Il Giorno dei Morti in Sicilia

Non vive ei forse anche sotterra, quando
Gli sarà muta l’armonia del giorno,
Se può destarla con soavi cure
Nella mente de’ suoi? Celeste è questa
Corrispondenza d’amorosi sensi.

Dei sepolcri, Ugo Foscolo

 

In Sicilia, il pellegrinaggio al cimitero del 2 novembre è sacrosanto. Nell’ottica di una sorta di religione della famiglia, risulta essere fondamentale affinché gli antenati ricevano i meritati ossequi.

Non è, però, una sola questione di dovere e di rispetto quella che ci spinge nei luoghi dell’eterno riposo: la celebrazione dei defunti è pregna di significato e sentimento e parte importante della nostra tradizione.

Si dice delle tombe che siano fatte per i vivi, quanto più per i morti: un mezzo fisico per perpetuarne la memoria, in una continuità di affetti che rende l’uomo immortale.

❝ Chi vive nel cuore di chi resta non muore ❞

Il ricordo di chi ci ha lasciati è purtroppo alquanto labile nelle menti dei bambini, e le visite al camposanto lugubri e angosciose anche per i più grandi.

Da secoli, quindi, noi siciliani siamo ricorsi ai più vari stratagemmi per permettere che il legame con il passato non svanisse.

Dolciumi, giocattoli e monete spianano la strada per il nostro cuore, rendendo gioioso quello che, dal nome stesso, tutto suggerisce tranne che felicità: il Giorno dei Morti.

 

Il Giorno dei Morti

… a Messina

Frutta martorana
Fonte: Valeria Vella ©, 2023

È usanza a Messina, nella notte che precede il 2 novembre, che i bambini sistemino un bicchiere ricolmo d’acqua accanto ai propri letti, affinché i morticini possano abbeverarsi e ristorarsi dopo tanto vagare.

Per la gentile premura, le anime beate non mancano mai di lasciare, al loro passaggio, sorprendenti doni con cui allietarne il risveglio.

Non sono soltanto i balocchi ad essere ambiti: gli zuccheri non devono mai mancare!

In questo, la nostra isola offre le leccornie più disparate.

Ossa dei Morti
Ossa dei Morti
Fonte: https://blog.giallozafferano.it/passioneperilcibo/wp-content/uploads/2015/10/ossa-dei-morti-V.jpg

Se la frutta martorana è il dolce per eccellenza di questa ricorrenza in tutta la Sicilia, i messinesi possono vantare nel loro repertorio una specialità tutta loro: le ossa dei morti.

Da non dimenticare, inoltre, le nzuddi!

La parte più divertente di ricevere questo ben di Dio?

Trovarlo.

… ad Agrigento

U cannistru
U cannistru, con dentro taralli, ciambelli allatti, nzuddi e frutta martorana 
Fonte: Valeria Vella ©, 2023

Anche qui, la caccia al tesoro è all’ordine del giorno.

Grandi e piccini, appena svegli, balzano fuori dai propri giacigli, carici di impazienza ed entusiasmo per ciò che li aspetta: la ricerca du cannistru.

U cannistru è un cesto di vimini, come tanti se ne vedono. Questo, però, ha una particolarità; non viene usato per portare panni o pagnotte, ma è stracolmo di cioccolato, caramelle e biscotti, accompagnati alla classica frutta martorana.

Ad Agrigento, sono i taralli e le ciambelli allatti a fare da principi.

Taralli del Giorno dei Morti Fonte: Valeria Vella ©, 2023

 

 

A vegliare sui pargoletti vi sono, infine, i ritratti, scatti dei defunti imbastiti fra i vari ninnoli, che consentono loro di prendere familiarità e riconoscere gli artefici di quei regali.

Scovato il bottino e fatta razzia di saccarosio, non resta alle madri che appropriarsi di quel canestro per il proprio piacere.

 

… a Palermo

❝ Armi santi, armi santi 
Io sugnu unu e vuatri siti tanti:
Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai 
Cosi di morti mittitiminni assai ❞

A Palermo si suole cantare questa filastrocca, un invito ai morti di essere generosi ad elargire omaggi.

Palermo, quindi, non fa eccezione e, come le altre città sicule, per il Giorno dei Morti si rimbocca le maniche e dà il suo meglio.

