Osaka ha acceso il braciere: i Giochi Olimpici Tokyo 2020 sono ufficialmente iniziati

La cerimonia d’apertura dei Giochi della XXXII Olimpiade (informalmente noti come Tokyo 2020) si è tenuta nel pomeriggio di venerdì allo Stadio Nazionale di Tokyo: l’Imperatore Naruhito ha dichiarato aperti i Giochi, Naomi Osaka ha acceso il braciere olimpico.

(fonte: SkyTg24)

Precedentemente programmati dal 24 luglio al 9 agosto 2020 sono stati posticipati a causa della pandemia di COVID-19, si stanno svolgendo a Tokyo dal 23 luglio all’8 agosto 2021 e le gare si svolgeranno in gran parte a porte chiuse.

Nonostante ciò, viene mantenuto il nome Tokyo 2020 per ragioni di marketing e di branding. Questa è la prima volta in cui i Giochi Olimpici sono stati posticipati invece che cancellati.

La capitale giapponese (alla sua seconda Olimpiade dopo quella del 1964) è stata scelta durante la 125ª sessione del CIO, svoltasi a Buenos Aires il 7 settembre 2013. La città è stata preferita alle altre due contendenti: Istanbul (Turchia) e Madrid (Spagna).

La cerimonia di apertura

Il primo paese a sfilare sulla pista dello Stadio Nazionale è stato come sempre la Grecia, in quanto ideatrice dei Giochi, seguita dalla rappresentanza degli atleti olimpici rifugiati. L’Italia è entrata come diciottesima delegazione, con in testa i due portabandiera Jessica Rossi ed Elia Viviani. La pallavolista Paola Egonu era invece fra i sei portabandiera del Comitato olimpico internazionale.

Il Giappone ha sfilato per ultimo, in quanto paese ospitante, dopo Francia e Stati Uniti, paesi ospitanti delle prossime due edizioni delle Olimpiadi estive (Parigi 2024 e Los Angeles 2028).

Dichiaro aperti i Giochi di Tokyo“, ha pronunciato solennemente l’imperatore giapponese Naruhito, in uno stadio con soli mille invitati a fronte di una capienza di 64 mila spettatori a causa dell’emergenza pandemica, che ha costretto gli organizzatori a tenere l’evento quasi a porte chiuse.

Verso le 16:20 la bandiera olimpica entra nello stadio– per la prima volta è alimentata ad idrogeno-, i bracieri sono 3, uno allo stadio e due in città: fra i 6 che la reggono c’è anche la nostra Paola Egonu.

Il vessillo del Cio è passato poi in mano a rappresentanti giapponesi, che la portano verso il tripode che dovrà essere acceso dall’ultimo tedoforo. Risuona l’inno olimpico mentre i pittogrammi, i simboli dei singoli sport, usati in ogni edizione dei Giochi diventano umani.

Successivamente passa ad una coppia composta da un medico e una infermiera, la terza coppia di tedofori a prendere la fiaccola: omaggio ai sanitari in prima linea per il Covid. Poi Wakako Tsuchida, un’alteta paralimpica, la porta verso il tripode. Ed infine Naomi Osaka-donna giapponese di colore è l’ultimo tedoforo dell’Olimpiade di Tokyo.

(fonte: calciomercato)

Alle 17:00 Naomi Osaka ha acceso il braciere olimpico. La numero due del mondo del tennis, ferma dal Roland Garros per problemi di depressione, è stata prescelta come ultimo tedoforo.

La cerimonia è finita nella tarda serata giapponese (pomeriggio inoltrato in Italia); secondo i piani iniziali la cerimonia sarebbe dovuta durare oltre quattro ore ma è terminata invece un po’ prima.

Il tema degli spettacoli messi in scena ha riguardato «il mondo in cui Tokyo 2020 prende vita, completamente diverso rispetto a quello di due anni fa», come spiegato dal comitato organizzatore

Apertura atipica delle Olimpiadi, limitata dalle restrizioni covid: non c’era il pubblico, soltanto alcuni invitati e ristrette rappresentanze diplomatiche degli oltre duecento paesi partecipanti.

Cosa aspettarci dall’Italia

Oggi si assegneranno le prime undici medaglie d’oro della manifestazione: nel tiro a segno, nel ciclismo, nel judo, nella scherma e nel taekwondo.

Intanto, il primo oro dell’Olimpiade di Tokyo è della cinese Yang Qian che si è imposta nella gara della carabina 10 metri donne. Argento alla russa Anastasiia Galashina, bronzo alla svizzera Nina Christen.

L’Italia, reduce da un un’annata di vittorie sul panorama mondiale (Eurovision, Europei, ecc),che si è presentata a Tokyo con la delegazione più numerosa di sempre- 384 atleti quasi equamente divisi tra uomini (198) e donne (186)-, avrà già la possibilità di ottenerne otto con oltre quaranta atleti in gara.

Cinque anni fa alle Olimpiadi di Rio de Janeiro l’Italia si presentò con 297 atleti e vinse 28 medaglie, sette delle quali d’oro. Lo stesso numero di medaglie le aveva vinte quattro anni prima a Londra, con 290 atleti.

