Votazioni: affluenza bassa alle #EleMe2022, precipita il referendum giustizia. Ecco i primi risultati

Si sono chiuse ieri sera alle 23 le votazioni sui cinque quesiti del Referendum sulla giustizia promosso da Lega e Radicali. Al contempo, diversi comuni in tutta Italia (tra cui anche Messina) sono stati chiamati ad eleggere i nuovi rappresentati politici, tra cui sindaco, consiglieri comunali e rappresentanti di quartiere. Non sono mancate le problematiche: tra ritardi, file ed ore di attesa che hanno inciso sensibilmente sull’affluenza alle urne, soprattutto tra le fasce d’età più alte.

A Palermo, ben cinquanta seggi non hanno potuto aprire per via del ritiro all’ultimo minuto dei relativi presidenti di sezione e di centinaia di scrutatori. Solo nel pomeriggio di domenica sono stati trovati gli ultimi sostituti, ma il voto a quel punto era già stato irrimediabilmente intaccato. Il Comune di Palermo ha provveduto ad inviare alla procura i documenti relativi all’organizzazione del voto necessari all’avvio di un’indagine.

EleMe 2022, a che punto siamo?

Saranno 254 le sezioni che verranno scrutinate a partire dalle 14 di oggi. Diminuisce l’affluenza alle urne dei messinesi rispetto alle precedenti elezioni, ove si stimava al 65,01%, toccando il 55,64%. Il sindaco verrà dunque eletto da meno della metà dei cittadini, con un totale di 107mila votanti si 192mila. Bene Primo e Sesto quartiere con affluenza rispettivamente di 58,57% (11.126 votanti) e 57,75% (14.579). Superato il 50% anche negli altri quartieri:

  • Secondo Quartiere – 55,29% (14.002 votanti)
  • Terzo Quartiere – 55,64% (24.433 votanti)
  • Quarto Quartiere – 50,65% (20.845 votanti)
  • Quinto Quartiere – 56,35% (21.096 votanti)

Per il Referendum Montemare superato il quorum con il 51,59% degli aventi diritto (99.093 votanti). Tra le altre problematiche già riportate, sono stati lamentati anche dei cambi di sezione di tanti votanti: molte comunicazioni di cambio sezione inviate per posta ordinaria non sono arrivate e dunque i votanti si presentano nelle vecchie sezioni in cui non sono registrati (LetteraEmme).

Referendum giustizia, appena il 20,8% di affluenza

Nelle ultime ore, il Viminale ha diffuso i primi dati relativi ai risultati dei referendum. Appena il 20,8% degli aventi il diritto si è recato alle urne, divenendo la percentuale di affluenza ad un referendum più bassa nella storia della Repubblica. Infatti, nessuno dei cinque quesiti referendari promosso ha raggiunto il quorum (che necessitava il voto della maggioranza assoluta degli aventi il diritto, ossia il 50% + 1).

Le cinque schede colorate contenenti i quesiti referendari – Sandrino 14, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Nel tweet di YouTrend, l’affluenza relativa a ciascun quesito a livello nazionale (dati parziali).

Le ragioni di un tale risultato sono diverse: anzitutto, la complessità dei quesiti. Si trattava di scegliere su argomenti squisitamente giuridici, alcuni di questi particolarmente tecnici (come quelli riferiti alla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura o alla separazione delle carriere di magistrato e pubblico ministero).

L’uso indiscriminato del referendum, negli ultimi 20 anni, è stato la causa di numerose sconfitte politiche (basti pensare a quella dell’ex premier Renzi nel 2016) che hanno contribuito ad allontanare il cittadino da questo strumento di democrazia diretta, se non addirittura a farglielo odiare.

Anche la poca informazione (e formazione) ha contribuito al risultato ottenuto. Infatti, solo nelle ultime settimane i mezzi d’informazione ed i social media hanno iniziato a parlare del Referendum, laddove sarebbe stato appropriato formare più accuratamente il popolo alle decisioni di estrema importanza che avrebbe dovuto prendere. Anche per questa ragione si sono sviluppate, negli ultimi tempi, delle correnti di boicottaggio delle votazioni: numerosi sono, ad esempio, i tweet sotto l’hashtag #NoQuorum, che invitavano – appunto – a boicottare le votazioni.

Dopotutto, le modalità di elezione dei membri togati del Csm, le modalità di valutazione della professionalità dei magistrati e la separazione delle funzioni sono anche oggetto della riforma Cartabia, ossia la riforma sulla Giustizia promossa dall’omonima Ministra Cartabia e che verrà votata in questa settimana al Senato (essendo già passata alla Camera).

D’altro canto, nei comuni dove contestualmente si votava per le amministrative, l’affluenza è riuscita a superare il 50%, secondo quanto riportato su Twitter da YouTrend (dati riferiti al Primo Quesito).

Referendum: i risultati nazionali e a Messina

RISULTATI NAZIONALI:

  • Primo Quesito – SÌ 53,97%, NO 46,03% (affluenza del 20,94%)
  • Secondo Quesito – SÌ 56,12%, NO 43,88% (affluenza del 20,93%)
  • Terzo Quesito – SÌ 74,01%, NO 25,99% (affluenza del 20,93%%)
  • Quarto Quesito – SÌ 71,94%, NO 28,06% (affluenza del 20,92%)
  • Quinto Quesito – SÌ 72,52%, NO 27,48% (affluenza del 20,92%)

RISULTATI NELLA CITTÀ METROPOLITANA DI MESSINA:

  • Primo Quesito – SÌ 50,99%, NO 49,01% (affluenza del 36,46%)
  • Secondo Quesito – SÌ 52,77%, NO 47,23% (affluenza del 36,44%)
  • Terzo Quesito – SÌ 67,33%, NO 32,67% (affluenza del 36,46%)
  • Quarto Quesito – SÌ 63,99%, NO 36,01% (affluenza del 36,45%)
  • Quinto Quesito – SÌ 65,32%, NO 34,68% (affluenza del 36,43%)

RISULTATI NEL COMUNE DI MESSINA:

  • Primo Quesito – SÌ 46,66%, NO 53,34% (affluenza del 52,37%)
  • Secondo Quesito – SÌ 48,47%, NO 51,53% (affluenza del 52,30%)
  • Terzo Quesito – SÌ 63,42%, NO 36,58% (affluenza del 52,37%)
  • Quarto Quesito – SÌ 59,44%, NO 40,56% (affluenza del 52,35%)
  • Quinto Quesito – SÌ 61,22%, NO 38,78% (affluenza del 52,29%)

Risulta evidente che (ai dati attuali), se fosse stato raggiunto il quorum tutti e cinque i quesiti sarebbero stati approvati. Intanto, il segretario della Lega Matteo Salvini ha ringraziato su Twitter i dieci milioni di italiani che ieri si sono recati alle urne:

Per il Comune di Messina si accresce l’affluenza generale (fino al 50% degli aventi il diritto) rispetto al precedente referendum costituzionale del 2020, a cui aveva partecipato solo il 31,67% degli aventi diritto.

Valeria Bonaccorso

Elezioni amministrative 2022: Messina torna alle urne

Con un anno di anticipo domenica 12 giugno Messina torna alle urne per le elezioni amministrative insieme ai cinque referendum sulla giustizia. I seggi saranno aperti dalle ore 07:00 fino alle ore 23:00. Una volta chiuse le urne ci sarà prima lo spoglio dei cinque referendum in programma e poi, a partire dalle ore 14:00 di lunedì 13 giugno, inizierà lo scrutinio delle amministrative.

