Governo si, Governo no. Si attende la decisione di Mattarella

Salvini: “Se salta tutto, ci sarà una frattura tra gli italiani e i palazzi”

E dopo soli 83 giorni dalle elezioni del 4 marzo, nel perfetto stile italiano – caciarone e raffazzonato -, sembra esserci una rischiarita nel fosco panorama post-elettorale del nostro Bel Paese. Questo non significa che la questione della formazione del governo si sia finalmente esaurita, anzi; ma almeno, nelle prossime ore, riusciremo a capire cosa ne sarà dei risultati prodotti dalle urne qualche mese fa: nascerà un governo “socio-securitario” giallo-verde, con Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, o si ritornerà a votare anzitempo.Risultati immagini per governo

Infatti, il 23 maggio, dopo un intenso incontro con il Presidente della Repubblica, viene affidato l’incarico di formare un nuovo governo ad uno dei candidati ministri – pubblica amministrazione – 5stelle proposti da Di Maio a fine febbraio, l’avvocato e professore di Diritto Privato Giuseppe Conte. Figura di spicco del panorama accademico italiano, fine giurista dal ricco curriculum maturato grazie alle numerose esperienze vissute nei prestigiosi college di mezzo mondo. Ma è proprio ciò che sembra essere il suo punto di forza –il curriculum, appunto – che diventa lo strumento migliore per muovere le critiche verso il candidato di M5S e Lega. Molte sembrano essere infatti le incongruenze, tra cui, quella che suscita più scalpore, è sicuramente quella relativa al periodo di formazione nella famosa New York University, dove Conte affermava di aver passato “almeno un mese, ogni estate dal 2008 al 2012” a perfezionare ed aggiornare i suoi studi; affermazione che però non trova sostegno dalle parole degli stessi rappresentanti dell’Università che ammettono di non ritrovare nessuna persona rispondente quel nome tra gli elenchi in loro possesso. Ed a questo caso si ricollegano tante altre imperfezioni che hanno destato particolari dubbi sulla reale veridicità del documento di presentazione del neo incaricato.

Il boom mediatico che si genera da queste rivelazioni , non sembra però intaccare più di tanto la figura di Conte e l’immagine del Movimento, che continua a farsi vanto della sua professionalità e, sulla base dell’accordo di governo stipulato con la Lega, continua a lavorare sulla squadra di ministri da presentare a Mattarella.

E sono proprio i ministri il nodo cruciale di tutta la questione, in particolare, quello dell’economia, pedina fondamentale nello scacchiere giallo-verde per gestire i rapporti con l’Europa e le decisioni, tanto criticate da Salvini e compagni,  dei suoi dirigenti. Il nome scelto per ricoprire questa carica è quello di Paolo Savona, economista dal passato in Banca d’Italia, professore nelle più importanti Università del paese ( è anche uno dei rifondatori della ex Università Pro Deo, oggi LUISS Guido Carli), già ministro dell’industria, commercio ed artigianato durante il governo Ciampi  93-94. Fortemente sostenuto dalla Lega (soprattutto) e dal M5S, che si ritrovano nelle sue posizioni antieuropeiste e che lo vedono come unico possibile interlocutore con l’Europa e la Germania. Ma dal Quirinale non sembra arrivare la stessa aria, con un Mattarella non completamente convinto della figura proposta per un ruolo tanto importante, proprio in relazione a quelle che potrebbero essere le sue decisioni nei confronti delle autorità di Bruxelles. A questo si aggiunge, inoltre, un’altra problematica legata alla figura di Savona che ne compromette ancora di più la posizione, ovvero un’indagine alla quale è sottoposto dalla Procura di Cagliari con l’accusa di concorso in usura, relativa al periodo che va da novembre 2008 a ottobre 2010, quando era presidente e legale rappresentante di Unicredit.Risultati immagini per paolo savona

Sulla questione Salvini si dice inamovibile ed afferma:

Avere all’economia qualcuno che garantisca l’interesse nazionale, se serve andando a ridiscutere vincoli europei che hanno fatto male al nostro paese, è qualcosa che serve all’Italia […] speriamo quindi che non ci siano altri ostacoli. O si parte o non tratto più”

Saranno quindi ore decisive per il futuro del nostro Paese e dell’Europa unita che, dopo i recenti fatti della Brexit, non vede di buon occhio la possibilità di un ridimensionamento dei rapporti con l’Italia. Nonostante ciò il presidente francese Macron, dopo una chiamata fatta nelle scorse ore a Conte, ha formulato i suoi migliori auspici per il potenziale nuovo Governo, creando ancora un’altra spaccatura nel contesto europeo.

La palla passa dunque nelle mani del Presidente Mattarella che dovrà dare l’ultima parola sulle proposte di M5S e Lega, consegnando il governo al presidente in pectore Giuseppe Conte, o ribaltando completamente la situazione riportando, quasi sicuramente, gli italiani alle urne.Risultati immagini per mattarella

E in mezzo a questo panorama ancora molto incerto, una cosa rimane – ahi noi! – estremamente chiara:

L’Italia è, e sempre resterà, il Paese dei Balocchi.

Giorgio Muzzupappa

Il neo Rettore: ecco la nuova squadra d’Ateneo

Dettato oggi il nuovo team che sosterrà il prof. Salvatore Cuzzocrea per il sessennio 2018/2024

Alle ore 11 di stamane, presso la Sala Senato, il neo rettore prof. Salvatore Cuzzocrea ha tenuto una conferenza stampa per inoltrare il primo pool di Protettori e Delegati che lo sosterranno nella gestione dell’ateneo. 

