MEDICINA E FILOSOFIA: UN BINOMIO INASPETTATO

Oggi, non ci sembra facile collegare medicina e filosofia, ma, se volgiamo uno sguardo al passato, ci accorgiamo che anche la medicina nasce dal pensiero di filosofi, che si sono occupati della ψυχή, l’anima, e del σώμα, il corpo. Platone, Aristotele, Ippocrate e Galeno rappresentano il punto di partenza di un percorso scientifico che ha portato fino alle scienze mediche.

LA FILOSOFIA INCONTRA LA MEDICINA

La medicina è una scienza che mette al suo centro l’uomo: compito del medico è curare gli esseri umani e la relazione medico-paziente è la base della medicina stessa. Ovviamente, non bisogna dimenticare che l’uomo non è solo un insieme di organi e funzioni vitali, anche se, oggi, forse a causa dell’avvento di nuove tecniche e nuovi mezzi, si finisce per focalizzare l’interesse sullo studio della malattia e non sull’uomo nella sua interezza.

Tornando al passato, sappiamo bene che, nell’Antica Grecia, non esistevano delle vere e proprie strutture in cui ospitare i “pazienti” o delle strutture in cui i medici potevano essere istruiti. La maggior parte di questi ultimi cercava di lavorare in maniera autonoma, basandosi sui propri studi e sulle proprie osservazioni.

Jacques-Louis David, La morte di Socrate, 1787, olio su tela, 129,5 x 196,2 cm. New York, Metropolitan Museum of Art. FONTE

PLATONE: IL FILOSOFO DELL’ATTUALITÀ

Nel IV libro delle Leggi, Platone illustra in modo semplice e chiaro l’organizzazione che regola i rapporti tra i medici nella Grecia del IV secolo a. C. Vi è una vera e propria gerarchia tra medici e assistenti. Gli assistenti possono utilizzare l’arte medica  solo in base alle indicazioni e alle competenze dei loro superiori. Si limitano ad obbedire ai medici che assistono, non agiscono in virtù di una competenza propria, non sono in grado di prendere decisioni in autonomia.

ARISTOTELE: L’ANIMA COME PRINCIPIO VITALE

L’anima (ψυχή) è il principio vitale che dà forma agli organismi viventi (non c’è separazione tra anima e corpo). L’anima è costituita da diverse facoltà:

  • l’anima vegetativa governa la crescita e la riproduzione (proprie di tutti i viventi);
  • l’anima sensitiva, governa le percezioni (ha sede nel cuore)
  • l’anima razionale (propria solo degli umani).

Nel V secolo, in Grecia, i medici non praticavano dissezioni di corpi, né umani né animali, quindi non conoscevano la conformazione degli organi interni. Aristotele, con i suoi studi sugli animali, contribuì a una notevole rivoluzione in medicina.

IPPOCRATE: IL FONDATORE DELLA MEDICINA SCIENTIFICA IN GRECIA

Ippocrate, nel V secolo a.C., fonda la Scuola di Kos: i primi testi di medicina furono scritti dai medici frequentanti la cerchia ippocratica e proprio ad Ippocrate viene attribuita una raccolta, definita Corpus Hippocraticum”. La raccolta è costituita da circa settanta opere, scritte nel corso di vari secoli, che trattano vari temi, soprattutto medici.

La medicina ippocratica, che considerava il corpo nella sua interezza e non nelle sue singole parti, si fondava su due elementi fondamentali:

  • L’equilibrio
  • Gli umori, contraddistinti in sangue, proveniente dal cuore, flegma, proveniente dal cervelletto, bile gialla, proveniente dal fegato e bile nera, proveniente dalla milza. Se la salute è identificata con il perfetto equilibrio degli umori, la malattia invece con il loro squilibrio e la presenza insufficiente o eccessiva di uno dei quattro principi.

IL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE

Il dialogo con i malati era fondamentale nella medicina ippocratica e i medici avevano ottime capacità prognostiche. Ponendo domande, osservando i visi, i corpi e le secrezioni potevano prevedere con grande precisione il decorso della malattia. L’esigenza di ritornare a metodi ippocratici  si sta dimostrando una necessità. Il medico deve allacciare una relazione e instaurare un’interazione con il paziente, in mancanza della quale la malattia è destinata ad avere conseguenze sempre più gravi. Al di là delle conoscenze scientifiche, il medico deve rappresentare un punto di riferimento per il paziente e deve ispirare fiducia in quest’ultimo. Solo in questo modo è possibile entrare in contatto con il paziente e dargli le cure necessarie. Ricordiamo, infatti, che una stretta di mano, uno sguardo in più, un semplice “come stai?” possono far sentire il nostro paziente a suo agio con il medico stesso, vedendolo come una persona familiare. Nonostante Ippocrate sia vissuto in tempi lontanissimi, ci ricorda che l’empatia è un valore che nessun professionista del settore sanitario deve perdere di vista durante il corso della sua carriera.