I candidati

In queste elezioni amministrative la città di Messina dovrà scegliere a chi dare il suo voto tra cinque candidati:

  • Federico Basile: appoggiato da Cateno de Luca, le sue liste e Sicilia Vera. Lo slogan “Messina bella, protagonista e produttiva” accompagna la stesura del programma. Il “si” al ponte e al “casinò del mediterraneo” introducono nuovi obbiettivi come le “mille assunzioni”. Persegue l’intenzione del precedente sindaco De Luca di modificare il regolamento del consiglio comunale attraverso rivoluzioni come l’eliminazione dell’indennità per chi non è presente ad almeno tre quarti dei lavori o non vota e la conseguente eliminazione dell’equiparazione tra astensione e voto contrario. Tra i nuovi punti Basile propone la candidatura di Messina a Capitale italiana della cultura 2026, la creazione della settima municipalità “Maremonti” e diverse nuove iniziative basate sullo slogan sopra citato come il Museo mediterraneo del mare nell’area ex Torri Morandi e il Parco acquatico dello Stretto nell’area ex Sanderson.
  • Maurizio Croce: il centro destra si concentra sul risanamento economico-finanziario e lo sport. Croce intende costituire distretti specifici (artigianali, turistici, rurali ecc…) in chiave marketing territoriale, rientra in questa area anche la creazione di un e-commerce dello stretto. L’attenzione allo sport si esplica nella copertura dello stadio Scoglio e la ristrutturazione del Celeste. L’obiettivo a lungo termine sarebbe rendere gli impianti sportivi cittadini agibili entro i 5 anni dell’amministrazione. Altre iniziative prevedono l’avvio di tutte le procedure per il nuovo piano regolatore e la realizzazione di una società di gestione dei cimiteri. Il capitolo del programma sulla creatività prevede, infine, l’istituzione di un laboratorio che possa dedicarsi alle innovazioni, in particolare alle startup giovanili. 
  • Franco De Domenico: il candidato del centrosinistra ha come obiettivo primario la riorganizzazione amministrativa con (tra le varie proposte) la regolazione dello smart working e i corsi-concorsi per i “quadri intermedi”. Per rendere la città più “smart” De Domenico punta alla creazione di un’app a misura di utente del Comune e di una piattaforma digitale per i messinesi fuori sede. Tra le idee per lo sviluppo economico spiccano la “Love Me Card” per i turisti e la figura del “sindaco della notte” che ascolti le necessità di tutti i cittadini, anche dei più giovani. L’attenzione per il cittadino si esplica anche nella promozione del Centro affidi, la nomina di un esperto su i temi Lgbt+ e l’istituzione del garante dei diritti degli animali. Il miglioramento per la città passa attraverso ulteriori punti del programma come l’incremento del fotovoltaico e la conseguente apertura di uno sportello comunale delle rinnovabili, la riduzione dei prezzi per l’attraversamento dello Stretto e l’istituzione di una commissione permanente antimafia.  
  • Gino Sturniolo: i beni comuni sono un elemento centrale del programma “Messina in comune”, primo fra tutti la necessità di dare nuovo utilizzo a edifici e spazi urbani o rurali dimessi. A questo si unisce il progetto “Messina città dei Commons” al fine di incentivare la musica dal vivo sotto licenza Creative Commons e non più Siae. Sturniolo vuole rendere il Comune una nuova macchina informatica istituendo software liberi. Il No al ponte è deciso come la priorità al piano colline, piano regolatore e piano forestale. Tra le altre idee ricordiamo il “frutteto diffuso” per il recupero delle terre incolte, un parco biciclette elettriche per Atm, la Consulta dei giovani, palestre all’aperto e percorsi di running con conseguente messa in sicurezza e apertura al pubblico del parco Aldo Moro e l’istituzione dell’Agenzia sociale per la casa, con l’obiettivo di rendere fruibili «circa 30.000 immobili sfitti» .
  • Salvatore Totaro: tra le prime proposte troviamo quella di realizzare aziende di apprendimento in aree naturali mediante l’istituzione di City-farm. Si presta particolare attenzione anche agli impianti sportivi. Totaro punta sul censimento delle case popolari, sull’alleggerimento della burocrazia delle pratiche per l’occupazione del suolo pubblico e sull’iniziativa “adotta il tuo marciapiede”, con l’adozione di aree pubbliche. Anche il turismo assume la sua importanza con le mini crociere nello Stretto, ad un “Festival internazionale del mare” e ad un Salone nautico, alla “Fiera del Gusto” e alla “Fiera delle antiche tradizioni della lavorazione artigianale manuale” e l’istituzione di un’agenzia di trasporto marittimo per fini, appunto, turistici. L’iniziativa “io resto a Messina” ha poi il compito di incentivare i giovani imprenditori a rimanere nella propria città. 

 

Sofia Ruello

Macron rieletto all’Eliseo: sconfitta nuovamente Marine Le Pen al ballottaggio

Proprio come nel 2017, Emmanuel Macron ha battuto al ballottaggio Marine Le Pen nella corsa per l’Eliseo, tra il plauso dello schieramento contrario alla destra sovranista e dei principali leader alleati occidentali. Rispetto ad allora però lo ha fatto da presidente uscente, in un contesto significativamente differente e dopo una campagna elettorale concretamente iniziata solo dopo il primo turno di due settimane fa. A non essersi ripetuto invece è stato il conclamato trionfo che il leader di En Marche potè allora vantare di avere ottenuto contro l’avversaria, al tempo doppiata nelle preferenze ed ora solamente tenuta ad una debita ma non cospicua distanza (58,5% per Macron e 41,45% per Le Pen).

 

La festa di Macron sotto la Tour Eiffel

“Sono il Presidente di tutti, qui si apre una nuova era”

Ad accompagnare l’annuncio del risultato è stato prima il boato festoso dei sostenitori di Emmanuel Macron e subito dopo l’Inno alla Gioia di Beethoven, sulle cui note il rieletto presidente francese e la moglie Brigitte si sono presentati allo Champ-de-Mars, sotto alla Tour Eiffel. Una scelta, quella del tema musicale, già proposta nel 2017 e che sottolinea il primo punto di contrasto con Marine Le Pen essendo l’inno dell’Europa unita. Presentatosi alla folla ha voluto ringraziare gli elettori ed in particolar modo quelli appartenenti ai diversi schieramenti politici che hanno deciso di puntare su di lui nel corso del secondo turno delle elezioni: “li ringrazio non perché condividono le idee, ma per avere sbarrato la strada all’estrema destra“. “Sarò debitore per questo voto nei prossimi anni e prometto che quelli che seguiranno non saranno il proseguio dei cinque appena conclusi ma una nuova era per tutta la Francia“.

Sostenitori di Macron festeggiano l’esito del ballottaggio, fonte:donnesulweb.it

Toni ovviamente opposti per Marine Le Pen che però, nonostante la delusione, ha etichettato il risultato di domenica come “una forma di speranza”. La seconda sconfitta consecutiva della leader del Rassemblement National è coincisa con il miglior risultato dell’estrema destra francese nella storia della Quinta Repubblica, un dato che certamente avrà un peso specifico di non poco conto nel futuro prossimo della vita politica del paese transalpino.

Una vittoria dell’Europa?

