Se questa è comunicazione… è una comunicazione del caos

È una continua lotta a chi la spara più grossa. L’eterna ricerca dell’opinione più risonante, più provocante. Tanta scena, poca sostanza. Tanti insulti, poca informazione. Tante parole scritte, dette, pubblicate, ma poca democrazia.

È sempre più raro trovare opinioni di matrice costruttiva. È sempre più, se ci fate caso, una gara a distruggere. Distruggere gli altri con un flusso di odio continuo e depredare la buona comunicazione dalle sue regole portanti.

In questo articolo, da addetta ai lavori, darò sfogo alla rabbia scaturita dalle tante storpiature ed orrori che ho avuto modo di analizzare in questi mesi complicati.

Il mondo della comunicazione sta vacillando perché ognuno sente di poter dire ciò che vuole, quando e come vuole.

Dalle persone più comuni, passando per i professionisti, le imprese, la scienza, per arrivare ai politici e alle istituzioni; non sono stati pochi gli strafalcioni che, voluti o meno, hanno minato gli equilibri e il diritto all’informazione.

Una riflessione questa scaturitami dall’addio all’Ordine dei Giornalisti da parte di Vittorio Feltri, il celebre quanto irritante direttore editoriale di Libero che – con il suo tono sempre poco accomodante (per usare un eufemismo) – ha motivato questa mossa dicendo che così potrà dire quello che vuole da libero cittadino.

Cari amici lettori, dire tutto ciò che si vuole non equivale a libertà di espressione. E, soprattutto, non porta da nessuna parte.

La comunicazione è “mettere in comune”. Non è irrompere nella sfera pubblica e privata parlando a vanvera, senza rispetto per l’altro. Per carità, che lo si faccia pure ma c’è una cosa da sapere… tutto ritornerà sempre in faccia come un boomerang.

È un po’ come cogliere alle spalle qualcuno e urlargli nelle orecchie. Non sentirà quello che avrete da dire e magari vi troverete una bella cinquina stampata in faccia.

Ci stiamo stancando di queste grida continue. Di questi “dibattiti” unilaterali che non hanno altro ruolo se non aumentare il caos informativo.

Siamo saturi di sentire Salvini fare propaganda in qualsiasi momento (Ah no?!), Sgarbi non perdere occasione per insultare e dare risalto al suo personaggio (guai a chi mi ripete ancora che è un uomo di “cultura”), Trump dire di fare iniezioni di disinfettante contro il Coronavirus, come se non avesse chi lo informa del fatto che è un’assurdità.

Passo senza troppi scrupoli dall’internazionale al locale e annovero anche il nostro sindaco Cateno De Luca tra gli esempi negativi del fare comunicazione: in questi mesi abbiamo assistito alle sue fittizie conferenze stampa che, in realtà, erano più soliloqui dagli echi autoritari, con eterna aria di sfida alle istituzioni. E tutto questo solo per arrivare dalla Barbarella di casa Mediaset e spopolare sui social su scala nazionale. L’ultima azione, di gravità inaudita, è stata, poi, quella di far diventare l’Ufficio Stampa del Comune – mezzo che dovrebbe essere totalmente neutrale – uno strumento di diffusione di informazioni scopi puramente personalistici a difesa della giunta che lo sostiene.

Ma anche gli insospettabili scienziati – che sembrerebbero disinteressati alla ribalta mediatica – ci hanno infarcito di ricerche, opinioni, supposizioni che ora erano la rivelazione e subito dopo venivano smentite da qualche altro membro di quella che dovrebbe essere “la comunità scientifica”. L’arena scientifica ha preso le sembianze dell’arena politica. Risultato? Forse meglio credere ai messaggini via whatsapp che dicono quello che gli altri ci nascondono.

Anche la comunicazione aziendale non se la passa bene e lo strafalcione della settimana passata se lo aggiudica Easy Jet con lo slogan paradossale, che recitava più o meno così: “scegliete la Calabria visto che non ci va nessuno a causa dei terremoti e della mafia”.  

Sono solo alcuni esempi degli ultimi tempi e i più rilevanti per la gastrite che hanno provocato alla sottoscritta. Siamo sommersi da opinioni non richieste dove personaggi pubblici e privati ricorrono ad indossare la maschera più ridicola e sfacciata per attirare l’attenzione ed emergere. Mi sembra di vivere continuamente nell’imbarazzo che provocano le opere pirandelliane. La differenza è che qui non si procede per paragoni estremi e stereotipie. È la realtà.

