Vermiglio, antica poesia tra amore e guerra

Vermiglio
Vermiglio: un piccolo capolavoro in grado di catapultarci indietro nel tempo, laddove sono collocate le radici stesse della Storia del nostro Paese. – Voto UVM: 5/5

 

Si è conclusa da poche settimane l’ottantunesima edizione del Festival del Cinema di Venezia, un edizione che ha visto come protagonisti nuove straordinarie proposte e grandi titoli come l’attesissimo sequel del Joker di Joaquin Phoenix Joker Folie a Deux o come Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza che vedrà il ritorno di Toni Servillo sul grande schermo. Tra tutti però anche una piccola perla è riuscita a spiccare aggiudicandosi non solo un enorme successo di pubblico e critica ma anche due premi di grande importanza, sto parlando di Vermiglio di Maura Delpero, un piccolo capolavoro in grado di catapultarci indietro nel tempo in atmosfere antiche e rurali laddove sono collocate le radici stesse della Storia del nostro Paese.

Una profonda storia d’amore in tempo di guerra

Siamo nelle fredde lande del Trentino e nel mondo echeggia il boato agghiacciante della Seconda Guerra Mondiale ormai però sul punto di concludersi, nel piccolo villaggio di Vermiglio la vita in ogni caso scorre lentamente finché due giovani soldati acciaccati dalla guerra, i siciliani Pietro, interpretato dal messinese Giuseppe De Domenico, e Attilio giungono sotto l’occhio critico di gran parte degli abitanti, sarà in quel momento che la vita di Pietro si incrocerà con quella di Lucia (Martina Scrinzi) e della sua numerosissima famiglia dalla quale ne nascerà una profonda storia d’amore

La storia che Maura Delpero costruisce si dimostra dunque uno
scrigno prezioso dove anche gli elementi più distanti e diversi riescono magicamente a coesistere; guerra e amore, morte e vita, e si manifesta alla perfezione nel momento in cui il maestro del paese e padre di famiglia interpretato da uno straordinario Tommaso Ragno ascolta e invita ad ascoltare i suoi brani di musica classica mentre nel resto dell’Europa impera la guerra, oppure nel momento in cui nonostante tutto il villaggio si riunisce in festa per celebrare Santa Lucia e soprattutto nel momento in cui Pietro, un uomo afflitto fisicamente ed emotivamente dall’orrore della guerra riesce a trovare la forza per tornare ad amare, regalandoci dunque una meravigliosa unione sensibile e romantica tra nord e sud Italia, anche questo aspetto estremamente difficile a quel tempo.
Pietro e Lucia in una scena del film
Pietro e Lucia in una scena del film

Un sogno proveniente dal passato

Appare evidente come nessun dettaglio sia stato lasciato al caso, si riesce a percepire alla perfezione il gelo delle montagne trentine innevate così come la brezza marina nel mare di Sicilia, ma soprattutto l’atmosfera antica e rustica che si riesce a respirare dall’inizio alla fine del film, e non è un caso perché è da quella realtà che viene Maura Delpero, dal profondo Trentino, nel dopoguerra e da una famiglia molto numerosa.
Ci troviamo, infatti, davanti ad uno speciale racconto ispirato alla sua infanzia, non una storia vera ma una storia ispirata da un sogno che, a detta della stessa regista l’ha portata indietro nel tempo a riscoprire la sua famiglia sotto un altro aspetto, un sogno felice in un momento di tristezza a seguito del lutto del padre (anch’egli maestro del paese) e di conseguenza una storia proveniente direttamente dal cuore e dai ricordi della straordinaria Delpero. 

Un orgoglio messinese al Festival di Venezia 2024
Giuseppe De Domenico nei panni del silenzioso e sensibile Pietro ha rappresentato poi un orgoglio tutto messinese prendendo parte in maniera rilevante a questo straordinario progetto, nel ruolo per altro complesso di un personaggio dal passato nefasto e dal futuro incerto che non può far altro che vivere il presente comunicando e manifestando il suo amore per Lucia quasi esclusivamente con gesti ed espressioni.
 L’attore messinese, per altro, ci ha dato il privilegio della sua presenza venendo alle proiezioni di Domenica 22 al cinema Iris per presentare il film e per donarci anche qualche piccola preziosa chicca sulla sua interpretazione, sul backstage in generale e sull’esperienza al Festival del Cinema di Venezia.
L’attore Giuseppe De Domenico con il direttore del cinema Iris Umberto Parlagreco
L’attore Giuseppe De Domenico con il direttore del cinema Iris Umberto Parlagreco

Vermiglio: una storia preziosa dagli echi neorealisti

È un opera tanto emozionante quanto originale e particolare quella che Maura Delpero porta sul grande schermo, la scelta di attori per lo più non professionisti e l’abbondante presenza di bambini tutti ovviamente trentini e l’uso esclusivo del dialetto stretto del posto che ha portato addirittura all’esigenza dell’aggiunta dei sottotitoli fa di questo film un opera che riesce quasi a rimandare ai grandi capolavori del Neorealismo, non a caso dunque aggiudicandosi il Gran premio della giuria e il Green Drop Award al Festival del Cinema di Venezia scaturendo già alla prima visione l’entusiasmo della critica.
È un opera preziosa, una piccola perla del cinema italiano contemporaneo che ha visto per altro sbocciare una nuova figura femminile alla regia di un grande capolavoro, un viaggio delicato e intrigante nell’Italia che fu che merita assolutamente di essere visto!
Marco Castiglia

“Il signore delle formiche”: una storia che ha segnato la collettività

Un film profondo che riflette il dramma politico e sociale dell’epoca – Voto UVM: 5/5

 

Ci sono storie che, nolenti o dolenti, segnano il carattere di una società. Nel film Il signore delle formiche il regista Gianni Amelio ci fornisce la rappresentazione del caso realmente accaduto di Aldo Braibanti, giornalista, drammaturgo e poeta accusato di plagio nel 1968, un anno chiaramente segnato da continui scontri nelle maggiori piazze d’Italia ad opera dei movimenti politici estremisti e dalle rivendicazioni dei movimenti studenteschi. L’accusa in realtà, è solo uno specchio per le allodole. Il vero motivo del processo riguardava l’omosessualità di Braibanti.