(fonte: ilPost)

L’obiettivo adesso è quindi quello di superare le 28 medaglie ottenute nelle ultime due edizioni. Numerosi gli atleti italiani attesi nelle gare:

  • Elia Viviani, nel ciclismo, portabandiera alla cerimonia inaugurale può riconfermare la medaglia d’oro su pista vinta nell’omnium a Rio de Janeiro. “Una sensazione da pelle d’oca”. Così Elia Viviani, uno dei due portabandiera dell’Italia all’apertura delle Olimpiadi di Tokyo 2020 ha dichiarato: “È stata un’emozione fortissima. Quando hanno chiamato “Italia”, il nostro gruppo è esploso in un boato enorme: Jessica Rossi ed io abbiamo avuto la pelle d’oca. È stato il momento in cui ci siamo sentiti italiani, e in alto”. Lo stadio vuoto ha fatto effetto, dopo: ma ce la siamo goduta dalla partenza per lo stadio, con il messaggio di auguri al presidente Mattarella, fino alla sfilata”
  • Jessica Rossi, portabandiera italiana insieme ad Elia Viviani. Nel 2012 a Londra vinse l’oro nel tiro al volo. Da allora ne ha ottenuti altri due ai Mondiali del 2013 e del 2017, sempre nel trap femminile.
  • Federica Pellegrini, la più grande nuotatrice italiana di tutti i tempi è alla sua quinta Olimpiade, a cui si è qualificata a 32 anni vincendo il titolo italiano nella sua disciplina preferita, i 200 stile libero.
  • Margherita Panziera alla sua seconda Olimpiade può pensare a una medaglia nel dorso, forte dei due ori nei 200 metri vinti agli Europei del 2018 e del 2020 e dell’argento vinto ai Mondiali in Corea del 2019.
  • Gregorio Paltrinieri, uno delle medaglie d’oro italiane a Rio de Janeiro, nei 1500 stile libero. A Tokyo è in gara sia negli 800 che nei 1500.
  • Elisa Longo Borghini a 29 anni è la terza ciclista nel ranking mondiale femminile su strada. A Rio vinse un bronzo nella prova in linea, nel 2020 ai Mondiali di Imola ne ha vinto un altro.

Nell’atletica leggera un po’ tutti aspettavano Filippo Tortu, e invece è spuntato Marcell Jacobs. Lo scorso 9 luglio, nella tappa di Montecarlo della Diamond League, entrambi hanno preso parte alla finale dei 100 metri, cosa già di per sé molto rilevante per gli standard dell’atletica italiana. Jacobs è arrivato terzo, Tortu settimo. Jacobs ha tre anni in più di Tortu, è il recordman italiano nella velocità e a Tokyo gareggia per una medaglia nella gara più attesa e allo stesso tempo breve delle Olimpiadi.

La scherma è da sempre una delle discipline con cui l’Italia ottiene gran parte delle sue medaglie olimpiche. A Tokyo saranno in gara 12 schermidori italiani, con tante possibilità concrete di vittoria, sia nell’individuale che a squadre. I più quotati individualmente sono Daniele Garozzo e Alessio Foconi nel fioretto maschile, Arianna Errigo e Alice Volpi nel fioretto femminile, Marco Fichera e Andrea Santarelli nella spada maschile, Rossella Fiamingo e Mara Navarria nella spada femminile, e Luca Curatoli nella sciabola maschile.

Intanto arriverà sicuramente oggi la prima medaglia per l’Italia alle Olimpiadi di Tokyo 2020: Vito Dell’Aquila si è infatti qualificato alla finale per l’oro del taekwondo, 58 kg, battendo in semifinale l’argentino Lucas Guzman. Scontro finale contro il turco Mohamed Jendoubi alle 21.45 ora locale, le 14.45 italiane.

Intanto la sfortuna ferma Alberto Bettiol mentre lotta nel gruppo dei primi della prova in linea su strada del ciclismo. L’azzurro è stato preso da crampi, e ha dovuto notevolmente rallentare, mentre stava tentando di rientrare sull’americano McNulty e l’ecuadoregno Carapaz che avevano guadagnato una quindicina di secondo di vantaggio a meno di venti chilometri dall’arrivo.

Ma sono, comunque, davvero tanti i nomi in gara da cui ci si può aspettare tanto. In bocca al lupo ragazzi.

Manuel De Vita

Il sogno azzurro si realizza. Siamo noi i campioni degli Europei 2020. I retroscena della finale più attesa degli ultimi tempi

Abbiamo vinto. Una partita durata più di 128 minuti, sofferta fino all’ultimo rigore, il decisivo. Ma prima di quello, una domenica piena di ansia e trepidazione. Ed alla fine l’Italia ne esce vincitrice, battendo l’Inghilterra 4-3 ai rigori. Sono gli attimi dell’incredulità a rendere ancor più dolce una vittoria senza dubbio meritata, accompagnata dalle voci commosse dei commentatori di Sky Sport Fabio Caressa e Beppe Bergomi.

Il calcio torna a Roma, l’Italia torna a vincere

Esclamano, a fine partita, i due inviati di Sky prima di dare il via ad un intenso tributo a Bergamo, alle vittime del covid-19, ricordando i duri mesi dei lockdown e l’impegno messo nella ripartenza. E quest’anno, la ripartenza europea inizia proprio dall’Italia.

La favola azzurra degli europei

La finale non era iniziata affatto bene: un improvviso gol di Luke Shaw al 2′ spezza immediatamente la quiete dell’inizio partita, costringendo gli azzurri a compiere una scelta fondamentale. Demoralizzarsi o stimolarsi a dare il massimo. Com’è andata lo sappiamo già, ma comunque stupiscono le parole di Bonucci nel post-partita: «Una volta che arrivi in fondo puoi solo spingerti per arrivare in alto. È la dimostrazione che bisogna sempre guardare in alto e non mollare mai».