Negli ultimi mesi il presidente francese ha cercato di riempire il vuoto lasciato dall’ex cancelliera tedesca Angela Merkel prendendo le redini delle relazioni internazionali dell’Unione Europea. Proprio per questo una sconfitta di Macron e la conseguente vittoria dell’euroscettica Marine Le Pen avrebbero comportato quasi certamente il punto più basso della storia recente dell’UE e con esso il definitivo declassamento della stessa ad attore di secondo piano sulla scena internazionale. Timori svaniti già con i primi exit poll che hanno evidenziato sin da subito un forte vantaggio del presidente uscente e definitivamente tramontati con la conclusione dello spoglio. Non a caso i principali leader europei, oltre ad essersi complimentati per la vittoria, hanno voluto sottolineare il peso specifico che tale risultato porta con sé. Il primo con cui Macron ha avuto una conversazione telefonica è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz che ha parlato immediatamente di un risultato sinonimo di “un voto di fiducia sull’Europa“, sentimento ripreso anche dal premier spagnolo Pedro Sanchez e da quello portoghese Antonio Costa. Complimenti giunti anche dal Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Quest’ultimo in un tweet ha detto: “In questo periodo tormentato abbiamo bisogno di un’Europa solida e di una Francia impegnata nella maniera più assoluta per una Ue più sovrana e più strategica. Possiamo contare sulla Francia per altri 5 anni”.

 

 

Anche il premier italiano Mario Draghi ha definito la vittoria di Macron come una splendida notizia per tutta l’Europa. “Italia e Francia sono impegnate fianco a fianco, insieme a tutti gli altri partner, per la costruzione di un’Unione Europea più forte, più coesa, più giusta, capace di essere protagonista nel superare le grandi sfide dei nostri tempi, a partire dalla guerra in Ucraina. Al presidente Macron vanno le più sentite congratulazioni del governo italiano e mie personali”. Ad unirsi al coro è stato anche il presidente russo Vladimir Putin, di cui Macron è stato interlocutore privilegiato nel corso delle fasi iniziali della guerra, che ha voluto mandare i propri complimenti: “Vi auguro sinceramente successo nella vostra azione pubblica e anche buona salute e prosperità”.

Una vittoria senza trionfo

Scacciato il rischio dell’estrema destra adesso si deve fare i conti con la realtà dei fatti, una realtà in cui appare chiaro che la Francia non è unita, anzi. Lo stesso Macron nel suo discorso allo Champ-de-Mars ha immediatamente ammesso che “gli anni che verranno non saranno affatto semplici” e che sente il dovere di venire incontro ai sentimenti manifestatisi chiaramente nel corso di queste elezioni. Si è infatti trattato delle elezioni con la più alta percentuale di astensionismo (il 28%) dal 1969, quando gli elettori di sinistra si rifiutarono di presentarsi alle urne in segno di protesta. Un dato frutto della crisi della percezione democratica del sistema e di una sempre più rimarcata frammentazione del panorama politico francese che ha permesso la rielezione di Macron unicamente per impedire la vittoria della Le Pen. Ad oggi accanto allo schieramento del presidente (centro destra) vi sono unicamente i due blocchi di estrema destra (Le Pen) e di estrema sinistra (Mélenchon), uno scenario che, in vista delle elezioni legislative del 12 e 19 giugno, rende concreto il rischio di una cohabitation. Una possibilità che indebolirebbe non poco la posizione della Francia nello scacchiere europeo, essendo che il capo dell’esecutivo sarebbe “ostaggio” di una maggioranza parlamentare di segno diverso dal suo.

 

Filippo Giletto

Elezioni in Francia, i risultati del primo turno: Macron e Le Pen al ballottaggio

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Francia si è tenuto nella giornata di ieri, domenica 10 aprile, registrando un’affluenza del 74 per cento, il dato più basso dal 2002. La storia si ripete: il presidente uscente Macron è davanti a Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National, ma come avvenne nel 2017  la corsa all’Eliseo si deciderà al ballottaggio di domenica 24 aprile.

“Potete contare su di me per attuare il nostro programma di apertura e di indipendenza francese ed europea””

Macron, acclamato dai suoi militanti alla Porte de Versailles di Parigi, ha lanciato un appello ai connazionali di ogni colore politico affinché sbarrino la strada all’estrema destra. “Vedo una speranza: la speranza di risollevare il Paese” ha invece dichiarato la sfidante Le Pen che ha invitato “tutti coloro che non hanno votato per Macron” a sostenerla in vista del ballottaggio. “In gioco non c’è un semplice voto di circostanza, ma una scelta di società e direi anche di civiltà”.

I risultati del primo turno

Incetta di voti per il presidente uscente Macron che al primo turno registra il al 28,4% delle preferenze, il 4% in più del 2017, tenendo a labile distanza la sfidante Le Pen con il 23,4%. Tuttavia il ballottaggio in programma tra 15 giorni potrebbe riaprire i giochi: se Macron può contare sull’appoggio di buona parte della destra e della sinistra, secondo gli analisti Marine Le Pen convergerà almeno il 7% dei voti in più rispetto a quelli che prese nella sfida di 5 anni fa. Ancora, secondo uno studio Ipsos Sopra Steria, per Le Parisien Macron sarà riconfermato all’Eliseo con il 54% delle intenzioni di voto.

Diversi i risultati per gli altri candidati: Mélenchon con il 21,9%, ha ottenuto un risultato superiore alle aspettative; risultati deludenti per Zemmour con il 7%; il candidato che prima delle elezioni intendeva soppiantare la presidente del “Rassemblement National” come guida dell’estrema destra, ha pagato le sue affermazioni filorusse delle ultime settimane. La candidata dei Repubblicani Valérie Pécresse ottiene il 4,8% delle preferenze, al di sotto della soglia del 5 per cento che dà diritto al rimborso delle spese elettorali da parte dello stato. La candidata del Partito socialista Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, ha raggiunto appena l’1,7 per cento. È il peggior risultato della storia di entrambi i partiti.

Gli appelli in vista del ballottaggio

Dopo i primi dati dalle urne, i candidati esclusi dalla corsa per il ballottaggio hanno lanciato i propri appelli. Mélenchon, Hidalgo e Pecresse hanno dichiarato il proprio sostegno al presidente Macron, invitando il popolo a non destinare alcun voto “all’estrema destra di Marine Le Pen” accusata da Pecresse di essere “vicina a Putin”. Al contrario Zemmour, ha invitato il suo elettorato a destinare i voti a Le Pen: “Ho molti disaccordi con Marine Le Pen, ma davanti a lei c’è un uomo che ha fatto entrare milioni di immigrati e che farà di peggio se sarà rieletto. Invito quindi a votare per Le Pen”.

Scontri a Rennes e Lione

Archiviato il primo turno delle elezioni presidenziali francesi, nella notte sono scoppiati disordini a Rennes e Lione. Circa cinquecento persone si sono radunate per le strade di Rennes dopo l’annuncio del risultato elettorale, intonando slogan anticapitalisti e antifascisti e danneggiando gli arredi cittadini. In una piazza del centro è stato poi appiccato un incendio con materiale preso da cantieri edili. A Lione invece un centinaio di persone ha radunato un corteo diretto al municipio distrettuale, vandalizzando una cabina elettorale e una finestra. Per entrambi i disordini è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco e della polizia.

Il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha commentato i disordini attribuendone la responsabilità alla sinistra radicale.

“Quello che dicono le informazioni è che si tratta dell’estrema sinistra, che non confondo con gli amici di Jean-Luc Mélenchon”.

 

Elidia Trifirò

 

 

Elezioni in Ungheria e Serbia: confermati i governi filo-Putin di Orban e Vucic

Il 3 aprile è stato un giorno particolarmente significativo per lo scenario politico europeo. Si sono svolte quasi in contemporanea le elezioni parlamentari in Ungheria e l’elezioni presidenziali in Serbia. Ed in momenti particolarmente concitati come quelli che stiamo vivendo il popolo tende a ricercare stabilità e sicurezza. Lo testimoniano le scelte dei cittadini in entrambe le nazioni: in Ungheria sarà il quarto mandato per Viktor Orban, in Serbia viene riconfermato il presidente uscente Aleksandar Vučić.

