Se cadono le montagne: un reportage a fumetti di Zerocalcare

 

Zerocalcare torna con il suo stile unico a raccontarci del suo viaggio nel nord dell’Iraq con incredibile sensibilità – Voto UVM:  5/5

 

Sulla copertina della recentissima uscita del settimanale Internazionale troviamo un disegno di Michele Rech in arte Zerocalcare, un assaggio del reportage a fumetti di 34 pagine, Etichette, che la rivista custodisce al suo interno. Ad accompagnare l’illustrazione in copertina c’è una frase: «Se cadono le montagne» e il sottotitolo Un reportage dal nord dell’Iraq, tra i curdi che vivono nel campo di Makhmour.

Il reportage è facilmente reperibile in edicola o con qualche click online sul sito del settimanale Internazionale; sempre online, sui social, si trova il racconto di  Zero circa la scelta di Alberto Madrigal per occuparsi della colorazione dell’illustrazione  in copertina e delle mezzetinte acquerellate all’interno del fumetto .

Zerocalcare, Con il cuore a Kobane; Internazionale. Fonte: ilbibliomane.wordpress.com

Se cadono le montagne?

Zerocalcare non è nuovo alla vicenda curda. Ci racconta infatti del suo viaggio tra il deserto e le montagne del Kurdistan qualche anno dopo l’uscita di Kobane Calling, un reportage a fumetti del viaggio di Michele in Turchia, Iraq e Siria in supporto ai combattenti curdi, un itinerario per comprendere le storie di un popolo in guerra per il proprio diritto ad esistere.

Ed è nell’introduzione del 2020 a Kobane Calling che ci scrive di un detto curdo che recita:

I curdi hanno un solo amico, le montagne.

In effetti nell’immaginario comune le montagne veicolano un significato di protezione e sicurezza. Il freddo e distaccato fascino del monte Fuji ne La grande onda di Kanagawa, qualcosa che è impossibile cada. E allora sembra che in gioco ci sia qualcosa di vitale, così la frase che leggiamo sulla copertina di Internazionale risuona in modo più decisivo e solenne, questa volta come una domanda: e se cadono le montagne?

La grande onda di Kanagawa, famosissima xilografia di Hokusai. Fonte: dueminutidiarte.com

Risposte                                    

La risposta la troviamo all’interno del fumetto: Se cadono le montagne cade tutto. Lapidaria, inscritta su uno sfondo malinconico, si vede una ragazza che siede su una roccia e regge un’arma mentre osserva i compagni che armi in spalla marciano tra le montagne.

Seguendo i dialoghi e le persone che Zerocalcare incontra nel viaggio verso il campo profughi di Makhmour, ci accorgiamo infatti che le montagne dei curdi non sono le montagne delle mappe o del nostro immaginario. Le montagne appiattite delle cartine. Sono le montagne del Pkk, dove si trovano i guerrieri curdi, considerati terroristi dai Turchi, le montagne del confederalismo democratico, le montagne da cui può arrivare l’aiuto.

Ci accorgiamo sfogliando che qualcosa non va nel nostro immaginario, che forse ci sono in gioco dinamiche più complesse a cui forse non abbiamo prestato ascolto. Dinamiche che è difficile districare e comprendere senza affidarsi ad etichette che altri hanno scelto per noi. E leggiamo ancora tra i disegni: “Le storie di guerra sono anche questo, portano con sé cose che non ci piace sentire, che ci fanno fare i conti con la realtà e la coscienza e con quello che siamo disposti ad accettare. Sono più complesse delle favole.”

 

“Se cadono le montagne”, Zerocalcare. Fonte: dalla rivista Internazionale.

Conclusioni

La complessità caratterizza le storie che Zero ci racconta con qualche battuta per alleggerire il carico emotivo.

Se cadono le montagne è una riflessione sulla complessità delle storie, 34 pagine ben riuscite che ci invitano all’ascolto e a superare i confini del – per dirla come farebbe Zero –  “così ho sentito di’ “, contro ogni riduzionismo o semplificazione. Un invito a disegni ad immaginare più da vicino i volti e i contesti, come quello dei campi profughi. Un aiuto a toccare con mano la realtà di chi abita quei luoghi e un modo per provare a prestare ascolto a voci che narrano storie diverse da quelle che siamo abituati a sentire, fuor da “etichette”.

Martina Violante

Biossido di titanio: EFSA lancia l’allerta per l’additivo presente in chewing-gum e dentifrici

L’E171 è un additivo alimentare meglio conosciuto come biossido di titanio (TiO2). Da decenni viene utilizzato nella preparazione di prodotti come gomme da masticare, caramelle, dentifrici, cosmetici e farmaci. L’applicazione di E171 negli alimenti è però diventata oggetto di dibattito, in quanto è possibile che alteri la barriera intestinale. 

