Fake news e COVID: il virus dell’infodemia

Quante volte abbiamo letto in rete o ascoltato in TV notizie contrastanti a proposito del COVID-19? “È un semplice virus influenzale”, “assumere integratori a base di vitamina C previene il rischio di infezione”, fino alle più varie teorie complottiste sulla presunta creazione del virus in laboratorio. Dopo più di un anno di pandemia quanto sappiamo realmente del Coronavirus e della malattia ad esso correlata? Facciamo un po’ di chiarezza.

In breve

  • Il COVID-19 ha un’origine zoonotica e il passaggio all’uomo si deve a un meccanismo di spillover
  • Il COVID e il virus dell’influenza appartengono a classi tassonomiche differenti
  • La trasmissione non prevede veicoli
  • I vaccini non introducono il virus all’interno dell’ospite e sono accuratamente vagliati
  • Scegliere accuratamente le fonti di informazione è un dovere morale

Il COVID è stato creato in laboratorio

Nulla di più artificioso. Il SARS-CoV-2 è un virus appartenente alla famiglia dei Coronaviridae, genere Betacoronavirus. Ebbene, l’agente eziologico di una pandemia riconosce nella maggior parte dei casi un’origine zoonotica. Si tratta, infatti, di un meccanismo definito spillover, o “salto di specie”: ovvero, la capacità di un patogeno di passare da un ospite abituale ad un altro di specie differente. Il nuovo ospite è privo di difese immunitarie specifiche e questo favorisce la propagazione del patogeno tra la popolazione. Nel caso dei Sars-CoV-1 e 2 vari studi hanno identificato pipistrelli e pangolini quali ospiti abituali, specie nel Sud-Est asiatico. I pipistrelli contengono oltre 200 Coronavirus: tanto i virus pandemici quanto quelli responsabili del comune raffreddore. Il successivo passaggio all’uomo sarebbe poi avvenuto per mezzo di vari ospiti intermedi, come i serpenti.

Il virus causa un’influenza

I virus responsabili della comune influenza appartengono alla famiglia degli Orthomyxoviridae, con caratteristiche microbiologiche molto diverse da quelle dei Coronavirus. Il SARS-CoV-2, quindi, essendo un virus completamente differente rispetto ai virus influenzali, non può causare l’influenza.

Le mosche trasmettono il virus

Anche qui bisogna dissentire. L’infezione da SARS-CoV-2 prevede una trasmissione aerea semidiretta. La sorgente uomo, malato o asintomatico, elimina il patogeno all’esterno, questo è veicolato dall’aria e inalato dall’individuo suscettibile. Attività come parlare, cantare, tossire e starnutire determinano l’eliminazione di aria espirata contenente le droplets, goccioline di pochi micron di diametro in grado di trasportare il virus.

Più recentemente si è visto che il virus ha anche la capacità di resistere su alcune superfici, come vetro e plastica, per qualche giorno. Non c’è comunque alcuna evidenza scientifica riguardante il fatto che il virus possa essere trasmesso da mosche o insetti.

Rimane comunque importante un’accurata detersione delle mani utilizzando comuni saponi che, essendo tensioattivi, sciolgono i grassi e l’envelope virale (una struttura glicoproteica di rivestimento). Occorre, invece, evitare il ricorso a falsi miti, come l’uso di sostanze ben più aggressive, tra cui la candeggina, che espongono al rischio di dermatiti da contatto.

Il vaccino inocula il virus e può causare la malattia

Assolutamente no. Le principali tipologie di vaccini anti-Covid finora disponibili comprendono quelli a mRNA (Pzifer-BioNtech e Moderna) e quelli a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson). L’mRNA è una molecola indispensabile per la sintesi delle proteine virali, tra cui la proteina spike. Ricordiamo che il virus utilizza questa proteina per legare un recettore, ACE2, espresso dalle cellule dell’epitelio respiratorio dell’ospite e così infettarle. La vaccinazione introduce l’mRNA virale che codifica per la proteina Spike, opportunamente protetto da nano particelle lipidiche. Le cellule vaccinate produrranno questa proteina e la esporranno sulla loro superficie così da stimolare una risposta immunitaria specifica contro la proteina Spike. L’mRNA è una molecola instabile e viene distrutta poco dopo senza creare alcun danno alla cellula.

