Energie rinnovabili: svolta nell’immagazzinamento dell’energia solare

Energia solare, l’energia rinnovabile green del presente e futuro. Nonostante ciò, viene utilizzata con un dispendio non indifferente di materie prime rare. Oggi, con la nuova tecnologia MOST (Molecular Solar Thermal Energy Storage Systems), introdotta grazie ad uno studio sino-svedese, è possibile immagazzinare l’energia fino a 18 anni con il successivo utilizzo anche a distanza, divenendo così il vero fulcro energetico del futuro.

Indice dei contenuti

Cos’è l’energia solare?

Utilizzo e limiti

Tecnologia MOST

Utilizzi futuri

 

Cos’è l’energia solare?

L’energia solare è l’energia associata alle radiazioni solari (energia radiante generata dal sole attraverso reazioni termonucleari di fusione ed emessa successivamente nello spazio trasportando con sé energia solare), rappresentando la forma primaria di energia sulla terra.

Fonte: www.bluabitare.com

Utilizzo e limiti

In natura viene utilizzata direttamente dagli organismi in grado di utilizzare la fotosintesi clorofilliana (autotrofi o vegetali) e indirettamente attraverso essi, grazie all’energia chimica proveniente dalla loro digestione e utilizzo, anche dagli altri organismi (animali, uomo, ecc).

Fonte: www.scuolamania.it

Dal punto di vista energetico, rappresenta la principale fonte di energia rinnovabile insieme all’energia nucleare. Può essere utilizzata per generare calore (solare termico) o elettricità (fotovoltaico), attraverso sistemi differenti di utilizzo e immagazzinamento.

  • Il solare termico utilizza dei sistemi a circolazione naturale o forzata. Il liquido posto all’interno dei pannelli una volta riscaldato, viene successivamente messo in circolo.
  • Il fotovoltaico utilizza delle celle fotovoltaiche attraverso le quali converte la luce in energia elettrica, con un’efficienza massima del 19-20%. L’energia viene prodotta solamente durante le ore diurne ed ha bisogno, per l’utilizzo dell’energia derivante, di essere messo in rete o dell’utilizzo di accumulatori ingombranti e costosi.
Fonte: www.auraimpianti.com

Queste tecnologie hanno dei limiti che ne impediscono un utilizzo consumer:

  • l’irraggiamento solare medio (corrispondente a 3kWh al nord e 5kWh al sud) e la continuità di utilizzo;
  • l’utilizzo di materie prime provenienti dalle terre rare;
  • efficienza energetica bassa.

Tecnologia MOST

Una ricerca sino-svedese nata nel 2007 e che ha coinvolto gli atenei Shanghai Jiao Tong University e Chalmers University of Technology di Göteborg, ha dimostrato che grazie al MOST e ad un termoregolatore, è possibile catturare e immagazzinare energia, senza l’uso di una batteria. La Molecular Solar Thermal Energy Storage Systems (MOST) si basa sull’utilizzo di una molecola composta da carbonio, idrogeno e azoto (appositamente progettata) che, quando colpita dall’energia solare, si trasforma in un isomero ricco di energia (molecola con gli stessi atomi ma disposti in maniera differente). Questi, trasferiti in una soluzione di toluene, possono conservare tale energia fino a 18 anni. Successivamente, un generatore termoelettrico (spessore di 300 nm), trasforma il calore derivante dal ritorno alla forma originale degli isomeri in energia elettrica pronta ad essere utilizzata.

Fonte: DDay
Fonte: https://www.dday.it/

Utilizzi futuri

Al momento si tratta di una tecnologia acerba, ma sicuramente con un ventaglio di applicazioni notevole. Uno dei ricercatori ha commentato:

“Il generatore è un chip ultrasottile che potrebbe essere integrato nell’elettronica come cuffie, orologi intelligenti e telefoni. Finora abbiamo generato solo piccole quantità di elettricità, ma i nuovi risultati mostrano che il concetto funziona davvero. Sembra molto promettente. Stiamo lavorando per ottimizzare il sistema. La quantità di elettricità o di calore che può estrarre deve essere aumentata. Anche se il sistema energetico è basato su materiali di base semplici, deve essere adattato per essere sufficientemente conveniente da produrre, e quindi da introdurre in modo più ampio.”

Livio Milazzo

Bibliografia

DDay

Wikipedia

Chip-scale solar thermal electrical power generation – ScienceDirect

 

Energia sostenibile e Nucleare: cosa deve preoccuparci davvero?

Crediti immagine: Huffpost

Due giorni fa ricorreva il 35° anniversario dell’incidente nucleare avvenuto a Chernobyl.
Nonostante siano passati diversi anni da quest’incidente, la sua risonanza mediatica è ancora enorme.
I dati ufficiali dell’ONU tuttavia riportano un numero di vittime accertate compreso tra le 49 e le 65.

Allora, perché abbiamo questa paura atavica del Nucleare? Perché non lo si conosce abbastanza e l’ignoto, si sa, genera paura.

Ma il nucleare è davvero pericoloso?

Per parlare della pericolosità del nucleare, l’unico modo per affrontare senza pregiudizi la questione è parlare di probabilità e di rischio relativo.