Una cosa è certa: i giocattolai possono restare tranquilli.

Anche nel capoluogo, si evince, giochi – e dolciumi – sono una costante. Come per la sorella Agrigento, è tradizione preparare u cannistru.

Qui, però, fa bella mostra di sé, solitamente posta al centro, la pupaccena o pupa i zuccaro, una statuetta di zucchero raffigurante dame, ballerine, pastorelle, contadini, cavalieri o eroi.

Per garantire che ai frugoletti non manchi la loro dose di frutta, ecco aggiunti fichi secchi, melograni, noci e castagne.

 

… a Catania

Se fino ad ora abbiamo visto i defunti nelle vesti di un Babbo Natale funereo, un Jack Skeletron che ce l’ha fatta, per la città etnea è un altro bel paio di maniche: quelle di Robin Hood.

È credenza, infatti, che i morti, nel loro giorno, derubino i pasticceri e i giocattolai più ricchi per donarne i profitti ai bambini.

Chiaramente, i regali non sono davvero frutto di un saccheggio, né tantomeno hanno come messaggero un viaggiatore dall’oltretomba. Bisogna sempre e solo ringraziare mamma e papà.

In passato, vi era un luogo dove i genitori solevano acquistarli: Piazza Vittorio Emanuele, da tutti chiamata a tal proposito a chiazza de motti.

Fra le bancarelle, esposti in attesa di deliziare i palati: ossa di morto, rame di Napoli e nzuddi.

Rame di Napoli
Rame di Napoli
Fonte: https://www.raciliashop.com/wp-content/uploads/2023/04/Rame-di-Napoli-catanesi.webp

Chissà che, invece, questa festa non l’abbiano inventata dentisti e dietologhi!

Valeria Vella

Fonti: https://www.palermoviva.it/la-festa-dei-morti/
https://www.mimmorapisarda.it/Morti.HTM#:~:text=La%20tradizione%20vuole%20che%20nella,e%20che%20li%20abbiano%20pregati.

Il Fu Mattia Pascal: l’ombra d’un morto

Mattia Pascal è un bibliotecario, infelicemente sposato e colpevole di un delitto: aver ucciso la sua identità. Soffocato da una vita matrimoniale che non aveva scelto, parte per tentare la fortuna a  Montecarlo. Vince una considerevole somma alla roulette e durante il viaggio di ritorno verso il paese natio, si imbatte in un giornale su cui viene riportata la cronaca di un suicidio avvenuto a Miragno e scopre con stupore di essere stato identificato nel cadavere ormai in stato di putrefazione e quasi irriconoscibile. Mattia Pascal è di fronte ad un bivio: tornare a casa per smentire la sua morte oppure cogliere l’occasione per evadere dalla vita infelice che conduceva a Miragno. Non fu difficile abbandonare la vecchia identità per costruire quella nuova di Adriano Meis. Stabilizzatosi a Roma, Meis non ha documenti, non è riconosciuto dalla legge né tutelato da essa, perciò non può denunciare un furto di cui è vittima nè sposare una ragazza di cui si innamora durante il corso della storia.

 

“Mi guardai attorno; poi gli occhi mi s’affissarono su l’ombra del mio corpo, e rimasi un tratto a contemplarla; infine alzai un piede rabbiosamente su di essa. Ma io no, non potevo calpestarla, l’ombra mia. Chi era più ombra di noi due? Io o lei?” 

Il busto di Luigi Pirandello
Fonte:shutterstock.it

Adriano Meis prova nei confronti della sua stessa ombra odio e amore poiché essa è il riflesso del proprio sé. Essa è la proiezione di un identità che non esiste, che non ha alcuna consistenza nella società.

“L’ombra d’un morto: ecco la mia vita…”

Il protagonista si rende conto ben presto che anche la nuova identità è una trappola. La soluzione più ovvia allora sembra quella di riprendersi la vecchia; inscena il suicidio di Adriano Meis e torna a Miragno. Rientrato al paese natio, Mattia trova una situazione ben diversa da quella che aveva lasciato: sua moglie ha sposato un amico di vecchia data, Pomino: inoltre, i due hanno pure avuto una figlia.

“Mia moglie è moglie di Pomino, e io non saprei proprio d’ire ch’io mi sia.”