Il concetto di vettore virale si riferisce all’utilizzo di una versione modificata dell’adenovirus dello scimpanzé. Questo viene messo in condizioni di non potersi replicare e viene utilizzato per veicolare nell’organismo la sequenza genetica virale codificante per la proteina Spike.

Il vaccino non è stato testato abbastanza

I vaccini, così come i nuovi farmaci, passano sotto il vaglio di un’accurata sperimentazione. Le prime tre sono fasi pre-marketing, cioè avvengono prima che il farmaco sia messo sul mercato. L’ultima avviene post-marketing ed è la farmacovigilanza. Le prime tre hanno lo scopo di testare il profilo di sicurezza/pericolosità e l’ultima monitora eventuali reazioni avverse. Queste possono derivare da molteplici fattori, come le interazioni tra farmaci o la presenza di comorbidità nel paziente.

Normalmente questi passaggi richiedono anni, ma nel nostro caso è stato possibile condensare tutto in poco tempo. Perché? Sicuramente gli investimenti economici da parte dei vari Stati hanno avuto un ruolo sostanziale. Inoltre, gli scienziati avevano già una base pronta, quella dell’esperienza di SARS-CoV-1 e di Mers. A tutto ciò si aggiungono le nuove frontiere dell’ingegneria genetica che ha permesso l’impiego di mRNA.

L’utilità della vaccinazione è, invece, incontrovertibile nel prevenire tanto le forme sintomatiche quanto quelle asintomatiche. Uno studio dell’Università di Oxford sul Pfizer-BioNTech ha dimostrato come una singola dose di vaccino sia efficace nel prevenire l’infezione nel 65% dei casi. Questa percentuale sale poi al 90% con la seconda dose.

Il fumo non incide sul rischio di ammalarsi

Alcuni studi hanno dimostrato come i fumatori abbiano un rischio circa tre volte superiore di polmonite severa da COVID-19. Inoltre, hanno anche una maggiore suscettibilità per patologie polmonari croniche.

Le principali fonti d’informazione durante la pandemia

È stato effettuato un rapporto sulla disinformazione e fake news durante la pandemia da parte dell’istituto di ricerche Censis. Da quanto appreso dal gruppo degli intervistati la prima fonte di informazione (75,5%) sono i media tradizionali. Con un 51,8% si aggiudica il secondo posto internet. Al terzo posto figurano i social networks e per ultimi medici di medicina generale, specialisti e farmacisti di fiducia.

Per concludere, occorre non affidarsi a notizie di dubbia provenienza: scegliere fonti adeguate è un dovere morale, ma anche la nostra arma contro il virus dell’infodemia e della disinformazione.

Elena Allegra

AstraZeneca: facciamo il punto

AstraZeneca è un vaccino a vettore virale approvato per far fronte alla dilagante pandemia da COVID-19. Assieme agli altri vaccini proposti dalla Comunità Scientifica, si auspica che possa permettere una significativa protezione dell’intera popolazione. Sono stati numerosi i trials clinici che hanno portato alla sua immissione in commercio, confermandone l’alta sicurezza ed efficacia. Tuttavia, di recente, non pochi sono stati gli eventi che hanno suscitato allarme in merito alla somministrazione del vaccino. Di seguito verrà ripercorso l’intero iter subito dal vaccino, dalla sua approvazione all’inatteso ritiro precauzionale, per far luce sugli aspetti chiave emersi nelle ultime settimane.