Facendo un esempio, se consideriamo l’aereo, sicuramente è il mezzo più pericoloso in caso di incidente, in quanto raramente ci sono superstiti. Tuttavia, la probabilità che si verifichi un incidente aereo è circa 10 volte inferiore ad un incidente a piedi o in treno, 30 volte inferiore ad un incidente in macchina ed addirittura 300 volte inferiore ad alla probabilità di un incidente in moto.
Traslando l’esempio al mondo energetico, in tutta la storia delle centrali elettriche nucleari si sono verificati solamente due incidenti: quello di Chernobyl e quello di Fukushima. In essi hanno perso la vita rispettivamente circa 54 persone a Chernobyl ed 1 morto e 16 feriti nell’incidente Giapponese.
Di incidenti petroliferi, invece, con enormi disastri ambientali, purtroppo ne abbiamo notizia quasi ogni anno.

In seguito all’incidente di Chernobyl, evento unico nel suo genere, c’è stato un aumento del numero di tumori alla tiroide nelle popolazioni colpite. In termini relativi, si prevede che questo aumento rimanga inferiore allo 0,05% (worst case scenario) dei casi di tumore totali nelle aree coinvolte.

Cosa significa “in termini relativi”? Significa che l’incremento dello 0,05% non è calcolato rispetto alla popolazione totale, ma rispetto all’incidenza della malattia.
Se ad esempio si considera una popolazione di un milione di persone e statisticamente ci si aspetta che il 20% di esse si ammali di tumore nel corso della vita, un aumento relativo dello 0,05% significa che i malati “extra” non saranno 500 (lo 0,05% di un milione), ma solo 100 (lo 0,05% del 20% di un milione).

Nonostante la drammaticità di perdite di vite umane, si tratta quindi di eventi eccezionali, causati nel primo caso da una drammatica sequenza di errori umani, inesperienza ed arretratezza tecnologica; nel secondo caso da un terremoto con Magnitudo 9, circa 5000 volte più energico del terremoto che distrusse L’Aquila.
I morti legati con certezza alle centrali nucleari quindi, secondo le stime ufficiali, si attestano circa ad una sessantina.

Quanti morti causano ogni anno i combustibili fossili?

L’inquinamento dell’aria, causato dai combustibili fossili,  è la quarta causa di morte a livello mondiale.

Parliamo di 5 milioni di morti ogni anno, 9 milioni se inseriamo nell’equazione anche l’inquinamento dei mari e dei fiumi e il riscaldamento globale.
Eppure lo consideriamo più accettabile del nucleare: in nessuna parte del mondo i combustibili fossili, che sono la causa primaria dell’inquinamento atmosferico, vengono combattuti con la stessa ferocia con cui viene combattuta l’energia nucleare.
E ciò ha dell’assurdo, perché proprio l’energia nucleare previene l’immissione in atmosfera di miliardi di tonnellate di gas inquinanti, dunque diminuisce il fattore di rischio dovuto all’inquinamento atmosferico.

Ma non esistono alternative ai combustibili fossili ed al nucleare?

Non bastano le fonti di energia rinnovabile?

Purtroppo no.
Dall’inizio della storia dell’uomo, infatti, non abbiamo fatto altro che aumentare sempre più il consumo energetico, senza mai subire una battuta d’arresto o tornare indietro.

Non è un caso che il boom tecnologico sia iniziato quando abbiamo avuto a disposizione una maggiore quantità di energia. Infatti, se per millenni l’uomo ha sfruttato cavalli o navi a vela per gli spostamenti, con l’invenzione della macchina a vapore e successivamente del motore a scoppio, siamo passati in soli due secoli alla conquista del cielo e perfino dello spazio.

Va da sé che più l’umanità evolverà tecnologicamente, più avrà bisogno di energia.

Le rinnovabili da sole possono far fronte ad una tale richiesta?
Nel 2019 la richiesta energetica italiana è stata pari a 319.622 GWh.
Un pannello solare in silicio policristallino fornisce una potenza di 0.2 kiloWatt (kW) per metro quadro.
Una pala eolica può normalmente erogare una potenza massima di 6000 kW (o, se preferite, 6 MW).
Un reattore nucleare può invece arrivare a 1.6 GW di potenza nominale, il che significa che, per ottenere la stessa potenza nominale di un singolo reattore nucleare, servono circa 250 pale eoliche, o 8 chilometri quadrati di pannelli solari.

Bisogna poi considerare il Capacity Factor, vale a dire il rapporto tra produzione di energia elettrica effettiva “x” fornita da un impianto di potenza durante un periodo di tempo e la fornitura teorica di energia “y” che avrebbe potuto offrire se avesse operato alla piena potenza nominale in modo continuativo nel tempo.

Tenendo in considerazione pure il CF, la quantità di pannelli solari e pale eoliche richieste per un paese come l’Italia ammonta ad un numero elevatissimo: bisognerebbe disboscare per costruire pannelli solari e pale eoliche.

Un reattore nucleare, invece, riesce ad operare ad una potenza stabile nel tempo anche per anni, cosa conveniente se si considerano l’inverno (dove le giornate sono più corte o uggiose) con meno luce solare e i giorni con poco vento.

Per quale motivo dovremmo usare anche il nucleare?

Perché le rinnovabili, purtroppo, da sole non bastano a ridurre il consumo di combustibili fossili. Attualmente, infatti, in Italia l’energia che non ricaviamo dalle rinnovabili la importiamo dalla Francia (che usa il nucleare) o la otteniamo bruciando Gas o Carbone.

La concentrazione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) ha superato la soglia delle 415 parti per milioni (ppm) il 15 maggio 2019. È una concentrazione superiore del 48% a quella dell’epoca preindustriale, quando la concentrazione di CO2 in atmosfera era attestata sulle 280 ppm.

Questo aumento enorme dei gas serra, che oltre la CO2 annoverano anche il Metano (CH4) ed altri, porterà ad un aumento di 2 gradi centigradi o più entro il 2050, il che porterà a conseguenze catastrofiche. Sarà difficile l’approvvigionamento di acqua potabile per sempre più persone, si scioglieranno ulteriormente i ghiacciai, moriranno sempre più animali marini.

