Che fine ha fatto il Ponte sullo Stretto?

Da tanti anni si discute di una possibile costruzione di un ponte sullo Stretto di Messina. Esso non è stato edificato, non tanto per la non volontà di farlo, quanto per le molte problematiche legate alla sua realizzazione.

Queste problematiche si sono moltiplicate e diversificate nel corso della storia.

Le prime idee di un ponte sullo Stretto

 Gli antichi romani furono i primi a pensare ad un ponte sullo Stretto. Ma l’idea era più quella di un ponte di barche, perché all’epoca non c’erano i mezzi per costruire il ponte. Questo però avrebbe impedito il transito di altre barche sullo Stretto. A ciò si aggiungevano l’irregolarità dei fondali marini e la presenza di venti in una zona sismica. Costruire il ponte era quindi impossibile.

Ponte di barche sullo stretto di Messina – Fonte: Strettoweb.com

Successivamente, anche il Re delle due Sicilie Ferdinando II di Borbone, attorno al 1840, pensò alla realizzazione di un ponte, ma a causa degli alti costi rinunciò al progetto.

Dall’Unità d’Italia fino alla Seconda Guerra Mondiale

Nel 1870 era nata l’idea di un possibile allacciamento sottomarino, della lunghezza di ventidue chilometri, proposto dall’ingegnere Carlo Alberto Navone. Il progetto prevedeva di entrare in galleria a Contesse, scendere a centocinquanta metri, sottopassare Messina e Ganzirri, giungere a Punta Pezzo e risalire a Torre Cavallo.

Mappa dell’allacciamento sottomarino – Fonte: Siciliaintreno.org

Nel periodo precedente i due conflitti mondiali ci fu un evento catastrofico che sconvolse le due città di Messina e Reggio Calabria: il terremoto del 1908. Questo causò enormi danni; nonostante ciò nel dopoguerra il discorso del ponte non era ancora chiuso.

I danni causati dal terremoto del 1908 – Fonte: Focus.it

Il progetto nel Dopoguerra

Nessuna delle proposte fatte durante le due guerre mondiali fu realmente presa in considerazione. Nel 1952 il progetto del ponte fu rilanciato dall’ACAI, l’Associazione dei Costruttori Italiani in Acciaio, che incaricò l’ingegnere David Steinman di redigere un progetto. L’ipotetico ponte avrebbe dovuto scavalcare lo Stretto in tre balzi con due piloni, alti duecentoventi metri sopra il livello dell’acqua e per centoventi metri sotto il mare, con ascensori di controllo dal basso verso l’alto. La costruzione richiedeva il lavoro di dodicimila operai e una spesa intorno ai cento miliardi di lire. Furono allora avviati studi geofisici e ambientali con lo scopo di realizzare un collegamento stabile tra la Sicilia e il continente.

L’ingegnere David Steinman – Fonte: Lindahall.org

Il nuovo millennio. La fase berlusconiana e il coinvolgimento della mafia.

Nel 2001, i due principali candidati alla guida del governo, Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, annunciarono il loro sostegno a una possibile costruzione del ponte. Nell’Ottobre del 2005, l’associazione temporanea di impresa Eurolink S.c.p.a vinse la gara d’appalto per la costruzione del ponte. Ma il 4 Novembre dello stesso anno, la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) informò il Parlamento italiano del tentativo di Cosa Nostra di interferire sulla realizzazione del ponte. Fu avviata l’inchiesta.

Nel 2007 il secondo governo Prodi avrebbe voluto ritirare l’appalto, ma il Ministro dei trasporti Alessandro Bianchi e il Ministro delle infrastrutture Antonio di Pietro, assieme al centrodestra, si opposero e accorparono la Società “Stretto di Messina” all’Anas. Il motivo risiedeva nella volontà di evitare il pagamento delle penali per la mancata esecuzione dei lavori.

Nel 2008 il quarto governo Berlusconi volle riprendere il progetto. I lavori avrebbero avuto inizio nel 2010, per terminare nel 2016; ma nel 2011 l’Unione Europea non ha incluso il ponte tra le opere destinate ad avere finanziamenti economici.