Adriano Meis è solo un nome, non ha una storia, non è iscritto all’anagrafe, è poco più che un fantasma e tutto ciò lo esclude dalla vita sociale. Si rende conto che è impossibile reinventarsi una vita diversa da quella che ci è toccata in sorte e che una volta usciti dalla propria “forma”, è impossibile tornare al posto che si occupava prima in società.

Uno schizzo di Pirandello
Fonte:shutterstock.it

“La realtà che io ho per voi è nella forma che voi mi date” afferma Pirandello. La forma che hanno dato a Mattia Pascal i suoi compaesani è quella d’un morto. Lui ha scelto di uccidere la sua stessa identità e adesso si trova in un bivio ancor peggiore di quello iniziale: essere morti senza esserlo. Non gli resta che ritirarsi in una vita condannata al senso di estraneità dal mondo, la cui unica distrazione è la visita saltuaria alla propria tomba. Qualche curioso gli domanda:

“Ma voi insomma, si può sapere chi siete?”

“E caro mio… Io sono il Fu Mattia Pascal.”

 

Alessandra Cutrupia

Halloween in Sicilia

Abbiamo visto il Sole splendere incandescente in estate, poi le ore di luce e le ore d’oscurità equivalersi in autunno e adesso è venuto il momento in cui le tenebre sono sempre più preponderanti; e non è finita, continueranno ad accrescersi. È il momento in cui la natura dorme, che da sempre ha fatto pensare i nostri antenati non soltanto al ringraziamento per la stagione del raccolto, ma anche alla morte.

Questo periodo ha fatto nascere in àmbito cristiano le festività che sono Ognissanti e la Festa dei Morti, che nel contesto soprattutto celtico sono precedute da Halloween, cioè “Vigilia d’Ognissanti”. Da anni, a causa della popolarità di questa festa, infuriano polemiche d’ogni genere e travisamenti della peggior specie: i cristiani ritengono diabolica la ricorrenza, i tradizionalisti ne denunciano il contrasto con le nostre usanze, i mondani se ne fregano e preferiscono andare a ballare. Ma qual è la verità?

Luna e tenebre – Fonte: latinaquotidiano.it

Frutta e oltretomba

Innanzitutto, partiamo dalle origini. È vero che così per come appare Halloween sia celtica, ma fare questa affermazione sarebbe inappropriato. Nella nostra parte del mondo, a cominciare da Roma e sin in epoca imperiale, si festeggiavano le Pomonalia, cioè in onore della dea Pomona, per ringraziarla del raccolto, anche i frutti raccolti: questo fa pensare, per esempio, all’abbondanza di dolci di questo periodo, che nella forma di frutta martorana imita proprio i frutti e dunque par ricordare un’offerta che si faceva alla dea, ma anche ai defunti ovviamente. Le date delle Pomonalia non erano fisse e non sono accertate, tuttavia si ritiene generalmente che coprissero questo periodo.

Ma qui termina il lato luminoso della vicenda.

Nella maggior parte delle culture, l’incremento delle ore di tenebre sono associate a un’intensificazione dell’attività soprannaturale, che sia benefica, neutrale o nefasta, ma soprattutto i casi sono questi ultimi due. No, che gli spiriti girino nella notte del 31 Ottobre – per cui bisogni scacciarli con spaventosi mascheroni – non è affatto un’idea celtica: anche nella nostra Sicilia si crede all’attività spiritica, che però diviene incontrastabile piuttosto durante la Novena di Natale.

Va detto che le feste cristiane furono collocate in luogo dell’antico SamonioSamhain in gaelico – che si teneva in 31 Ottobre, e non il contrario, proprio per porre fine ai riti non cristiani che ancóra vi venivano celebrati in onore dei defunti. Halloween, in realtà, altro non è che l’antico Samhain che cambia nome, camuffandosi come Vigilia d’Ognissanti – dunque parzialmente un prodotto cristiano – ma riprendendo diversi caratteri dell’antica celebrazione, talvolta in forma parodistica tanto da essere disprezzati anche da coloro che oggi professano qual propria religione il Druidismo.

La celebre frutta martorana – Fonte: radiortm.it

Ma noi siamo peggio…

Come si è visto, dunque, i punti di partenza sono i medesimi. Ma allora perché ogni hanno tanto litigio, tanta amarezza? Si sente dire continuamente che la nostra Festa dei Morti (2 Novembre con vigilia l’1) “è carina” mentre invece quella proveniente dai famigerati paesi anglosassoni “è lugubre”. È davvero così?