Il film, che è stato presentato in anteprima alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, assume una forte vena critica nel raccontare come si poneva il Paese di fronte al tema, cogliendone tutto lo spirito contraddittorio dell’epoca.

Sinossi

La prima parte della narrazione si svolge nelle campagne emiliane nel 1959, tra le mura del torrione Farnese di Castell’Arquato, dove il drammaturgo crea uno spazio aggregativo per i giovani, che funge anche e soprattutto da laboratorio artistico. Egli, inoltre, è uno studioso di formiche, tanto da ottenere la fama di esperto mirmecologo.

In questo contesto avviene l’incontro con Ettore (interpretato da Leonardo Maltese), un giovane ragazzo che inizia a interessarsi di libri grazie all’influenza dello scrittore. Attraverso digressioni filosofiche sull’esistenza e poesie scritte appositamente per Ettore, tra i due nasce un’alchimia che non passerà inosservata,

Sarà proprio questa la causa scatenante del processo per plagio, portata avanti dalla madre del giovane.

Luigi Lo Cascio. Fonte: Rai Cinema

L’accusa é quella di aver sottomesso alla sua volontà, sia in senso fisico che psicologico, il suo allievo e successivamente compagno. A stabilirlo l’articolo 603 del codice penale che punisce “chiunque avesse sottoposto una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”. In realtà si tratta solo di un escamotage per celare quella che è un’accusa di omosessualità.

A denunciare Aldo è proprio la famiglia di Ettore che viene portato in un ospedale psichiatrico con lo scopo di sottoporlo a devastanti elettroshock, la “cura” dell’epoca per “guarire” dall’influsso del “diabolico”. Questo particolare viene marcato dalle dichiarazioni della madre durante il processo.

 

Elio Germano. Fonte: Rai Cinema

Spostando la narrazione sul piano giuridico-sociale, il regista ci fornisce un quadro abbastanza chiaro dell’ipocrisia culturale dell’epoca, dovuta soprattutto all’influenza della Democrazia Cristiana.

Solo un uomo e una donna reagiscono all’indifferenza generale e decidono di aiutare Aldo. Uno è il giornalista Ennio Scribani (interpretato da Elio Germano) de L’Unità, che non sarà avulso da continue prese di mira da parte del direttore della testata che intende distogliere l’attenzione dal caso (anche qui, il regista ci ricorda dell’ipocrisia del maggiore partito di Sinistra dell’epoca).

E l’altra è Graziella (interpretata da Sara Serraiocco), giovane attivista politica che manifesta per rivendicare un cambiamento culturale. La particolarità del suo atteggiamento ricorda – per certi aspetti – le mosse del Partito Radicale Italiano i cui principali esponenti furono Emma Bonino e Marco Pannella.

Da premiare, a questo proposito, l’omaggio alla Bonino, realizzato inserendo un suo fermo immagine che scorre brevemente durante il discorso di Graziella all’esterno del tribunale. In merito a ciò, il regista ha dichiarato:

“Ho saputo da Emma Bonino che nel ’68 non faceva assolutamente parte del Partito Radicale. Lei mi ha chiesto:  «Perché vuole me quando potrebbe prendere un sosia giovane di Pannella?»  Perché vorrei raccontare della lotta che hanno fatto i radicali per la storia di Braibanti. Questo partito ha fatto cancellare nel 1981 il reato di plagio. Volevo rendere omaggio al Partito Radicale, mi sembrava più degno far vedere una Emma Bonino come è oggi piuttosto che un sosia di Pannella. “

 

Emma Bonino. Fonte: Rai Cinema

La tragica ipocrisia moderna

“Dietro una facciata permissiva, i pregiudizi esistono e resistono ancora, generando odio e disprezzo per ogni ‘”irregolare’” Non abbiamo sconfitto certi demoni che erano e tutt’ora sono all’interno della società perbenista.”

Con queste parole, Gianni Amelio restituisce allo spettatore il quadro di un’epoca contaminata dalle storture di un pensiero retrogrado che, purtroppo, si è protratto negli anni. Forse oggi potremmo dire che non è più come prima, eppure il film ci invita a non distogliere l’attenzione né la preoccupazione, visti i frequenti casi di omofobia nel nostro Paese.

Dalla fotografia impeccabile di Luan Amelio Ujkaj  all’interpretazione magistrale ed empatica del cast – in particolare Lo Cascio che mostra un Braibanti con la schiena dritta dinanzi le accuse, consapevole del fatto che per certe persone vige il dovere indispensabile di rispettare gli ordini – passando per la costruzione della sceneggiatura e l’ambientazione, Il signore delle formiche ci mostra, un passo alla volta, l’amore verso l’amore, separando l’attrazione sentimentale da quella intellettuale, stimolando la curiosità verso la società di una volta e quella attuale.

Un racconto che funge da canale di istruzione e de-costruzione del paradosso culturale, denunciando il bigottismo e ogni forma di violenza.

 

Federico Ferrara