Comunicare ha delle regole che partono dall’ascolto e dalla riflessione. Comunicare non è solo avere un faro puntato addosso, bisogna avere anche qualcosa da dire che non sia solo “io io io”. La comunicazione è strategia, pianificazione. È costruzione. Di rapporti umani e fiducia.

A chi mi dice “ti dico tutto quello che voglio”, lo sapete come rispondo? Ma chi te lo ha chiesto!

La libertà di espressione è tale solo per i limiti che contempla. Il continuo scavalcarli sta portando come unico risultato il tracollo di tutti questi soggetti: sta cedendo loro il terreno sotto i piedi, insieme a tutti castelli in aria che si erano costruiti, i consensi estorti e la credibilità che non hanno mai avuto.

Martina Galletta

Verba manent – Le parole di Vittorio Feltri

La prima volta che si è sentito parlare di “questione meridionale” è stato nel 1876, appena quindici anni dopo la conclusione del lungo, ed a tratti controverso, processo di unificazione del Regno d’Italia. Le classi dirigenti che da allora si sono susseguite nel tempo non sono mai riuscite veramente a risolvere questo problema; qualcuno addirittura dice che nessuno abbia mai veramente voluto farlo. Sta di fatto che ancora oggi osserviamo inermi centinaia di giovani e meno giovani emigrare ogni anno verso nord o verso l’estero, rimanendo così sprovvisti della spina dorsale del domani.

Roma, anno del signore 2020. Negli studi di La 7 si consuma un dibattito nel programma di Massimo GilettiNon è l’arena“. Qualche giorno prima uno dei padri del giornalismo italiano, Vittorio Feltri, ospite di un discutibile programma del palinsesto di Rete 4, si era lasciato andare ad alcune affermazioni riguardo i “meridionali”; come li chiama lui. Così la sera del 26 aprile, un paio d’ore dopo la conferenza stampa di Conte sulla “Fase 2”, Giletti manda in onda una intervista esclusiva, dando a Feltri la possibilità di replicare a ciò che aveva detto a “Fuori dal coro” su Rete 4 poche sere prima.  

Tutti noi conosciamo Feltri, e sappiamo bene che cosa è capace di dire. Tuttavia, da giornalista, ritengo che chi ha il privilegio di fare questo mestiere ai livelli più alti debba sempre cercare di avvicinarsi a quello che è l’epiteto usato da T.S. Elliot per Ezra Pound (ancor prima da Dante per Arnaut Daniel): “il miglior fabbro”; sempre attento alla scelta dei vocaboli, perché ogni parola deve essere sempre funzionale. In questo contributo video, tutti i telespettatori si aspettavano di sentire delle scuse, invece si sono dovuti sorbire una arringa difensiva spudorata del giornalista bergamasco. Davvero una figura barbina. Al rientro in studio, Alessandro Sallusti afferma che Feltri ha ben spiegato che è stato male interpretato, mentre Annalisa Chirico difende la libertà di opinione del direttore editoriale di Libero dicendo che i meridionali tendono a diventare «moralmente inferiori» (qualcuno mi spiega chi è Annalisa Chirico ?!?). Luca Telese, presente in studio, salta sulla sedia: «inferiore lo dicono i nazisti, ricacciati in bocca quella parola».

Le parole sono importanti.

Intervistato dal giornalista Carlo Marsilli, Vittorio Feltri commenta le sue stese dichiarazioni.

Feltri su Rete 4: «Io credo che nessuno di noi abbia voglia di trasferirsi in Campania. Non ce l’ho con la Campania, ma perché dovremmo trasferirci in Campania? A fare che cosa? I parcheggiatori abusivi?».

Commento: «Io per quale motivo dovrei andare in Campania? A fare che cosa? Il mio lavoro è qua, non posso andare a Napoli per non trovare un lavoro e magari fare il posteggiatore abusivo. Perché non ci sono i posteggiatori abusivi a Napoli? Me li sono inventati io? […] Limitiamoci alle mie parole e non ad interpretazioni vaghe e fantasiose».