Segue una lunga ripresa, con la squadra di Southgate che si sposta prevalentemente in difesa, riuscendo a chiudersi ermeticamente quasi ad ogni tentativo di trovare un corridoio o – meglio – uno spiraglio. È la difesa eccellente di Walker, Stones e Maguire accompagnata da un impenetrabile Pickford. Neanche il talento di Chiesa riesce a mettere a segno, pur suscitando un certo timore nella squadra inglese.

(fonte: vesuvius.it)

Dopo un primo tempo angosciante per l’Italia, arriva il secondo ed arrivano anche i primi cambi: Mancini fa rientrare Immobile e Barella (quest’ultimo ammonito poco prima del cambio) sostituendoli, rispettivamente, con Berardi e Crisante. Siamo al 55′. Un generalissimo nervosismo si avverte sulle spalle di tutti i giocatori, poi l’ennesima ammonizione: questa volta è Bonucci. Sarà la seconda delle cinque ammonizioni ricevute dall’Italia.

Al 67′ arriva il gol del pareggio: Bonucci approfitta di un calcio d’angolo per mettere la palla in rete. Si riaccendono le speranze degli azzurri, ma attenzione: torna ad alzarsi la guardia (mai troppo abbassata) inglese. E tornano gli attacchi. Trippier (che aveva fornito un prezioso assist al gol di Shaw) viene sostituito dal giovanissimo Bukayo Saka, classe 2001.

Poco prima del 90′, con un pareggio che ha il sapore di supplementari, Chiesa viene sostituito da Bernardeschi. La causa è di un forte dolore provocato da un colpo subito poco prima, da cui l’attaccante non è riuscito a riprendersi. In lacrime esce dal campo, con gli azzurri già alla loro terza sostituzione.

All’ultimo minuto di recupero del secondo tempo, il capitano Chiellini si lascia ammonire per fermare l’impeto del giovane – e freschissimo – Saka, smentendo un gol quasi sicuro. La scena è diventata virale, attirando non poche critiche ed insulti per il capitano azzurro.

(fonte: @reformacancha, twitter.com)

I supplementari trascorrono tra un fallo e l’altro, con varie occasioni per ambo le parti sfiancate dagli abilissimi portieri. Donnarumma tiene duro fino alla fine, in vista dei calci di rigore. Con una sequenza Berardi gol (2-1) Kane gol (2-2) Belotti parato (2-2) Maguire gol (2-3) Bonucci gol (3-3) Rushford sbagliato (ha preso il palo) (3-3) Bernardeschi gol (4-3) Sancho parato (4-3) Jorginho parato (4-3) Saka parato (4-3), è l’Italia – con tanto stupore – a portare a casa la coppa. Ed iniziano le esclamazioni, le sbeffeggiate al suon di It’s coming Rome, le lezioni di Bonucci sulla pastasciutta e l’esultanza tipicamente italiana.

Ma gettando lo sguardo dall’altro lato del campo, non si riesce a non notare la delusione dei tifosi inglesi per la sconfitta. Sono attimi di sentimenti contrastanti: si vedono gli azzurri ballare sullo sfondo di una squadra inglese distrutta, arrabbiata, fortemente critica della scelta di Southgate di piazzare due giovanissimi ed inesperti ai rigori. Intanto 54mila tifosi inglesi lasciano gli spalti, suscitando il riso di alcuni avversari.

Poi arriva il momento delle medaglie: se le tolgono, gli inglesi. Il secondo posto brucia, specie in un campionato che si voleva vincere con tanto ardore e si sarebbe potuto vincere in casa. Intanto lo stadio di Wembley si tinge del tricolore – il nostro. Avanzano uno per uno, primo tra tutti un saltellante Spinazzola, a raccogliere il proprio riconoscimento e baciare la coppa che porteranno a casa alcune ore dopo. Poi l’uscita di scena. Si conclude così un europeo da sogno; si conclude la favola azzurra degli europei. Ad accompagnare l’esultanza in ogni città d’Italia, l’intramontabile Gianna Nannini con le sue Notti Magiche.

Le prime pagine inglesi ed il razzismo contro Saka

Gli inglesi, com’era immaginabile, non hanno preso bene la sconfitta. Il rigore decisivo è stato quello del diciannovenne Saka – siamo al 128′ – parato prontamente da Donnarumma (nominato, poi, miglior giocatore di questi Europei). Subito i social del ragazzo vengono intasati da commenti sprezzanti e razzisti, poi condannati dal premier Boris Johnson.

(fonte: ilpost.it)

Intanto un’aria mesta accomuna le prime pagine inglesi; risuonano le voci heartbreak, it hurts, tears, ma non mancano neanche le voci proud, orgogliosi ed heroes, eroi. C’è tanta gratitudine verso i Lionhearts (così viene definita la nazionale inglese) ed il rimorso di un allenatore che sente di non aver fatto abbastanza, nonostante la ferma convinzione del capitano Kane: «Non avremmo potuto dare di più».

Ma per questa volta, la Coppa la portiamo a casa noi.

Valeria Bonaccorso

Arresto cardiaco nei giovani atleti: cosa potrebbe essere successo a Eriksen?

Non si può non rimanere colpiti dalle immagini trasmesse durante la partita Danimarca – Finlandia, valevole per i campionati europei di calcio in corso. I momenti che hanno visto perdere i sensi a Christian Eriksen, ventinovenne calciatore danese, sono stati abbondantemente ripercorsi dai media. Una delle cose che sembra più stupire è come sia possibile che il cuore di un giovane sportivo in forma e attentamente monitorato possa smettere di battere all’improvviso.