“La vostra felicità sta nel bene che farete, nella gioia che diffonderete, nel sorriso che farete fiorire, nelle lacrime che avrete asciugato.” FONTE

IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE

Ippocrate, in diverse sue opere, insiste sul fatto che il medico debba condurre una vita riservata senza speculare sulle malattie dei pazienti. Infatti, i medici dovevano curare gratuitamente i pazienti e i bisognosi, stabilendo un legame vero e puro con i malati. Tale pensiero si ritrova nel celebre Giuramento di Ippocrate, scritto dal grande medico di Kos per definire i requisiti necessari praticare l’arte medica. Nel testo, ritroviamo tutti i principi fondamentali che devono seguire i medici:

  • la diffusione responsabile del sapere;
  • l’impegno a favore della vita;
  • il senso del proprio limite;
  • rettitudine e segreto professionale

Ippocrate ha formulato le regole della vera arte di curare, la cui chiave è ricordata dalla classica frase “natura medicatrix”, ossia “è la natura che cura”. É innegabile che qualche professionista del settore, con un modo di agire antinaturale, finisca per danneggiare il corpo, rendendolo un deposito di farmaci.

GALENO: IL CURATORE DEL RAPPORTO TRA SALUTE E FARMACO

Galeno di Pergamo è, insieme ad Ippocrate, uno dei padri della medicina antica. Nato da una famiglia di vocazione scientifica, fu medico anche farmacologo, costruì le basi della medicina sia araba che occidentale. Nel 162 d.C. si trasferì a Roma dove fu medico di gladiatori e di imperatori.

Galeno fornisce le basi anche della farmacoterapia affermando che alcune sostanze possiedono dynameis interne, ossia possono modificare lo stato del corpo in virtù delle qualità che posseggono. Alle qualità primarie, Galeno accosta nuove osservazioni sulla valutazione del grado di intensità dell’azione terapeutica di una sostanza. Si disegna, quindi, un complesso sistema farmacologico, in cui la sperimentazione, che deve valutare l’interazione di proprietà naturali con una serie di variabili, tra cui lo stato del corpo, la stagione, il genere e l’età dei pazienti, ha parte fondamentale. Ne deriva l’importante principio che non esiste la cura per tutti, ma ogni singolo malato richiede un trattamento specifico, adatto solo al suo caso.

Elena Nastasi

BIBLIOGRAFIA

https://www.studenti.it/filosofia-e-medicina-arte-medica-da-ippocrate-a-galeno.html

/cap-4-medicina-e-filosofia-limportanza-della-riflessione-e-della-formazione-multidisciplinare/

https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2022/05/Ritornare-a-Ippocrate-c7f637ab-9570-45fb-a01e-a90fd68fe35f.html

Pensiamo alla salute. 20 regole per un uso corretto dei farmaci. Consigli del Ministero della Salute – Forattini

La Medicina Naturale alla portata di tutti – Libro di Manuel Lazaeta Acharàn – Accademia Naz. Galilei, 18° edizione

Neuroni specchio: un nuovo modo di comprendere gli altri

Il linguaggio verbale, l’empatia, la capacità di imparare velocemente mediante imitazioni, sono tutte peculiarità che rendono l’uomo un essere “speciale”.

https://www.genteditalia.org

Una nuova scoperta

I neuroni specchio forniscono un semplice meccanismo neurale per comprendere le azioni degli altri.
Infatti, la loro scoperta ha portato a un nuovo modo di pensare a come generiamo le nostre azioni e come monitoriamo e interpretiamo quelle degli altri.
Inoltre, permette di comprendere l’empatia come partecipazione immediata e compassionevole ad una risposta, consentendo la comprensione dei sentimenti delle altre persone.

Una nuova scoperta

Cosa sono?

Prove sperimentali

Immedesimarsi senza sforzo

Un vantaggio evolutivo

Neuroni specchio in alcuni disturbi neurologici

Il campo dell’Autismo

Conclusione

Cosa sono?