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Farmacovigilanza e vaccini: intervista al Prof. Edoardo Spina e alla Dott.ssa Paola Maria Cutroneo

I recenti eventi riguardanti il vaccino AstraZeneca sono l’esempio di come l’attività di farmacovigilanza funzioni in maniera tempestiva e a favore dei cittadini. Infatti, le agenzie regolatorie hanno prestato estrema attenzione alle segnalazioni di reazioni avverse ai vaccini raccolte negli ultimi tempi. Bisogna comunque sottolineare che il servizio di farmacovigilanza lavora costantemente per garantire la sicurezza di tutti i farmaci introdotti in commercio, compito tanto complesso quanto fondamentale.
Al fine di approfondire come tale attività viene svolta e per comprendere meglio le ragioni della sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca e della sua reintroduzione, abbiamo intervistato il Prof. Edoardo Spina, Professore di Farmacologia, Responsabile Scientifico del Centro Regionale di Farmacovigilanza e la Dott.ssa Paola Maria Cutroneo, Dirigente Farmacista, Centro Regionale di Farmacovigilanza.

Prof. Edoardo Spina e Dott.ssa Paola Maria Cutroneo
Per prima cosa vi chiediamo di spiegare ai lettori cos’è la farmacovigilanza e di quale tipo di attività si occupa.

Prof. SpinaLa farmacovigilanza consiste in una serie di attività che hanno lo scopo principale di studiare, identificare e prevenire le reazioni avverse ai farmaci. In senso più ampio, è lo studio di un farmaco post-commercializzazione. Infatti, oltre allo studio dei profili di tollerabilità e delle reazioni avverse, permette di scoprire anche nuovi effetti terapeutici e indicazioni dei farmaci. Basti pensare all’aspirina, conosciuta dal 1899, ma di cui solo da 15-20 anni si conosce il potenziale per la prevenzione di problematiche cardio- e cerebro-vascolari.
La necessità della farmacovigilanza nasce dai limiti degli studi di sperimentazione pre-marketing: basso numero di pazienti studiati, breve durata della sperimentazione, esclusione di alcune sottopopolazioni come bambini, anziani, donne in gravidanza, pazienti con patologie concomitanti ed in trattamento con altri farmaci. La farmacovigilanza consente quindi di identificare effetti indesiderati rari o che si verificano a lungo termine e infine di definire il reale rapporto rischio-beneficio di un farmaco.

Come è possibile fare una segnalazione e chi può farla? Cosa accade dopo aver segnalato un evento avverso?

Dott.ssa Cutroneo: La principale metodica di farmacovigilanza è la segnalazione spontanea che consiste nella raccolta di segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite apposite schede compilate da parte di medici, operatori sanitari e anche cittadini non addetti ai lavori.
La segnalazione non implica la certezza che si abbia una correlazione tra farmaco e reazione avversa. Si tratta di un sospetto, per una correlazione temporale o per un peggioramento delle condizioni cliniche in seguito all’uso del farmaco, che potrebbe rappresentare una reale reazione avversa oppure un evento coincidente ma non correlato.
Le segnalazioni vengono inserite in database nazionali (la Rete Nazionale di Farmacovigilanza gestita dall’AIFA) e internazionali (come l’Eudravigilance, database dell’EMA che raccoglie i dati europei) e vengono analizzate periodicamente. Man mano che si raccolgono le casistiche, le agenzie regolatorie studiano l’eventuale correlazione causale che potrà essere dimostrata attraverso l’analisi clinica dettagliata dei singoli casi e la valutazione delle evidenze scientifiche a supporto. Questo permetterà di definire un potenziale segnale di sicurezza o una reale reazione avversa.
La vaccinovigilanza, in particolare, è un settore ancora più complesso. Questo perché il vaccino si dà in somministrazioni singole, mentre i farmaci sono utilizzati in terapie che durano nel tempo e che si possono correlare attraverso diversi elementi al decorso clinico di una potenziale reazione avversa. Quindi l’evento avverso si può collegare temporalmente alla somministrazione del vaccino, ma potrebbe non essere affatto collegato causalmente ad esso e la valutazione della correlazione non è così semplice.

Potete spiegare ai lettori quali sono state le ragioni che hanno portato alla sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca?