Checché ne dicano coloro che vogliono fare della nostra una festa per bambini – i quali per altro sembrano non desiderarla affatto il più delle volte (s’indaghi perché) – essa non è affatto tale. Lo volete sapere che cosa si crede generalmente in Sicilia riguardo ai Morti, in quella notte? O meglio, si credeva, visto che probabilmente abbiamo dimenticato.

Si credeva che i Morti nella notte tra l’1 e il 2 Novembre (anziché tra 31 e 1!) uscissero dalle tombe componendo lunghi cortei e invadessero le città attraverso complicati e misteriosi cerimoniali che comprendevano il loro vestiario, le formule pronunciate, i comportamenti tenuti e persino il percorso seguìto. Questo lo si racconta in più o meno tutte le parti della Sicilia, e in alcune di esse queste figure sono davvero spaventose e financo pericolose (a Milazzo, per non andare lontano), tanto che non è quasi mai contemplata nemmeno l’idea di poter fare incontri ravvicinati. Tutte queste informazioni le ha tramandate l’insigne etnologo Giuseppe Pitrè, nel volume sulle feste della sua Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane.

Per non parlare poi di quali sono i dolci che ci mangiamo… le ossa di morto in primis, che nel nome e nella forma richiamano a qualcosa di piuttosto evidente, e le almuzze che raffigurano anime del Purgatorio con le braccia incrociate in penitenza. Noi non ce ne accorgiamo, ma dovremmo fare caso al fatto che nelle dolcerie adibite ad Halloween in Britannia o in Irlanda non esistono simili lugubri dolci, ma li facciamo soltanto noi; sicuramente, se dovessimo fare a gara, li batteremmo per chi fa i migliori dolcetti di Halloween a tema!

Casca tutta l’impalcatura a questo punto, non è vero che si tratta d’una festa mite e infantile. Il ritenerla tale è semplicemente il risultato dell’averne dismesse le usanze più antiche, relegandola a un gioco d’infanti: quando un oggetto si rompe o è vecchio lo si dà a loro per giocarci, passa da oggetto d’uso a giocattolo improprio destinato a distruzione definitiva.

Poi, certo, c’è tanto altro. C’è che questi Morti sono in fondo i nostri antenati, per quanto inquietante il loro monito possa essere, e che lasciano doni quando visitano le case lungo il loro tragitto, anche se non vogliono farsi incontrare.

Classico travestimento da fantasma – Fonte: wearegaylyplanet.com

Una nuova festa?

Il problema però resta, i tradizionalisti non hanno tutti i torti: perché festeggiare qualcos’altro se abbiamo la nostra, di tradizione? Ebbene, per preservare una tradizione innanzitutto bisogna conoscerla, e la maggioranza delle persone non la conosce o ne ha una versione edulcorata. Bisogna osservare che cosa piace, dunque, e capire che cos’è nella nostra tradizione che appare bene in linea con tal gusto (tutto, invero!).

Se oggi, soprattutto la gioventù, in Halloween brama la possibilità di confrontarsi con la dimensione della morte ed esorcizzarla, perché insistere per forza sull’aldilà placido e beato che in fondo noi stessi sappiamo essere una semplificazione? Abbiamo creduto per secoli le stesse cose alle quali si fa accenno nella “tradizione halloweenesca”, perciò recuperiamo la nostra, piuttosto, e non potremo certamente più lamentarci della distruzione dei nostri costumi.

Sicuramente sarebbe bello inscenare – con rispetto, senza fare gli sguaiati – le processioni dei Morti secondo l’antica tradizione, in queste sere, o vedere appositi mercatini ove le pasticcerie possano vendere i dolci tradizionali da esse prodotti, e dunque dare nuovo incentivo al recupero delle usanze culinarie.

Tante cose sarebbero belle, come in molti campi, ma se prima non cambiamo mentalità e atteggiamento, tanto vale rassegnarci a farci seppellire dalla mercificazione consumistica delle festività che tanto critichiamo (Natale compreso).

Ai posteri l’arduo giudizio!