Al passaggio di consegne erano presenti il Rettore uscente, prof. Pietro Navarra, l’ex Prorettore vicario, prof. Emanuele Scribano, il neo Prorettore vicario, prof. Giovanni Moschella e il Direttore Generale, prof.ssa Daniela Rupo, che hanno augurato un buon lavoro al prof. Cuzzocrea. 

Il neo Rettore ha innanzitutto, ringraziato il prof. Scribano ed il Direttore Generale prof.ssa Daniela Rupo per il lavoro svolto in questi ultimi due mesi. Ringraziamenti anche al prof. Francesco Stagno d’Alcontres, che ha concorso alla carica di Rettore, presente alla conferenza stampa insieme agli altri direttori di Dipartimento. 

Il prof. Cuzzocrea ha nominato: 

– Prorettore vicario con delega anche alla Legalità, il prof. Giovanni Moschella – ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico; 

– Prorettore alla Ricerca, Innovazione e Trasferimento Tecnologico, la prof. ssa Daniela Baglieri, ordinario di di Economia e Gestione delle Imprese – (dal 2013 al 2018 era stata Prorettore all’Innovazione ed al Trasferimento tecnologico); 

– Prorettore agli Affari Generali, il prof. Luigi Chiara, associato di Storia Contemporanea; 

– Prorettore all’Internazionalizzazione ed Horizon 2020, il prof.  Antonino Germanà, ordinario di Anatomia degli animali domestici (dal 2013 al 2018 era stato Prorettore all’Internazionalizzazione); 

– Prorettore alla Didattica e Servizi agli Studenti, il prof. Gioacchino Francesco La Torre, Ordinario di Archeologia Classica; 

– Prorettore all’Area Medico – Sanitaria, il prof. Giovanni Tuccari, ordinario di Anatomia ed Istologia Patologica (dal 2013 al 2018 era stato Prorettore ai rapporti con l’AOU “G. Martino”; 

– Delegato alla Comunicazione, il prof. Marco Centorrino, Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi (incarico già ricoperto dal 2013 al 2018). 

Nelle prossime settimane, inoltre, verranno annunciati i nomi di ulteriori Delegati. 

“La nuova squadra d’Ateneo – ha detto il prof. Cuzzocrea – è snella, con 6 Prorettori che racchiudono deleghe in precedenza separate, nell’ottica di un raggruppamento dei compiti. I Dipartimenti universitari, come anche i Prorettori ed i Delegati, godranno di piena autonomia. Ho la consapevolezza che tutti svolgeranno i loro ruoli con entusiasmo e professionalità. 

C’è la volontà di portare avanti un dialogo con gli studenti, migliorando innanzitutto i servizi, quali ad esempio le corse per e dal Polo Annunziata al fine di agevolare i loro spostamenti, e l’offerta formativa e didattica con il potenziamento dei corsi e la previsione di un appello straordinario di Laurea nel mese di maggio. Al più presto si provvederà, inoltre, a bandire i concorsi per i ricercatori di tipo B”. 

 

Poco prima della presentazione, abbiamo intervistato il nuovo Rettore: 

Qual è, se l’ha data, la linea guida generale? Cosa vuole vuole che faccia in primis la sua squadra? 

  • La mia squadra sa di avere la totale libertà di potersi muovere e di portare avanti i progetti del mio programma elettorale.

 

Quando è stato eletto abbiamo raccolto le opinioni dei rappresentanti degli studenti in senato  i quali hanno lodato la sua disponibilità al dialogo e confronti. Questi hanno manifestato tutti la necessità di una modifica del sistema elettorale ma anche e soprattutto del rapporto tasse-servizi e dello sciopero dei professori e dei ricercatori indetto per giugno luglio: ha già avuto modo di analizzare la questione in generale ed incontrare i senatori? 

  • Ho chiesto loro un incontro per far comprendere al meglio le idee che ho su come modificare il peso del voto degli studenti e per affrontare insieme quest’ultima problematica senza ledere il diritto allo sciopero e senza recare danni agli studenti, ma facendo convivere queste due necessità. 

 

 

Arianna De Arcangelis e Jessica Cardullo  

 

Impegno costante e passione, le basi per la gestione del Rettore Salvatore Cuzzocrea.

“Magnifico no, io sono e resto Salvatore”

Questa frase pronunciata dal neo eletto rettore Salvatore Cuzzocrea nel suo discorso inaugurale dimostra la modestia di un uomo che, per prestigio scientifico e internazionale, potrebbe affermare tutt’altro.
È una frase che racchiude in sé l’emblema del professore, il quale non sta dietro la cattedra distante dal mondo ma è interlocutore vicino per formare gli allievi ed ascoltare e gestire le esigenze di questi e dell’amministrazione universitaria.

La linea della “governance” che intende seguire il professore è nel solco di quella uscente dell’onorevole Navarra.
Rendere Messina una città in cui l’Università abbia un ruolo centrale e il nome dell’UNIME sempre più internazionale.
L’impegno costante e la necessità di un continuo miglioramento sono le attitudini principali.

La vittoria schiacciante dimostra che la comunità scientifica dell’Università di Messina è dalla parte del professore.
Molto scarna è stata l’affluenza al seggio da parte degli studenti il professore durante il discorso ha speso delle parole a riguardo affermando che si discuterà per modificare la pesatura del voto per arrivare ad una giusta ripartizione.