L’arresto cardiaco è un evento molto complesso: inevitabilmente si rischia di essere imprecisi quando si commenta la vicenda. In effetti, le informazioni finora a disposizione sono parziali e ci permettono solo di fare delle ipotesi. L’occasione però può essere utilizzata per chiarire il concetto di “arresto cardiaco” e per ricordarne le principali cause nel giovane sportivo.

Cosa significa arresto cardiaco

L’AHA (American Heart Association, importante organizzazione medica statunitense) definisce l’arresto cardiaco come “la cessazione improvvisa dell’attività cardiaca in una persona a cui può essere stata diagnosticata o meno una malattia cardiaca”.

Per “attività cardiaca” si fa riferimento all’attività meccanica del cuore che, agendo da pompa, garantisce la circolazione del sangue. L’attività meccanica è accoppiata a quella elettrica che fa da segnapassi e mantiene il ritmo: un’alterazione dell’attività elettrica può comportare la perdita di una contrazione meccanica efficiente.

L’AHA, nella stessa definizione, evidenzia l’importanza di “prendere rapidamente delle misure correttive”. Questo sottolinea come l’arresto cardiaco, se affrontato col giusto tempismo, non sia necessariamente una condizione irreversibile.

Cosa potrebbe essere accaduto ad Eriksen

Sulla base delle immagini trasmesse, il calciatore è stato defibrillato. Con questo termine si intende il tentativo di ripristinare il ritmo normale in un cuore che non si contrae nella maniera corretta, a causa di specifiche turbe dell’attività elettrica.

Le uniche aritmie tali da giustificare una defibrillazione in quella condizione sono una tachicardia ventricolare senza polso o una fibrillazione ventricolare. In entrambi i casi l’attività meccanica dei ventricoli non è efficiente per il mantenimento della circolazione. In pochi secondi il cervello va in sofferenza e ciò determina la perdita dei sensi. Anche gli altri organi non risultano perfusi e non possono mantenere la loro funzionalità.

Un intervento tempestivo può salvare numerosissime vite

Un importante studio su una popolazione di 1667 pazienti ha calcolato che, in seguito a un arresto cardiaco, le possibilità di sopravvivenza sono del 67% se viene prestato soccorso immediato in maniera corretta.

Tale valore scende di una percentuale fino al 5.5% per ogni minuto di ritardo. Dopo dieci minuti dall’arresto le possibilità di sopravvivenza sono drasticamente ridotte. Il tempo che passa si associa anche a una maggior incidenza di deficit neurologici dovuti alla protratta sofferenza cerebrale.

L’addestramento del personale non medico può permettere di intervenire più tempestivamente e di salvare centinaia di migliaia di persone ogni anno nel mondo. L’intervento del compagno di squadra Kjaer rappresenta un ottimo esempio di prontezza, sebbene rimanga comunque la necessità di una maggior sensibilizzazione, specie tra sportivi professionisti. In molti si sono concentrati sul gesto di “tirare fuori la lingua”, ma l’AHA già dal 2010 suggerisce di concentrarsi già da subito sul ripristino della circolazione, attraverso le compressioni, e pensare solo successivamente alle vie aeree. Una ricerca ha osservato anche come concentrarsi inizialmente sulla lingua del paziente in arresto possa peggiorare le sue chance di sopravvivenza.

Catana della sopravvivenza degli arresti cardiaci extraospedalieri – Fonte: AHA

Quali possono essere le cause di arresto cardiaco

Nella popolazione generale, la principale patologia che determina arresto cardiaco è la cardiopatia ischemica. La condizione spesso dipende da una malattia delle arterie coronarie, di solito su base aterosclerotica. Si verifica, tipicamente, nei soggetti più adulti e risulta identificabile attraverso i normali esami di routine. Non si tratta, verosimilmente, della causa alla base dell’evento che ha colpito il giovane trequartista danese, sottoposto, da sportivo, a un’attenta sorveglianza medica.

Le altre cause di arresto cardiaco improvviso, in particolare nel giovane sportivo, sono eterogenee e talvolta di difficile identificazione e diagnosi.

Cause di morte improvvisa in 314 autopsie – Fonte: European Heart Journal

Le principali cause che possono determinare morte cardiaca improvvisa nel giovane

Un lavoro scientifico italiano si è concentrato sulla trattazione delle principali cause responsabili di morte improvvisa in seguito ad arresto cardiaco nel giovane. Si evidenzia anche come nello sportivo le cause siano sovrapponibili, con un’incidenza di eventi fatali però maggiore di 2,5 volte. La spiegazione starebbe nel fatto che l’attività fisica potrebbe innescare più facilmente delle aritmie nel contesto di patologie latenti. Le cause identificate sono distinte in meccaniche ed elettriche.

Cause meccaniche

Quelle meccaniche dipendono tipicamente dalla rottura di grossi vasi come l’aorta ascendente con tamponamento cardiaco. Si tratta di eventi meccanici che non prevedono la possibilità di defibrillazione in quanto il problema non è il ritmo, e vanno quindi escluse nel caso specifico del giocatore.

Cause elettriche

Alcuni difetti strutturali del cuore o difetti funzionali dell’attività delle cellule che compongono l’organo possono predisporre allo sviluppo di aritmie, alle volte fatali. Nel giovane entrambe le eventualità sono dovute spesso ad una condizione ereditaria.

Tra le cause strutturali ci sono le cardiomiopatie, patologie molto eterogenee. Tra tutte, la cardiomiopatia ipertrofica è responsabile di più di un terzo degli eventi fatali negli USA. Nella patologia si verifica un ispessimento progressivo delle pareti del cuore, con fibrosi, sofferenza ischemica e aumentata incidenza di eventi aritmici.