Dott.ssa Cutroneo: In seguito agli eventi noti a tutti noi, ovvero alle segnalazioni di casi fatali con una stretta correlazione temporale con la somministrazione del vaccino, l’intervento immediato è stato quello di sospendere il lotto per escludere l’eventuale possibilità di problemi di qualità o di eventuali errori nelle procedure di stoccaggio e conservazione dello stesso. Si è visto, successivamente, che casi analoghi sono avvenuti con altri lotti. A questo punto la possibile correlazione è stata valutata, non più per il singolo lotto, ma complessivamente per il vaccino.
Nel momento in cui si accumulano dei casi di eventi avversi a un farmaco, si può decidere una sospensione a fini cautelativi, cioè per il tempo necessario a raccogliere i dati clinici necessari (contattando i segnalatori e raccogliendo le cartelle cliniche dei soggetti) e ad analizzare il quadro. È proprio ciò che è successo nella vicenda del vaccino AstraZeneca. Va detto che farmaci privi di rischio in assoluto non esistono, perché qualsiasi medicinale può dare effetti collaterali.

Prof. Spina: Questi tre giorni di sospensione hanno avuto come obiettivo quello di dimostrare l’eventuale correlazione tra la vaccinazione e l’insorgenza di rari eventi tromboembolici. Le analisi effettuate sui dati clinici ed il confronto tra l’incidenza di questi eventi nella popolazione vaccinata e non vaccinata non hanno al momento documentato nessun nesso tra la vaccinazione ed il rischio di questi rari e potenzialmente fatali effetti indesiderati. Ovviamente le autorità regolatorie ed i sistemi di farmacovigilanza presteranno particolare attenzione ad eventuali nuove segnalazioni di questi eventi e svolgeranno esami per capire se vi possano essere legami col vaccino. Inoltre, nella scheda tecnica del vaccino AstraZeneca verrà aggiunta la possibilità di questo nuovo e raro effetto indesiderato. 

Tali valutazioni non potevano essere fatte comunque evitando la sospensione?

Prof. Spina: Probabilmente, in seguito al ritiro del lotto per la rilevazione di eventuali anomalie, sarebbe stato possibile fare queste valutazioni indipendentemente dalla sospensione cautelativa del vaccino. Anche in Inghilterra ci sono stati dei casi simili ma, avendo visto i grandi risultati in termini di riduzione delle ospedalizzazioni e di mortalità legata a Covid-19 nella popolazione vaccinata, si è deciso di procedere senza una sospensione precauzionale per un effetto al momento incerto. In Europa, in pratica, si è chiesto di sospendere per il tempo necessario a fare chiarezza e allo stesso tempo di fare presto, ma soddisfare entrambe le richieste è impossibile.
Il punto è che in un periodo di tre giorni non è praticamente possibile documentare in maniera assolutamente approfondita e dettagliata l’estraneità dell’evento avverso, e la stessa cosa vale per il contrario. Tenuto conto degli indubbi vantaggi della vaccinazione, a mio avviso sarebbe stato possibile continuare comunque a vaccinare e, parallelamente, approfondire gli eventi accaduti come si sta facendo.

Si può dare una misura al numero degli eventi avversi segnalati in questi ultimi mesi di vaccinazioni? Qual è il confronto tra il numero di segnalazioni riguardo AstraZeneca e quelle relative agli altri vaccini?

Dott.ssa Cutroneo: Partiamo dal presupposto che c’è stata una grande attenzione agli effetti collaterali di questi vaccini, di conseguenza stiamo ricevendo un gran numero di segnalazioni. Si tratta comunque, nella maggior parte dei casi, di reazioni non gravi come febbre o dolore al sito di iniezione.
Una differenza che abbiamo notato è che alcuni vaccini hanno più tendenza a dare reazioni localizzate o dolore muscolare mentre altri, come AstraZeneca, correlano più frequentemente con la febbre.
Con i dati a disposizione è impossibile fare un confronto quantitativo dei rischi perché, visto che la segnalazione è su base volontaria, non abbiamo il reale numero di soggetti che hanno avuto reazioni avverse da rapportare al denominatore costituito dal totale di soggetti vaccinati. Potremmo correlare le segnalazioni ricevute al numero totale di dosi somministrate di ciascun vaccino, ma potrebbero esserci delle imprecisioni dovute alla sotto-segnalazione degli eventi avversi.