Si tratta di eventi a cascata che porteranno ad una distruzione dell’ecosistema e della vita per come la consociamo oggi.

Il nucleare può ridurre queste emissioni: basterebbero infatti solo 5 centrali in Italia per essere completamente indipendenti dai combustibili fossili, includendo il contributo delle rinnovabili.

Inoltre, sempre grazie a questa energia, si potrebbe procedere ad una “cattura” della CO2 atmosferica, tentando di invertire l’inesorabile aumento delle temperature terrestri.

Conclusioni

Tutto questo porta ad una conclusione, che per molti sarà contro-intuitiva, ma che nondimeno è vera e statisticamente verificabile: non solo i rischi dell’energia nucleare sono prossimi allo zero (un aumento dello 0,05% della mortalità da tumore moltiplicato per la probabilità infinitesima di un incidente catastrofico), ma se li confrontiamo con i benefici (ovvero il calo del rischio di mortalità dovuto alle emissioni di gas inquinanti e la diminuzione dei gas serra), otteniamo che il nucleare è benefico per il pianeta.
E infatti, secondo uno studio di Scientific American del 2013, l’energia nucleare, dal 1971 ad oggi, ha salvato quasi due milioni di vite.

Riguardo la gestione delle scorie radioattive, argomento che spaventa molti, data la corruzione nella nostra società, fortunatamente la gestione degli impianti nucleari è regolamentata da severissime leggi e controlli internazionali.
Questo bypasserebbe una eventuale inefficienza italiana nella gestione dei rifiuti radioattivi.

Salvare il pianeta dalla distruzione a cui lo stiamo portando è nostro dovere.
Serve dunque meno paura e più spirito critico.
Per vincere la paura è necessaria la conoscenza, per cui cerchiamo sempre di informarci ed essere critici (soprattutto verso i nostri stessi pregiudizi), per rendere il pianeta un luogo in cui sia ancora bello e possibile vivere.

Roberto Palazzolo

Le applicazioni di CRISPR Cas9, Nobel per la Chimica 2020

Il Nobel per la Chimica quest’anno è stato “vinto a parimerito” dalla chimica americana Jennifer A. Doudna e dalla biochimica francese Emmanuelle Charpentier. 

Il metodo di modificazione del DNA da loro scoperto è attualmente, nelle sue nuove varianti, il più preciso conosciuto. Le applicazioni di CRISPR Cas9 provengono da scienziati di tutto il mondo, per esperimenti che spaziano dalla medicina, all’agroalimentare e alle energie pulite. 

Qualche esempio in ambito zootecnico-alimentare 

Partendo dall’ambito non medico, grazie alle applicazioni di CRISPR Cas9 è possibile realizzare degli OGM con una precisione ed efficienza mai viste prima: 

  • Mais geneticamente modificato per produrre delle colle (evitando l’uso di idrocarburi o altre sostanze particolarmente tossiche per l’uomo e per l’ambiente)
  • La pianta erbacea Setaria viridis modificata per produrre biocarburante (che fa si che si che la CO2 prodotta sia stata prima sottratta all’ambiente, dalla fotosintesi delle piante modificate)
  • La Camelina sativa modificata per produrre notevoli quantità di omega3, noti protettori cardiovascolari (1)
  • Produzione di alimenti con più alto valore nutritivo per riuscire a nutrire più persone, risparmiando risorse in termini di acqua, disboscamento ed energia, aiutando i Paesi poveri con alimenti “supernutrienti”. Un esempio è il golden rice, un riso ricco di Beta carotene, vitamina essenziale per la vista (2) 
Crediti immagine: Wikipedia

Prima per realizzare simili modifiche occorrevano anni e milioni di dollari. Ad esempio bisognava infettare le piante con virus o batteri vettori che comunque avevano poca efficienza, dovuta ai precedenti metodi come ZFNTALENs. 

Un esempio di una possibile futura applicazione, stavolta quasi fantascientifica, potrebbe essere il “Riportare in vita” delle specie estinte, come i Mammutprendendo il DNA dai fossili ed inserendolo in cellule dei loro più vicini discendenti, gli elefanti. (3)

Crediti immagine: Focus

Insomma, le applicazioni sono pressoché illimitate. 

In ambito medico abbiamo già diversi esempi di applicazioni di CRISPR Cas9

Nel 2018 in Europa è iniziato un trial clinico per la cura della Beta Talassemia, malattia che richiede a chi ne è affetto trasfusioni di sangue continue. Essa è causata da un difetto dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi. 

Tramite CRISPR Cas9, prendendo le cellule staminali del sangue dei pazienti malati, è possibile correggere il loro difetto genetico (produzione dell’emoglobina anomala), quindi reinserirle nel corpo del paziente e una volta moltiplicatesi, esse andranno a produrre globuli rossi perfettamente funzionanti. (4)

Crediti immagine: genomeup

In Cina ed in altri Paesi sono in corso studi per la cura dell’HIV. Nonostante infatti venga tenuta a bada dalle terapie antiretrovirali, rimane latente nel corpo dei sieropositivi in quanto il virus riesce ad integrarsi nel DNA del soggetto malato. Con CRISPR Cas9 gli scienziati cinesi sono riusciti ad eliminare totalmente il virus dal corpo dei ratti di laboratorio infettati con HIV. 

