Ai confini del mondo: dove finisce il pianeta Terra?

Il pianeta Terra, un luogo così ospitale e pullulante di vita, è stato fin dall’alba dei tempi una  piccola roccaforte per la specie umana, immersa nelle profondità dell’Universo oscuro. In effetti, ci sentiamo talmente protetti da dimenticare di star fluttuando all’interno di uno spazio cosmico di dimensioni inimmaginabili. Basterebbe semplicemente mettere il naso fuori dal guscio gassoso che ci protegge per finire polverizzati in pochi secondi.

Proprio qui nasce l’interrogativo: dove finisce la Terra, e dove inizia lo Spazio?
Una domanda apparentemente banale, che però non trova una risposta univoca.

  1. Com’è formato il pianeta Terra?
  2. Strati che compongono l’atmosfera
  3. Il confine tra Terra e Spazio

Com’è formato il pianeta Terra?

La Terra, terzo pianeta per distanza dal Sole, è il più grande tra i pianeti terrestri (pianeti composti prevalentemente da roccia e metalli).
Ha una massa pari a quasi 6000 trilioni di tonnellate, che aumenta ad un ritmo di 107 kg all’anno. Il nucleo centrale è costituito prevalentemente da ferro, con una temperatura massima che raggiunge i 5000 gradi Celsius. A causa di queste caratteristiche e non solo, la specie umana è in grado di sopravvivere solo in un piccolo strato, che prende il nome di Crosta terrestre.
Essa è avvolta dall’atmosfera, uno scudo dall’ambiente esterno, freddo e inospitale, lo Spazio. Ciò che ci consente di sopravvivere, respirare e proliferare è questo ammasso di azoto, ossigeno, anidride carbonica e gas nobili.

 

Fonte: https://it.freepik.com/

Strati che compongono l’atmosfera

Lo strato più interno che compone l’atmosfera e che si sviluppa per  8-12 km, a seconda che sia in prossimità dell’equatore o dei poli, è la troposfera. Qui avvengono i fenomeni metereologici e si formano le nuvole, fondamentali per il ciclo dell’acqua e indispensabili per la vita.
Più in alto è presente la stratosfera, estesa verticalmente per circa 35km. Lì è presente uno strato di ozono, che  scherma dalle radiazioni dei raggi UV emesse dal Sole.
A sovrastarla è presente la mesosfera, letteralmente lo ‘strato di mezzo’, in cui si disintegrano i detriti celesti che, infiammandosi, regalano lo straordinario spettacolo che noi chiamiamo pioggia di ‘stelle cadenti’.
E’ poi presente la termosfera, dove la temperatura arriva fino ai 1500 gradi Celsius. Qui troviamo la Stazione Spaziale Internazionale. Il guscio più esterno è invece composto dall’esosfera, dove l’aria è estremamente rarefatta, ed è per questo che risulta ostico stabilire dei veri e propri confini al nostro pianeta. L’aria infatti, man mano che ci si allontana dalla crosta terrestre, diviene sempre meno densa.

Il confine tra Terra e Spazio

Nonostante sia pressoché impossibile definire un limite netto tra la Terra e lo Spazio, la Federazione Aeronautica Internazionale (FAI) ha tracciato un confine immaginario sulla cosiddetta ‘’linea Kármán’’, posta ad un’altezza di 100 km sopra il livello del mare.

Fonte: https://tech.everyeye.it/

mentre la NASA stabilisce il confine a 122 km. Approssimativamente indica la quota di rientro atmosferico, ossia la quota al di sotto della quale gli shuttle possono passare dalla manovra di rientro a propulsori a quella alare.

In generale dunque non vi è una risposta unitaria ad una domanda così semplice. Infatti ciò che definiamo con una singola parola, esiste  come un insieme di strati dell’atmosfera che, all’aumentare dell’altezza, divengono sempre più rarefatti.

E’ davvero complesso capire fino in fondo quanto sottile sia l’equilibrio che ci tiene in vita. Solo la scienza può mostrarci la straordinarietà del nostro mondo, in cui ogni più piccola parte riveste un’importanza fondamentale per il perpetuarsi della vita.

Giulia Accetta

 

BIBLIOGRAFIA

https://universome.unime.it/2021/02/20/dentro-il-buco-nellozono-cose-e-perche-deve-preoccuparci/?fbclid=IwAR08HxKGD9aDY3cYT2dhMsbgWbVjyoUwYaVvRuvn-YyAioVOAQI9aOn60iU

Una giornata con il FAI: alla scoperta di San Filippo Superiore

In occasione delle giornate autunnali del FAI (Fondo Ambiente Italiano) noi di UniVersoMe non potevamo di certo farci scappare l’occasione di essere guidati verso una delle bellezze naturalistiche e culturali della nostra città: il paese di San Filippo Superiore.