Abbiamo raccolto le dichiarazioni dei senatori dell’Ateneo che fra loro sono molto simili.

Stefania Cicero senatore eletta con la lista Orum si ritiene molto soddisfatta della vittoria del Prof. Cuzzocrea. “Noi dell’associazione Icaro insieme all’associazione Orum siamo stati i primi a sostenere il programma del professore poiché abbiamo ritrovato in esso molti punti in comune, come ad esempio l’istituzione di uffici di orienteering ed info point delocalizzati sul territorio.
Siamo stati ben felici di dare il nostro supporto alla candidatura del professore e di essere stati determinanti per il raggiungimento di questo risultato.
Speriamo quindi di iniziare un lavoro in sinergia con il nuovo rettore, pronti a dare un fattivo contributo alla realizzazione del programma proposto da quest’ultimo”.

 

 

 

Andrea Celi senatore eletto con la lista GEA fa i migliori auguri al professore Cuzzocrea ricordando un recente incontro avuto con lo stesso durante il quale si è dimostrato Assolutamente disponibile ad ogni tipo dialogo. Mi ha fatto molto piacere che durante il suo primo discorso abbia fatto cenno proprio alla questione del voto degli studenti perché a seguito di questa elezione è emerso come il voto è stato totalmente ininfluente e basso che è stato l’unico lato negativo di queste elezioni. Ha mostrato grande apertura al dialogo con il corpo studentesco e noi rappresentanti e mi auguro che questo comporti la nascita di un ottimo rapporto per il sessennio a venire.”

Arianna Crea senatrice eletta con la lista Università Eclettica afferma “l’augurio che faccio è sicuramente che si possa dare maggiore dignità agli studenti e ai loro rappresentanti. E non soltanto per le elezioni del Rettore – che non sono un tassello isolato – ma per tutto ciò che riguarda la vita accademica. Spero si possa (e si voglia!) uscire da questa visione paternalistica dei giovani come inesperti, incompetenti, passivi fruitori di “servizi” e si inizi, piuttosto, a considerarli come pilastri, anch’essi, dell’Università. D’altronde, se è vero che dobbiamo guardare sempre a chi è meglio di noi (e questo è l’augurio che ha segnato il passaggio di consegne) proprio in questi giorni il vice-chancellor della Cambridge University ha affermato (fonte roars.it) che “ridurre gli studenti a semplici consumatori ha senso solo se il valore delle università è semplicemente economico. Questo sarebbe un errore fondamentale. Per secoli, le università hanno aiutato le generazioni successive a raggiungere il loro potenziale in questi luoghi di scoperta mozzafiato e intuizioni dirompenti”.

Andrea Fiore senatore eletto con la lista Atreju spera nella rimodulazione del voto in vista anche delle imminenti votazioni per i direttori di dipartimento aggiungendo “Bisogna intervenire sulla questione tasse perché è inaccettabile che la nostra università sia nei primi posti delle classifiche italiane per il valore delle tasse che ci tocca pagare. Questo discorso ci ricollega ai servizi per i quali io chiedo che venga convocato un tavolo tecnico per discutere sui servizi per i quali bisogna ancora investire e quei servizi che non vengono più utilizzati perché ritenuti dagli studenti non più utili.”.
Il senatore si augura inoltre che il professor Cuzzocrea “mantenga sempre questo lato del suo carattere, che ritengo la sua qualità migliore, ossia di essere molto sbottonato, giovanile, in mezzo agli studenti e quindi una volta divenuto Rettore non rimanga chiuso nella sua stanza ma che qualche volta si faccia una passeggiata per i dipartimenti per comprendere al meglio quali sono e il perché delle richieste degli studenti e le esigenze.
In questo contesto dovrà essere affrontata il prima possibile la questione calendario didattico, soprattutto in funzione dello sciopero del mese di giugno.”

Lavinia Rita Parisi senatore eletta con la lista Morgana si augura che il Rettore mantenga la linea che aveva affermato nella lettera di presentazione, ciò che le sta più a cuore è la questione voto studentesco. Aggiunge inoltre che la scarsa affluenza sia dovuta a questo motivo ma anche alla visione del Rettore come una figura lontanissima. “Io vorrei un rettore umano, un rettore che ascolti le esigenze degli studenti e gli sia vicino. Che vi sia un dialogo continuo, che deve essere alla base di una Università, di una istituzione, non solo dal punto di vista statistico ma anche da quello reale. Ricevendo dei feedback positivi dagli studenti che ci studiano. […] vorrei un rettore umano, aperto al dialogo, attento alle esigenze degli studenti e disposto ad ascoltarli e poi che abbia quella determinazione e carisma necessari per la gestione di una istituzione importante e vasta com’è l’Università di Messina.”.

L’auspicio collettivo è quello di avere un dialogo continuo e formativo con la guida dell’Università che si è dimostrata fino ad ora desiderosa del confronto con gli studenti.

Per aspera ad astra, Salvatore!

 

Arianna De Arcangelis

Elezioni 2018: un altro stallo alla messicana?