La guerra Russia-Ucraina domina il dibattito politico

Pace e stabilità“, questo lo slogan di Vucic. Scelta propagandistica vincente dato che gli ha permesso di ottenere un consenso del 58,56%. La campagna elettorale del presidente serbo tuttavia era partita con presupposti diversi: lotta alla criminalità – molto diffusa nella nazione – difesa ambientale e rafforzamento dei diritti civili. Temi che hanno inevitabilmente ceduto il passo al conflitto tra Russia e Ucraina. Il collocamento geografico dei territori balcanici non permette alla Serbia di “dormire sonni tranquilli” e la paura che le mire espansionistiche di Putin finiscano con il coinvolgerla diviene sempre più presente nella mente dei cittadini.

«Per il futuro la cosa più importante è mantenere pace e stabilità e garantire la prosecuzione del progresso economico»

Queste le parole del neo-eletto presidente che punta a collocare la nazione in uno stato mediano: se da una parte condanna il conflitto e invoca la pace, dall’altra cerca di mantenere attivo il canale commerciale con il Cremlino. La Serbia infatti non ha aderito alle sanzioni nei confronti della Russia così da mantenere intatte le forniture energetiche e i prezzi scontati su di esse. Chiaro però che permane la possibilità che, alla lunga, questa mancata presa di posizione possa arrivare ad incrinare i rapporti – già non del tutto idilliaci – con l’UE.

Aleksandar Vučić, Presidente serbo. Fonte: ilfattoquotidiano.it

Viktor Orban vince ancora, l’Ungheria lo conferma per la quarta volta

«E’ una vittoria così grande che si vede dalla Luna e di certo da Bruxelles»

Traspare molto entusiasmo dalle dichiarazioni del riconfermato presidente dell’Ungheria Viktor Orban. Non manca inoltre il riferimento all’Unione Europea che sicuramente non è entusiasta di vederlo trionfare per l’ennesima volta. Chi invece non ha esitato a congratularsi con lui tramite Twitter è l’ex ministro degli interni Matteo Salvini.

Tra gli oppositori di Orban troviamo inoltre Zelensky. Il presidente dell’Ucraina nei giorni scorsi aveva speso parole di forte disappunto nei confronti dell’ungherese accusato di essere l’«unico in Europa a sostenere apertamente Putin». Di fatto se Vucic, pur mantenendo saldi i rapporti commerciali con Putin, ha in qualche modo condannato il conflitto, Orban ha manifestato la totale neutralità dichiarando:

«Questa non è la nostra guerra, dobbiamo restarne fuori»

così facendo ovviamente si assicura un trattamento economico di favoreggiamento per ciò che riguarda l’importazione di gas e petroli russi. Resta il fatto che mostrare indifferenza nei confronti di una situazione così oscura e delicata potrebbe non giovare all’immagine del presidente dell’Ungheria. Tuttavia il consenso ottenuto è inopinabile. Infatti nonostante per la prima volta dal 2006 l’opposizione si era riuscita a coalizzare e a formare un alleanza, il partito Fidesz ha comunque vinto assicurandosi una percentuale di consenso pari al 54,6%. Il leader dell’opposizione Peter Marki-Zay ha dichiarato:

«In questo sistema ingiusto e disonesto non potevamo fare di più»

parole che fanno riferimento al presunto controllo esercitato da Orban sui mezzi di comunicazione. Purtroppo è ormai da tempo che si considerano le votazioni in Ungheria «libere ma controllate».

Viktor Orbán, presidente dell’Ungheria. Fonte: europa.today.it

Non solo vittorie per Orban

Nello stesso giorno delle elezioni parlamentari in Ungheria si è andati al voto per l’approvazione della legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” ai minori. La consultazione non ha raggiunto il quorum. Ciò si tramuta in una sconfitta per il presidente ungherese che puntava molto sulla conferma di tale legge. Festeggiano invece le associazioni per i diritti umani come Amnesty Ungheria. Il portavoce dell’organizzazione, Áron Demeter, pochi giorni prima del referendum aveva dichiarato:

«Credo ci siano buone possibilità che il referendum sia invalidato, l’Ungheria è molto più progressista di quanto possa apparire in superficie»

Non solo le associazioni per i diritti umani ma anche Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, aveva definito tale legge «vergognosa».

Dopo le elezioni del 3 Aprile lo scenario politico europeo rimane invariato ed il fatto che molte nazioni ancora facciano fatica a “schierarsi” contro Putin per paura di perdere canali di commercio è nient’altro che l’ennesima dimostrazione di quanto potere economico e contrattuale detenga la Russia in questo momento.

Francesco Pullella

 

 

Elezioni Quirinale, il Professore Moschella ospite su Rai News 24

All’alba della terza giornata di votazioni per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, che ha poi restituito una fumata nera,  il Prorettore Vicario dell’Università di Messina, Professore Giovanni Moschella, durante l’edizione mattutina di Rai News 24 del 26 Gennaio, ha commentato quella che si prospetta essere una lunga e travagliata corsa al Quirinale. (clicca qui per guardare l’intervista integrale)

Il mandato bis di Mattarella

In un vortice di schede bianche e nulle e alla luce dei risultati della terza giornata, il Presidente uscente Mattarella (qui un articolo su di lui) si conferma come più votato, concretizzando la possibilità di un mandato bis: “direi che la Costituzione certamente non lo esclude, tuttavia credo che il Presidente Mattarella abbia più volte ribadito la sua contrarietà ad avere un secondo mandato” ha commentato il Professore Moschella, sostenendo inoltre che la rielezione del Presidente uscente “consentirebbe al Paese da un lato di continuare ad avere una guida sicura, autorevole sotto il profilo internazionale e allo stesso tempo sul versante politico garantirebbe la continuazione del governo di larga coalizione guidato da Draghi”.

Da costituzionalista, il Professore non può fare a meno di citare la dottrina pubblicistica. Negli orientamenti degli ultimi anni, questa ha rilevato l’opportunità, dettata da ragioni di tipo politico, di procedere ad una revisione del testo costituzionale che ponga fine al semestre bianco: termine che si utilizza per definire gli ultimi sei mesi del settennato, periodo in cui appunto il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere. Inoltre alcune tesi suggeriscono di inserire in Costituzione l’impossibilità di doppio mandato.

Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale, un “ingorgo istituzionale”

Uno dei nomi più in voga per questa carica è quello di Draghi, attuale Presidente del Consiglio. Sulla sua possibile elezione secondo il Professore “ci sarebbe un problema anche dal punto di vista formale. Se Draghi effettivamente venisse eletto si verificherebbe un “ingorgo istituzionale“. L’attuale Presidente del Consiglio infatti, qualora diventasse Presidente della Repubblica, dovrebbe presentare le dimissioni dalla carica che fino a questo momento sta ricoprendo ma, afferma il Professore, “le dimissioni del Presidente del Consiglio devono essere firmate dal Capo dello Stato che, per riceverle deve essere insediato ma dopo il 3 febbraio il Presidente Mattarella non sarà più in carica”.

Il problema sorgerebbe anche dal punto di vista sostanziale, come giustamente evidenziato dal Professore Moschella, in merito ad una eventuale elezione del Presidente Draghi al Quirinale. La nuova carica, infatti, “porrebbe quest’ultimo nelle condizioni di dover poi emanare i provvedimenti di attuazione del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che sono espressione certamente dell’indirizzo politico assunto dal suo governo; ciò crea qualche problema per quanto riguarda l’aspetto della separazione dei poteri”.