Le origini del borgo

Il borgo di San Filippo Superiore ha origini romane. In quel periodo il torrente omonimo, il più grande della zona, era navigabile e serviva per portare a valle i prodotti agricoli. Dal Medioevo alla metà dell’ ‘800 vi fu un’egemonia del monastero dei Basiliani, che fecero arricchire l’area con la coltivazione di cerali, fichi e agrumi e, soprattutto, tramite la vendita dei bachi da seta e della seta già lavorata. Il nome del borgo deriva dal Santo Filippo d’Agira, anche se il patrono e protettore del paese è San Nicola di Bari.

 

©Corinne Marika Rianò, Dettaglio di una delle vie del paese – San Filippo Superiore, 2020

 

L’antico centro

Inoltrandosi nella parte più antica del borgo ci si imbatte subito in due edifici: il primo, datato 1689, in buone condizioni, il secondo non in perfetto stato. In quest’ultimo si racconta vivesse la cosiddetta monaca di casa, una monaca che non viveva in convento ed usciva di casa soltanto per la messa.

Andando avanti si trova il percorso dove sorgevano gli antichi monasteri: il Monastero latino e il Convento ortodosso. Tra i vari passaggi si possono notare alcuni portali, ricchi di simboli.

Il luogo centrale del borgo è la Chiesa di San Nicola di Bari, attualmente chiusa alle visite causa lavori di ristrutturazione. Gli elementi di pregio sono le finiture interne e i cicli pittorici, originari della chiesa del ‘500. In realtà, una chiesa era già presente dall’anno 1000 e costituiva il filo conduttore del paese. Nella piazza antistante la chiesa sono ubicate delle campane antiche.

 

©Corinne Marika Rianò, Campane della Chiesa di San Nicola – San Filippo Superiore, 2020

 

La piazza è collegata da un corridoio sotto un arco che conduce a uno degli edifici più antichi, denominato la casa del cavaliere.

La nostra visita del centro del borgo si è conclusa di fronte ai resti della vecchia Chiesa della Maddalena, della quale è possibile ancora osservare la forma. La chiesa fu distrutta dall’alluvione del 1973. La tempesta d’acqua fu parzialmente arginata da un masso che fece da scudo impedendo ulteriori danni. La grande pietra, oggetto di culto dei cittadini della zona, adesso è ubicata sotto l’iconografia del Santo Patrono.

 

©Corinne Marika Rianò, L’iconografia di San Nicola e il masso che limitò i danni dell’alluvione del 1973- San Filippo Superiore, 2020

 

L’Ecomuseo del grano

La seconda tappa è stata caratterizzata dalla visita dell’Ecomuseo del Grano, fortemente voluto da Nino Bebba, nostra guida all’interno della struttura, per tenere viva la memoria dell’attività dei numerosi mulini ad acqua della zona e della coltivazione del grano, in passato la principale risorsa del villaggio.

All’inizio del ‘900, con l’avvento dell’Unità d’Italia, il sistema siciliano della molitura fu particolarmente penalizzato da una tassa sostanziosa sul macinato, voluta dall’allora Ministro delle Finanze Quintino Sella, che causò alcune rivolte dall’esito fallimentare, da parte dei contadini. Conseguentemente i mugnai di San Filippo, in seguito alle modificazioni del tipo di economia e all’ascesa dei mulini a cilindro, decisero di abbandonare il lavoro.

©Corinne Marika Rianò, Ecomuseo del grano – San Filippo Superiore, 2020

 

I mulini erano costruiti dai mastri mugnai, mastri d’ascia o della pietra. L’ultimo mastro mugnaio costruì un mulino elettrico a macina di pietra, portando avanti la tradizione e permettendo alle zone limitrofe, rimaste ormai sprovviste di attrezzature, di macinare a San Filippo. Ma gli eredi, sfortunatamente, non hanno continuato la tradizione.

Le tipologie di cereali coltivati erano il grano duro, il grano tenero e un particolare tipo di segale che cresceva in grandi quantità e senza ostacoli e possedeva ottime proprietà nutraceutiche. A giugno era raccolto e battuto, pulito dalle donne, macinato e sterilizzato.