Insomma, con CRISPR Cas9 qualunque patologia apparentemente incurabile sembra risolvibile. Infatti, tra le altre applicazioni future ci potrebbero essere: 

  • Corea di Huntington
  • Leucemia Mieloide Acuta 
  • Emofilia
  • Sarcoma di Ewing 
  • Distrofia muscolare 
  • Vari tipi di tumori (5)

E molte altre patologie, se si riconoscerà il gene difettoso e quindi si capirà cosa andare a “correggere”. 

Il problema etico 

Nel 2018, in Cina, due gemelle, Lulu e Nana, sono nate immuni all’HIV. Gli scienziati cinesi hanno modificato il loro DNA quando ancora erano degli embrioni, rimuovendo il recettore CCR5 dai loro globuli bianchi, recettore usato dal virus per infettare le cellule.  (6)

Crediti immagine: scienza fanpage

Sembra un traguardo sensazionale ma, in primis, nessuno sa quali svantaggi comporterà in queste bambine la mancanza di tale recettore. Esso è infatti importante per i segnali con cui comunicano le cellule, come le interleuchine, il TNF ecc. Mancando, potrebbe sì proibire alle bambine di ammalarsi di HIV, ma al contempo potrebbe scatenare in loro nuove patologie sconosciute. 

In secondo luogo, modificare fin dalla nascita un essere vivente perché non si ammali di una eventuale patologia, significa avvicinarsi pericolosamente al concetto di Eugenetica. A nascere e meritare la vita sarebbero solo gli individui geneticamente perfetti, facendo perdere da un lato l’eterogeneità della razza umana, importantissima sia in quanto tale, che per scongiurare un’estinzione della specie. Ad esempio, potrebbe nascere una malattia che attacca solamente gli “esseri perfetti”, che invece risparmia quelli con qualche difetto.

Senza dimenticare che le bambine non hanno chiesto di nascere con quella mutazione, che fintanto frutto del caso sarebbe “accettabile”, ma se provocata artificialmente pone un interrogativo: chi ha il diritto di decidere come dovrai nascere? 

Magari oggi si inizia dall’evitare il contagio dell’HIV, per finire un giorno, in un futuro distopico, ad avere solamente soggetti con occhi verdi, o soggetti alti più di una determinata altezza. 

Fortunatamente la comunità scientifica internazionale ha aspramente criticato tale comportamento, prendendone le distanze. 

Conclusioni

Il traguardo tecnologico raggiunto nell’editing genomico con questa scoperta ha fatto sì che il Nobel per le scienziate Jennifer A. Doudna e Emmanuelle Charpentier sia arrivato molto in fretta, più che meritatamente. Di solito, infatti, passano anche decine di anni per l’assegnazione del premio. 

Ben presto, una volta che i trial clinici già in atto e quelli futuri dimostreranno come migliorare la tecnica per evitare quei pochi effetti indesiderati, qualunque patologia genetica conosciuta sarà curabile. Con un po’ di ingegno, si potranno curare anche patologie come i tumori, magari modificando il sistema immunitario in modo che possa riconoscerli e attaccarli selettivamente (tecnica già in sperimentazione chiamata CAR-T). 

Si potranno realizzare OGM sempre più efficienti che aiuteranno sia l’umanità che la natura, cercando di risparmiare risorse o salvare specie in pericolo. 

Un grande grazie andrebbe urlato dal mondo intero a queste scienziate, donatrici di un nuovo potentissimo strumento nelle mani dell’umanità.
Starà a noi, come del resto vale per qualunque potente mezzo tecnico-scientifico, deciderne l’uso ed evitarne l’abuso.

 

Roberto Palazzolo

 

(1) https://www.lescienze.it/news/2018/01/16/news/crispr_genetica_piante_migliorate_ogm-3822923/

(2) https://www.lescienze.it/news/2020/03/17/news/il_nuovo_golden_rice_dell_era_crispr-4698594/

(3) https://www.focus.it/ambiente/animali/editing-genetico-per-creare-un-mammut-ibrido

(4) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/talassemia/13892-beta-talassemia-avviata-in-europa-la-prima-sperimentazione-clinica-con-crispr

(5) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/talassemia/13892-beta-talassemia-avviata-in-europa-la-prima-sperimentazione-clinica-con-crispr

(6) https://www.dday.it/redazione/33319/bambine-geneticamente-modificate-hiv-ricerca-mit

 

Nuove tecnologie per un mondo sempre più green: TiO2 e fotocatalisi

Le proprietà fotocatalitiche del TiO2 possono rivoluzionare il settore rinnovabile, grazie alle loro capacità di decontaminazione

 

Al giorno d’oggi, una delle più grandi sfide che il mondo si trova ad affrontare è il passaggio da uno sfruttamento intensivo delle risorse terrestri ad un utilizzo “green” di ciò che la Terra ci offre.

Così il mondo della ricerca ha ideato vari dispositivi per sfruttare le energie rinnovabili, quali celle solari (delle quali abbiamo parlato in un precedente articolo), pale eoliche, reattori nucleari, ecc. Ma una conversione green passa anche attraverso la pulizia dell’acqua che utilizziamo e dell’aria che respiriamo.

Per venire incontro a queste esigenze, gli scienziati si sono affidati ai materiali fotocatalitici. Cosa sono? E soprattutto, cos’è la fotocatalisi?

La fotocatalisi

La fotocatalisi, secondo la Treccani, è “l’azione in virtù della quale alcuni materiali semiconduttori […] sotto l’azione della luce possono dar luogo a reazioni di riduzione o di ossidazione di sostanze indesiderate presenti anche in piccole quantità”.

Può anche essere definita come l’accelerazione della velocità di processo di una fotoreazione per la presenza di un catalizzatore (materiale che modifica la velocità di una reazione chimica, senza rientrare nei prodotti finali).