Una confusione tra istituzioni dell’ordinamento italiano, una commistione tra poteri dello Stato. Sicuramente, la salita al Colle di un Presidente del Consiglio in carica potrebbe creare intoppi a livello costituzionale e allo stesso tempo dar luogo ad un precedente che potremmo vedere consolidato in altre future elezioni per eleggere il Capo dello Stato.

Elidia Trifirò 

Elezione Presidente della Repubblica: tutto quello che c’è da sapere

Giunti al termine del mandato del presidente Sergio Mattarella l’Italia e gli italiani si preparano ad accogliere il nuovo inquilino del Quirinale. L’elezione del Presidente della Repubblica è uno degli eventi più attesi e più importanti della politica italiana. Nella giornata di oggi, lunedì 24 Gennaio alle ore 15, si terrà il primo scrutinio che porterà all’elezione del 13° presidente della Repubblica. Si tratta di un passaggio istituzionale che avviene, di norma, ogni sette anni. Ripercorriamo assieme le tappe fondamentali che portano all’elezione della più alta carica dello stato: chi lo elegge, chi può essere eletto, come funziona il voto e cosa cambia quest’anno, quanti voti serviranno e cosa significano le terminologie utilizzate.

Chi sono i grandi elettori 

L’elezione del Presidente della Repubblica è indiretta, significa che non viene eletto direttamente dai cittadini, ma da alcuni rappresentanti che prendono il nome di “grandi elettori“. Si tratta di una grande platea composta da 1.009 (1.008 quest’anno a causa della scomparsa del deputato di Forza Italia Vincenzo Fasano) elettori così suddivisi:

  • 315 senatori; 
  • 630 deputati; 
  • 6 senatori a vita; 
  • 58 delegati regionali (3 per ogni regione, 1 per la Valle D’Aosta)

In base all’art. 83 della Costituzione i 58 delegati regionali vengono eletti dal Consiglio regionale: due rappresentanti della maggioranza e un rappresentante della minoranza. La squadra così composta è a netta prevalenza maschile a fronte di sole 5 donne: tre del Pd, una del M5s e una della Lega. I rappresentanti Siciliani eletti sono: il governatore Nello Musumeci (Diventerà Bellissima); Gianfranco Miccichè (Fi) e Nunzio Di Paola (M5S).

Elettori Presidente della Repubblica (fonte: quotidianonazionale.it)

Le elezioni/polemica siciliane 

L’elezione dei rappresentati regionali in Sicilia ha generato non poche polemiche nella maggioranza di centro destra. Nello Musumeci (centrodestra, “Diventerà Bellissima”) ha incassato 29 voti, meno di quelli ottenuti dal delegato dell’opposizione. Il più votato è stato il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè (Fi), con 44 preferenze, a seguire Nunzio Di Paola del M5S con 32 voti.

Chi può essere eletto 

Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici. (Art.84 Cost.)

Per essere eletto Presidente della Repubblica è necessario che il candidato sia in possesso della cittadinanza italiana, abbia compiuto 50 anni di età e non sia stato condannato per reati gravi o sottoposto a misure di prevenzione o libertà vigilata o sia stato dichiarato incapace di agire.

Come si svolge l’elezione

L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. (Art.83 Cost.)

Per eleggere il capo dello Stato è necessario che venga raggiunto un quorum che nei primi tre scrutini è la maggioranza qualificata dei due terzi dei Grandi elettori, quindi 637 voti. Qualora dopo il terzo scrutinio la maggioranza non fosse raggiunta, per eleggere un candidato diventa sufficiente la maggioranza assoluta (la metà più uno degli aventi diritto al voto), cioè 505 voti.

Va ricordato che quest’anno sarà l’ultimo in cui bisognerà fare riferimento a questi numeri: visto il taglio dei parlamentari il quorum per la maggioranza qualificata e assoluta cambieranno.

Lo scrutinio avviene in seduta pubblica e allo spoglio procede il presidente della Camera, Roberto Fico che darà lettura di tutte le schede, tranne quelle identificabili come nulle. Per prassi si considerano “dispersi” i voti ai quei candidati che raccolgano un numero di preferenze inferiore a due.

Le elezioni del passato

I dati raccolti fino a questo momento ci restituiscono un solo mandato bis. Il senatore a vita Giorgio Napolitano è l’unico ad essere stato rieletto nel 2013, salvo poi rassegnare le dimissioni due anni più tardi. Inoltre, la maggioranza dei due terzi ha generato grandi difficoltà nell’elezioni del nuovo presidente entro i primi 3 scrutini. Le uniche eccezioni sono state registrate con l’elezione di Francesco Cossiga nel 1985 e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. L’elezione più complessa è stata invece quella di Giovanni Leone nel 1971 che ha richiesto ben 23 votazioni.

Cosa cambia quest’anno

L’elezione del Presidente della Repubblica quest’anno è soggetta ad alcuni cambiamenti. Normalmente gli elettori votano insieme e nello stesso momento, ma a causa della pandemia, il presidente della camera Fico ha dettato nuove disposizioni.

Si terrà un solo scrutinio al giorno a partire dalle ore 15 , in passato se ne svolgevano anche due. I grandi elettori voteranno divisi per fasce orarie e in ordine alfabetico, in gruppi di non più di cinquanta persone, in modo da permettere la sanificazione delle cabine e delle superfici tra un gruppo e l’altro. Si parte dai senatori a vita, poi i senatori, i deputati e infine i delegati regionali. Ogni scrutinio sarà preceduto da una sorta di appello o chiamata, utile a verificare l’effettiva presenza dell’elettore e per chiamare al voto.  A queste seguirà un secondo appello per chi non ha risposto al primo.

Catafalchi, cabine per la votazione (fonte: firenzepost.it)

Fino all’elezione del 2015, anno in cui venne eletto Sergio Mattarella, si votava all’interno dei catafalchi, grosse cabine tendate, per poi uscire e inserire la scheda nella cesta apposita, detta anche insalatiera. Quest’anno, per ragioni sanitarie i catafalchi, difficili da sanificare, saranno sostituite da cabine che, invece, facilitano la circolazione dell’aria.

Come voteranno i positivi al coronavirus 

Il presidente della Camera Roberto Fico ha deciso che i parlamentari positivi al coronavirus, al momento circa 30, voteranno in un parcheggio adiacente alla Camera dei deputati, in via della Missione a Roma, dove è stato allestito un seggio speciale.

Presidente della Repubblica, possibili scenari

Al momento tra i partiti e i grandi elettori non sembra esserci intesa su chi potrà ricoprire la più alta carica dello Stato. Gli scenari più plausibili escludono il mandato bis del Presidente Mattarella ed anche la tanto discussa candidatura di Berlusconi sembra abbia avuto una battuta di arresto. L’ex premier ha optato infatti per lanciare un nuovo nome dal centrodestra, quello di Marcello Pera, già in passato presidente del Senato. Uno dei nomi più ricorrenti, nonché capace di raccogliere consensi bipartisan, è quello dell’attuale premier Mario Draghi il quale, nell’eventualità dell’elezione, avvierebbe scenari politici inediti. Tra i possibili “candidati” figurano, tra le fila del centrodestra, anche Maria Elisabetta Casellati, attuale inquilina di Palazzo Giustiniani (Senato), Letizia Moratti, già ministra dell’Istruzione nel secondo governo Berlusconi e Marta Cartabia, attuale ministra della Giustizia.

