Nuove sanzioni alla Russia: embargo sul petrolio russo e price cap di 60 dollari

L’Unione Europea, dopo l’invasione ingiustificata dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio, ha imposto alla Russia una serie di nuove sanzioni. Queste si aggiungono alle misure restrittive già in vigore dal 2014 in conseguenza all’annessione della Crimea.
Tra i principali obiettivi prosciugare i conti del Cremlino. “L’economia russa sarà distrutta, pagherà e sarà responsabile di tutti i suoi crimini” ha dichiarato la presidenza ucraina. Per eliminare i guadagni russi e mettere così in difficoltà gli sforzi bellici si è detto basta a petrolio e gas.

Per colpire l’economia russa, l’Ue parla in termini di divieti d’esportazione (entità europee non possono vendere determinati prodotti alla Russia), e d’importazione (entità russe non sono autorizzate a vendere determinati prodotti all’UE). In giugno è stato adottato un pacchetto di sanzioni che vieta l’acquisto, l’importazione o il trasferimento via mare di petrolio greggio (non lavorato) e di alcuni prodotti petroliferi dalla Russia all’UE. Queste restrizioni entrate in vigore ieri (5 dicembre) per il petrolio greggio, mentre per gli altri prodotti petroliferi raffinati come diesel, benzina da febbraio 2023.

Trovato un accordo per un tetto al prezzo dell’oro nero 

Nel mercato del gas la riduzione dei flussi di forniture da Mosca verso l’Europa ha fatto aumentare i prezzi. Alla fine la Russia nel corso del 2022 ha venduto meno e guadagnato di più. Per evitare questo paradosso, anche per il petrolio oltre all’embargo è stato applicato un tetto massimo al prezzo in accordo tra Unione Europea, membri del G7 e l’Australia.
Il price cap è stato fissato a 60 dollari al barile, imposto ai prezzi del petrolio russo venduto in stati terzi. Questo provvedimento vieterà alle compagnie di fornire servizi che consentono il trasporto del petrolio russo oltre il tetto stabilito. Al fine di limitare le entrate che Mosca trae dalle sue forniture in Cina o in India.

Grafico price cap sul petrolio russo, Fonte: Sky tg24

L’accordo siglato dagli ambasciatori dei paesi membri dell’Ue a Bruxelles, era rimasto in sospeso in attesa delle decisioni della Polonia. Perché il versante polacco era stato critico sull’efficacia del tetto fisso, si richiedeva un prezzo molto più basso pari a 30 dollari al barile. L’attuale prezzo di un barile di petrolio russo, denominato “Urals oil”, è di circa 65 dollari poco sopra il tetto europeo, quindi un impatto realmente contenuto nel breve periodo. Sembra che il funzionamento del meccanismo di price cap verrà rivisto ogni due mesi, per rispondere all’esigenze di mercato. Sarà fissato a meno del 5%, al di sotto del prezzo medio di mercato del petrolio e dei prodotti petroliferi russi, calcolato sulla base dei dati forniti dall’Agenzia internazionale dell’Energia.

A differenza del gas, il petrolio può essere trasportato via mare. Così quello che l’Europa non comprerà più dalla Russia, potrà arrivare ad esempio dall’Arabia Saudita e altri produttori del Golfo Persico. Sono difficili questi equilibri, ma per Bruxelles questo servirà a stabilizzare i prezzi globali dell’energia.

“Stiamo lavorando a tutta velocità”, ha affermato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, “non ci fermeremo finché l’Ucraina non avrà prevalso sull’illegale e barbara guerra di Putin”. La von der Leyen attraverso un tweet ha ribadito le decisioni sull’embargo e il price cap.


Gianclaudio Torlizzi
, osservatore ed esperto del settore, ha dichiarato che “questo tetto è stato deciso proprio per non creare shock sul mercato e per danneggiare lentamente Mosca”. Ma bisogna ora vedere quali saranno le reazioni del Presidente Putin e dell’Opec.

