Gaetano Salvemini: L’attività antifascista e il periodo di convivenza a Messina

Il 25 luglio 1943 Benito Mussolini, che era allora a capo del Governo, fu destituito dal Gran Consiglio del Fascismo e arrestato. La liberazione completa dal regime fascista avvenne con il ritorno alla Democrazia il 2 Giugno 1946, con la proclamazione della Repubblica. Il 25 Aprile, viene ricordato come la liberazione dal regime fascista e riconosciuto come festa nazionale.

Ma il Fascismo è davvero scomparso? Tanti sono i dubbi a tal proposito.

Esso, al contrario di ciò che alcuni potrebbero pensare, non è stato opera di un uomo solo. Mussolini stesso affermò di non avere creato tale ideologia ma di averla estratta dall’inconscio degli italiani. Affermazione tanto tremenda quanto veritiera. Ancora oggi sono numerose le manifestazioni fasciste presenti in molte città, organizzate da Movimenti che si ispirano fortemente al pensiero mussoliniano, che non negano il loro legame con tale ideologia politica, non esitano a fare adunate esibendo il saluto romano e i vari simboli dell’ideologia fascista.

Una manifestazione del movimento CasaPound a Bolzano del 2011. Il movimento è nato del 2003. Fonte: Store Norske Leksikon.

Quindi, il Fascismo non è scomparso. Diventa molto importante avere delle figure chiave, che sappiano guidare gli italiani a saper riconoscere la propaganda e i segnali fascisti. Per fortuna questi personaggi non mancano: dal filosofo del’900 Benedetto Croce al più recente giornalista Roberto Saviano ma, l’intellettuale per eccellenza, colui che per primo è stato in grado di contrastare quest’ideologia, è considerato ancora oggi Gaetano Salvemini.

Vita di un ribelle

Gaetano Salvemini nacque a Molfetta, in provincia di Bari nel 1873, si laureò in Lettere a Firenze nel 1895 e inizialmente insegnò latino a Palermo in una scuola media.  In quegli anni aderì al P.S.I. mostrandosi favorevole al federalismo poiché lo vedeva come unica via per risolvere i problemi del Mezzogiorno. Paventava l’idea di un Socialismo democratico, un pensiero rivoluzionario all’epoca. Durante il periodo bellico, lavorò all’Unità, dove negli anni della I G.M., assunse posizioni interventiste tanto che fu eletto deputato nel 1919 in una lista combattente. Successivamente, cambiò idea e cominciò a pensare in ottica antifascista, in particolare dopo la marcia su Roma e l’avvento del Fascismo, schierandosi apertamente contro Mussolini. Nel 1925 fondò insieme ai i due Fratelli Rosselli e Nello Traquandi un giornale antifascista clandestino, il Non Mollare, sfidando il regime stesso (la stampa era posta sotto censura, e solo i giornali fascisti potevano essere pubblicati). Dal 1933 insegnò Storia della civiltà italiana all’università di Harvard, dove gli fu concessa la cittadinanza statunitense. Dal 1943 pubblicò Le lezioni di Harvard sulle Origini del Fascismo in Italia, uno dei suoi lavori migliori. Rientrato in Italia, morì nel 1957 a Sorrento.  Al giorno d’oggi è ricordato come l’intellettuale antifascista più famoso del ‘900.

IL PERIODO MESSINESE

Pochi sanno che Gaetano Salvemini ha vissuto una fase importante e allo stesso tempo tragica della sua esistenza proprio nella città di Messina. A ventotto anni ottenne la cattedra di Storia moderna all’Università di Messina, nel 1901. L’intellettuale, durante il periodo messinese, soggiornava con la famiglia in Piazza Cairoli, che poi verrà distrutta dal terremoto del 1908.

 

Soldati americani transitano da Piazza Cairoli nel 1943 e la piazza oggi. Ph: Marco Crupi Fonte:https://www.flickr.com/photos/marcocrupivisualartist/19313856899

IL TERREMOTO DEL 1908

Egli subì un’enorme tragedia durante la distruzione della città provocata dal terremoto del 1908, che gli portò via la moglie, i cinque figli e la sorella.

Un’immagine della Chiesa del Carmine a Messina, distrutta durante il terremoto del 1908, che oggi è stata ricostruita, ed è situata in via Antonio Martino. Fonte: Wikimedia Commons.

Salvemini riuscì a sopravvivere, ma non sarebbe stato più lo stesso per il resto dei suoi giorni.  In un’intervista rilasciata al quotidiano l’Avanti l’8 Gennaio 1909, ricordando non senza difficoltà quel triste episodio, affermò che fece appena in tempo a gettarsi dalla finestra della sua abitazione, situata al quarto piano. Si salvò così, rimanendo particolarmente illeso, poiché le macerie avevano già formato un cumulo tale da attutire la sua caduta. 