I neuroni specchio sono una classe di neuroni che modulano la loro attività sia quando un individuo esegue uno specifico atto motorio, come afferrare un oggetto, sia quando osserva passivamente lo stesso o un simile atto compiuto da un altro individuo.
Sono stati segnalati per la prima volta circa 20 anni fa nell’area premotoria ventrale del macaco F5.
Oggi alcuni studi affermano che siano presenti anche nel cervello umano, in tutto il sistema motorio: cortecce premotoria ventrale e dorsale e la corteccia motoria primaria, oltre ad essere presenti in diverse regioni della corteccia parietale. Questo sistema è alla base dei meccanismi di apprendimento per imitazione.

https://www.stateofmind.it

Prove sperimentali

La prova dell’esistenza di un sistema specchio nell’uomo, proviene da studi di neuroimaging e indagini neurofisiologiche non invasive (elettroencefalografia, magnetoencefalografia e stimolazione magnetica transcranica). Il neuroimaging ha dimostrato l’esistenza di 2 reti principali con proprietà specchio.
Una rete risiede nel lobo parietale e nella corteccia premotoria più la parte caudale del giro frontale inferiore (sistema specchio parietofrontale) coinvolto nel riconoscimento del comportamento volontario.
L’altra è formata dall’insula e la corteccia frontale mesiale anteriore (sistema specchio limbico), dedicato al riconoscimento del comportamento affettivo.
È opinione diffusa che i neuroni specchio siano un adattamento genetico per la comprensione dell’azione. Si pensa infatti che siano stati progettati dall’evoluzione per svolgere una specifica funzione socio-cognitiva.

Immedesimarsi senza sforzo

I neuroni specchio interagiscono anche con le aree emotive del cervello, come l’insula e l’amigdala che sono i motori fisiologici dell’empatia.
Una scienziata inglese, Tania Singer, ha per esempio utilizzato la risonanza magnetica funzionale per esaminare l’attività cerebrale di un gruppo di giovani donne.
Ha scoperto così che aree del cervello che si attivano quando percepiamo un dolore sono le stesse che reagiscono quando una persona alla quale siamo legate riceve lo stesso trattamento.
La scoperta dei neuroni specchio dimostra così che immedesimarsi negli altri non comporta nessuno sforzo particolare: è un meccanismo che l’evoluzione ha selezionato perché vantaggioso.

https://lh3.googleusercontent.com

Un vantaggio evolutivo

Comprendere il potenziale vantaggio evolutivo del meccanismo dei neuroni specchio ha permesso di spiegare una serie di competenze precoci, una sorta di programma innato parziale come lo è il pianto o la sensibilità alla voce umana.
Questo permette di spiegare come mai un neonato già dopo poche ore dalla nascita è in grado di riprodurre movimenti della bocca e del volto della mamma.

Neuroni specchio in alcuni disturbi neurologici

Il fenomeno dei neuroni specchio sta acquisendo rilevanza clinica nel campo dei disturbi dello spettro autistico e dell’apoplessia celebrale (ictus), ovvero l’arresto improvviso delle funzioni cerebrali provocato da un’emorragia. Infatti un aspetto di possibile rilevanza clinica del sistema specchio è la riabilitazione degli arti superiori dopo ictus.

Esistono inoltre evidenze, sebbene ancora preliminari, di un possibile sottosviluppo o menomazione del sistema specchio nell’autismo e in quei disturbi psichiatrici in cui la competenza sociale è compromessa.

https://culturaemotiva.it

Il campo dell’Autismo

Clinicamente, alcuni deficit funzionali tipici del disturbo dello spettro autistico, come l’isolamento sociale e i deficit nell’imitazione, nell’empatia emotiva e nell’attribuire intenzioni ad altri, potrebbero dipendere anche da un cattivo funzionamento dei neuroni specchio.
Il neurofisiologo Vilayanur Ramachandran è arrivato a queste conclusioni attraverso un particolare esperimento. Lo studioso ha misurato tramite elettroencefalogramma (EEG) nel cervello dei bambini una particolare onda cerebrale chiamata “onda Mu“.
Questa si blocca ogni volta che una persona compie un movimento volontario, ma anche quando si osserva qualcuno compiere la stessa operazione.
L’EEG dei bimbi autistici esaminati ha dimostrato che essi presentavano l’interruzione dell’onda Mu quando si muovevano (non avevano infatti problemi motori) ma non quando osservavano gli altri compiere gli stessi movimenti.
Ramachandran ha quindi dedotto che nelle persone autistiche il sistema dei neuroni specchio possa essere deficitario.

Conclusione

In conclusione ciò che accomuna la capacità di commuoversi davanti a un film, di intuire al volo il significato di un gesto, di apprezzare un’opera d’arte, sono i neuroni specchio.
Essi sono chiamati così perché, proprio come uno specchio, hanno la particolarità di riflettere all’interno di ognuno di noi il mondo esterno.
Sono loro a consentirci di interpretare molto rapidamente le azioni degli altri, a farci sapere se la persona che abbiamo di fronte sta prendendo una tazzina per bere un caffè o invece per sparecchiare, se sta sollevando una mano per colpirci o per accarezzarci.