Un fotocatalizzatore, nella fattispecie, diminuisce l’energia di attivazione di un determinato processo, in modo che sia più semplice che inizi.

La fotocatalisi eterogenea avviene quando scegliamo come sistema fotocatalizzatore un insieme di particelle di semiconduttore aventi proprietà fotocatalitiche, poste a contatto con l’acqua o il gas con i quali vogliamo che reagiscano. Quando il fotocatalizzatore viene esposto alla luce, vengono generati degli stati eccitati capaci di dare il via a reazioni redox o trasformazioni molecolari.

Cosa avviene nel dettaglio?

Ricordando la struttura a bande dei semiconduttori (che abbiamo spiegato nel precedente articolo), quando un fotone di energia superiore all’energy gap colpisce il semiconduttore, viene prodotta una coppia elettrone – lacuna, con l’elettrone che passa quindi dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Nei semiconduttori alcune di queste coppie elettone fotoeccitato – lacuna diffondono sulla superficie della particella catalitica, prendendo parte alla reazione chimica con le molecole assorbite: donatore o accettore.

Uno dei più utilizzati e promettenti semiconduttori, avente una forte attività fotocatalitica (grazie all’assorbimento diretto di fotoni, può partecipare a reazioni chimiche di superficie), è il biossido di Titanio (TiO2), o più semplicemente la Titania. Possiede infatti delle proprietà uniche:

  1. Alto indice di rifrazione e alto grado di trasparenza nella regione dello spettro visibile, che lo rendono ideale nell’energy storage, nonostante assorba solo il 5% della radiazione solare incidente;
  2. alta porosità;
  3. alta affinità superficiale;
  4. bassi costi e facile produzione in grandi quantità (che lo rendono quindi scalabile per le aziende);
  5. inerzia chimica;
  6. non tossicità;
  7. biocompatibilità.

La Titania si presenta in 3 forme cristalline (rutilo e anatasio, le quali sono le forme più diffuse in natura, e la brookite) e in fase amorfa. La fase rutilo è più stabile rispetto all’anatasio, ma la seconda possiede una maggiore attività fotocatalitica.

 

Nell’immagine possiamo vedere le strutture delle fasi a) anatasio e b) rutilo

 

Ma quali applicazioni ha il TiO2?

DECONTAMINAZIONE

Abbiamo detto che, se un fotone ha una energia maggiore dell’energy gap, produce una coppia elettrone-lacuna.

Una delle caratteristiche degli ossidi dei metalli semiconduttori è il forte potere ossidante delle loro lacune. Queste possono, ad esempio, reagire con l’acqua assorbita sulla loro superficie: si ha così la formazione di un radicale ossidrile molto reattivo (OH). Lacune e gruppi ossidrili possono ossidare la maggior parte dei contaminanti organici, riuscendo così a decontaminare l’acqua.

Quando una molecola di ossigeno presente nell’aria reagisce con un elettrone, invece, si comporta come accettore di elettroni per formare uno ione super-ossido, particelle fortemente reattive capaci di ossidare materiali organici inquinanti.

Queste due applicazioni rendono il TiO2 ideale per l’applicazione nella decontaminazione di acqua e aria.

PRODUZIONE DI MATERIALI AUTOPULENTI

Uno strato sottilissimo di Titania è utilizzato anche come copertura nelle lastre di vetro. Quando un fotone incidente colpisce questo strato di TiO2 si producono, come è noto, elettroni e lacune. Attraverso i meccanismi precedentemente descritti, molte sostanze organiche adsorbite dalle superfici vengono decomposte e, grazie all’idrofilia foto-indotta, vengono fatte scorrere dall’acqua sulle superficie, che porta con sé i materiali inquinanti.

La caratteristica idrofila della superficie avviene grazie alle reazioni redox che avvengono a seguito della irradiazione di fotoni. In questo processo viene espulso ossigeno, creando quindi una vacanza. Queste vacanze vengono colmate dall’acqua producendo gruppi ossidrilici adsorbiti e quindi siti idrofili superficiali, mentre il resto della superficie mantiene caratteristiche idrofobiche. Maggiore è l’esposizione alla radiazione solare, maggiori saranno i siti idrofili che si formeranno. L’acqua piovana, quindi, tenderà a formare un fil continuo, piuttosto che raccogliersi in gocce, rendendo più facile il trasporto di inquinanti.

 

Fonte: Tribuna di Treviso

 

ABBATTIMENTO DELL’INQUINAMENTO CITTADINO DA NOx

Immaginiamo di dotare le pavimentazioni stradali e le pareti delle varie strutture cittadine di coperture composte da TiO2. I gas inquinanti prodotti dalle automobili, come il NOx, filtrano attraverso la superficie porosa e si legano alle particelle di TiO2. Quando i fotoni incidono la Titania, vengono prodotte le solite coppie elettrone-lacuna, si ottiene la fotoattivazione e quindi la decomposizione di gas nocivi quali NO e NO2, adsorbite nelle particelle e trasformati in acido nitrico (HNO3). L’acqua piovana porta con sé quindi l’acido nitrico come ioni nitrati, del tutto innocui, oppure il carbonato di calcio alcalino contenuto nei materiali può neutralizzare l’acido. Questo processo è quindi simile a quello che avviene nelle piante e negli alberi grazie alla fotosintesi clorofilliana.

 

Fonte: materialidesign.it

 

AZIONE ANTIMICROBICA

Batteri e funghi, anche molto resistenti, come l’Escherichia coli e lo Staphylococcus, vengono decomposti grazie al forte potere ossidante della Titania. Il TiO2 è molto più forte di altri agenti antimicrobici, perché agisce anche quando le superficie sono coperte da cellule e quando i batteri si stanno attivamente propagando.