Russia: Stop greggio a chi aderisce al price cap 

La Russia non accetterà il price cap sul prezzo del suo petrolio. Stiamo valutando la situazione. Sono stati fatti alcuni preparativi per questo tetto. Vi informeremo su come sarà organizzato il lavoro una volta terminata la valutazione”

Queste le parole ai giornalisti di Dmitrij Peskov, noto portavoce del Cremlino, dopo le decisioni dell’Ue. Da tempo per compensare il suo export dalle perdite europee, Mosca si sta rivolgendo ad altri mercati come l’Asia. Essendo secondo produttore di petrolio al mondo ha dirottato gran parte delle sue forniture in India, Cina e altri paesi asiatici a prezzi scontati. Questo ha portato ad una diminuzione dell’esportazioni, ma i guadagni si sono mantenuti. Per esempio la Cina, nonostante le politiche “zero covid”, ha acquistato circa 2 milioni di barili al giorno di petrolio russo negli ultimi mesi.

Alexander Novak, vice-primo ministro russo in conferenza, Fonte : The New York Times

Mosca ha ribadito chiaramente che “non intende vendere il suo oro nero”, a nessuno dei paesi che adottano il tetto ai prezzi. “Venderemo petrolio e prodotti petroliferi ai paesi che lavorano con noi, sulla base delle condizioni di mercato. Anche se questo volesse dire che dobbiamo ridurre la produzione” dichiara Alexander Novak, vice-primo ministro russo.
Secondo alcune analisi del New York Times però circa il 55% delle petroliere che trasportano il petrolio russo fuori dal paese battono bandiera della Grecia, paese dell’Ue. Mentre i principali assicuratori di questi carichi hanno sede nell’Unione Europea e nel Regno Unito, un paese del G7. Aggiunge il giornale che la Russia utilizza compagnie di altri paesi, ma passare tutte le sue esportazioni a fornitori alternativi sarebbero probabilmente più costoso e meno sicuro per gli acquirenti.

 

 

Queste sanzioni funzioneranno?  

L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (Opec) e i suoi alleati, gruppo noto come Opec+ , ha concordato sull’attenersi al proprio obiettivo di produzione di petrolio. Fra le restrizioni a Mosca, il lockdown da covid in Cina e il rallentamento dell’economia globale, l’organizzazione prende tempo e tiene invariati gli attuali livelli di produzione. Una mossa per gli analisti di “wait and see” che ha senso, in attesa di capire l’impatto delle nuove misure contro la Russia.

Zelensky, presidente ucraino, ritiene che il price cap sia una decisione “non seria”, si tratterebbe di “fissare un limite abbastanza buono per il bilancio dello Stato terrorista”. Alcuni ritengono che l’embargo sul petrolio non funzionarà come sperato e i prezzi saliranno. La Russia avrà dei vantaggi come gli altri paesi esportatori. Tutto il peso cadrà sui consumatori, già schiacciati dalla più grave crisi inflazionistica degli ultimi decenni.

In Italia, le sanzioni contro la Russia hanno portato dei risultati paradossali. Il nostro paese ha ridotto di molto la sua dipendenza dal gas russo, ma il petrolio è continuato ad arrivare. Questo dovuto anche alla presenza di una delle principali raffinerie del paese la “Lukoil Isab” di Priolo, che poteva acquistare solo petrolio russo. L’Italia così ha aumentato di molto la sua esposizione sul petrolio russo, tanto d’acquistarne quasi la metà. Da oggi questo non potrà più accadere!
Come ha dichiarato l’amministratore delegato di Eni, Claudio DescalziL’embargo al petrolio russo sarà un duro colpo” quindi “bisognerà stare attenti a trovare il petrolio altrove. Tutto ciò che potremmo recuperare arriverà dagli Stati Uniti”.