Un ruolo altrettanto importante ce l’ha la cardiomiopatia aritmogena. Si tratta di un difetto complesso in cui viene progressivamente sovvertita la struttura del ventricolo, con possibile insorgenza di aritmie maligne.

Altra condizione ben nota è la sindrome di Wolff-Parkinson-White, in cui la presenza di un fascio di conduzione anomalo tra atrio e ventricolo può causare rapide tachicardie che possono degenerare in fibrillazione ventricolare.

Altre cause strutturali, più rare, sono le anomalie congenite delle arterie coronarie, la cardiomiopatia dilatativa (che assume maggior importanza nell’adulto), il prolasso della valvola mitrale (sebbene si tratti molto più spesso di una condizione assolutamente benigna).

Quelle menzionate finora sono patologie su base ereditaria. Particolare rilevanza va anche data alla miocardite, patologia invece su base acquisita che si caratterizza per un’infiammazione a carico del muscolo cardiaco con un aumentato rischio di episodi aritmici. Si tratta di una condizione che, a volte, può essere del tutto asintomatica e rappresenta spesso il coinvolgimento del cuore nel contesto di infezioni sistemiche (per esempio, dopo influenza, gastroenteriti o persino in corso di COVID-19).

Tuttavia, tra il 5 e il 25% dei giovani che vanno incontro a morte cardiaca improvvisa non presentano evidenza di una patologia strutturale del cuore. Tali condizioni vengono definite non strutturali e dipendono spesso da difetti a carico dei canali che regolano la funzione elettrica del cuore (canalopatie). Si tratta di un territorio complesso e ancora in parte inesplorato. Tra le patologie più frequenti ci sono la sindrome del QT lungo o corto, la sindrome di Brugada e la tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica.

La risposta non sta per forza nel cuore

Anche patologie extracardiache che colpiscono altri organi e apparati possono determinare l’insorgenza di gravi aritmie. Molte condizioni metaboliche (ad esempio, le alterazioni elettrolitiche), patologie infettive che non coinvolgono direttamente il cuore, alcuni farmaci, ma anche eventi neurologici, come alcune forme di epilessia o gli ictus, o addirittura alcune neoplasie possono interferire con la normale funzionalità elettrica cardiaca.

Si può fare prevenzione, ma non è sempre possibile agire d’anticipo

Molte di queste condizioni si possono evidenziare già negli esami generali o nelle indagini elettrocardiografiche o ecocardiografiche di routine in quanto presentano spesso un quadro suggestivo. Identificare la presenza di una cardiopatia nel giovane permette di seguire il paziente ed eventualmente, se il caso lo prevede, impiantare un defibrillatore automatico. Diagnosticare una patologia extracardiaca permette eventualmente di trattarla.

Altre volte, la patologia può presentarsi in maniera meno evidente o caratterizzarsi addirittura per una completa normalità degli esami diagnostici di routine. Alcuni esami, come la risonanza magnetica del cuore o i test genetici possono permettere di studiare e caratterizzare molte patologie “invisibili”. Tuttavia, non sono esami che possono essere proposti su larga scala a tutti i pazienti giovani nel contesto di una visita cardiologica di controllo. Inoltre, sarebbe impossibile riuscire a diagnosticare tutto in quanto la caratterizzazione genetica di alcune condizioni non è ancora completa.

Durante il match Danimarca – Finlandia abbiamo assistito alla conferma pratica e, in parte, drammatica del fatto che un intervento tempestivo può cambiare il destino di chi subisce un arresto cardiaco. Si tratta di eventi che, come abbiamo visto, hanno un’importanza anche nei giovani, e in particolare negli sportivi.

Non dovrebbe mai essere comprensibile l’assenza, anche in un contesto non medico, di un soggetto che sappia praticare le principali misure di primo soccorso. Comprimere un torace per qualche minuto, in attesa dei soccorsi medici, può fare la differenza tra la vita e la morte.

Antonino Micari

Europei 2016: tu che tipo di Tifoso sei?

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            ‘’Non togliermi il pallone e non ti disturbo più, sono l’Italiano Medio… Nel blu dipinto di blu!’’

 

Una delle poche consolazioni di questi giorni, per studenti e lavoratori, sono i nostri Azzurri che ci danno un’ottima scusa per non fare quello che dovremmo fare. Come non potremmo mai non guardare gli Europei 2016? Ottimo spunto per noi di UniVersoMe, che abbiamo fatto un po’ di antropologia (o sociologia?) e scoperto i vari tipi di… Tifoso!

 

1-      L’Organizzatore: il primo posto se lo becca lui. LUI, lui che non ti lascia in pace MAI, che ha sempre un evento al quale invitarti, un candidato da sponsorizzarti, che al primo anno di corso fingeva di esserti amico scrivendoti:” come stai?”, per poi girarti il classico “Siete tutti invitati all’evento dell’anno’’ ed ora, dopo tutti questi anni, fa copia e incolla e basta, senza cuore, ti insegue dappertutto, è uno stalker di prima qualità. Pensi che, finalmente, con l’arrivo dell’estate e la fine dei corsi, sarai lasciato in pace e INVECE NO. Perché? PERCHE’ CI SONO GLI EUROPEI. Comincia ad invitarti 6 mesi prima, ti stalkerizza come mai nella sua vita, che nemmeno mentre era candidato per la presidenza degli stalker.  Alla ricerca di birre e maxi schermo, proiettori e dolby surround, si aggira come uno scemo per la location da lui scelta controllando costantemente che sia tutto a posto. Volete fare uno spuntino? Potete tagliare l’ansia che lo avvolge: vive con la costante paura che la linea si possa interrompere e che lui possa finire lapidato al pari di Maddalena. Si rilassa solo a partita finita e nemmeno il tempo di grattarsi una chiappa… Che ha già condiviso l’evento per la prossima.