 

Conclusioni

Il TiO2 continua a stupire i ricercatori grazie alle sue proprietà fotocatalitiche. In futuro, un suo largo utilizzo potrebbe garantire una notevole decontaminazione di materiali inquinanti e batteri, rendendo sempre più “green” le città in cui viviamo.

 

 

Giovanni Gallo

Nuove tecnologie per un mondo sempre più green: celle solari di ultima generazione

La sfida dei ricercatori di tutto il mondo per migliorare l’efficienza dei dispositivi fotovoltaici

Parola d’ordine: energia rinnovabile. Come vi abbiamo raccontato in un precedente articolo, una delle sfide più difficili ma al contempo stimolanti è la ricerca di fonti di energia rinnovabili che garantiscano l’indipendenza dai combustibili fossili, soddisfacendo al contempo la richiesta energetica mondiale.

Sulla Terra sono numerose le fonti di energie rinnovabili. Si pensi ad esempio al vento, alle maree, alle onde, ai nuclei radioattivi, ecc.; ma ce n’è una, proveniente dallo spazio, che se sfruttata a dovere può risultare promettente: l’energia solare.

Il Sole, quotidianamente, grazie alle reazioni nucleari che avvengono al suo interno, invia sulla Terra una quantità spaventosa di radiazioni. È stato calcolato che ogni giorno il Sole irradia alle soglie dell’atmosfera terrestre, in media, 1367 W/m2 di potenza, che può essere raccolta e convertita in energia elettrica. Per ottenere questa conversione, bisogna tenere conto di diversi fattori:

  • Climatici, come la copertura nuvolosa: le nuvole bloccano parte della radiazione solare;
  • Geografici, come la latitudine: all’equatore l’energia solare raccolta sarà maggiore che ai poli;
  • Tecnologici, ovvero l’efficienza di raccolta delle celle solari, che sarà l’oggetto di discussione di questo articolo.

Andremo quindi a vedere com’è strutturata una cella solare, come funziona e quali sono le recenti innovazioni nel settore.

CELLE SOLARI – INFORMAZIONI PRELIMINARI

Le più comuni celle solari sono realizzate in Silicio, uno dei più abbondanti materiali presenti nella crosta terrestre, appartenente alla classe dei semiconduttori e, in assoluto, il re indiscusso dell’elettronica. Infatti gli hardware dei più comuni dispositivi tecnologici, dallo smartphone al computer, dalla televisione alla lavatrice, sono realizzati con questo importante materiale semiconduttore.

Ma quali sono le proprietà del Silicio, che permettono alle celle solari di convertire l’energia solare in elettrica?

Addentrandoci un po’ più a fondo nella fisica della materia, apprendiamo come i solidi abbiano tutti una struttura definita “a bande”: banda di valenza (nella quale sono presenti gli elettroni legati ai nuclei) e banda di conduzione (nella quale sono presenti gli elettroni non legati ai nuclei che permettono, dunque, la conduttività). In base a come queste sono disposte, possiamo distinguere conduttori, semiconduttori ed isolanti.

  • Nei conduttori, banda di valenza e banda di conduzione sono sovrapposte: ciò permette agli elettroni di poter facilmente “slegarsi” dai nuclei e passare in banda di conduzione, in modo da consentire il passaggio di elettricità.
  • Negli isolanti, invece, non vige questa proprietà, poiché gli elettroni sono fortemente legati ai nuclei e quindi è difficile il loro passaggio dalla banda di valenza alla banda di conduzione.
  • Nei semiconduttori, che altro non sono che una via di mezzo tra conduttori e isolanti, le bande di valenza e di conduzione sono energeticamente distanti tra loro, ma in modo da non rendere troppo difficile il passaggio di un elettrone dall’una all’altra banda.

 

Struttura a bande

 

Ma quindi, nelle celle solari come avviene la conversione dell’energia solare in energia elettrica?

Quando un fotone (particella di luce) raggiunge la cella solare, un elettrone in banda di valenza assorbe la sua energia e raggiunge la banda di conduzione, lasciando una lacuna (vacanza di un elettrone) in banda di valenza. Grazie ad un sistema esterno, gli elettroni che raggiungono la banda di conduzione vengono raccolti e utilizzati per l’alimentazione domestica.

Questa conversione presenta, però, una serie di problematiche. Le più importanti sono:

  • la riflessione: alcuni fotoni incidenti vengono riflessi dagli strati superficiali della cella solare;
  • l’efficienza di ricezione dei fotoni: non tutta la luce che raggiunge le celle solari viene raccolta;
  • la ricombinazione: molti degli elettroni che raggiungono la banda di conduzione si ricombinano con le lacune, cioè tornano in banda di valenza, rendendo quindi nulla la raccolta dei fotoni che li ha generati.

Al fine di ottimizzare questi dispositivi, i fisici hanno incentrato la loro ricerca sul miglioramento dell’efficienza di ricezione, evitando il più possibile la ricombinazione.

Negli ultimi anni, sono stati realizzati diversi tipi di celle solari, ognuna di loro con le proprie peculiarità e limitazioni. Andremo ora a descrivere il funzionamento di alcune di esse.