Ma se non sei interessato a trasferirti in Campania perché ne parli? Qual è il senso della tua iperbole, cosa cerchi di dire? Sicuramente ci saranno i parcheggiatori abusivi a Napoli, e con questo? Una fotografia del capoluogo campano direi lombrosiana, grottesca, secondo cui magari un bambino che nasce a Napoli è costretto ad emigrare perché poi quando da grande tiene famiglia o fa il camorrista o fa il parcheggiatore abusivo. Una sorta di città piena di disoccupati motorizzati e di primati infraumani che sbracciano come un vigile urbano per far parcheggiare le macchine di questi inetti, tutti con grandi mandibole, denti soprannumerari, zigomi sporgenti, prominenti arcate sopraccigliari, naso schiacciato e mandibola in avanti. Il tutto condito con i tatuaggi ed una accentuata pigrizia.

Feltri su Rete 4: «Molta gente è nutrita di invidia e di rabbia nei nostri confronti perché subisce una sorta di complesso d’inferiorità. Io non credo ai complessi d’inferiorità, io credo che i meridionali in molti casi siano inferiori».

Commento: «È un tasto molto sensibile, quindi qualcuno ha pensato che io abbia fatto dei test di intelligenza ai meridionali, una cosa ridicola. Tra l’altro non li fa nessuno, tanto meno io. Mi riferivo esclusivamente alla portata economica del Sud che è chiaramente inferiore a quella del Nord; non mi sembra una novità».

A parte che i test psicometrici si fanno eccome e sono fondamentali per fare molte diagnosi neuropsichiatriche; da dove si dovrebbe evincere che si sta parlando di economia e non di razzismo? Bene, ecco Feltri lo statista, un secolo e mezzo di questione meridionale irrisolta ed arriva lui e fuga ogni dubbio sulla causa: i meridionali sono inferiori.

Feltri su Libero: «Attenzione, manutengoli ingordi, a non tirare troppo la corda poiché correte il pericolo di rompere il giochino che fino ad ora vi ha consentito di ciucciare tanti quattrini dalle nostre tasche di instancabili lavoratori. Noi senza di voi campiamo alla grande, voi senza di noi andate a ramengo. Datevi una regolata o farete una brutta fine, per altro meritata».

Commento: «Ma lei deve tenere conto che questa è una risposta alle polemiche di quelli del Sud che dicevano che quelli del Nord non possono andare a sud perché sono degli untori che portano la malattia; io naturalmente ho reagito in questa maniera che non è sicuramente offensiva, […] siccome le strutture sanitarie al sud sono naturalmente inferiori rispetto a quelle del nord, se per caso il coronavirus (cosa che non auguro a loro) dovesse contagiare anche quelle regioni sarebbe un disastro. Troverebbe vita facile per fare delle stragi».

Ancora con questo inferiori? Ma esattamente…quali quattrini vi avremmo ciucciato dalle tasche? Faremo una brutta fine come, dove, quando e perché? E che vuol dire meritata? Ce la meritiamo perché vi abbiamo detto che non è il caso che voi attraversiate l’Italia aumentando il rischio di contagio? Abbiamo urtato la vostra sensibilità? E poi, vuoi smentire le nostre “ingiurie” sulla possibilità che i tuoi concittadini diventino un pericolo per i residenti del Mezzogiorno, dicendo che abbiamo un sistema sanitario inferiore al tuo ed incapace di affrontare l’emergenza sanitaria? Il delirium non si ferma qui.

Carlo Marsilli: «In tutto questo alcune edicole al Sud hanno deciso di non vendere il suo quotidiano…»
Feltri: «Ma i giornali del Nord al Sud già vendono poco, così come vendono poco anche quelli del Sud. Sappiamo che la lettura non è la principale attività del Meridione».

Ah ora sì. L’asso di mazze depositato con veemenza sul tavolo da gioco; la carta dei terroni analfabeti. Messina è la tredicesima città italiana per popolazione e conta 2156 analfabeti (Istat 2011); Bergamo, città natale di Feltri, è solo la trentacinquesima città italiana per popolazione ma conta 4850 analfabeti. Ma di cosa stiamo parlando?

Smettetela di parlare di Nord e Sud, visti anche eventuali problemi di classificazione: per esempio Perugia a quale zona dovrebbe appartenere? Oppure: i romani, sono terroni? 
Se dovete sottolineare in una analisi le lacune del nostro paese, parlate piuttosto di questione meridionale, di malagestione, malasanità e associazione a delinquere di stampo mafioso; smettetela di confinare le ipotesi di reato alla mera dimensione regionale. Dopotutto le mafie fanno affari con “il Nord”. Smettetela di parlare di popoli del Sud e popoli del Nord, di parlare di meridionali e settentrionali. Esistono solo gli italiani.

Alessio Gugliotta