 

2-      Il Mangione…: tutto sta per cominciare. L’eccitazione e l’ansia salgono a ritmo direttamente proporzionale. Ognuno occupa la postazione di sempre, secondo il classico rito scaramantico e lui, lui di certo non può mancare. Se avete deciso di seguire il big match da un comodo divano, solitamente “il mangione” occupa quello che possiamo definire il “centro campo”. Per intenderci, si posiziona strategicamente tra attacco e difesa e, con inserimenti degni del miglior terzino del mondo, affonda le mani in qualsiasi ciotola di pop-corn che gli capiti a tiro. Nemmeno il tempo del fischio d’inizio che lui si è già strafogato 3 pacchi di salatini, 4 hot dog e una scatola di gelati al cocco. Durante tutta la partita, solitamente è quello più silenzioso (nonostante abbia la bocca in costante movimento). Magari non è neanche uno di quei tifosi particolarmente affezionati, ma si sa che queste occasioni, per uno come lui, sono estremamente “ghiotte”. Il suo momento preferito, comunque, resta il post partita. Se l’incontro è finito bene, vi proporrà di festeggiare con una pizza. Se invece, il risultato non è stato dei migliori e di conseguenza nemmeno il vostro umore è dei migliori, niente panico: “Dai, giá che siamo insieme, andiamo a consolarci con una pizza!” (Insaziabile)

 

 

3-      …E l’Ubriacone: Lo avete letto il tipo sopra? Sì? Ecco, accanto a lui troviamo l’ubriacone. L’ubriacone che decide di sedersi nel posto accanto al bracciolo. O vicino il tavolino. Oppure direttamente a terra. Non gli importa, l’importante è che abbia qualcosa su cui poggiare la birra. A lui non interessa nulla del calcio. Beh, in realtà, anche se gli interessasse non cambierebbe molto. Arriva alla partita alticcio e se ne va che a malapena regge sulle gambe. Sbiascica parole per tutta la partita, ride per non si sa cosa, apre un’altra birra e se la butta addosso. Se c’è il goal, prova ad alzarsi in piedi insieme agli altri e cade rovinosamente a terra riuscendosi a rialzare solo a partita terminata.

 

4-      Lo Sfegatato: Ecco, se sai di appartenere a questa categoria, ci tengo a dirti una cosa: CALMATI. Se invece sei uno di quelli che amano godersi la partita in tranquillità, ma hai sciaguratamente un amico di tale categoria: CONDOGLIANZE. Lo sfegatato gode certamente di personalità policromatica: diciamo che in sua presenza, non ci si annoia. È quello che entra in clima pre partita, già il giorno precedente all’incontro. Conosce a memoria ogni coro della sua squadra e non si risparmia ad intonarli prima, durante e dopo il match. L’abbigliamento che predilige porta di certo i colori della sua squadra. È munito di bandiere, striscioni, vuvuzela e tanto, tantissimo entusiasmo. Una delle sue caratteristiche migliori è, senza dubbio, l’interazione col televisore. Per tutta la durata della partita, lo ritroverai appiccicato allo schermo mentre cerca di motivare la sua squadra con frasi degne del miglior mental coach. Ogni azione offensiva, corrisponde ad un principio di infarto. Ogni azione difensiva, invece, è un tripudio di preghiere ed invocazioni Divine.

 

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5-      Il Cinico: Arrivi a casa dei tuoi amici tutto contento, saluti, baci e abbracci. Girano voci debba venire anche Carlo, “ma carlo chi? il guastafeste?” ma tu non lo vedi, perciò ti dirigi tranquillo verso la cucina, ti prendi un salatino e ti siedi. Tutto d’un tratto un brivido ti percorre la schiena, il cibo e l’aria hanno un sapore diverso… Carlo è lì, accanto a te. Non ti saluta neanche “tanto sta sera perdiamo, io manco ci volevo venire”. Alla tua destra puoi ammirare l’esemplare san Tommaso, il più antipatico tra gli apostoli: ” se non vedo non credo”. Il cinico è quasi peggio di un possibile pessimista, guarda la partita con estrema freddezza, senza battere ciglio, per poi esordire ogni tanto con qualche frase che smonti lo spirito e la speranza del momento. Se la squadra dovesse vincere? Non sarebbe comunque contento ” tanto la prossima volta perdiamo, sicuro!”, ” sarebbe potuta andare meglio”. A fine partita, nel salutare il proprietario di casa proverai una punta di odio nei suoi confronti:” La prossima volta, se organizzi, non invitarlo.”