Se vi è mai capitato di vedere quel capolavoro assoluto del cinema italiano e internazionale che è “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone, sicuramente ricorderete benissimo la magnifica scena della resa dei conti finale. Nello spazio centrale di un cimitero che somiglia quasi a una arena di gladiatori, si fronteggiano i tre personaggi principali, appunto, il Buono, il Brutto, e il Cattivo. In palio c’è un grande tesoro ed ognuno di loro sa di non potersi fidare dell’altro. É un teso gioco di sguardi in cui i tre personaggi si tengono di mira, in attesa di capire chi sparerà per primo, e a chi, mentre in sottofondo le note di Morricone incalzano e la cinepresa indugia sui primissimi piani degli occhi, delle mani che fremono sfiorando le fondine delle pistole.

É quello che in gergo cinematografico si chiama “Mexican standoff”, stallo alla messicana: tre uomini armati che si tengono di mira l’un l’altro, senza sapere di chi fidarsi o meno, senza poter capire chi sparerà per primo.

Ok, questa non è la rubrica Recensioni; ma la sensazione di trovarsi al centro di uno stallo alla messicana è fortissima.

I giochi elettorali si sono conclusi e ci consegnano dei risultati tutt’altro che netti e definiti. Abbandonato ormai il bipolarismo che lungo tutti gli anni 2000 aveva caratterizzato inequivocabilmente il dibattito politico italiano, gli esiti delle elezioni vedono a fronteggiarsi, ancora una volta, proprio come nel “triello” di leoniana memoria, tre grandi avversari: la coalizione di centrodestra, il Movimento 5 Stelle e la coalizione di centrosinistra. E, se è vero che il verdetto elettorale ci consente comunque di decretare dei vincitori e degli sconfitti, è anche vero che comunque, tutte le forze in gioco sono ben lontane da quella tanto agognata maggioranza parlamentare, quei famosi 315 seggi alla Camera, che rappresentano il cutoff fondamentale per la formazione di un governo stabile.

La coalizione di centro destra, con le sue due anime, quella leghista e quella berlusconiana, si attesta al 37% alla Camera e al Senato: un soffio da quel 40% che gli consentirebbe una maggioranza stabile. È senza dubbio una vittoria: lo sa bene Matteo Salvini, leader della Lega, che è riuscito in pochi anni a trasformare il suo partito da partitello indipendentista padano a primo partito della destra nazionale. Ma non basta a riposarsi sugli allori, e se da un lato è proprio Salvini a proporsi come leader di un esecutivo di centro-destra, dall’altro non sono comunque pochi i seggi che mancano alla coalizione per poter garantire stabilità al proprio governo.

Il Movimento 5 Stelle, benché presente sulla scena politica ormai da tempo, continua a rappresentare una grande incognita. Fino ad adesso ha basato gran parte del suo successo sul suo proporsi come “eterna opposizione”, canalizzando il dissenso di una ampia fascia di cittadini che non si riconoscono più nella classe politica dei grandi partiti. Le loro prese di posizione sui temi caldi del dibattito politico, molte delle quali ampiamente discusse e stigmatizzate in campagna elettorale (immigrazione, euro, vaccini) sono state finora sempre delle scelte poco nette, dai margini sfumati, sia dal punto di vista dell’elettorato, che dell’intero gruppo politico. Il loro risultato, intorno al 32%, è senza dubbio un exploit: sono il primo partito d’Italia. Ma continuano a non avere le carte in regola per governare, tanto più se si tiene conto del loro autoimposto diktat “niente alleanze politiche, solo alleanze programmatiche”.

Con chi potrebbero essere queste alleanze programmatiche? Forse con la Lega, con la quale in effetti potrebbero trovarsi diversi punti in comune. Sarebbe senza dubbio l’incubo delle sinistre, fedeli alla tesi della “deriva populista” che hanno cavalcato a lungo (e a dirla tutta senza troppo successo) in campagna elettorale. Ma se da un lato questa ipotesi pare essere stata scartata dallo stesso Salvini, dall’altro potrebbe essere una scelta rischiosa in termini di credibilità, se consideriamo che la cassaforte dei voti del Movimento in Italia pare essere proprio il Sud Italia, dove molti elettori non hanno certo dimenticato le origini dichiaratamente anti-meridionaliste della Lega.

C’è poi la coalizione di centro sinistra, chiaramente a trazione PD (come confermano i risultati da prefisso telefonico ottenuti dalle varie liste civetta, +Europa, Lorenzin ecc). Il totale è circa il 23%: si tratta chiaramente di una disfatta che dovrebbe essere, sportivamente, ammessa e corredata da una sana autocritica da parte della dirigenza PD. Ma anche qui, l’ultima parola è tutt’altro che detta: se i 5 Stelle sono chiaramente il primo partito d’Italia, con il loro 19% il PD è il secondo, e vale la pena ricordare che, preso singolarmente, ha ottenuto più voti tanto della Lega (17%) quanto di FI (14%). Ha dunque ancora molto da dire, e gli esiti del futuro governo potrebbero in gran parte dipendere da una sua presa di posizione. Ma a favore di chi? Forse dei 5 Stelle, ma le differenze di intenti sono state fin da principio chiarissime in campagna elettorale. Oppure della coalizione di centro destra; ma attenzione, perché una ennesima maggioranza di “larghe intese” potrebbe rappresentare il definitivo colpo di grazia alla credibilità del PD e la chiave per una futura vittoria ancora più schiacciante del Movimento.

Staremo dunque a vedere, nei prossimi giorni, chi farà la prima mossa e come, a cominciare dalle elezioni dei presidenti della Camera e del Senato. Nel frattempo, continuiamo a seguire col fiato sospeso la danza macabra di questo stallo alla messicana; con la consapevolezza che stavolta, al centro dell’arena, col rischio di prendersi i proiettili da tutti, potrebbe esserci la volontà degli elettori. 