Elidia Trifirò 

Il piano di una misteriosa lobby per insinuarsi nella politica italiana

Per ben tre anni un giornalista del team “Blackstair” di Fanpage.it, Salvatore Garzillo, si è calato nelle vesti di un personaggio appositamente inventato come copertura, per far venire a galla una storia che, purtroppo, di fantasioso pare non aver niente. Ciò che se ne è ricavato da questa difficile impresa è un’inchiesta, che ha scatenato un forte tumulto nella politica italiana. Vi sono stati anche dei risvolti impensabili, subiti dalla stessa redazione, in seguito alla pubblicazione del primo compromettente video.

 

I tre volti della politica nel primo video dell’inchiesta: ( da sinistra verso destra) Fidanza, Valcepina e Jonghi. Fonte: Fanpage.it

 

La pubblicazione del primo video dell’inchiesta

La sera del 30 settembre scorso, su Fanpage.it, viene pubblicato un primo video dell’inchiesta intitolata “Lobby nera”. Al centro del mirino esponenti delle fila del partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, e la rivelazione di quello che sembra essere un presunto sistema di finanziamenti in nero per le elezioni amministrative a Milano, del 3 e 4 ottobre, parte di un piano ben più grande, con obiettivi ancora più ambiziosi.

Nella prima puntata della video inchiesta, le primissime immagini vedono Carlo Fidanza, europarlamentare e capo delegazione di Fratelli d’Italia, e il candidato sindaco della sua coalizione Luca Bernardo, l’avvocato Chiara Valcepina.

Con lo scorrere delle immagini, si inizia a sentir parlare dell’esistenza di un gruppo dinostalgici del fascismo” – così definiti da Fanpage – massoni ed ex militari. Successivamente il giornalista infiltrato, incontra Roberto Jonghi Lavarini, esponente di estrema destra conosciuto anche con il soprannome “Barone Nero“.

Quest’ultimo, candidato alla Camera, con Fratelli d’Italia nel 2018, e condannato con l’accusa di apologia del fascismo nel 2020, sarebbe la figura chiave per la misteriosa lobby.

L’indefinito gruppo eterogeneo – alla quale apparterrebbero anche esponenti del clero e sostenitori della Russia di Putin – punterebbe alla creazione di una nuova classe dirigente da far infiltrare nel centrodestra.

Il Barone Nero sarebbe il tramite, capace di metter mano ovunque. Così è stato, appunto, anche per le amministrative di Milano, tramite l’organizzazione della campagna elettorale della Valpicena, la quale, nel video, appare a suo agio nel lasciarsi andare a frasi razziste e saluto fascista.

La misteriosa lobby, dunque, si impegnerebbe a portare voti a determinati politici, con l’intento di influenzare pian piano la politica italiana in generale, muovendosi attraverso il centrodestra.

Questo meccanismo sembrerebbe esser stato messo in moto in almeno due occasioni: prima per il sostegno alle elezioni europee del 2019 di un candidato della Lega, l’eurodeputato Angelo Ciocca, e poi, in vista delle amministrative del 2021, appoggiando un gruppo di candidati di Fratelli d’Italia della corrente di Carlo Fidanza, capodelegazione a Strasburgo.

La strategia sembrerebbe, dunque, sempre la stessa: Jonghi farebbe in modo di “trovare” voti, chiedendo in cambio  “collaborazione”.

Nel caso dell’intesa con Ciocca, ad esempio, Jonghi, portando 5mila dei 90mila voti europei ottenuti dal gruppo di quest’ultimo, pretese in cambio “spazio” nella Lega nazionalpopolare di Matteo Salvini.  L’obiettivo era quello di abbordare il Carroccio nel momento della sua maggiore crescita elettorale, per far valere le proprie idee. Il Barone Nero decise di inserirsi nel solco tracciato da Gianluca Savoini e Mario Borghezio, stratega della corrente di estrema destra all’interno della Lega. Con quest’ultimo, in effetti, condivide sia ideali fascisti che l’aspirazione a lavorare dal dietro le quinte per raggiungere gli obiettivi.

Il progetto di Borghezio è chiaro da subito: “Salvini è un debole, questa situazione lo spinge nelle braccia della Meloni e questa cosa apre alla nostra area un’autostrada – disse l’ex deputato – È l’autostrada per la terza Lega, è una situazione che io attendevo da decenni. Dobbiamo cominciare a formare i quadri da inserire in questa Terza Lega.”.

Però, Jonghi, da questo momento continuò ad agire su due fronti: si spostò tra l’ala più moderata della Lega di Salvini e continuò a tessere rapporti con Fidanza, storico compare di militanza, che negli anni si è costruito l’immagine del conservatore moderato, ma che, in realtà, ben si è trovato a pronunciare, in determinati contesti, come quelli registrati nei video dell’inchiesta, commenti improbabili oltre che a prendere in giro il Paolo Berizzi, giornalista sotto scorta per le minacce ricevute dai neonazisti.

 

Le prime reazioni dopo la pubblicazione e l’oscuramento del video

In seguito alla pubblicazione dell’inchiesta, il tumulto scatenatosi è stato fortissimo.

Fidanza si è autosospeso da capo delegazione al Parlamento europeo, ma ha insinuato che Fanpage abbia strumentalizzato le immagini registrate dal suo giornalista.

Giorgia Meloni, leader del partito a cui appartengono i soggetti coinvolti nel “sistema” di Jonghi, ha deciso di non prendere subito le distanze. Prima, ha chiesto a Fanpage di visionare tutte le 100 ore di girato, “per sapere esattamente cose siano andate le cose e come si siano comportate le persone coinvolte per agire di competenza”. Poi, il contrattacco:

“Per quanto si possa fingere di non vederlo, era tutto studiato. Scientificamente, a tavolino. A due giorni dalle elezioni. Non da Fanpage, ma da un intero circuito, o circo, se vogliamo.”.

Jonghi con Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Fonte: open.online.it

Il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, si è rifiutato di acconsentire alla richiesta del leader di FdI e intanto la procura di Milano ha aperto un’inchiesta ipotizzando reati di finanziamento illecito ai partiti e riciclaggio.

Intanto, l’inchiesta era stata momentaneamente oscurata dal sito di Fanpage.it, suscitando una fortissima reazione anche nel direttore  che pubblicamente ha replicato con un video in cui definiva gravissimo l’accaduto.

Gli ultimi aggiornamenti

Tutto questo, fino ad arrivare a ieri sera, quando, anche in diretta tv, su La7, nel programma “Piazza Pulita”, oltre che sul sito di Fanpage, è stato pubblicato il secondo video dell’inchiesta, nel quale si vede: il giornalista Garzillo, insieme a Jonghi, incontra l’ex eurodeputato Borghezio, che ha in mente un piano per creare unaterza Lega“, formando una nuova corrente nel partito con elementi di estrema destra. Nel video vengono ripresi anche i militanti di Lealtà Azione e il consigliere regionale leghista Massimiliano Bastoni, che con il gruppo ha rapporti strettissimi. L’eurodeputato Angelo Ciocca, che sembra coinvolto nel progetto, secondo quanto dice il Barone nero può ambire a diventare il capo della Lega post Salvini.”.

Contemporaneamente, ieri sera, la Meloni è stata ospite nel programma “Dritto e rovescio”, su Rete 4. Nonostante continui a richiedere di visionare tutto di girato prima di esporsi definitivamente, ha comunque dichiarato che nel partito “non c’è spazio né per la disonestà eventuale, né per atteggiamenti che non siano chiari su temi come razzismo, antisemitismo, nostalgismo, folkrorismo”.