 

6-      L’Anti-Nazionale: tu sei seduta là, nelle scale del Rettorato, tutta contenta. Non vedi l’ora che parte l’inno di Mameli e sia fischiato il calcio di inizio. Speri nella vittoria della tua squadra perché sai che la sconfitta lascerà un bel po’ di amaro in bocca. Però, nonostante tutto, sai anche che è una scusa per ritrovarsi, per stare tutti insieme. E poi arriva il tuo amichetto. ED E’ MURATO IN FACCIA CHE NON SI SA COME FACCIA ANCORA A RESPIRARE. Viene a vedere la partita con un unico scopo: tifare per la squadra avversaria. Durante l’inno nemmeno si alza, ma applaude dopo l’inno della squadra avversaria. Ogni azione degli avversari lo senti ridacchiare, camaleontico tifa TUTTI tranne ITALIA. Mentre stai progettando un modo per farlo fuori e dentro ti cresce sempre di più la voglia di urlare ‘’VUOI STARE ZITTO?!’’, la tua squadra segna e ti ritrovi abbracciato a lui che esulta più di te. NO COMMENT. (Incoerente)

 

 

7-      Il Fidanzato: La sera prima, dopo aver organizzato tutto con i tuoi amici sul vostro gruppo whatsapp, ti sei addormentato con il sorriso. La mattina seguente, dopo esserti svegliato, gli uccellini cantavano e ti sei anche lavato! Senti che questo giorno è il tuo giorno e che nulla possa andare storto. Ma poi prendi il telefono ed iniziano le tue disgrazie: ” Amore, oggi mi va di uscire! “, è la tua fidanzata, dovresti rispondere, ma sei impietrito. La felicità l’hai vista letteralmente dissolversi nell’aree, come cenere al vento. Ma hai visualizzato da più di 10 minuti, perciò con il terrore addosso, rispondi: “Ma AMORE, c’è la partita sta sera”. Sono sicura che questa frase non vi suoni del tutto nuova. Quante litigate nate a causa di quella maledettissima risposta, a causa di quella maledettissima partita! Lei ti scrive raffiche di messaggi, inveisce contro di te e tu, volutamente, li ignori. Lì, accanto a te, ci sono i tuoi amici che ti danno man forte: ” ma che vuole? non le rispondere!”, il terrore iniziale sparisce, il tuo senso di colpa si scioglie come neve al sole, per poi piangere lacrime amare dopo. Perchè tu lo sai che seguiranno settimane intere di litigate. Ma poi, tu l’altro giorno hai aspettato un’ora fuori dai camerini di Zara, perciò pensi di avere una sola passione a cui neanche lei può farti rinunciare. E tu, fidanzata, che quella sera ti sentivi particolarmente bella, non c’è santo che tenga, tu, se c’è la partita, non conti nulla. Non pensare che se il tuo fidanzato avesse avuto qualche altra passione la situazione sarebbe stata diversa, quindi zitta e guardati la partita.

 

8-      Il Procastinatore: lo studente medio non si smentisce mai. Sa che deve studiare e lo sta anche facendo, poverino, sempre rinchiuso e gobbo sui libri, che manco Manzoni, senza nemmeno farsi una doccia. Solo una cosa non lo può far sentire in colpa: la partita. In mezzo ad altri studenti devastati, che si sono presi quei 90 minuti di libertà, non può sentirsi in colpa. Qualcuno si porta dietro gli appunti, consapevole che fa prendere loro solo un’ora d’aria. Ma va bene così, è felice, felice di fingere che non abbia l’esame domani. Torna a casa e piange, ma non perché la squadra ha perso: perché sa che verrà bocciato alla prima domanda.

 

9-      L’Allenatore: Schemi di gioco, scelte tecniche e tattiche, fomazioni e sostituzioni; se conosci alla perfezione tutte queste dinamiche, allora fai parte indubbiamente di questa categoria. L’allenatore è quello che non si limita a seguire la partita da spettatore, ma vive e commenta da vero conoscitore esperto. Che poi, se per te il calcio è semplicemente lo sport in cui tutti corrono dietro una palla, allora seguire una partita in sua presenza, sarà come leggere un libro scritto in arabo e sottosopra: assist, dribbling, carambola, contropiede, corner, cross, cucchiaio, fair play, off-side, pressing. Ne conosce talmente tante che ti risulterà difficile capire come sia finito a frequentare il corso di Medicina e Chirurgia e non stia allenando la Nazionale. Stargli dietro ad ogni azione ti risulterá talmente faticoso che, a un certo punto, la tua mente comincerà a proiettarlo nei corridoi di un ospedale con tanto di fischietto e cartellini, mentre organizza un 4-4-2 con i pazienti di geriatria.

 

10-   L’Ateo: tutto è cambiato intorno a te. Ti guardi intorno ma le strade sono deserte, non senti i tuoi amici da giorni e tuoi genitori non ti danno più il bacio della buona notte. Tutto procede a rallentatore. Avvicini un conoscente per capire cosa stia succedendo: “ma come non lo sai? C’è la partita!” e tu, con aria terrorizzata, cominci a correre senza mai voltarti indietro. Se evita come la peste i tifosi permanenti e momentanei, lui è l’ateo. Sono tutti imbambolati e non ne capisci il motivo:” ma che emozione può esserci a vedere dei tizi correre dietro un pallone?” e tutti ti guardano in cagnesco. Anche i tuoi genitori, che prima ti rimboccavano anche le coperte, non ti vogliono più. Preferiresti guardare un film delle gemelle Olsen piuttosto che la partita, e inveire contro i tifosi quando esultano esattamente come un vecchio inveisce, agitando il bastone, contro i bambini che giocano davanti casa sua:”Fuori dalla mia proprietà!!!”. Per ora l’unica soluzione, per te, è rinchiuderti in casa e non sentire nessuno, come se stessi vivendo un’apocalisse zombie.

 

Elena Anna Andronico

Elisia Lo Schiavo

Vanessa Munaò

Gli studenti UNIME cantano l’Inno di Mameli ed il video diventa subito virale

13461063_10209657417101954_624214479_oIn un afoso venerdì di giugno gli studenti dell’Università degli Studi di Messina si sono ritrovati nell’Aula Magna del Rettorato per sostenere gli Azzurri. L’incontro ,valido per la seconda giornata del gruppo E, ha visto l’Italia trionfare sulla Svezia per 1-0. Una grande affluenza di pubblico, più di 350 studenti accorsi per tifare i propri beniamini.