  1. Le funzioni dell’E171
  2. Cos’è il Biossido di titanio?
  3. Possibili vie di ingestione
  4. Gli studi condotti
  5. Cosa affermano l’IARC e ECHA
  6. Le considerazioni dell’EFSA
  7. Conclusioni

Le funzioni dell’E171 

La funzione principale di questo colorante artificiale è quella di rendere i prodotti visivamente più attraenti ravvivandone il colore originale. Alla luce delle ultime ricerche, l’EFSA, (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) proporrà alla UE di vietarne l’utilizzo.

https://citynews-today.stgy.ovh

Cos’è il Biossido di titanio?

Il biossido di titanio è un composto chimico che si presenta come una polvere cristallina in una pigmentazione tendente al bianco. Viene considerato un pigmento poichè è anche usato per ottenere il colore bianco o sfumare altri pigmenti.
Lo sbiancamento si ottiene mediante particelle di
TiO2 in un intervallo di dimensioni di 200-300 nm. Si trova in natura in tre distinte strutture cristalline (anastasio, rutilo e brookite), ma solo l’anastasio e il rutilo sono ammessi come additivi alimentari.
L’assunzione di E171 varia tra i diversi gruppi di età e Paesi. Il gruppo più esposto è quello dei bambini a causa della loro massa corporea, inferiore a quella di un adulto, e del consumo spropositato di prodotti contenenti E171, come per esempio gli omogeneizzati.

https://primochef.it/

Possibili vie di ingestione

Le più alte concentrazioni di E171 si trovano in gomme da masticare, creme al caffè, caramelle e guarnizioni di zucchero in polvere, come ad esempio le glasse. L’ingestione accidentale di dentifricio, durante la cura dell’igiene dentale, è un’altra via di assunzione di E171. Se viene ingerito il 10% di dentifricio, si è sottoposti ad una esposizione pari al  0,15 a 3,9 mg/giorno al TiO2.
La quotidiana assunzione di E171 può raggiungere diverse centinaia di milligrammi, di cui almeno il 10-40% sotto forma di TiO2 nanoparticelle. L’esposizione a lungo termine solleva preoccupazioni riguardo al rischio di un potenziale accumulo negli organi e agli effetti potenzialmente dannosi sulla salute umana.
L’Unione Europea consente l’uso di E171 ( nelle forme di anatasio e rutilo) in quanto basta (senza limitazioni), in base al suo basso assorbimento e conseguente bassa tossicità, inerzia e solubilità.
Tuttavia, la bassa tossicità e inerzia sono fonte di dibattito. 

https://gift.kleecks-cdn.com/

Gli studi condotti

Studi di inalazione, effettuati in un arco di tempo di due anni, hanno mostrato lo sviluppo di tumori polmonari nei topi a seguito di esposizioni ad alte concentrazioni di TiO2.
L’esperimento prevedeva la somministrazione orale ripetuta di E171 nei topi a un livello di dose paragonabile all’esposizione alimentare umana.
Nel corso dell’esperimento si osservava la deposizione di TiO2 nell’apparato digerente e negli organi interni.
La somministrazione di E171 è avvenuta mediante gocciolamento nella bocca dell’animale, con conseguente osservazione di un significativo accumulo di titanio nell’intestino e nel fegato, dove venivano riscontrati focolai necroinfiammato.
Tre giorni dopo l’ultima dose, sono stati osservati un aumento della produzione di superossido e dell’infiammazione nello stomaco e nell’intestino.
Nel complesso lo studio condotto indica che il rischio per la salute umana associato all’esposizione alimentare all’E171 deve essere considerato con attenzione.

https://www.mdpi.com/

Cosa affermano l’IARC e l’ECHA

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca e il Cancro (IARC) ha classificato il TiO2 come “possibilmente cancerogeno per l’uomo dopo inalazione“. L’IARC sottolinea come la cancerogeneità non sia una conseguenza dell’ingestione di alimenti contenenti E171, piuttosto la pericolosità è dovuta alla sua inalazione.
Il 18 Febbraio 2020, l’UE ha acquisito il parere dell’ECHA (Agenda Europea per le sostanze chimiche) e ha pubblicato la classificazione del TiO2 come sospetto cancerogeno (categoria 2) per inalazione sotto forma di polvere con almeno l’1% di particelle con diametro aerodinamico ≤10μm. 