        “ L’unico modo per capire le persone è sentirle dentro di te”

                                                John Ernest Steinbeck

 

Ludovica Dibennardo

Bibliografia:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3898692/

https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rstb.2013.0169?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

https://royalsocietypublishing.org/doi/10.1098/rstb.2013.0169?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

https://elibrary.de/doi/10.13109/prkk.2012.61.5.322?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/fullarticle/796996

Workshop “L’accoglienza infermieristica e il patto infermiere cittadino tenuto da Docenti del DIMED: dipartimento di Medicina Clinica e sperimentale”

All’ “INTERNATIONAL SKILLS MEETING – RASSEGNA INTERNAZIONALE DELLE COMPETENZE” svoltosi a Messina nei giorni 6-7-8 Novembre 2018  presente anche il “Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale” con i docenti medici, docenti infermieri, studenti di infermieristica e ovviamente tanti studenti provenienti dalle scuole medie superiori della città financo dalla provincia e dall’area metropolitana dello stretto,  i quali affascinati dagli argomenti trattati non hanno fatto mancare la loro linfa vitale ed energica, utile alla vita comunitaria d’ateneo.

La Prof.ssa Caruso e la Prof.ssa Calatozzo hanno dato ampio spazio alla figura dell’ infermiere professionista, delucidando ampiamente le competenze dell’infermiere e il concetto di empatia, nonché alcune delle manovre di approccio con il possibile utente/paziente. Presenti in aula anche i Professori Giuseppe Maurizio Campo e Giovanni Crea.

Al giorno d’oggi, per intraprendere questa professione, è quanto più necessaria una predisposizione all’ascolto, che consiste nell’essere empatici verso il nostro prossimo, ancor più in una società “distratta” come la nostra, dove vige l’indifferenza verso gli altri. Ecco che la figura dell’infermiere, o meglio, di chi in generale voglia affacciarsi al mondo dell’assistenza, deve far propri i valori di solidarietà, umanità e amore empatico, a priori, come fosse un legame imprescindibile. Per “amore” si intende quello che nella vita bisognerebbe avere nel prendersi cura degli altri sotto tutti i punti di vista, anche in modo assistenziale. I concetti di aiuto e del mettersi a disposizione degli altri sono quei presupposti che dovrebbero animare qualsiasi aspirante infermiere, ancor prima dell’essere un professionista della salute.

 

L’infermiere, che viene riconosciuto come operatore sanitario dal decreto ministeriale 739 del 1994, e che da pochissimo si vede attribuito il passaggio dal Collegio IPASVI (Infermieri Professionali Assistenti Sanitari Vigilatrici d’ Infanzia ) a Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI), fa della sua professione uno stile di vita, sua e degli altri, in una società in cui mai prima di adesso la sua figura è tanto richiesta.

Ai ragazzi che hanno avuto il piacere di essere ospiti del Dipartimento di Medicina Clinica e sperimentale e più in generale delle iniziative d’ateneo, vanno i nostri più sinceri auguri per un futuro ricco di luce, la stessa che anche noi sperammo, perseguimmo, e trovammo. Luce a voi futuro dell’ateneo Messinese e di questa nostra Italia!

A supporto della kermesse, instancabili, presenti, attenti e costanti i ragazzi di UniVersoMe, che in tutte le sue componenti hanno dato risalto alle attività e a tutti i singoli aspetti della manifestazione.

Filippo Celi

The Theory of Mind: alla scoperta del nostro pensiero e di quello altrui

jmTantissime sono le qualità che ci rendono unici in natura, ma nessuna è equiparabile alle nostre attività cognitive superiori, che sebbene non siano da considerarsi una esclusiva del genere umano, rasentano in esso quanto di più perfetto la natura ci abbia donato. Ovviamente tutto quello che ci caratterizza oggi non è altro che il risultato di millenni di lenta evoluzione che hanno portato allo sviluppo di queste straordinarie quanto ancora poco conosciute capacità. E quale di queste ci rende particolarmente unici se non la capacità di sviluppare dei pensieri? O meglio ancora  la capacità di immedesimarsi nella mente degli altri? Proprio quest’ultima abilità è nota come “Theory of Mind” (ToM), ed è alla base della nostra personalità, delle nostre relazioni sociali e quindi della capacità della nostra specie di costituire delle società così complesse. Ma non ci fermiamo qui perché siamo in grado, grazie a queste capacità, di assaporare tutte le sfaccettature tipiche della comunicazione, dall’ironia ai sottintesi, dall’umorismo alla decodificazione del linguaggio del corpo. Pensiamo a una mamma che vede il proprio figlio tornare da scuola sbattere la porta di casa e lasciare cadere lo zaino, la prima cosa che sarà portata a pensare è che qualcosa è andato storto. Questo è un tipico esempio di “vitality forms”, studiato dallo psichiatra Daniel Stern, secondo cui analizzando 4 variabili di una determinata azione, ossia forza, direzione, tempo e spazio, siamo in grado di capire lo stato mentale di chi ci sta davanti. Più recentemente secondo uno studio tutto italiano ad opera di Rizzolatti e Gallese sembra che si sia individuato un circuito “somatosensoriale-insulare-limbico” che si attiva quando viene osservata una vitality form e quindi un’azione.