Poco prima dell’inizio del match gli studenti si sono ripresi nel cantare l’Inno di Mameli per poi condividere il video sui social. Immediatamente la loro “impresa” è stata ricondivisa dalla pagina Facebook ufficiale della “Serie A TIM”.

L’evento è stato organizzato dalle associazioni Ages, Archè, Articolo 21 , Atreju, Crono, Ermes, Figli di Ippocrate, Uninsieme, Zancle. Gli organizzatori dell’iniziativa invitano tutta la popolazione studentesca a partecipare al terzo incontro mercoledì 22 alle ore 21:00 presso la scalinata del rettorato.

Alessio Gugliotta

Violenza: è l’ora di dire BASTA

 

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Imagine all the people, living life in peace

 

Se vi chiedessi: “quali sono i maggiori problemi esistenti nel mondo?”, voi cosa rispondereste? La fame, ovviamente, la povertà, i politici disonesti, la guerra, le malattie. Ma, secondo me, una delle più imponenti piaghe sociali è la violenza.

Noi siamo esseri umani e, come tali, siamo caratterizzati dal lume della ragione. Quel lume che si perde in alcune occasioni, quel lume perso che ci fa diventare aggressivi, cattivi, impetuosi. Quante volte si dice “è come se avesse perso il lume della ragione”?Scatta qualcosa, si perdono le inibizioni, i freni ed ecco che diventiamo feroci, che ci avvaliamo della violenza per imporci su altri esseri umani.

Sassari, Roma, Orlando, Santa Monica, Francia. Cosa accomuna questi cinque luoghi? Li accomuna il fatto che, nelle ultime ore degli ultimi giorni, sono stati sbattuti in prima pagina per atti di violenza. E così entriamo in campi molto delicati quali il femminicidio, l’omofobia, fino ad una delle più stupide motivazioni per cui ci si avvale di questa “arma”: il calcio. E poi, ancora: bullismo, terrorismo. Violenza psicologica, violenza fisica.

Siamo liberi di NON parlare, siamo liberi ma con dei limiti, siamo liberi dietro metaforiche sbarre. Gli uomini nascono liberi di poter vivere la propria vita come vogliono e, per mano di altri uomini, finiscono per non poterlo realmente fare.

In questi giorni sono ricominciate le campagne che dicono stop alla violenza sulle donne. Si legge sui giornali ”Sassari: ragazzo picchia la sua fidanzata, arrestato e rilasciato, torna da lei per vendicarsi a SPRANGATE o ”Roma: marito ammazza moglie perché non le ha sorriso quando lui desiderava”. Giorno dopo giorno si sentono storie di uomini che, imbestialiti da non si sa cosa, ammazzano una di noi. Una di noi: perché non importa se è una ragazza nata dall’altra parte del mondo, è una di noi, una sorella, una moglie, una figlia, un’amica. Sembrano storie così lontane da noi che non ci accorgiamo che, invece, sono così vicine. Oggi potrebbe toccare a me, solo perché mi sono fidata di dire “sì” a un caffè, solo perché ho detto “ti amo”, solo perché ho voluto costruire con te qualcosa.

Tutto questo, cento volte è stato detto a ognuna di noi, non è amore. E, se lo è, è un amore malato e bisogna dirlo, bisogna denunciarlo per salvarsi. Gli schiaffi, i pugni non sono amore. Questo NON È AMORE. Invece, per chissà quale motivo, quello che non viene reputato Amore (con la A maiuscola) è il sentimento che si instaura tra due persone dello stesso sesso. Due persone che si amano normalmente, senza schiaffi, senza coltelli, con qualche litigata fisiologica, se appartengono allo stesso sesso non sono normali. È contro natura. La sentite pure voi? Si chiama Omofobia.

Ed è così che ti ritrovi ucciso. Perché sei andato in un locale a festeggiare con il tuo ragazzo, con il tuo amore, a ballare, a divertirti e un pazzo entra e ti spara. E ti spara non perché, secondo alcune dichiarazioni, è facente parte dell’Isis (l’emblema contemporaneo del terrorismo e della violenza) ma perché ha visto due ragazzi omosessuali baciarsi e si è arrabbiato. Capite? Si è arrabbiato. Ah, ma non era l’unico: un uomo, diretto al Gay Pride di Los Angeles, è stato fermato, il 12 giugno scorso, a Santa Monica dove gli sono stati sequestrati fucili d’assalto ed esplosivi che, come da lui dichiarato, voleva utilizzare a quell’evento.

Ma se anche lo Sport, simbolo dell’unione tra i popoli e le persone, viene umiliato con notizie di tifosi che si picchiano tra di loro, dove arriveremo? Se anche questi Europei 2016, che dovrebbero rappresentare il mondo unito IN FRANCIA contro il terrorismo, vengono macchiati così, con queste disgustose notizie?

Il lume della ragione. Ma dove lo abbiamo lasciato, signori miei? Chi ci ha fatto credere che abbiamo il permesso di alzarci la mattina e andare a violare la libertà delle persone? Chi ci ha fatto credere che abbiamo il potere di giudicare qualcuno, di fargli del male se non è come noi o se non si comporta come vogliamo noi? Con quale sangue freddo riusciamo ad alzare le mani su un altro essere umano, a ucciderlo o a portarlo al suicidio?

Oggi è lunedì e io ho voluto iniziare la settimana con una parola: basta.

Adesso basta.

Elena Anna Andronico