Nel 2012 è stata completata a Villa San Giovanni la prima opera propedeutica al ponte, che consiste nella variante della linea ferroviaria Cannitello-Villa San Giovanni.

Nel 2013 la Società “Stretto di Messina” è stata liquidata.

Gli sviluppi più recenti hanno condotto -l’anno scorso- alla nascita dell’intergruppo parlamentarePonte sullo Stretto. Rilancio e sviluppo italiano che parte dal Sud“, composto principalmente dalle forze politiche Italia Viva, Forza Italia e Lega.

Un’ipotetica immagine del Ponte sullo Stretto – Fonte: ilsole24ore.com

Farlo o non farlo?

Rimane dunque sempre in discussione il discorso legato alla realizzazione o meno  del ponte.

Tanti affermano che esso sia un progetto futuristico, che si realizzerà. Tanti altri sono scettici sulla sua costruzione. Molti affermano che il Ponte sullo Stretto sia inutile, dato il viavai di navi da Reggio Calabria a Messina.

Il ponte, per ora, resta un mistero.

La domanda che ci siamo posti circa due anni fa è ancora attuale: perché abbiamo paura del Ponte sullo Stretto?

 

Roberto Fortugno

 

Immagine in evidenza

Fonte: ilsole24ore.com

 

 

…la città di Messina subì un assedio nel settembre 1848?

Il mese di settembre è quel periodo dell’anno di transizione tra i fasti e la libertà della stagione estiva e la routinaria stagione autunnale/invernale. Non c’è metafora più appropriata per ripescare dal “grande libro della Storia” un evento che ha animato sogni e speranze dei nostri antenati messinesi: la rivoluzione del 1848, scoppiata nella città di Messina e nelle altre città dell’Isola dall’ardente desiderio da parte dei siciliani di conquistare l’indipendenza.

I sogni dei rivoluzionari iniziarono a spegnersi nel settembre 1848, a partire dalla riconquista della città dello Stretto da parte dell’esercito borbonico. Prima di addentrarci in questa leggendaria storia messinese è doveroso contestualizzare e narrare gli antefatti che condussero alle vicende del settembre di 172 anni fa.

Antefatto: il contesto storico e l’inizio della rivolta

Il nostro viaggio inizia nel 1847. La Sicilia faceva parte del Regno delle Due Sicilie, retto dalla dinastia reale dei Borboni.

Il malcontento nei confronti del sovrano Ferdinando II sfociò in alcuni tentativi di rivolta, prontamente soffocati, come quello del primo settembre a Messina. Si è dovuto aspettare il 12 gennaio 1848, giorno del compleanno del Re, per lo scoppio della storica insurrezione di Palermo, che avviò la rivoluzione siciliana, il primo dei moti rivoluzionari della cosiddetta primavera dei popoli europea.

Immagine raffigurante la rivolta di Palermo del 12 gennaio 1848 – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Pian piano tutte le città della Sicilia insorsero contro il dominio borbonico. A Messina, dopo l’insurrezione del 29 gennaio 1848, l’esercito napoletano fu costretto a rintanarsi nella cittadella fortificata, che non fu mai espugnata.

Una rivoluzione politica

La rivoluzione – per una ristretta élite – si fondava su aspirazioni politiche, quali la libertà e l’indipendenza della Sicilia dai Borboni, inquadrata in una federazione italiana di stati indipendenti. Per la maggior parte dei cittadini, però, si trattava di una rivolta di carattere sociale, volta ad ottenere migliori condizioni economiche.

L’élite liberale rivoluzionaria cercò di indirizzare la protesta sociale sui binari della rivoluzione politica: prima rifiutò la Costituzione promulgata dal Re e promessa dopo l’insurrezione di Napoli, poi, attraverso il Parlamento costituente dichiarò, il 13 aprile 1848, l’indipendenza della Sicilia e la decadenza del Re. I lavori del Parlamento portarono alla redazione dello Statuto Siciliano. Per dare attuazione alla nuova Costituzione fu offerta la corona della Sicilia a Ferdinando, Duca di Genova, figlio di Carlo Alberto di Savoia, che però rifiutò, vanificando, dunque, il lavoro dei costituenti.