 L’ANTIFASCISMO OGGI

Sicuramente il suo pensiero ha influenzato milioni di persone; nonostante ciò, ancora oggi è presente l’ideologia fascista, quindi risulta sempre più attuale ed essenziale raccogliere l’eredità di Salvemini. Come non è finito il fascismo, anche l’antifascismo resiste ancora, e non ha intenzione di piegarsi. Di fondamentale importanza è il Sud Italia, purtroppo conosciuto solo per la sua diffusa cultura criminale che invece, non pecca di esempi di intellettualismo, cultura e di popolo con dignità onesta.

 

Roberto Fortugno

Fonti:

Wikipedia

fondazionerossisalvemini.eu

https://universome.unime.it/2018/10/17/gaetano-salvemini-professore-storico-meridionalista-antifascista/

 

La galleria Vittorio Emanuele III, tra degrado, riqualificazione e questioni sull’intitolazione

Continua il nostro percorso alla (ri)scoperta delle meraviglie di Messina; oggi “visiteremo” la prestigiosa e imponente Galleria Vittorio Emanuele III, celebre luogo di ritrovo, attualmente al centro di questioni aperte sulla sua riqualificazione ed eventuale reintitolazione.

La struttura

Importante non solo per la Sicilia ma per tutta il Meridione, la Galleria fu edificata a partire dal 1924 e inaugurata il 13 agosto 1929. Deve la sua progettazione a Camillo Puglisi Allegra (1884-1961), noto architetto e ingegnere messinese; è stata decorata invece dagli scultori Antonio Bonfiglio e Ettore Lovetti, in pieno stile libertyconsiderato eclettico-, tipico nella città ricostruita dopo il terremoto del 1908.

La struttura è contraddistinta da tre comparti edilizi e da tre ingressi; l’entrata principale affaccia su Piazza Antonello, diametralmente opposta a Palazzo Mariani (sede della segreteria, degli uffici e della nuova palestra dell’Università). Il portico è costituito da un arco monumentale, sorretto da robuste paraste.

Un particolare progettuale è dettato dalla forte differenza di quota fra le strade urbane: la soluzione è stata una scalinata interna a conclusione del ramo che conduce a via Oratorio della Pace, elemento tipologicamente inconsueto, ma non incomparabile, per una galleria monumentale.

Al centro, baricentro della costruzione di forma esagonale su cui è posta una cupola vetrata ancorata ad una struttura con telaio in cemento armato, si incontrano i tre bracci della galleria tratteggiando un percorso che prende così una forma di “Y”.

Le volte a botte sono caratterizzate da lucernai a vetri colorati; il pavimento è costituito da tesserine a mosaico.

Per la sua bellezza e il suo valore l’edificio è stato dichiarato nel 2000 bene d’interesse storico-artistico.

La cupola vetrata e le volte a botta – Fonte: strettoweb.com

Tra riqualificazione e degrado

La galleria Vittorio Emanuele III è uno dei principali luoghi d’incontro; l’edificio, infatti, ospita diverse attività, come la pizzeria “La Maiolica” e il cocktail bar “Le Roi”.

Vista l’importanza sociale dell’edificio, l’amministrazione comunale ha predisposto un intervento di ristrutturazione e riqualificazione, avviato i primi giorni di settembre.

Per rendere la struttura più accogliente e funzionale saranno eliminate le infiltrazioni, sistemata la pavimentazione, progettate nuove chiusure a vetri; si prevede inoltre l’istallazione della rete Wi-Fi accessibile alla cittadinanza.

Gli interventi dovrebbero terminare entro il prossimo periodo natalizio, ma la strada della riqualificazione è ancora lunga.

Non tanto per lo status dei lavori, quanto per il degrado in cui versa l’edificio. L’immondizia, che si concentra soprattutto nell’area della scalinata interna, è dovuta sia alla non curanza e alla superficialità dei cittadini sia all’assenza di un efficiente servizio di pulizia, di cui dovrebbe essere provvista una delle strutture più frequentate -sia della cittadinanza che dai turisti- della nostra città.

La questione sulla re-intitolazione

La maestosa galleria deve il suo nome al monarca Vittorio Emanuele III di Savoia (1869-1947), personaggio plumbeo nella storia d’Italia. Il re Savoiardo, infatti, è stato corresponsabile della costituzione dello Stato fascista: favorì l’ascesa al governo di Benito Mussolini e promulgò tutti atti posti in essere dal Fascismo, tra cui le terribili leggi razziali del 1938-39. Tra i tanti provvedimenti approvati dal re ricordiamo anche uno meno noto, ossia  il decreto del 9 aprile 1928 che ha portato all’abolizione delle organizzazioni scautistiche in Italia.