Daniele Ferrara

 

Immagine in evidenza

Fonte: blogsicilia.it

 

Alla scoperta della Festa dei morti: tradizioni messinesi

Oggi analizziamo insieme le tradizioni legate alla “Festa dei morti” e il motivo per cui è ancora una delle feste più sentite in molte parti del mondo, tra cui la Sicilia e in particolare Messina.

Sebbene in molti pensino che le origini di questa celebrazione siano religiose, legate al cristianesimo, in realtà la sua origine è da ricercarsi nell’antica cultura celtica. Il 31 ottobre nella tradizione celtica era infatti il Samhain, che segnava la fine dell’anno e in cui la notte era più lunga del giorno. Si pensava che gli spiriti passassero da un mondo all’altro e quindi ci potesse essere un reale incontro con i defunti. Questa tradizione viene poi mantenuta dal cattolicesimo e trasformata in una festa religiosa, celebrata nella data attuale (2 novembre).

Croce celtica – Fonte: wikipedia

Ma come viviamo nella nostra isola questa festività?

La Sicilia è uno dei luoghi in cui questa tradizione ancora oggi viene particolarmente sentita e celebrata.

Le famiglie si preparano per festeggiare i propri defunti. I bambini attendono con gioia l’arrivo dei “morticini”, i regali nascosti in casa per loro dai loro cari che ormai non ci sono più.

Un ricordo di infanzia del celebre scrittore siciliano Andrea Camilleri descrive alla perfezione il significato di questa festività:

«Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio. Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto […] Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo».

Da queste parole capiamo come concetti indissolubilmente legati a questa ricorrenza quali il lutto e la tristezza che da esso deriva, si trasformino in gioia del bambino nell’approcciarsi a questa tradizione.

Andrea Camilleri

Anche Messina è ricca di tradizioni legate a questa festa: i bambini preparano per il defunto un bicchiere d’acqua su un tavolo. L’indomani, dopo aver ritrovato il bicchiere vuoto, con ansia e gioia cercano il regalo lasciato per loro sotto il letto o nell’armadio, entrambi segno del “passaggio” dei defunti. Io stessa ricordo come la ricerca del dono fosse la parte più bella dell’intera giornata. Anticamente era inoltre usanza andare a mangiare e bere accanto alla tomba del defunto.

Più comunemente, oggi ogni famiglia va a fare visita ai propri cari defunti al cimitero monumentale della città, tra i più rinomati e artisticamente complessi d’Italia e d’Europa.

Cimitero monumentale della città di Messina

Nell’ambito delle tradizioni, i dolci sono sempre stati importanti e ricchi di significato, sia per gli adulti che per i bambini. A testimonianza di ciò, passiamo in rassegna i principali dolciumi tipici siciliani e messinesi.

Innanzitutto troviamo la famosa frutta marturana, o frutta di Martorana, dolce simile al marzapane all’interno, preparato con farina di mandorle e miele, dal gusto molto zuccherato. Secondo un’antica tradizione questi dolci furono per la prima volta realizzati dalle monache del monastero della Martorana, a Palermo, per abbellire la sala per la venuta del Papa sostituendo la frutta del giardino con questa frutta fatta di farina e miele.

Frutta marturana – Fonte: sicilianfan.it

Un altro dolce tipico sono le Ossa di morto, dalla base scura e il guscio chiaro, fatti di farina, zucchero e spezie tra cui la cannella e i chiodi di garofano. Il loro nome deriva appunto dalla festa stessa o probabilmente dalla loro consistenza dura, dunque simile a quella delle ossa. Un’ultima ipotesi più macabra fa risalire il nome a una pratica medievale che prevedeva l’utilizzo di polvere di cranio per insaporire cibi e filtri amorosi. Sono conosciuti a Palermo come “Mustazzoli”, a Messina prendono il nome di “Morticini” o “Scardellini”.

Non fatevi intimorire dal nome: la bontà è testimoniata dal fatto che è praticamente impossibile trovare una casa messinese in questo periodo che non ne abbia almeno un sacchetto.

Morticini – Fonte: panificiocacciola.it

Come abbiamo avuto modo di vedere, a volte le tradizioni non rappresentano soltanto semplici usanze ripetitive, ma momenti ricchi di significato e di gioia e la “Festa dei morti” ne è proprio un esempio, rivelandosi momento di condivisione, di attesa e di incontro in cui, anche se per un solo istante, la morte fa meno paura e dolcemente si avvicina alla vita.

Cristina Lucà