                                                                                                              Marta Ferrato

50 giorni dall’invasione in Ucraina: le parole di Zelensky. Si stringe la morsa russa su Mariupol

Il 14 aprile ha segnato il cinquantesimo giorno di conflitto dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, lo scorso 20 febbraio. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha commentato la ricorrenza affermando che nessuno pensava che il popolo ucraino avrebbe resistito così a lungo, «ma non sapevano quanto sono coraggiosi gli ucraini, quanto amano la libertà». Zelensky si è poi soffermato sull’eroismo del suo popolo:

«Siete diventati tutti eroi. Tutti, uomini e donne ucraini che hanno resistito e non si arrendono. E che vinceranno, che riporteranno la pace in Ucraina. Ne sono sicuro».

Intanto, il conflitto continua tra tentativi di de-escalation dell’Unione Europea, che pensa anche ad un embargo graduale sul petrolio russo (da discutere, però, al termine delle Presidenziali francesi), e tra una Finlandia che preme sempre più per l’adesione alla NATO. Il ministro finlandese per gli Affari europei Tytti Tuppurainen ha affermato, infatti, che il rapporto con la Russia sarebbe cambiato in seguito alle ultime azioni della Federazione, che – continua – sarebbero un «campanello d’allarme per tutti noi».

Mariupol sempre più in difficoltà

Peggiora la situazione a Mariupol, ormai rasa al suolo e accerchiata dalle truppe russe, che hanno preso il controllo della parte centrale della città, dividendo le forze ucraine al porto da quelle che si trovano nel quartiere industriale a est. I combattimenti si stanno concentrando soprattutto intorno all’acciaieria Azovstal, nel porto. Un vice comandante separatista russo avrebbe descritto alla TV di Stato russa l’acciaieria come: «la fortezza dentro la città».

Dentro l’acciaieria si nasconderebbe il cosiddetto Battaglione Azov, che rappresenta uno dei principali obiettivi di Putin.

Inoltre, il consiglio comunale della città di Mariupol afferma che gli occupanti russi hanno iniziato a riesumare i cadaveri sepolti nei cortili dei blocchi residenziali. Lo scrivono i funzionari su Telegram, citati dalla Bbc. A Mariupol ci sarebbero, secondo Kiev, 13 forni crematori mobili e le autorità cittadine sospettano che i russi stiano cercando di coprire i crimini di guerra. (ANSA)

(fonte: dailynews.ansneed.com)

Il caso dell’incrociatore russo affondato

Giovedì sera l’incrociatore russo “Moskva” è affondato mentre veniva rimorchiato, dopo aver perso stabilità a causa dei danni subiti dallo scafo durante un incendio avvenuto a bordo ore prima. Questa la versione ufficiale del Ministero della Difesa russo, che imputerebbe l’incidente, appunto, ad un incendio. Tuttavia, la controparte ucraina afferma di aver affondato l’incrociatore con due missili “Neptune” antinave.

Ad ogni modo, per ora nessuna delle due versioni sembra essere stata verificata. L’incrociatore “Moskva” era una delle navi più importanti di tutta la flotta russa, e l’affondamento è considerato da molti un duro colpo per l’esercito russo, sia dal punto di vista militare che simbolico.

Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha detto che cinque navi da guerra russe che si trovano nel Mar Nero settentrionale si sarebbero spostate verso sud, lontano dalle coste ucraine, poche ore dopo l’affondamento dell’incrociatore. Secondo diversi esperti militari potrebbe essere una conferma della versione ucraina: allontanandosi dalle coste ucraine le navi russe potrebbero voler prevenire un altro possibile attacco.

Tra l’altro, questa mattina a Kyiv sono stati confermati i bombardamenti di una fabbrica di sistemi missilistici antiaerei a lungo e medio raggio e di missili antinave.