La cooperativa di comunità, insieme all’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici (A.I.A.M.S.), è attiva per cercare di limitare la fuga dei giovani dalla Sicilia, terra meravigliosa ed ospitale, ormai sempre più soggetta ad emigrazione.

 

©Corinne Marika Rianò, Il signor Nino Bebba, fondatore dell’Ecomuseo del grano – San Filippo Superiore, 2020

 

La valle dei 40 mulini e la cascata di San Filippo

L’ultima tappa della nostra visita ci ha dato l’opportunità di immergerci nella splendida Valle dei 40 Mulini, chiamata così perché in passato costellata da circa una quarantina di mulini, i più antichi risalenti persino al 1200. Nel nostro percorso abbiamo incontrato alcuni ruderi; in uno di questi si vede chiaramente il canale dell’acqua, in dialetto saia, che portava l’acqua al salto azionando la ruota.

 

©Corinne Marika Rianò, Sentiero dei 40 mulini – San Filippo Superiore, 2020

 

Ammaliati dalla bellezza di alcuni scorci paesaggistici, si percorre un sentiero tracciato che conduce alla magnifica cascata di San Filippo, la quale scorre tutto l’anno, anche nei mesi più caldi; nel periodo estivo è molto piacevole fare il bagno nel pozzetto sottostante. Sotto la cascata inoltre c’è spazio per scattare qualche foto, per riposarsi e, soprattutto, per godersi lo spettacolo.

 

San Filippo Superiore è uno dei tanti luoghi di Messina in cui la storia si fonde con la natura in un intarsio prezioso. La riflessione sul rilancio della nostra città dovrebbe avere come fulcro la valorizzazione del nostro patrimonio storico-culturale, soprattutto quando è strettamente intrecciato con i meravigliosi paesaggi bucolici della natura incontaminata.

©Mario Antonio Spiritosanto, Dettaglio della natura di San Filippo – San Filippo Superiore, 2020

 

 

Corinne Marika Rianò, Mario Antonio Spiritosanto

 

Immagine in evidenza:

© Chiara Raffaele, cascata di San Filippo – San Filippo Superiore (ME), 2020

Giornate FAI d’Autunno a Messina: scopri i luoghi

Tutto pronto per l’edizione 2020  delle Giornate Fai d’Autunno, quest’anno dedicata a Giulia Maria Crespi, fondatrice del FAI, scomparsa lo scorso luglio. Aperte nei giorni di sabato 17 e domenica 18, sabato 24 e domenica 25 ottobre in tutta Italia 400 siti a contributo libero. Ad  aderire anche Messina con due siti d’eccezione.

Si comincerà il 17 e 18 ottobre con l’apertura del Casale dei Brasiliani e dei 40 Mulini a San Filippo Superiore in collaborazione con il Gruppo Museo del Grano e la Cooperativa di Comunità dei Casali Peloritani. In programma trekking urbano nel villaggio per conoscere gli antichi insediamenti, visite nella Chiesa di San Nicola di Bari e nella Casa Cardile-Barbera, percorso nelle tradizioni agricole locali e  nella valle dei mulini a cascata. Visite dalle 10:00 alle 17:00. Per il tour  10-13; 15-17. Ultima partenza percorso naturalistico ore 17.

Nel weekend successivo ovvero nei giorni 24 e 25 ottobre il programma prevede la visita al Borgo di Fontanelle “Aziende agricola Biologica Barone Ryolo 1824” a San Filippo del Mela restaurato dall’architetto Giusy Marullo. Apertura dalle alle 17:00 10:30. Si potrà ammirare il complesso agricolo, l’antico impianto di Frantoio, un viaggio in un luogo  dal forte valore  storico e culturale.

Per sostenere la missione del Fai  e partecipare si consiglia di prenotare la visita per essere certi del proprio turno su www.giornatefai.it, digitare i luoghi interessati , scegliere il giorno e l’orario preferiti tra quelli disponibili e versare il contributo in favore del Fai. Nel caso i turni disponibili nelle prenotazioni online non fossero pieni, sarà possibile far partecipare i visitatori che non hanno prenotato, fino ad esaurimento della capienza del turno di visita.