In attesa degli ulteriori sviluppi di questa triste vicenda, sicuramente, il ritorno online dei contenuti dell’inchiesta e la possibilità di poter esser visti da chiunque, ci solleva, perché la libertà di stampa è alla base di un Paese civile come l’Italia.

Rita Bonaccurso

 

 

Elezioni Amministrative: trionfo del centrosinistra. Crollano Lega e 5 Stelle mentre cresce Fratelli d’Italia

fonte: mam-e.it

Il 3 e il 4 ottobre si è votato in 1192 comuni italiani per l’elezione dei nuovi sindaci e dei nuovi consigli comunali. 12 milioni gli italiani chiamati al voto e tra le città interessate vi sono state ben sei capoluoghi di regione e tredici di provincia. Particolarmente elevata è l’attenzione su cinque delle principali italiane: Milano, Roma, Torino, Napoli e Bologna. Chiamati alle urne sono stati anche i cittadini calabresi per l’elezione del nuovo presidente regionale successivamente alla fine anticipata della precedente legislatura. La Calabria è stata infatti l’unica regione interessata da un rinnovo dei suoi vertici. Ad un giorno di distanza dalla chiusura dei seggi, è già possibile iniziare un’analisi sui risultati delle urne che nella maggior parte dei casi sembrerebbero confermare i dati degli exit poll di ieri.

Cresce l’astensionismo e la differenza di genere

Prima di soffermarci su qualsiasi ragionamento è giusto sottolineare un dato che fin da subito è parso eloquente. In tutti i comuni interessati si è registrato un drastico calo nell’affluenza alle urne. Al primo turno delle amministrative hanno espresso il proprio voto soltanto il 54,69% degli aventi diritto. Un dato al ribasso di circa sei punti percentuale rispetto alle ultime consultazioni svoltesi nel 2016. In quell’occasione l’affluenza fu del 61,58% nonostante le urne fossero rimaste aperte solamente un giorno.

A differenza delle scorse consultazioni amministrative, inoltre, nessuna donna non è stata eletta e né è andata al ballottaggio in nessuna delle grandi e medie città .

I risultati del primo turno di amministrative 2021, fonte: Il Post

Pesante ridimensionamento del Movimento 5 Stelle

Oltre all’alto astensionismo, l’ ulteriore dato che colpisce è il forte ridimensionamento del MoVimento 5 Stelle. Il movimento di Grillo e Casaleggio infatti perde le due grandi città che governava. A Roma il sindaco uscente Virginia Raggi si piazza al quarto posto, alle spalle di Calenda, dimezzando i voti con cui è riuscita cinque anni fa a superare il primo turno e registrando un generale malcontento nell’amministrazione del Campidoglio. Si ferma al 9% invece la candidata sindaco di Torino Valentina Sganga, sostenuta dal solo M5S nella corsa alla successione a Chiara Appendino. Se a Roma e Torino la sconfitta del M5S è apparsa netta, tale dato trova conferma anche ove i pentastellati correvano all’interno della coalizione di centro sinistra. A Napoli e Bologna il loro supporto è risultato essere praticamente ininfluente per il superamento del primo turno da parte di Gaetano Manfredi e Matteo Lepore, a cui hanno contribuito rispettivamente con il 9,7% e  il 3,3%. Disfatta ancor più netta nel capoluogo lombardo dove hanno raccolto soltanto il 2,7% dei voti e si sono visti superare dal partito “no vax” di Gianluigi Paragone fermatosi al 3%.

Il sindaco uscente di Roma Virginia Raggi, fonte: romalife.it

Risalita del centro sinistra: vittoria già al primo turno a Milano, Napoli e Bologna

A dimostrarsi in buona salute è invece il centro sinistra che vince già al primo turno a Milano e, come detto, a Bologna e Napoli. Beppe Sala, Matteo Lepore e Gaetano Manfredi sono riusciti a superare il 50% delle preferenze ed evitando così un ballottaggio al secondo turno con il diretto concorrente. Dove invece questo accadrà sarà invece a Roma, Torino e Trieste. Roberto Gualtieri ha raccolto il 27% delle preferenze nella capitale e tra due settimane sfiderà in una nuova consultazione il candidato di centrodestra Enrico Michetti, attestatosi invece al 30,2%. Medesima sorte anche per Stefano Lo Russo (Torino) e Francesco Russo (Trieste). Il PD si conferma dunque essere effettivamente l’asse trainante del centrosinistra, capace di essere indipendente dal sostegno dei pentastellati o prima forza quando in coalizione con questi ultimi.

Bappe Sala (PD) confermato sindaco di Milano, fonte: internazionale.it

Centrodestra: crolla la Lega mentre cresce Fratelli d’Italia

Il racconto unanime delle principali testate descrive il partito di Matteo Salvini come il primo sconfitto di queste consultazioni. Il leader leghista ha sostenuto in prima persona la candidatura del primario di pediatria Luca Bernardo, la cui corsa alla carica di sindaco di Milano è risultata essere una delle più deludenti. Nel capoluogo lombardo la Lega non è arrivata nemmeno all’11%, il risultato più basso da dieci anni ad oggi e sicuramente il tonfo più eclatante da quando vi è alla guida l’attuale leader del Carroccio. Salvini rischia di vedere anche la sua leadership messa in discussione. Paolo Damilano, candidato sindaco per il centrodestra a Torino è infatti considerato essere più vicino a Giorgetti, rispetto che all’ex ministro dell’interno.

fonte: fanpage

I risultati migliori della coalizione provengono certamente da Fratelli d’Italia. Non solo a Milano il partito ha raggiunto il 10% ma Enrico Michetti, scelto proprio dalla Meloni, è ancora in lizza per il ballottaggio a Roma, città dove Fratelli d’Italia ha ottenuto tre volte le preferenze dell’amico Matteo. Il primato nella coalizione a Bologna e Triste e sono l’ulteriore testimonianza di un definitivo mutamento degli equilibri nel centrodestra.

Ultima nota di colore da registrare è l’exploit di Forza Italia in Calabria. Il partito di Silvio Berlusconi è cresciuto di ben cinque punti percentuali rispetto alle elezioni dello scorso anno raggiungendo il 17,3% e guidando la coalizione di centrodestra che si conferma alla guida della regione con il nuovo candidato Roberto Occhiuto.

 

Filippo Giletto

 

 

 

 

Guida alle elezioni universitarie 2021

Il 14 e il 15 luglio le studentesse e gli studenti dell’Università di Messina sono chiamati alle urne per le elezioni della componente studentesca agli organi collegiali dell’Ateneo. Si voterà anche per la componente relativa ai Dottorandi e Assegnisti di Ricerca e agli Specializzandi. In particolare, gli organi coinvolti sono: il Senato Accademico, il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo (CDA), il Comitato Sovraintendente delle Attività Sportive Universitarie (CSASU), tutti i Consigli di Dipartimento e i Consigli di Corso di studio.

Le elezioni precedenti (2019) si sono svolte per la prima volta in via telematica; l’Ateneo messinese è stato il primo degli atenei siciliani pubblici ad utilizzare questa modalità. L’affluenza registrata è stata di 6296 (26,63%) studenti su 23578 aventi diritto.

Nel 2019 le associazioni universitarie, protagoniste delle elezioni studentesche, si sono raggruppate -per la competizione agli organi superiori (Senato, CDA e CSASU)- in due liste: “O.R.U.M.” e “Maestrale”. In occasione dell’imminente appuntamento elettorale, alcune associazioni di entrambi i gruppi hanno costituito una nuova coalizione, denominata “Genesi“, che sfiderà la coalizione “O.R.U.M.” per la conquista dei seggi in palio.