CELLE SOLARI ETEROGIUNZIONE

Le celle solari eterogiunzione, tra tutti i dispositivi fotovoltaici, sono tra le più promettenti. Sono composte da strati di diverso materiale, aventi quindi diversi energy gap (ovvero l’apporto energetico che necessita un elettrone per passare dalla banda di valenza a quella di conduzione). I suddetti strati vengono impilati, in genere, partendo da quello con energy gap maggiore sulla superficie fino ad arrivare a quello con energy gap minore; questa struttura permette alle celle solari di prendere la maggior parte dei fotoni, tutti con energie diverse, compresi nello spettro solare.

 

Pannelli fotovoltaici eterogiunzione

 

Al Liten, uno degli istituti di ricerca della francese Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives, sono state prodotte delle celle solari eterogiunzione con un picco dell’efficienza di conversione (la capacità del processo di ricevere un fotone e convertirlo in elettricità) del 24,25%. Questo risultato è stato raggiunto grazie agli sviluppi sugli strati trasparenti di ossido conduttivo e ai sempre minori danni associati al trattamento degli strati durante la produzione. “I test eseguiti confermano che la tecnologia delle celle eterogiunzione in silicio è praticabile sia in termini di tecnologia che di producibilità”, spiegano gli scienziati. I prossimi obiettivi dell’istituto di ricerca sono quelli di diminuire i costi, rendendo le celle fruibili in larga scala, aumentandone l’efficienza.

CELLE SOLARI CON NANOFILI DI SILICIO

Questo tipo di celle solari presenta la superficie coperta da nanofili di Silicio drogati che, grazie alle loro piccolissime dimensioni (alcuni nanometri), riescono a catturare meglio i fotoni incidenti mediante le loro proprietà quantistiche.

 

Gaute Otnes, Lund University

 

Ad oggi questi dispositivi non sono fruibili sul mercato, ma i ricercatori le considerano comunque molto promettenti, nonostante ai pro si contrappongano anche diversi contro: se è vero che queste celle solari sono molto poco dispendiose e occupano meno spazio rispetto alle celle solari comuni, è anche vero che alcuni meccanismi non si conoscono ancora alla perfezione (come per esempio la fase di drogaggio dei nanofili) ed inoltre l’efficienza non è ancora elevatissima rispetto ad altre tecnologie.

CELLE SOLARI ORGANICHE

Le celle solari organiche si ispirano al processo naturale della fotosintesi clorofilliana. Sono composte da tutti quei dispositivi fotovoltaici realizzati tramite l’utilizzo di composti organici, ovvero in base carbonio. La loro struttura è composta a strati realizzati con materiali fotoattivi, intercalati tra due elettrodi conduttivi, ed un substrato composto da vetro o plastica flessibile.

 

In questa figura possiamo notare la flessibilità delle celle solari organiche

 

Le miscele di materiali che compongono gli strati presentano dei pigmenti che hanno il compito di assorbire la radiazione solare, mentre gli altri componenti estraggono gli elettroni. La gamma di pigmenti che possono essere impiegati include quelli a base vegetale, come le antocianine derivate dai frutti di bosco, i polimeri e le molecole sintetizzate.

In questa famiglia di celle solari si possono annoverare: le celle “dye sensitized” (la cui parte fotoelettricamente attiva è costituita da un pigmento, da ossido di titanio e da un elettrolita), organiche (la cui parte attiva è totalmente organica o polimerica), ibride organico/inorganico e ibride biologico.

L’efficienza di queste celle solari non permette ancora un largo utilizzo nel settore privato, ma in prospettiva possono essere molto promettenti grazie alle loro caratteristiche “green”: infatti, i pigmenti naturali sono facilmente biodegradabili e i costi di produzione sono molto ridotti rispetto alle normali celle solari.

CELLE SOLARI CON PEROVSKITI

Il gruppo di ricerca guidato da Steve Albrecht e Bernd Stannowski ha prodotto, presso i laboratori dell’Helmholtz Center di Berlino (HCB), una cella solare tandem realizzata con due semiconduttori, Silicio e Perovskite, che ha raggiunto una efficienza del 29,15%. Questo valore, confermato dal CalLab del Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems (ISE), risulta essere tra i più alti mai raggiunti nel campo del fotovoltaico.

 

Cella solare Silicio-Perovskite

 

La struttura Silicio-Perovskite possiede una tale efficienza grazie alle proprietà elettroniche dei due materiali: infatti il Silicio cattura i fotoni meno energetici, mentre la Perovskite raccoglie i fotoni ad energia maggiore. In tal modo la cella solare riesce a coprire la quasi totalità dello spettro solare, massimizzando l’efficienza.

Nonostante gli ottimi risultati sperimentali raggiunti dalle celle solari Silicio-Perovskite, i costi non le rendono ancora competitive a livello industriale.

CONCLUSIONI

Negli ultimi anni, sempre più gruppi di ricerca si stanno impegnando per migliorare le caratteristiche delle celle solari al fine di ottenere una larga scalabilità, senza venir meno alle esigenze riguardo l’efficienza. I risultati ottenuti fino ad ora sono molto promettenti e stimolanti, sebbene ancora le celle solari non siano tra i dispositivi più efficienti per la produzione di energia rinnovabile.

Nei prossimi articoli vedremo altri esempi di energie rinnovabili e dispositivi per il loro utilizzo.

 

Giovanni Gallo

Giulia Accetta

L’energia del futuro: in esclusiva per UVM il Prof. Aldo Di Carlo dalla conferenza “Innovative Materials for Future”

Durante l’evento Innovative Materials for Energy, promosso dalla Prof.ssa Giovanna D’Angelo del dipartimento MIFT dell’Università di Messina, si cerca di rispondere alla domanda “qual è l’energia del futuro?” Nella conferenza del 20/11 i relatori: la Prof.ssa Giulia Grancini ed il Prof. Aldo Di Carlo hanno mostrato un resoconto dei materiali e delle tecnologie più innovative che ci permettono di compiere un salto concreto nel futuro.