Negli ultimi decenni in tutta la penisola italiana sono state numerose le iniziative che hanno portato alla reintitolazione di vie, scuole, edifici a lui dedicati. Inoltre recentemente si sottolinea la richiesta della senatrice Liliana Segre per la reintitolazione di una scuola palermitana, proposta supportata dal sindaco Leoluca Orlando e dal conduttore Pif.

A Messina il movimento cittadino “Cambiamo Messina dal Basso“, dopo essersi già mosso in passato sulla questione, nello scorso mese di settembre ha inviato al sindaco e agli altri soggetti istituzionali una richiesta di reintitolazione della Galleria, con la proposta di dedicarla al settimo Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini, cittadino esemplare e uomo politico di grande spessore.

L’iniziativa è supportata da alcune delle personalità più note del panorama culturale messinese; tra i tanti menzioniamo Christian Bisceglia, Lelio Bonaccorso e Giampiero Cicciò.

In attesa di riscontro da parte delle autorità competenti, sarebbe auspicabile aprire un dibattito all’interno della comunità cittadina; una nuova intitolazione della Galleria dopo una processo di deliberazione consapevole e partecipato potrebbe solamente risvegliare e intensificare il sentimento di appartenenza della cittadinanza ad essa, fondamentale per porre un argine al degrado in cui versa attualmente.

La Galleria luogo d’incontro e condivisione – Fonte: normanno.com

 

Marika Costantino, Mario Antonio Spiritosanto

 

 

Fonti:

https://www.vocedipopolo.it/2021/09/cmdb-cambiamo-nome-alla-galleria-vittorio-emanuele-iii-dedichiamola-a-sandro-pertini/

http://www.celeste-ots.it/file_plus/0605/copertina/galleria_vittorio_emanuele_1.htm

https://www.ilovemessina.it/la-galleria-vittorio-emanuele-iii-di-messina/

https://normanno.com/attualita/intitolare-la-galleria-vittorio-emanuele-di-messina-a-sandro-pertini-la-proposta-di-cmdb/

 

 

L’AMGOT: storia del governo militare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale

La seconda guerra mondiale è stata un evento che ha sconvolto le dinamiche culturali, politiche ed economiche d’Europa. Allo stesso tempo, il suo esito ha gettato le basi per gli odierni equilibri internazionali, con conseguenze tutt’ora tangibili, derivate dalle numerose vicende che l’anno caratterizzata. Tra queste, vi è quella dell’operazione Husky, meglio conosciuta come lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane.

 Bombardamento di Messina ad opera delle forze Alleate, 1943 – Fonte: normanno.com

Forse non tutti sanno che tale operazione si tradusse in una vera e propria occupazione militare del suolo siciliano, che ha comportato una riorganizzazione amministrativa delle istituzioni fasciste, le quali vennero rimosse da tutti gli ambiti della vita pubblica, partendo dai podestà, passando dai professori universitari nominati dal regime per la loro alta fama (17 a Palermo, 17 a Messina, 5 a Catania), fino agli stessi Tribunali. Questa grande opera, che prese il via con la caduta di Messina (17 agosto 1943) – e conseguente conquista della Sicilia da parte degli Alleati – prese il nome di Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).

 

L’istituzione dell’AMGOT e delle Am-lire

L’istituzione dell’AMGOT è stata prevista dalla Conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943), con lo scopo di amministrare i territori liberati. Il governo dell’Isola spettava congiuntamente agli inglesi e agli americani, competenti rispettivamente in Sicilia occidentale e in Sicilia orientale. Subito dopo lo sbarco, il 10 luglio, il generale Alexander (1891-1969), in qualità di governatore militare della Sicilia, emanò diversi proclami. Il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini (1883-1945), al governo militare. Uno di dei più importanti imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA è decisamente svalutata: stiamo parlando delle celebri am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000).

Banconota di una am-lira – Fonte: wikipedia.org

I legami con la mafia

Per facilitare la gestione dei territori, orfani dei podestà in fuga, l’AMGOT decise di nominare come sindaci le personalità più influenti dei singoli luoghi, molto spesso indicati direttamente dalla Chiesa, ben radicata in tutta la Sicilia. Questo, però, portò all’insediamento di elementi legati alla mafia, come Giuseppe Genco Russo (1893-1976) e Calogero Vizzini, detto don Calò (1877-1954), nominati rispettivamente primi cittadini di Mussomeli e Villalba. La mafia, dunque, dopo aver agito da intermediaria nella preparazione dello sbarco in Sicilia degli Alleati e aver garantito il supporto delle masse alla loro avanzata, ebbe un ruolo da co-protagonista nell’amministrazione dell’Isola liberata.