Andiamo a vedere nel dettaglio tutte le informazioni utili sugli organi e sui rispettivi candidati.

Senato Accademico

Il Senato accademico è organo di indirizzo e consulenza, che:

  1. esercita le competenze relative alla programmazione delle attività didattiche e di ricerca dell’Università;
  2. si esprime in relazione ai servizi per gli studenti e alla contribuzione studentesca;
  3. rappresenta il luogo di raccordo tra i vari Dipartimenti dell’Ateneo (i Direttori di Dipartimento sono membri del Senato)
  4. è presieduto dal Rettore ed è costituito dai rappresentanti di tutte le figure strutturate all’interno dell’Università.

La componente studentesca al Senato è composta da cinque membri. Alle elezioni del 2019 sono stati eletti Senatori gli studenti Calogero Collura (822 voti), Alberto Baldone (736) e Emanuele Faraone (576) della coalizione “Maestrale” (2847 totali) e gli studenti Andrea Muscarà (1161) e Ouahib Droussi (425) della coalizione “O.R.U.M.” (2770 totali). Il senatore Muscarà ha terminato in anticipo il suo mandato per il conseguimento del titolo di studio ed è stato sostituito dalla studentessa Alessandra Torre (410), della medesima lista.

Quest’anno i candidati alla carica di senatore sono (in ordine alfabetico per cognome):

  1. per la lista “O.R.U.M.“-> Fabio Bertolami, Simona Calabrese, Danilo Currò, Emanuele Faraone, Gabriele Freni, Emma Parisi, Pierluca Picciolo;
  2. per la lista “Genesi” -> Carlo De Leo, Rosario De Natale detto Saro, Guglielmo Gullifà, Costanza Pizzo detta Kos, Damiano Restuccia e Salvatore Varrica.

Oltre alla componente studentesca, verranno eletti un rappresentante dei Dottorandi e Assegnisti e un rappresentante degli Specializzandi. I candidati, che non sono suddivisi per liste, sono i seguenti:

  1. per i Dottorandi e gli Assegnisti -> Marco Carone, Antonio Centofanti e Sara Spinelli;
  2. per gli Specializzandi -> Laura La Fauci e Giuseppe Nirta.

Consiglio di Amministrazione dell’Università (CDA)

Il CDA ha due funzioni principali:

  1. è organo di indirizzo strategico, perché fissa gli obbiettivi a lungo termine e gli strumenti per raggiungerli;
  2. attua il controllo preventivo di compatibilità finanziaria nei casi previsti dallo Statuto.

Anche il CDA è presieduto dal Magnifico Rettore.

I rappresentanti degli studenti al CDA sono due. Nella precedente tornata elettorale sono stati eletti Vera Gregoli (2206 voti) della lista Maestrale (2684 totali) e Salvatore Marchiafava (1673) di O.R.U.M. (2483 totali). Il consigliere Marchiafava ha terminato in anticipo il mandato ed è stato sostituito da Eleonora Taranto (199), della medesima lista. Stessa situazione per la consigliera Gregoli, che dopo la laurea è stata sostituita da Daniele Masano, anch’egli successivamente decaduto in seguito al conseguimento del titolo di studio.

In occasione delle imminenti elezioni aspirano a far parte del CDA i seguenti candidati (in ordine alfabetico):

  1. per la lista “O.R.U.M.“: Samuele Famà, Vera Gregoli, Antonio Pagliaro e Chiara Princiotta;
  2. per la lista “Genesi“: Damiano Restuccia e Vittorio Silvestro.

Comitato Sovraintendente delle Attività Sportive Universitarie (CSASU)

Lo CSASU è l’organo istituito per lo sport; in particolare:

  1. sovrintende agli indirizzi di gestione degli impianti sportivi ed ai programmi di sviluppo della relativa attività sportiva;
  2. predispone i programmi di edilizia sportiva e formula le relative proposte di finanziamento secondo quanto previsto dalle leggi vigenti;
  3. definisce di intesa con gli Enti locali le modalità di utilizzazione degli impianti sportivi di cui i predetti Enti hanno la disponibilità.

Come nel caso del CDA, anche nel caso dello CSASU la componente studentesca è costituita da due membri. Alle elezioni del 2019 sono stati eletti Ludovico Irrera (1959 voti) della lista “Maestrale” (2603 totali) e Roberta Milo (1766) di O.R.U.M. (2475 totali). Quest’anno i candidati sono (in ordine alfabetico):

  1. per la lista “O.R.U.M.“: Fabio Bertolami, Gabriele Freni, Vera Gregoli e Emma Parisi;
  2. per la lista “Genesi“: Carlo De Leo, Costanza Pizzo detta Kos e Salvatore Varrica.

Il Consiglio di Dipartimento e il Consiglio di Corso di studio

Il Consiglio di Dipartimento è organo deliberativo, di indirizzo e di controllo ed esercita tutte le competenze relative alla programmazione delle attività del Dipartimento. Come nel caso degli organi centrali, i candidati sono raggruppati in liste. Ogni Dipartimento ha un numero specifico di studenti consiglieri in relazione al numero di iscritti. Anche in seno al Consiglio di Dipartimento sono presenti rappresentanti dei Dottorandi e Assegnisti e degli Specializzandi.

Il Consiglio di Corso di studio, invece, esprime pareri e formula proposte su questioni attinenti al corso di studio, come per esempio l’attivazione degli insegnamenti; inoltre esamina e approva i piani di studio, oltre a riconoscere i crediti formativi. A differenza di tutti gli organi già esaminati non vi sono liste, ma solo autocandidature.

Per il numero ingente di candidature, rimandiamo direttamente al documento dove sono riportati tutti i candidati, suddivisi per organo, dipartimento e liste, e al documento delle autocandidature.

Modalità di voto

Quest’anno le elezioni si svolgeranno con il sistema U-Vote Online (Cineca), che consente lo svolgimento di votazioni da remoto utilizzando dispositivi personali dell’elettore (smartphone, tablet e personal computer).

Le “urne” saranno aperte dalle ore 9,00 alle ore 19,00 mercoledì 14 e dalle ore 9,00 alle ore 14,00 giovedì 15.

La procedura per votare è semplice; bisogna seguire questi semplici passaggi:

  1. andare sul sito ;
  2. accedere con le credenziali di esse3;
  3. controllare la propria identità e confermarla;
  4. selezionare i vari organi e votare secondo le seguenti modalità.

Per gli organi superiori sarà possibile esprimere una sola preferenza per ciascun organo; l’elettore dovrà prima spuntare il contrassegno della lista e successivamente il candidato o la candidata prescelta. Sono validi i voti di lista nel caso in cui venga selezionato solo il contrassegno della lista, senza individuare alcun candidato.

Per quanto concerne le elezioni dei Consigli di Dipartimento, invece, l’elettore potrà esprimere un massimo di tre preferenze per candidate e candidati appartenenti alla medesima lista, rispettando l’alternanza di genere (due uomini e una donna, una donna e un uomo, un uomo e una donna).

Per le elezioni con candidatura diretta (Consiglio di Corso di studio e elezioni dei Dottorandi e Assegnisti e degli Specializzandi) l’elettore manifesta il proprio voto, selezionando il nominativo del candidato prescelto.

I candidati agli Organi Superiori

Concludiamo la nostra guida con le foto di tutti i candidati agli Organi Superiori. Buone elezioni!

O.R.U.M.

Genesi:

 

Redazione UniVersoMe