Tutto ciò si è reso necessario per poter monitorare la disponibilità dei posti, prendere visione della normativa richiesta sulla sicurezza e versare contestualmente il contributo a sostegno del FAI. Gli eventi si terranno nel pieno rispetto delle norme anti-Covid: è obbligatorio l’uso della mascherina , disinfettare le mani e seguire le indicazioni date dal personale volontario. I visitatori dovranno rinunciare alla visita qualora, nei 14 giorni antecedenti ovvero il giorno stesso abbiano avuto una temperatura corporea superiore ai 37,5°, abbiano presentato qualsiasi sintomo influenzale, abbiano avuto contatti con persone risultate positive al Covid -19.

fonte: www.fondoambiente.it

 

Una primavera di cultura: dietro le Quinte del Vittorio Emanuele con il FAI

Domenica 24 marzo 2019. Città di Messina. Teatro Vittorio Emanuele: protagonista della 27esima edizione delle giornate Fai, il Fondo per l’ambiente italiano. Si è potuto vedere tutto ciò che si cela dietro le quinte del teatro, inaugurato nel 1852, danneggiato dal terremoto del 1908, ricostruito e riaperto solo nel 1980. Come da norma è stata richiesta un’offerta libera, con un contributo suggerito a partire da 2 euro, per poter eseguire il tour.

Le visite guidate sono state eseguite a cura degli apprendisti ciceroni provenienti dai seguenti istituti: Liceo scientifico “G. Seguenza”; Liceo scientifico “Archimede”; Ist. d’Istr. Sup. “G. Minutoli”; I.I.S. ”G. La Farina-E. Basile”; Liceo ”E. Ainis”; Ist. Compr. n.14 ”San Francesco di Paola”; Ist. Compr. n.15 “E. Vittorini”; Ist. Compr. “E. Drago”; Ist. Compr. n.11 “A. Paino”; Ist. Compr. ”Pascoli-Crispi”; Istituto Comprensivo “Paradiso”.

Sara Virecci Fana, apprendista cicerona, frequentante il quarto anno dell’I.I.S. E. Basile ci illustra nel dettaglio come si snodava il giro turistico, quali argomenti trattava e come si sono divisi i ruoli all’interno dell’organizzazione:

 “Le visite guidate si sono svolte assegnando ad uno o più ciceroni un gruppo di visitatori. Le guide sono e siamo perlopiù ragazzi frequentanti elementari, medie e superiori, ed il percorso è stato differente per ciascuno. A seconda delle nostre capacità e competenze. Tutti abbiamo cominciato dall’esterno. Narrando la storia del teatro, descrivendo la facciata, la statua che campeggia sulla sommità dell’edificio e la struttura in maniera generale. I più piccoli, le elementari, hanno svolto i loro giri nei piani inferiori, partendo dall’atrio, dove è presente un’esposizione di abiti. In seguito passavano alla platea, dove illustravano la struttura interna, i palchetti e i vari ordini presenti. Il percorso che invece è stato destinato ai ragazzi delle medie e delle superiori, era il medesimo per la prima parte, ma, dopo aver descritto la platea e i piani dal primo al quinto, nei quali erano disposti costumi delle varie opere rappresentate a teatro (La sonnambula, Arlecchino, Il Don Giovanni e molti altri), si passava alla descrizione dell’affresco raffigurante la leggenda di Colapesce del pittore Guttuso. Il penultimo step era costituito dal sesto piano: la sala costumi. Qui vi è l’archivio degli abiti di scena del teatro: noi ragazzi del Basile, sezione moda, ci siamo occupati di descrivere gli abiti esposti e i particolari, dato che in precedenza abbiamo già svolto alternanza presso la sartoria dello stesso luogo, per ristrutturare gli abiti presenti nell’archivio e catalogarli. Continuando il percorso, i visitatori sono stati condotti nelle quinte, salendo poi nei tre ballatoi dove da lì si poteva assistere alla spiegazione del teatro vero e proprio, fino ad arrivare alla graticcia, una struttura a travi di legno o di metallo a ridosso del soffitto del teatro. La visita la si concludeva con l’illustrazione del sottopalco e della fossa orchestrale. Tutto il percorso è stato accompagnato, oltre che dalla descrizione architettonica, dalla spiegazione storica del teatro.”

Messina, ancora una volta, si registra tra quelle in cima per numero di visitatori. Un’iniziativa con cadenza annua che ogni anno ci fa riscoprire pezzi nascosti della nostra meravigliosa terra.