Gianpaolo  Basile

4 marzo

A meno di una settimana dal 4 marzo, la domanda che molti si pongono è: chi votare? Gran bel quesito. 

Di certo non sarò io, confusa ventiduenne, a dirvi chi, in questa giungla politica, sia meritevole di un voto. Però, posso dirvi che avvalersi di informazioni che vanno oltre le proposte del caldo periodo pre-elezioni, serve. 

In questi giorni si parla, e anche tanto, ma solo di quelle che sembrano semplicemente promesse da campagna elettorale, riassumibili in delle proposte sociali che non richiedono competenza. Così, c’è chi suggerisce il rimpatrio di migliaia di clandestini (senza parlare dei costi del ”rientro in patria”); c’è chi sostiene l’abolizione di tasse universitarie (una proposta che andrebbe ad agevolare solo i figli dei ricchi); c’è chi dice di abolire la legge Fornero (senza sapere che ciò porterebbe ad un buco di 350 miliardi di euro da qui fino al 2060). 

Direte: come è possibile affidare l’Italia a gente che non sa nemmeno di cosa parla? A politici che si gonfiano la bocca per ergersi su castelli di sabbia!? 

Eccoci, quindi, arrivati a questo bivio elettorale, nella strada di chi dice assolutamente sì e di chi asserisce assolutamente no; di chi sostiene una cosa e chi un’altra, in questa biforcazione dissestata di sole parole e di inconsapevolezza nei fatti. 

Che poi, l’Italia è biforcata da quella frattura tra partiti di sinistra e partiti di destra, scissa tra quelli che vogliono fermare il processo di integrazione e quelli che vogliono rafforzarlo.  

E infondo che politica è questa? Canticchiando Giorgio Gaber siamo arrivati al punto in cui ”ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?”, o, probabilmente, lo siamo sempre stati. 

L’Italia è un paradosso, riassumibile persino in una canzone o, forse, due: mi viene in mente quel pezzo di Ghali che fa cambiano i ministri ma non la minestra”. Ed in effetti i politici si avvicendano e le idee sembrano proporre rivoluzionarie realtà, ma alla fine dei conti ogni cosa rimane statica e uguale al passato. 

Mentre scrivo continuo a chiedermi: chi voto?  

E alla fine, alea iacta est: so chi non voto. 

Io non voto quelli che vogliono il cambiamento del mondo però poi tengono in ”vita” le province; quelli che elogiano la sobrietà comodamente seduti in villa di proprietà a Capalbioquei comici che fanno i politici e quei politici che comici lo sono.
Io non voto chi ha migliorato l’ambiente, l’occupazione e la sicurezza VISIBILMENTE, tanto che l’Istat e i cittadini sono perfettamente d’accordo, no? Io non voto chi fa le manovre e non vuole che si parli al manovratore.  

E allora? Che ne resta, o cara Italia, del nostro diritto al voto? Forse resta ”il voto consapevole” o forse rimane il voto come un dovere nei confronti di una flebile speranza di risanamento.  

E nell’attesa, ‘muti pensando all’ultima
ora dell’uom fatale’. 

 

Jessica Cardullo

Riflessioni sulle regionali da uno studente di Civiltà letteraria

Ne “La Fattoria degli animali” di George Orwell, dopo la morte del Vecchio Maggiore, maiale eminente che aveva instigato alla rivoluzione contro l’uomo gli animali della fattoria, successe che gli stessi animali:

“Parlavano di senso del dovere verso il signor Jones, che essi chiamavano “Padrone”, e facevano osservazioni elementari come: “Il signor Jones ci dà da mangiare. Se se ne andasse, noi moriremmo di fame”. Altri facevano domande assurde come: “Perché dovremmo preoccuparci di quello che avverrà dopo la nostra morte?”. Oppure: “Se questa Rivoluzione deve in ogni caso avvenire, che importa se noi lavoriamo o no per essa?”.

Questo passo estratto dall’opera di Orwell risale al 1945 ma, settantadue anni dopo, ritengo questo ritratto satirico l’efficace istantanea della conseguenza che ha reso realtà il fenomeno Luigi Genovese, figlio di Francatonio Genovese, ex deputato del Partito Democratico ed ora onorevole di Forza Italia condannato in primo grado ad 11 anni per lo scandalo “Concorsi d’Oro”. Genovese Jr, dunque, va all’Ars con il massimo delle preferenze espresse a Messina, non male per un ventunenne esordiente nel mondo politico, il quale ha chiesto di: “Non essere giudicato per il proprio cognome”. Perché questa realtà è Orwelliana? I risultati di queste elezioni non sono altro che ricorsi storici soliti della politica siciliana: al presentarsi di una rivoluzione popolare, i tradizionalisti fanno quadrato per frenare l’avanzata del malcontento e, questa volta, pur di “arrivare”, si è badato poco alla qualità generale dei prodotti. Nel nostro contesto, il ruolo dei “rivoluzionari”, scongiurando il fazionismo ma cercando l’obiettività d’analisi, era rappresentato dal Movimento Cinque Stelle che, nella volontà di competere senza alleanze alle elezioni regionali, si era proposto anche in Sicilia di “rottamare” la “vecchia politica” proponendo un elemento scelto tra i cittadini. Di contro, la destra ha risposto con una coalizione volta a concorrere contro il prevedibile largo consenso grillino che intercetta i comuni sentimenti di antipolitica e si avvale anche dei voti di protesta al sistema attuale.