Ufficialmente smentita dai entrambi i governi alleati, la collaborazione tra l’AMGOT e la mafia era nota agli amministratori anglo-americani. In particolare, il capitano W.E. Scotten (1904-1958) in un suo rapporto – riportato nella scena finale del film di Pif “In guerra per amore” (consigliata la visione) – sottolineava come in Sicilia, in seguito all’occupazione alleata, si fosse verificata una notevole riaffermazione della mafia e che “l’abbandono di qualunque tentativo di controllo della Mafia in tutta l’isola” avrebbe potuto “significare la consegna dell’isola ai poteri criminali per un lungo periodo di tempo”. Cosa che di fatto è avvenuta.

 

Giuseppe Genco Russo – Fonte: wikipedia.org

 

Caloggero Vizzini – Fonte: wikipedia.org

I rapporti con il MIS

Oltre ai rapporti con la mafia, i dirigenti dell’AMGOT tessero una fitta rete di relazioni con la forza politica in quel momento più popolare dell’Isola: il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS). Costituitosi nel 1942 – inizialmente con il il nome di Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS) – fu uno dei partiti protagonisti dello scenario politico siciliano negli anni ’40– con l’elezione di quattro suoi esponenti all’Assemblea Costituente –, prima di sciogliersi definitivamente nel 1951.

I legami – rigorosamente non ufficiali poiché gli anglo-americani si dichiararono al di sopra di qualsiasi schieramento politico – si istaurarono soprattutto in chiave anti-comunista. Il supporto del MIS proveniva, infatti, soprattutto dai ceti meno abbienti, attratti dal carisma e dall’ars oratoria del leader indipendentista Andrea Finocchiaro-Aprile; questo rese il MIS un valido rivale dello schieramento social-comunista. Prova tangibile di questo rapporto privilegiato fu la nomina a sindaco di Palermo del barone Lucio Tasca (1880-1957), esponente dell’ala conservatrice del movimento.

La bandiera del Movimento Indipendentista Siciliano – Fonte: wikipedia.org

 

L’11 febbraio 1944: la fine dell’AMGOT

L’esperienza dell’AMGOT in Sicilia si concluse con il proclama numero 16 del generale Alexander, emanato   l’11 febbraio 1944. Questo atto, infatti, sanciva il passaggio dell’Isola alla giurisdizione del governo italiano, presieduto da Badoglio (1871-1956) , anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione di un organo istituito come evoluzione dell’AMGOT: la Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo controllò la vita politica e ammnistrativa in Italia fino alle elezioni dell’Assemblea Costituente e al Referendum istituzionale del 1946, per evitare che il Paese si allontanasse dalla sfera di influenza politica degli anglo-americani, messa a rischio dalla crescente forza dello schieramento social-comunista.

©Mario Antonio Spiritosanto – Manifesto bilingue, usato durante le riprese del film di Pif “In guerra per Amore”, Erice (TP) 2020.

L’esperienza anglo-americana della Sicilia e dell’Italia è forse uno dei temi che più ci ha riguardato direttamente in quanto comunità. Di certo, le forze alleate identificarono l’Isola come una zona strategica, non solo per capovolgere le sorti del conflitto mondiale, bensì per il futuro ed ulteriore controllo dello scacchiere internazionale, ed in particolare del Mediterraneo. Tuttavia, l’idea di una Sicilia “a stelle e strisce” ha trovato l’opposizione non solo dell’allora Regno d’Italia, ma anche del popolo siciliano, convinto nel voler ottenere un’organizzazione autonoma su cui poter ricostruire – finalmente – la propria identità.

Ma questa è un’altra storia.

Salvaotre Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

storiaxxisecolo.it ;

The Sicilian Separatist movement: 1943-1946, Monte S. Finkelstein

 

Per approfondire:

M.T. Di Paola, Gli alleati e la Sicilia: guida ai documenti del Pubblic Record Office (1940-1947), Isituto siciliano per la storia dell’Italia contemporanea, Palermo 1979;

M. Ganci, L’A.M.G.O.T. in Sicilia, in Id., La Sicilia contemporanea, Società Editrice Storia di Napoli del Mezzogiorno Continentale e della Sicilia, Napoli-Palermo 1980, pp. 121-13;

G. Di Capua, Il bienno cruciale (luglio 1943/giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005;

 

Immagine in evidenza:

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com