(L’incrociatore Moskva. Fonte: analisidifesa.it)

Mosca blocca un giornale indipendente. Nell’ambasciata russa a Washington una lotta tra proiettori

Venerdì l’agenzia russa delle comunicazioni ha bloccato l’accesso nel paese al sito in lingua russa del Moscow Times, giornale online indipendente, per un articolo pubblicato dal sito il 4 aprile in cui si raccontava che alcuni agenti delle forze speciali russe si sarebbero rifiutati di combattere in Ucraina. L’agenzia ha giudicato la notizia falsa, procedendo a bloccare l’accesso al sito.

Intanto, è diventato virale un video pubblicato su Twitter che ritrae la bandiera ucraina proiettata sulle mura dell’ambasciata russa di Washington, opera di un piccolo gruppo di attivisti, a cui sembra che i funzionari dell’ambasciata abbiano provato a “porre rimedio” inseguendola con un altro proiettore. La didascalia del tweet recita: «Il gatto e il topo».

https://twitter.com/benjaminwittes/status/1514422654152982529?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1514422654152982529%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.ilpost.it%2Fflashes%2Fambasciata-russa-bandiera-ucraina-washington%2F

Biden contro Mosca: «è un genocidio»

Negli ultimi giorni il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha accusato la Vladimir Putin di essersi macchiato di genocidio nei confronti della popolazione civile ucraina, in seguito all’ennesimo blocco dei corridoi umanitari in varie parti del paese mercoledì scorso. Inoltre, Kyiv ha affermato di star raccogliendo prove per dimostrare l’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito russo.

Il Presidente Biden ha anche affermato – riporta il Daily Mail – di essere pronto per una visita ufficiale a Kyiv. Sembrerebbe che nelle ultime ore si stia decidendo su una visita da parte di un membro dell’Alta amministrazione americana. L’impegno del Presidente nei confronti della situazione ucraina sembra auspicare anche ad una rimonta nei sondaggi, che vedono a favore di Biden solo un 33%.

Valeria Bonaccorso

L’Unione Europea taglia sul carbone russo. Si pensa ad embargo anche su petrolio e gas

Ieri sera, durante una riunione dei suoi ambasciatori, l’Unione Europea ha approvato il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Tra queste spicca l’approvazione dell’embargo al carbone russo. Si tratta di una misura presa in considerazione e auspicata già settimane fa, ma che arriva in seguito alle pressioni derivanti dai sospetti di crimini di guerra perpetrati negli ultimi tempi in Ucraina dall’esercito russo. Così ha commentato la proposta la Presidente della Commissione UE Ursula Von Der Leyen «che – aggiunge – costerà circa quattro miliardi di euro l’anno».

La proposta della Commissione prevedeva, inoltre, il divieto a navi ed autotrasportatori russi di entrare nei territori dell’Unione, con alcune eccezioni per determinati prodotti agricoli, aiuti umanitari ed energetici. Quest’ultimo punto è stato accolto nel pacchetto definitivo di sanzioni, cui si aggiunge l’incremento di personalità russe inserite nella black list europea e ulteriori divieti dal valore di circa 15,5 miliardi.

La prima stilettata all’energia russa

L’embargo sul carbone rappresenta un primo colpo all’energia russa, ossia il punto più discusso in materia di sanzioni. L’Unione Europea (ed in particolare l’Italia, assieme alla Germania) ha una forte dipendenza dalle fonti di energia importate dalla Russia, soprattutto dal suo gas naturale e dal petrolio. Ma gli ultimi eventi – ed in particolare il massacro di civili verificatosi a Bucha – hanno compattato la linea UE verso l’inasprimento delle sanzioni. Chiarisce la Presidente della Commissione Von Der Leyen:

Queste atrocità non possono e non rimarranno senza risposta.

D’altronde, lo stesso Premier italiano Draghi ha aperto alla possibilità di un embargo (oltre che sul carbone) sul gas russo, con un già “rinomato” quanto criticato aut-aut:

Preferite la pace o il condizionatore acceso?