Le considerazioni dell’EFSA

Nella commissione europea del Marzo 2020 L’EFSA ha aggiornato la propria valutazione della sicurezza dell’additivo alimentare biossido di titanio (E171).
Il prof. Maged Younes, presidente del gruppo di esperti EFSA sugli additivi e aromatizzanti alimentari, ha affermato: “Tenuto conto di tutti gli studi e i dati scientifici disponibili, il gruppo scientifico ha concluso che il biossido di titanio non può più essere considerato sicuro come additivo alimentare. Un elemento fondamentale per giungere a tale conclusione è che non abbiamo potuto escludere timori in termini di genotossicità connessi all’ingestione di particelle di biossido di titanio. Dopo l’ingestione l’assorbimento di particelle di biossido di titanio è basso, tuttavia esse possono accumularsi nell’organismo umano“. 

Conclusioni

In conclusione, per l’E171 non è possibile stabilire una dose giornaliera accettabile (DGA).
I gestori del rischio presso la Commissione europea e gli Stati membri dell’UE sono stati informati riguardo alle conclusioni prese dall’EFSA e rifletteranno sulle misure più appropriate da assumere per garantire la tutela dei consumatori. Essi si riuniranno nuovamente il 1° Ottobre 2021 per trarre le conclusioni riguardo la sua effettiva capacità cancerogena, dopo un periodo di transizione di 18 mesi. 

Elena Fortuna

Fonti:

Abbatti lo Stereotipo: la nuova rubrica di UniVersoMe

6gc3d1Il nostro ruolo non è quello di essere per o contro; è di girare la penna nella piaga.

 

Questa ve la devo raccontare.

Era una graziosa mattina di maggio quando mi sono trovata catapultata in una città nordica. Beh, in realtà ci sono andata per cambiare aria prima della reclusione da sessione estiva. Adoro il nord e l’Europa, sapete perché? Perché non vengo reputata una persona “strana”. Alternativa magari, o, semplicemente, una banana di niente, considerando che ognuno si fa i fatti suoi.

E quindi, durante questa graziosa mattina, ho mandato un messaggio vocale al mio amico vegetariano per raccontargli di come ero contenta di essere là e se lui stesse coccolando le sue carote. Perché, giustamente, essendo vegetariano, DEVE (nella mia, forse, mente perversa) coccolare le sue carote.

Così è cominciato tutto, così è nata l’idea di ‘’Abbatti lo Stereotipo’’. Due stereotipi viventi che si dicevano frasi stereotipate. Si è accesa la lampadina: siamo degli pseudo scrittori in un contesto un tantinello medioevale, quindi perché non cercare di abbattere tutti gli stereotipi dai quali siamo circondati? Cambiamo il mondo. Ok, magari non esattamente IL MONDO, ma mettiamo le cose in chiaro, strappiamo queste inutili etichette.

Via, bando alle ciance, cominciamo.

Il primo stereotipo che voglio abbattere con l’inaugurazione di questa rubrica è quello secondo cui il taglio di capelli esplica per forza chi sei o chi non sei nella vita. Il taglio di capelli, il colore o l’acconciatura possono dare un input sul mio stile, ma niente di più. I punkabbestia hanno i capelli alti e con il gel fino al soffitto, gli emo il ciuffo davanti, le barbie la paglia bruciata. Sono stili, mode, correnti che vogliono un determinato modo di vestire, di fare.

E quindi, ecco le 5 cose che i capelli NON vogliono dire:

1-    Se sono un uomo ed ho i dreadlock posso essere o non essere un raggea. Questo non implica per forza che io sia un drogato o che io non sia una persona capace di intendere e volere. Magari sono un drogato, ma potrei anche essere laureato per quanto vi riguarda. Stessa cosa per le donne: non sono per forza un’eroinomane. E non sono una persona sporca, giuro. I dreads si lavano, semplicemente si usano shampoo che non siano schiumogeni. Un ragazzo italiano in erasmus a Madrid, signori a MADRID, non è stato fatto entrare in discoteca perché reputato PERICOLOSO solo per i suoi dreads.