Così, a conti fatti, la competizione si è ridotta a due grandi forze, delle quali ha vinto la coalizione che ha portato Nello Musumeci alla presidenza della Regione. Il precedente storico, con i dovuti limiti, ritorna in Sicilia nei primi anni ’20 del 1900 quando, sotto la minaccia della corrente socialista proveniente dalla “fresca” Rivoluzione d’Ottobre avvenuta nel ’17 a Mosca, nell’Isola i capitalisti cattolici, nel bel mezzo del dibattito politico di una riforma agraria, cercarono in tutti i modi di contrastare la diffusione delle casse rurali agrarie socialiste, le quali, in Nord Italia rafforzavano il consenso del movimento proletario. Il caso volle che da Caltagirone l’iniziativa delle casse rurali cattoliche trovò in Luigi Sturzo un riferimento, il quale coordinò le capacità di altri benestanti di fede cattolica che frenarono, insieme, in questo senso, l’avanzata delle casse rurali socialiste siciliane, successo che convinse, qualche anno dopo, il prelato siciliano, a fondare il partito della Democrazia Cristiana, riportando in politica i cattolici che, dal momento dell’Unità d’Italia, erano stati inibiti dalla Chiesa di Roma (la quale non riconosceva lo Stato Italiano Unitario), dalla partecipazione attiva in politica.

La “rivoluzione” popolare, allora, fu contenuta e ci si avviò al fascismo con un allineamento politico conservatore e filocattolico, con qualche focolare socialista che, comunque, nell’insieme, non fu mai una voce efficacemente incisiva. Oggi, questa strategia della destra ha seguito le stesse dinamiche di ottanta anni fa, senza tralasciare il fenomeno che, più o meno, secondo i rumors giornalistici, ha riguardato entrambe le fazioni: con il termine “impresentabili” sono stati etichettati, infatti, molti candidati alle cariche pubbliche regionali e tra questi, inevitabilmente, è finito il giovane Genovese, il quale, seppur abbia pregato l’elettorato di non essere giudicato dal cognome ma dalle proprie idee, paga comunque lo scotto di quello che è, per un politico, il “cursus honorum”, ossia i precedenti.

Cosa si può imputare ad un esordiente assoluto se non un giudizio storico sul percorso politico paterno? Ecco che ritorna, in questo caso, il fenomeno Orwelliano della vicenda: “Parlavano di senso del dovere verso il signor Jones, che essi chiamavano “Padrone”, e facevano osservazioni elementari come: “Il signor Jones ci dà da mangiare. Se se ne andasse, noi moriremmo di fame”. L’anima borbonica di Messina resiste a centocinquantasei anni di distanza dall’Unità Italiana ed i “Patruni e sutta” non sono solo maschere del folklore popolare, ma esistono ancora come ovvia conseguenza del potere esercitato in una città povera di iniziativa economica, nella quale, la circostanza elettorale, risveglia gli animi dei tanti: “Vota Antonio! Vota Antonio!”.

Ma questa realtà è, anche, la conseguenza dei tanti astenuti dal voto, i quali, nell’istantanea Orwelliana, avran detto: “Se questa Rivoluzione deve in ogni caso avvenire, che importa se noi lavoriamo o no per essa?” – liquidando in questo modo il “fastidio” del dovere di scegliere. E’ anche comprensibile il pensiero di chi, in questi candidati, non avrà visto i presupposti adatti per una eventuale “rivoluzione”, ma da queste dinamiche Orwelliane di “Patruni e Sutta” e di “scettici” stravincono gli “Impresentabili”. Qual’è il nodo gordiano della questione? L’anno scorso, nel gennaio del 2016, in Giappone il Ministro dell’Economia Akira Amari si dimette dal proprio incarico per accuse di frode, ritirandosi prima che queste delazioni venissero comprovate. Questione di morale? A Messina, invece, un “impresentabile” ottiene un grande consenso contornato dall’indignazione impotente di chi avrà sicuramente esercitato un voto diverso, di si sarà chiesto dell’utilità della propria partecipazione alla rivoluzione e di chi, probabilmente, in atteggiamento di “super partes” molto discutibile, avrà pensato: “Perché dovremmo preoccuparci di quello che avverrà dopo la nostra morte?” – dubbio che in termini siciliani si traduce in accenti Camillereschi: “Io mi ni staju futtiennu”. Il fenomeno del “giovane assessore”, eletto tra gli “impresentabili” dimostra come esistono a Messina “Patruni” e 17.000 (dato parziale) “sutta”, per colpa dei quali si perpetua il fenomeno gattopardesco della Sicilia per cui: “Se vogliamo che tutto cambi bisogna che tutto rimanga com’è”.

Da quest’altra chiamata all’esercizio della responsabilità, Messina ha dimostrato di essere una città che non ha estinto i suoi vizi “borbonici”, motivo per cui, probabilmente, il “Sole 24 Ore” ha classificato la città dello Stretto all’ottantottesimo posto su 110 capoluoghi italiani per qualità della vita, dato inevitabilmente influenzato anche dalle tendenze sociali della città nelle sue espressioni e nelle sue azioni. Alla luce di queste analisi, se dovesse esistere una classifica basata sui valori morali espressi da ogni capoluogo italiano, la posizione di Messina, visto lo strano caso del vincitore “impresentabile”, occuperebbe senz’altro posizioni più basse nella graduatoria delle dignità, lasciando ai veri giovani speranzosi tanta amarezza e tanta vergogna nelle prospettive del futuro. A tal proposito, si conviene come non può esistere nessuna rivoluzione politica senza una rivoluzione culturale, prospettiva che la volontà messinese espressa in cabina elettorale è stata brutalmente pugnalata alle spalle sul nascere.