 

Gabriella Parasiliti Collazzo

 

Giornate FAI 2016: una discesa nel cuore nascosto del Duomo di Messina

Le giornate FAI arrivano a Messina. Per tutta la giornata di oggi fino alle 17:30 e domani dalle 9:30 allo stesso orario, avrete la possibilità di visitare la cripta del Duomo di Messina: un autentico gioiello dell’arte messinese, solitamente chiuso al pubblico per via dei restauri in corso gestiti proprio dal Fondo per l’Ambiente Italiano, una associazione senza fini di lucro che dal 1975 si occupa della salvaguardia del patrimonio storico, culturale e ambientale del Bel Paese. Noi di UniVersoMe non potevamo davvero lasciarci scappare l’occasione di scendere a dare una occhiata, ed è per questo che dedichiamo questa uscita speciale della rubrica “Messina da Scoprire” ad offrirvi una nostra piccola “visita guidata” in questo posto così ricco di fascino e di storia.

La storia di Messina, città più volte distrutta e ricostruita, si intreccia con quella del suo Duomo, basilica monumentale e antichissima, che ne condivide le sorti da almeno nove secoli e ne rappresenta tutt’oggi il più noto simbolo, anche nell’immaginario collettivo dei suoi abitanti. Quel che è forse meno noto è che, celata nelle sue viscere, al di sotto del transetto e delle tre absidi, si nasconde una autentica “chiesa nella chiesa”. Benché infatti indicata come “cripta del Duomo”, questa struttura seminterrata sembra non avere mai avuto quelli che erano i ruoli tipici delle cripte nell’architettura cristiana, cioè di luogo di sepoltura per santi, membri del clero o personaggi importanti; al contrario, si è sviluppata nei secoli come una vera e propria chiesa a se stante, col nome di Santa Maria sotto il Duomo.

La storia della cripta del Duomo inizia nel 1080, anno della sua costruzione ad opera del monarca normanno Ruggero II; a quel periodo risale probabilmente la struttura di base, con le sue volte a crociera sorrette da colonne ben più antiche, verosimilmente riutilizzate dai resti di edifici greci, romani e bizantini, e sormontate da capitelli in stile romanico. La vera svolta nell’aspetto della cripta si ha però a partire dal 1638, anno in cui il luogo di culto, interrato a causa di continui alluvioni, viene recuperato dalla Congregazione degli Schiavi della Madonna della Lettera, guidata dal nobile Giuseppe Stagno. È dietro il loro impulso che la struttura, cambiato il nome in “Nostra Donna della Lettera”, acquisisce l’aspetto che ancora oggi la rende caratteristica e suggestiva: la selva di colonne dell’antico ipogeo d’epoca normanna fiorisce con la ricca decorazione barocca a stucco, progettata dallo scultore e orefice fiorentino Innocenzo Mangani, attivo a Messina negli anni ’50 e ’60 del Seicento. L’estetica barocca dello stupore a tutti i costi trova la sua massima espressione nel trionfo di volute ed elementi floreali, e se non fosse sufficiente la qualità delle decorazioni a suscitare la meraviglia nel visitatore, basti pensare che in origine gli spazi fra gli stucchi erano illuminati da una doratura oggi parzialmente scomparsa, e animati da pregevoli affreschi, di cui resta soltanto qualche vaga traccia qua e là e un piccolo putto che affiora, appena riconoscibile, nella cornice sopra una colonna nella zona sottostante all’abside centrale.

 

Non sono più visibili, inoltre, all’interno della cripta, diversi dipinti di autori locali seicenteschi e settecenteschi (Quagliata, Tricomi, Tuccari, Romeo e alcuni anonimi) che ne ornavano le pareti, oggi esposti al Museo Regionale di Messina; si auspica il loro ritorno in sede a restauro concluso, così come si spera in un futuro recupero quantomeno del pavimento ottocentesco, costruito a seguito di uno dei numerosi restauri e oggi ancora sepolto sotto il cemento. La cripta infatti, pur essendo sopravvissuta pressoché illesa ai due grandi sismi del 1783 e del 1908 (pur necessitando in entrambi i casi di lavori di consolidamento che hanno portato nel primo caso alla costruzione dei muri di separazione che oggi dividono la struttura in tre ambienti, e nel secondo all’innalzamento del piano di calpestio) è stata nei secoli spesso soggetta ad allagamenti, soprattutto per via della vicinanza al il torrente Portalegni e al mare.

Ulteriori lavori di restauro sono ancora necessari affinché questo luogo possa ritornare il più vicino possibile agli splendori originali; ma, nell’attesa che ciò accada, la sua temporanea apertura diventa una occasione imperdibile per chi cerca di ritrovare le impronte di una Messina perduta.

Gianpaolo Basile

Ph: Martina Galletta