 

2-    Se sono uomo ed ho i capelli lunghi, lunghissimi, non sono per forza un barbone o un poveraccio. No, veramente. Un mio collega se li dovette tagliare perché il professore era convinto venisse dalla Caritas. Vi è mai passato per la mente che sono semplicemente un pigro di pupù o un tirchio che si secca spendere soldi dal barbiere? Allo stesso tempo non vuol dire che io sia un selvaggio alla tarzan, padre natura o un artista bohèmien: magari sono solo un morto di fig…

 

 

3-    Passiamo alle gradazioni di colore. Se sono bionda non sono per forza stupida e oca, non sono una prostituta. Se ho i capelli biondi e gli occhi azzurri non sono un angelo misericordioso. Se sono castana e occhialuta non sono scontatamente intelligente come Rita Levi di Montalcini. Se sono mora e porto il rossetto rosso non ho velleità da bocca di rosa. Se sono con la mia amica bionda non siamo rispettivamente lei il bene e io il male. Se sono rossa non sono un irascibile e inaffidabile diavolo assetato di sangue e vendetta.

 

4-    Parliamo delle donne con i capelli a spazzola. Allora, che io abbia i capelli a spazzola non implica per forza la parola CANCRO. Anni fa una modella, tale Stefania Ferrario (potete trovare il video su youtube), dovette smentire la malattia mortale di cui si diceva fosse affetta sui social. Semplicemente lavoro, campagne di sensibilizzazione, i suoi gran c***i, le hanno fatto decidere di tagliarseli a zero. Similmente, un uomo con i capelli a zero non ha il cancro, non è un militare. Magari è semplicemente calvo, o magari no, magari vuole recuperare 10 minuti la mattina per dormire un altro po’.

 

5-    Dulcis in fundo, la categoria a cui tengo di più: le ragazze con i capelli corti. Tutte noi con i capelli corti siamo lesbiche. Ma, dio santo, perché mai questa idea malsana? Partendo dal presupposto che ognuno di noi è liberissimo di fare, sotto le proprie lenzuola o nel sedile posteriore dalla propria macchina, il cavolo che gli pare con chi e con cosa gli pare… Esattamente, i capelli, con tutto questo, cosa c’entrano? Me lo dovete spiegare. Perché una ragazza omosessuale, che magari ha dei meravigliosi capelli neri, ricci e lunghissimi, dovrebbe andare a tagliarsi i capelli a maschio giusto per fare sapere, A VOI, che è omosessuale? O, al contrario, perché una ragazza eterosessuale non dovrebbe andare a tagliare i propri capelli, magari rovinati da anni di piastra e cloro, solo perché, sempre VOI SIMPATICONI, andate a pensare che sia omosessuale? Io, veramente, non comprendo. Considerando che non possiamo girare con un cartello al collo con scritto ‘’MI PIACE IL PENE’’ (e, probabilmente, pensereste che lo usiamo solo per coprire, a maggior ragione, il nostro orientamento sessuale), potreste, ad esempio, pensare di rivalutare un po’ tutta la vostra mentalità? Un abbraccio.

 

 

Elena Anna Andronico

 

 

 

 

 

Ciao Darwin e le “etichette”

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Perché un programma come Ciao Darwin ci piace così tanto? Forse perché è un intrattenimento migliore di diverse fiction e diversi info-tainment? O forse perché è un programma che si basa sulle etichette sociali che attribuiamo e ci auto-attribuiamo?

Beh, forse per entrambe le cose. Tralasciando le polemiche sessiste che vengono fatte al programma, soffermiamoci a pensare alle etichette. Perché ci piacciono tanto?

E’ bello sentirsi parte di un gruppo, di una grande etichetta. Ci fa sentire capiti, al sicuro nella nostra cerchia. Ma serve davvero catalogarci in questo modo?

Un uomo non può essere racchiuso solo in una sola etichetta, possediamo identità plurime. Prendiamo ad esempio un padre: è sicuramente anche un figlio, può essere un marito, un lavoratore e uno sportivo allo stesso tempo. Un’etichetta non esclude l’altra.

Etichettare le persone, inoltre, può causare molte discriminazioni e dividere tra posizioni estremiste. E gli estremismi si sa, non portano niente di buono, la storia ce lo insegna.

Possiamo dire che il mondo deve essere tutto bianco o tutto nero? Non dimentichiamo che mezzo c’è un’infinita gamma di colori. Allora invece di parlare di grassi contro magri, di carnivori contro vegani, di destra contro sinistra, non sarebbe meglio accettare le diversità?

Inoltre non possiamo davvero riassumere le nostre personalità complesse in qualche termine, ce ne vorrebbero infiniti. Ma le etichette possono funzionare nelle occasioni nelle quali ci serve presentarci in maniera rapida e incisiva, non a caso infatti le usiamo soprattutto nei social.

Ben venga quindi usare le etichette anche a scopo ironico come in Ciao Darwin. Usiamole per criticare e auto-criticarci in maniera costruttiva, senza per forza incasellarci in esse.

Noemi Villari