La Prof.ssa Grancini, docente del dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia, ricorda le motivazioni che spingono la ricerca in questo campo, ovvero la necessità di trovare soluzioni alternative all’utilizzo dei combustibili fossili, considerando che i livelli di CO2 atmosferici sono fra i più alti nella storia (>400ppm nel 2019) e ciò è dovuto per oltre l’80% all’attività dell’uomo. Discute quindi le sue ricerche sull’energia solare di nuova generazione, per le quali è vincitrice del premio internazionale USERN 2019. Spiega che i moduli fotovoltaici convertono l’energia solare in energia elettrica senza alcun impatto ambientale. I suoi studi vertono in particolar modo intorno alla stabilizzazione della perovskite che, grazie al suo basso costo, alla facile processabilità e all’alta efficienza (raggiungendo picchi del 23%) si propone di rivoluzionare il campo del fotovoltaico, soppiantando il più costoso e meno efficiente silicone che ha dominato per anni questo mercato.

Minerale di perovskite

Risposte concrete, quindi, ma anche nuove sfide da affrontare, delle quali abbiamo avuto la possibilità di parlare con il Prof. Aldo Di Carlo, direttore del Polo solare organico della Regione Lazio (Chose), a Roma, e coordinatore del Laboratorio per l’energia solare avanzata, a Mosca.  

Professore, quali novità dobbiamo aspettarci nei prossimi anni dall’industria energetica?  

L’utilizzo di energia si sposterà sempre più verso il rinnovabile. Invece, sul lungo termine, un campo di studio emergente che suscita interesse è quello che si occupa della fusione tra energia e informazione. Questi due termini, apparentemente estranei e difatti per lungo tempo distanti, stanno convergendo verso il concetto di smart: smart energy, smart city. Avere informazione significa ridurre entropia e utilizzare meglio e con più efficienza l’energia. 

Quanto al rinnovabile, come può essere gestito in futuro lo stoccaggio dell’energia elettrica, elemento essenziale per l’accumulo di energia ottenuta da fonti rinnovabili? 

L’immagazzinamento dell’energia è un problema importante, perché le attuali soluzioni sono parziali e lo storage elettrochimico limitato non riesce a rispondere a tutte le esigenze. Tuttavia si stanno sviluppando grandi progetti: lo stoccaggio industriale attraverso l’idrogeno è fra i più promettenti.  

Inoltre l’energia rinnovabile è pervasiva: con una migliore efficienza energetica (come la si ottiene col perovskite) e una introduzione capillare del rinnovabile, anche una centralizzazione dello stoccaggio potrebbe essere qualcosa di cui fare a meno. Sicuramente è un progetto a lungo termine, ma ancora una volta la chiave potrebbe essere la digital energy, ovvero l’integrazione di energia e informazione: è questo il concetto emergente che diventerà veramente importante. 

La Digital Energy promette massima efficienza grazie alla gestione dei dati

In una società dominata dalla logica del profitto, con le agenzie dei combustibili fossili che non vogliono abbandonare questo mercato e adeguarsi alle policies del rinnovabile, considerata anche la sempre più stringente minaccia del global warming, come possiamo favorire la transizione all’utilizzo del rinnovabile? 

Il cambiamento climatico antropogenico è un dato di fatto di cui si sta acquisendo sempre più coscienza. Noi osserviamo una cosa: il mondo dell’informazione (ICT) si muove velocemente e tende a produrre efficienza. Invece le modifiche nel campo energetico avvengono con tempi biblici. Nel momento in cui Energia entrerà in ICT, il cambiamento diventerà veloce e potrà avvenire la transizione di cui parli. Ad ogni modo le società stanno già facendo forti investimenti per non perdere terreno nel campo delle rinnovabili, ma tale transizione sarà graduale soprattutto perché ancora non abbiamo delle densità di energia tali da rendere il rinnovabile indipendente dalle altre forme di energia. Per accelerare questo processo è necessario un breakthrough che deve venire dai giovani. 

Proprio riguardo i giovani, cosa si sente di dire alla nuova generazione di scienziati che si affacciano per la prima volta al mondo della ricerca per motivarli?  

Il futuro del mondo dipende dai giovani: solo da loro possono giungere nuove soluzioni. D’altronde Galois apportò la sua innovazione alla matematica ancora adolescente. Sono loro che fanno la differenza, e in questo momento storico serve un disruptive breakthrough che dipende solo dai giovani sia per la coscienza che hanno sviluppato (vedasi il fenomeno Greta) sia per la creatività e l’innovazione che possono apportare alle attuali tecnologie. 

Mattia Porcino

La green economy nel panorama delle strategie internazionali

Domani mercoledì 5 aprile dalle 18, alla Sala GarHub di via Garibaldi la NWG, azienda leader nel settore delle energie rinnovabili, terrà un seminario informativo sulle energie rinnovabili e sulla green economy.

Nella stessa serata si susseguiranno interventi di sensibilizzazione alle tematiche ambientali e presentazione del progetto aziendale e delle opportunità di lavoro.

Con suddivisioni in fotovoltaico, solare termico, E-mobility ed home, la NWG si impegna dal 2003 nel diffondere tecnologie a basso impatto ambientale e comportamenti ecosostenibili promuovendone l’utilizzo alle famiglie e alle piccole e medie imprese, con una politica aziendale che “mira a conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali nell’ottica di assicurare un futuro migliore e più sereno alle generazioni future”.

Alessio Gugliotta