Immagine che metaforicamente raffigura la cacciata dei Borboni dalla Sicilia – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Questo rifiuto, unito all’impegno dei Savoia nella guerra contro l’Austria fu uno dei principali motivi che intaccarono la solidità della rivoluzione.

Il primo attacco borbonico

A causa di questa situazione instabile, il 3 settembre 1848 iniziò la controffensiva dei Borboni, pronti a tutto pur di riconquistare la Sicilia. L’esercito napoletano, guidato dal tenente generale Carlo Filangeri, sbarcò a Messina e, coadiuvato da un fitto bombardamento, iniziò una sanguinosa battaglia, in cui furono coinvolti molti civili. L’esercito borbonico, più numeroso e organizzato, fu però respinto e costretto alla ritirata.

All’alba del giorno successivo il mare burrascoso impedì un nuovo sbarco delle truppe regie. Le giornate del 4 e del 5 settembre furono segnate dal violentissimo duello delle due artiglierie. Il cannoneggiamento della città fu una costante degli scontri e fu talmente intenso che valse al Re Ferdinando il celebre appellativo di Re Bomba.

Re Ferdinando II delle Due Sicilie, soprannominato il Re Bomba – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Nel frattempo, già dell’inizio della battaglia, i messinesi chiesero i rinforzi al Parlamento di Palermo. Furono inviati alcuni contingenti che però si sarebbero presto rivelati inadeguati.

Il secondo attacco

All’alba del 6, tornato il mare calmo, l’esercito borbonico sbarcò nel villaggio di Contesse, che capitolò dopo una estrema resistenza e una disperata lotta casa per casa. La difesa siciliana tentò di bloccare gli avversari sulla sinistra della fiumara di Bordonaro, attuando una disperata controffensiva, dagli esiti fallimentari. Le truppe regie conquistarono il villaggio di Gazzi in un’ora.

La giornata del 6 mostrò la disorganizzazione dei rivoluzionari, ancora in piedi grazie al supporto dei cittadini, pronti a battersi fino all’estremo. Il coraggio e l’ardore del popolo riaccese un lume di speranza quando, nella notte fallì miseramente l’attacco borbonico. Le truppe regie furono costrette a ritirarsi nella cittadella. I messinesi, però, non sfruttarono l’opportunità di dare il colpo fatale al nemico in fuga e con il morale a pezzi.

La città di Messina e la real cittadella (in basso al centro)  – Fonte: wikipedia.org

Lo scontro finale

Nonostante la sconfitta della notte, il comandante Filangeri credeva fermamente di avere la vittoria in pugno. Il 7 mattina partì l’offensiva decisiva.

Presto le truppe borboniche si trovarono di fronte a Porta Zaera e verso le tredici iniziavano l’ultima definitiva operazione contro l’estremo baluardo messinese costituito dal convento della Maddalena, che capitolò segnando la sconfitta dei messinesi.

Le truppe regie, nonostante la vittoria, non osarono subito occupare il centro della città, ritenuto pericoloso; per questo motivo il bombardamento durò altre sette ore.

Per concludere

La capitolazione della città dello Stretto segnò l’inizio della controffensiva dei Borboni, che riconquistarono Palermo il 14 aprile 1849, ponendo così fine alla rivoluzione siciliana.

Tra le numerose conseguenze, una che ci coinvolse più da vicino fu la nuova soppressione dell’Università di Messina, riaperta solo dieci anni prima dopo il lungo periodo di chiusura, conseguenza della rivolta antispagnola.

Una lapide commemorativa della rivolta di Messina del 1847-48 – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Immagine in evidenza:

Raffigurazione della rivolta di Messina – Fonte: wikipedia.org

 

Bibliografia:

Finley M.I., Mack Smith D., Duggan C., Breve storia della Sicilia, Editori Laterza

http://www.arsbellica.it/pagine/battaglie_in_sintesi/Assedio%20di%20Messina.html

http://www.archiviostoricoeoliano.it/wiki/la-rivoluzione-del-1848

 

Per approfondire:

Ganci M., L’Italia antimoderata, Arnaldo Lombardi Editore

Pieri P., Storia militare del Risorgimento, Einaudi

http://www.ilportaledelsud.org/

http://www.messinacity.com/