Ma ad ogni modo – chiarisce il Premier – sarà l’Unione a decidere. Una linea, quella dell’Esecutivo, sempre più certa sul da farsi, a discapito delle voci di diverse aree del Parlamento che invitano alla negoziazione, anziché alle sanzioni e all’invio di armi a favore della difesa ucraina.

E l’embargo sul carbone trova l’accordo anche della Germania, che fino ad ora si era duramente opposta (assieme all’Ungheria di Orbán) allo stop collettivo di tutte le importazioni di energia russa. Il Ministro della Finanza tedesco Christian Lindner aveva infatti suggerito di considerare separatamente petrolio, carbone e gas, poiché la velocità per la sostituzione dei fornitori potrebbe variare.

Ed infatti, opponendosi ancora aspramente all’embargo sul gas, ha affermato:

Ci troviamo davanti ad un criminale di guerra, è chiaro che dobbiamo porre fine ai legami economici con la Russia il prima possibile, ma il gas non potrebbe essere sostituito nel breve periodo. Farebbe più male a noi che a loro.

(fonte: au.sports.yahoo.com)

Stop all’energia russa sì, ma quando?

Corre veloce la Francia, che col suo Ministro dell’Economia Bruno Le Maire, si ritiene «pronta ad uno stop alle importazioni non solo di carbone, ma anche di petrolio russo». Ed aggiunge:

La realtà è che bloccare le importazioni di petrolio dalla Russia è la cosa che le farebbe più male.

Tuttavia, anche La Maire riconosce l’importanza di un intervento a livello comunitario, più che nazionale. «Importante convincere anche gli altri Stati membri».

Peraltro, lo stop a tutte le importazioni energetiche da Mosca non è tra i piani a breve termine dell’Unione. Né lo stop immediato al carbone: la Germania ha infatti ottenuto di posticipare di quattro mesi l’entrata in vigore del divieto, in modo tale da realizzare il piano nazionale per l’indipendenza dal carbone russo entro l’estate. «Se rimandassimo indietro quelle navi [che trasportano carbone] rischieremmo di non averne abbastanza», ha detto di recente il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. (Il Post)

Ad ogni modo, testate come EuroNews hanno immaginato le possibili conseguenze di uno stop alle forniture di gas russo: tra le soluzioni proposte, quella di ricorrere al gas naturale liquefatto importato dagli Stati Uniti.

Sostituire il carbone russo e ridurre le emissioni

È possibile che tagliare il carbone russo non faccia poi così male: dopotutto – afferma Bloomberg – già prima delle sanzioni le compagnie energetiche europee faticavano a trovare il suddetto carbone, anche per via delle banche che ne negavano i finanziamenti. Nota il centro di studi Bruegel, poi, che le importazioni di carbone a livello europeo erano calate drasticamente dai 400 milioni di tonnellate nel 1990 ai 136 milioni nel 2020.

Sostituire il carbone russo non sarà difficile, ma sarà più costoso: i principali esportatori sono infatti Australia Indonesia, Paesi molto più distanti dall’Europa rispetto dalla Russia. Si tratterà di aumentare i costi di spedizione.

(fonte: balkaninsight.com)

Infine, si tenga a mente l’impegno delle varie città europee verso la decarbonizzazione, uno degli obiettivi da raggiungere entro il 2050 per evitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico. Secondo un report della Commissione Europea, gli edifici europei sarebbero responsabili di circa il 40% delle emissioni comunitarie e del 36% delle emissioni di gas serra.

Ottimizzare l’efficienza energetica rappresenta, quindi, la chiave per l’obiettivo “zero emissioni”: secondo Caterina Sarfatti, direttrice dell’azione della C40 Climate Leadership Group, permetterebbe anche di risolvere il crescente problema della povertà energetica in Europa. Politico ha delineato una serie di azioni che aiuterebbero nel raggiungimento di tale scopo a livello cittadino.

Valeria Bonaccorso