mare protagonisti indiscussi di secoli di storia, una storia che ha portato alla creazione di miti, leggende, racconti e alla realtà che viviamo oggi.

Cosa aspettiamo per valorizzare tutti questi tesori?

Cristina Lucà

Fonti:

wikipedia.org

tempostrettotv.it

turismoeolie.com

guideturistichemessina.it