Prof. Spina: Ad esempio, non possiamo sapere quanti hanno in realtà un effetto e non lo segnalano. Immaginate quanti soggetti hanno avuto dolori o febbre senza notificarlo. Proprio questo è uno dei limiti della segnalazione spontanea.
Inoltre, la popolazione vaccinata non è esattamente la stessa, perché il vaccino di AstraZeneca era inizialmente rivolto verso chi aveva meno di 55 anni, mentre quelli a mRNA erano rivolti a tutti. Non si può fare, quindi, un confronto esatto.
Volendo analizzare i casi di tromboembolia di cui si parla soprattutto in relazione ad AstraZeneca, va innanzitutto sottolineato che c’è stato qualche caso anche con il Pfizer. Anche qui, però, tali casi si potrebbero notare meno con il vaccino Pfizer perché somministrato ad una popolazione più anziana che è più predisposta ad alcune di queste evenienze o ha già patologie. Al momento non è quindi possibile fare un confronto preciso.
Ciò che è sicuro è che questa tipologia di eventi, specie se avvenuti in soggetti senza fattori di rischio, vadano indagati, ma ciò richiede del tempo. Al momento non è possibile escludere con assoluta certezza che i casi di tromboembolia, sebbene rari, possano avere una base patogenetica comune.
Nel concreto l’attuale valutazione è che il beneficio del vaccino nella prevenzione della Covid è superiore rispetto al rischio rarissimo di trombosi, che è stato visto soltanto in circa 25 casi documentati su 20 milioni di vaccinati.

I comunicati contraddittori degli ultimi giorni hanno avuto probabilmente un impatto negativo sulla campagna vaccinale in corso. Pensate che in futuro il beneficio garantito dai vaccini riuscirà a superare lo scetticismo che si è creato?

Prof. Spina: La sospensione precauzionale, sebbene di soli tre giorni, potrebbe aver contribuito a confondere le idee dei cittadini e a creare in chi ascolta un maggiore scetticismo verso la pratica vaccinale, che è oggi fondamentale. La ripresa immediata potrebbe tranquillizzare molti, ma non tutti.
La gran maggioranza della popolazione ha fiducia e si è visto dalle numerosissime richieste di poter accedere alla vaccinazione da parte di tutte le categorie di cittadini. Non c’è dubbio che, a fronte di una quota di soggetti che negano l’utilità del vaccino o addirittura la malattia stessa, queste decisioni possano aver generato diffidenza o scetticismo. Credo che comunque, in futuro, prevarrà di gran lunga la consapevolezza dell’utilità e del beneficio della vaccinazione. Se si fosse evitato in parte ciò che è accaduto in settimana, o se l’analisi di quanto successo fosse stata affidata solo agli addetti ai lavori, sarebbe certamente stato più vantaggioso. Per il futuro è importante avere un atteggiamento rassicurante, ma soprattutto prudente. Va sottolineato che si stanno somministrando dei vaccini sicuri che, in base a quello che sta osservando la farmacovigilanza, possono dare luogo a reazioni lievi e solo eccezionalmente gravi, che al momento non possiamo escludere. Così come non possiamo escludere il rischio zero: ipoteticamente, se ora assumessi un prodotto da banco o semplicemente una tazza di tè potrei andare incontro ad un evento avverso. Ma capite bene che se capitasse solo a me sarebbe impossibile stabilire un nesso di causalità.

Il messaggio conclusivo che ci sentiamo di trasmettere è che i vaccini sono fondamentali in questo momento, in quanto strumento efficace in grado di limitare la diffusione del contagio, i ricoveri e la mortalità. Altri farmaci potranno contribuire a debellare l’infezione, ma il vaccino rimane indubbiamente l’arma principale.

Davide Arrigo
Antonino Micari