Francesco Tamburello

Elezioni studentesche: l’esito del ricorso

10362861_868989786452670_1257934179361652496_nIl Tribunale Amministrativo Regionale di Catania si è pronunciato: respinta l’istanza cautelare inerente l’esclusione della lista SIRIO dalle elezioni dei rappresentanti degli studenti in seno agli organi collegiali indette per il giorno 22 e 23 novembre 2016, a causa di irregolarità nell’autentica delle firme.

Ormai da giorni completate le procedure di scrutinio e verbalizzazione relative alle elezioni dei rappresentanti degli studenti, ora l’Università procederà alla proclamazione degli eletti secondo quanto già annunciato nei comunicati ufficiali.

Qui consultabile l’esito

 

Violante per il SI, Ingroia per il NO-Intervista doppia in esclusiva su UniVersoMe

LUCIANO VIOLANTE

Perché è importante votare Sì?

Innanzitutto credo sia importante andare a votare. Certamente rispetto anche gli amici e i cittadini che votano No. Credo sia importante votare Sì, perché il No non ha nessuna proposta alternativa. Questa riforma raggiunge tre obiettivi molto importanti a mio avviso: la stabilità dei governi, una maggiore velocità delle decisioni politiche, un maggiore controllo sull’operato del governo. Tutte cose fondamentali per far cambiare passo all’Italia ed aprire così una strada di riforma profonda del nostro sistema istituzionale. Capisco ci sia sempre un inseguimento dell’ottimo, ma è dal 1983 che ne parliamo, penso abbiamo procastinato a sufficienza visto anche che oggi nel mondo interdipendente, la reputazione degli Stati si basa sulla loro solidità, sulla loro stabilità e sulla loro velocità.

La cosa che meno le piace di questa riforma?

Io avrei preferito che ci fosse stata una omissione riguardo la “sfiducia costruttiva”.

Ingroia ha detto che in uno scenario favorevole al Sì ci sarà un accentramento dei poteri del Premier. Lei si trova d’accordo con questa affermazione?
 No, non sono assolutamente d’accordo. Il presidente del consiglio sarà molto più controllato domani rispetto ad oggi. Per esempio il Senato potrà fare il controllo delle politiche pubbliche del governo, il controllo delle attuazione delle leggi e dello stato, il controllo della pubblica amministrazione ed il controllo delle direttive europee sul territorio. Tutte cose che oggi non fa nessuno. Mentre oggi il governo può mettere la fiducia anche al Senato, domani non potrà più metterla. Mentre il governo oggi abusa dei decreti legge, dei maxiemendamenti e della Fiducia , domani non sarà più possibile. Mentre oggi il  governo ha messo la fiducia sull’Italicum, legge che io non condivido per nulla , domani ci potrà essere la minoranza parlamentare che potrebbe votare sulle leggi elettorali e poi ricorrere alla Corte Costituzionale, cosa che adesso non si può fare. Ad oggi  i cittadini non hanno il referendum propositivo, domani l’avranno. Per me tutto questo significa maggiore controllo e maggiore tutela dei cittadini.

 

Recentemente ha dichiarato “Sì e No hanno pari dignità ma le conseguenze sono ben diverse”. Cosa pensa dei toni decisamente meno concilianti usati sia dal Premier: “Chi vota No difende la casta”; sia dal fronte del No: “Aboliamo la Schiforma”. Qual’è il senso di politicizzare un Referendum Costituzionale? 

Io sono contrario a questi toni. Non tanto perché si tratta di una materia di diritto, ma perché io rispetto le persone e rispetto chi la pensa diversamente da me. Ritengo sia sempre positivo ascoltare le opinioni dell’altro con rispetto , quindi non  posso condividere i toni offensivi che che li usino quelli del Sì o quelli del No. Questo è il mio metodo di confronto.

Che cosa pensa riguardo le affermazioni del 2013 di Antonio Ingroia da magistrato :”…io confesso che non mi sento del tutto imparziale. Anzi, mi sento partigiano, sono un partigiano della Costituzione.”?

Ritengo siano formule più adatte ad un dibattito pubblico.

antonio_ingroia_1ANTONIO INGROIA

 

Perché bisogna votare No?
Perché questa è una riforma che azzera i diritti di partecipazione dei cittadini. Mi piace dire che è un vero e proprio furto di democrazia. Il fatto che gli elettori non potranno più votare per il loro senatore, il fatto che il Senato pur ridimensionato mantenga ancora tanti poteri sia dal punto di vista al potere legislativo sia per elezione del Presidente della Repubblica, ed il fatto che possa essere tirato in ballo in altri momenti cruciali, già di per sè costituisce una ottima ragione per votare No. In più ritengo che ci sia un significativo anche uno squilibrio di potere in favore di un rafforzamento del potere esecutivo.

 

Qual è la cosa che più le piace di questa riforma?