Nell’essenza della ToM è da considerarsi la presenza di una sinergia, un legame indissolubile tra l’attività cognitiva e l’attività affettiva. Entrambe contribuiscono in maniera differente ma allo stesso tempo indispensabile al cosiddetto processo di mentalizzazione ossia alla rappresentazione interna degli stati mentali propri e di altri individui: in altre parole non è possibile che tale processo si verifichi se non vi è un adeguato apporto sia delle dotazioni cognitive che della componente affettiva.

Il bimbo durante la sua crescita va incontro a diverse fasi che precedono lo sviluppo di una vera e propria ToM; ad esempio all’età di 2 anni circa ci rendiamo conto che i desideri sono alla base delle nostre stesse azioni e di quelle altrui, a 3 anni si sviluppa la cosiddetta triade “Desiderio-credenza-azione” con le quali siamo in grado di compiere determinate azioni perché pensiamo che in tal modo possiamo soddisfare i nostri desideri. Fino all’età di circa 4 anni quando, siamo finalmente in grado di prendere coscienza dell’altrui pensiero. Infatti grazie a un semplice esperimento, eseguito come un semplice gioco e denominato test della falsa credenza, è possibile appurare che il bimbo è in grado di dipingere nella sua mente un quadro di quello che sta avvenendo nella mente di un altro soggetto.

Inizialmente lo sviluppo della ToM veniva considerato un processo intraindividuale, e proprio da alcune critiche mosse da Fonagy, psicologo e psicanalista ungherese, secondo cui la figura del bimbo veniva ridotta a quella di un semplice “elaboratore isolato di informazioni”, nacque la più ampia concezione di un bimbo immerso nella realtà che lo circonda e dalla quale viene profondamente influenzato, che prende il nome di “svolta contestualistica”. Da questo momento un’ampia serie di studi hanno dimostrato come ruoli di primaria importanza vengano giocati dai genitori e dal tipo di linguaggio che essi adoperano, si è visto come l’utilizzo di termini che si riferiscano a stati mentali di altri, rappresenti un fattore stimolante l’abilità dei bambini di “leggere le intenzioni”. Basti pensare a quando da piccoli lasciavamo un gioco solo per un momento e nostro fratello ce lo “scippava”, immediatamente scoppiavamo a piangere; a quel punto la mamma veniva a tranquillizzarci e a rimettere la pace e ,magari, riferendosi al nostro fratellino diceva : “pensava che avessi smesso di giocare, non voleva farti piangere”. Altre ricerche hanno sottolineato che la presenza di fratelli, soprattutto se di età maggiore, rappresenti un vantaggio rispetto a chi è figlio unico, in quanto il continuo rapportarsi, dialogare, giocare e litigare, sono tutte attività che favoriscono lo sviluppo delle capacità mentali del bambino.

Purtroppo ci sono casi in cui si riscontrano anomalie nello sviluppo della ToM, ed è il caso dell’autismo in cui una delle ipotesi è che questi bimbi non riescano a sviluppare la capacità di meta-rappresentazione che sta alla base della Teoria della Mente e che li porta conseguentemente, a una difficoltà di interazione col mondo circostante. Altro caso patologico in cui questo deficit si verifica è la schizofrenia, che però non è necessariamente accompagnato da una qualche anomalia durante l’infanzia, al contrario dell’autismo. E proprio al fine di affrontare al meglio queste patologie di cui ancora molti meccanismi si disconoscono, è importante che la ricerca vada avanti e prosegua il suo incessante lavoro soprattutto per quanto riguarda l’individuazione delle aree cerebrali interessate nello sviluppo della ToM, al fine di evidenziarne il genere di alterazioni che sono alla base dello sviluppo di queste patologie, per poter attuare poi tutte le pratiche terapeutiche in nostro possesso.

Andrea Visalli