Di questa riforma non mi piace nulla. L’unica cosa che posso condividere è l’abolizione del CNEL, poiché effettivamente è inutile e si risparmia. Ma la bilancia è troppo “sbilanciata” a favore delle ragioni per cui questa riforma è non solo inutile ma anche dannosa.

Dopo una carriera brillante e piena di soddisfazioni nella magistratura, nel 2013 ha deciso di scendere in politica e adesso di schierarsi per il No in questa campagna elettorale referendaria.  Mi chiedo chi ha più bisogno di Ingroia ?Un frammentato fronte del No o la Costituzione italiana?

Io credo che sia la Costituzione. Io sono innamorato della Costituzione, da magistrato mi sono definito “partigiano della Costituzione” e questo mi costò anche un provvedimento disciplinare ai tempi del governo Berlusconi, che poi venne ritirato. Oggi continuo questa mia battaglia ma con maggiore libertà di espressione, non facendo più il magistrato e facendo attività politica però fuori dai partiti.
Il presidente Violante dice che in nessun modo ci potrà essere nel caso in cui vincesse il Sì, un accentramento dei poteri del premier. Perché lo dice secondo lei?
Perché questa è una riforma furba poichè introduce un presidenzialismo mascherato. Dal punto di vista formale non c’è nessun ampliamento dei poteri del governo, tantè che non sono stati toccati dalle modifiche gli articoli relativi ad esso. Ad essere modificata è stata però tutta la parte relativa all’ iter legislativo, dove si sono introdotti dei potere il governo prima non aveva. Sono stati  alleggeriti un po’ i poteri di decretazione d’urgenza, però si sono introdotti alcuni meccanismi privilegiati del governo come ad esempio  il “Voto a data certa” ,e quindi c’è un vero e proprio controllo del Parlamento anche attraverso l’Italicum. È facile ora dire:”lo riformeremo”, intanto al momento è legge dello Stato e quando gli italiani voteranno il Referendum voteranno con l’Italicum quindi è meglio ragionare con il combinato disposto: Italicum e Referendum costituzionale. In questo meccanismo non solo c’è un aumento dei poteri del Governo ma anzi, c’è un innalzamento del potere di un’altra figura, che coincide con il Capo del Governo cioè il leader del partito di minoranza relativa il quale avrà, pur essendo una figura extraistituzionale ed extraparlamentare, di fatto in mano le sorti del Paese.
Alessio Gugliotta

Dimmi chi voti e ti dirò se ti rimuovo dalle amicizie Facebook!

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Delegare la possibilità di scegliere su questioni di vitale importanza è un topic la cui origine si perde nel tempo. Viste le imminenti elezioni di novembre (non Unime, ndr) che vedranno lo scontro tra la visione “rivoluzionaria” che ha del mondo Trump e la ricerca di una conferma della discontinuità (iniziata col periodo Obama) della Clinton, e vista l’importanza che rivestiranno nei confronti delle future politiche ed economie in tutto il globo, è impensabile credere che non possa accadere qualcosa che possa minare la credibilità di uno piuttosto che dell’altro candidato, vivendo nell’era dei Social Media. Non sono mancate infatti minacce di possibili attacchi informatici (si è bisbigliato negli ultimi giorni di furto di credenziali nei confronti della Clinton), con riversamento di informazioni e che potrebbero compromettere la campagna elettorale e veicolare quantità innumerevoli di voti da una parte o dall’altra.
h2>Sperimentiamo un po’
Al di là di quello che può essere un atto “piratesco” di attacco nei confronti di una persona, a prescindere da quella che sia la volontà di una persona di rivelare alcune informazioni, credo ci sia qualcosa di cui preoccuparsi ulteriormente, e sono i cosidetti “esperimenti social”. Da qualche giorno a questa parte è disponibile per gli utenti Facebook americani la possibilità di poter effettuare un “endorsement” nei confronti di uno dei due candidati attraverso un’applicazione che permette di scegliere chi è il personaggio politico di riferimento con un solo click, e che applica un badge alla propria immagine profilo.
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h2>Possibilità di accanimento
Se da un lato questo può far scaturire la voglia di perdere i legami con ogni singola persona che faccia uso di questa applicazione, dall’altro credo serva una profonda riflessione sul fenomeno, che inizia senza dubbio da un punto: rilasciare informazioni di questo tipo in pasto ad entità quali i Social Media può essere nocivo? Chi conosce il mio “endorsement” può veicolare alcune informazioni piuttosto che altre nei miei confronti, o spingermi ad espormi in un modo piuttosto che in un altro avendo come cassa di risonanza il mondo intero, e di conseguenza esponendomi a pericoli terzi, quali ad esempio atti di persecuzione politica? La risposta non è scontata ne immediata, e richiede sicuramente studi più approfonditi sulla privacy dei dati che forniamo “volontariamente” al Social Media di turno, che spesso non forniscono una panoramica così ampia in tal senso.
h2>Big Brother is coming
Nonostante questo non vuole essere un tentativo di terrorismo psicologico, non è impensabile che i dati immagazzinati nei vari server sparsi per il mondo possano essere successivamente venduti a terze parti, in modo singolo o aggregato, che possono utilizzarli per i più disparati fini.
Il tutto sta nel nostro buon senso e nella nostra sensibilità in merito all’argomento sicurezza, ma immaginare uno o più Big Brothers che interagiscono per controllare ogni tappa della nostra vita, elezioni comprese visto che da queste spesso dipendono i nostri destini, sembra sempre meno lontano.
Salvo Bertoncini