Elezioni USA: Trump è il 47esimo presidente degli Stati Uniti

Trump vince le elezioni americane

“Abbiamo fatto la storia” afferma il nuovo presidente degli Stati Uniti sul palco di West Palm Beach, affiancato dalla famiglia e dal suo vice J.D Vance.

Donald Trump promette ai suoi elettori una “nuova età dell’oro”.

Queste elezioni vedono trionfante Trump con 295 voti elettorali sui 226 di Harris.

Il repubblicano è il 47esimo presidente degli Stati Uniti, per il secondo mandato non consecutivo, e con una condanna penale a carico.

Kamala Harris dopo la sconfitta

Nel suo discorso Harris afferma

“accetto il risultato di queste elezioni, ma non la sconfitta della lotta che ha alimentato questa campagna”

La leader democratica e vicepresidente uscente ha assicurato a Donald Trump una transizione pacifica del potere, enfatizzando l’importanza di garantire stabilità e serenità in un momento cruciale per il paese.

Durante il suo discorso, ha scelto di citare un proverbio che riflette la speranza in tempi difficili, affermando:

“È solo quando l’oscurità della notte è profonda che possiamo davvero ammirare la bellezza delle stelle”

Un invito a vedere oltre le difficoltà e a riconoscere il valore delle sfide come occasioni per rinascere e prosperare.

Con queste parole, la vicepresidente ha voluto trasmettere un messaggio di resilienza e ottimismo, pur nelle avversità che spesso accompagnano i periodi di cambiamento e incertezza.

Come funzionano le elezioni negli USA

Negli Stati Uniti, i cittadini non scelgono direttamente il presidente e il vicepresidente, ma eleggono i “grandi elettori” attraverso il sistema del collegio elettorale, stabilito dall’articolo 2 della Costituzione.

Ogni Stato designa un numero di grandi elettori pari ai propri rappresentanti al Congresso, che si riuniscono per votare il presidente e il vicepresidente.

In generale, i ticket (i candidati alla presidenza e vicepresidenza) che vincono in uno stato ottengono tutti i voti elettorali di quello Stato.

Con l’eccezione di Maine e Nebraska, dove i voti sono distribuiti proporzionalmente.

In totale ci sono 538 grandi elettori, e per vincere un ticket presidenziale deve ottenere almeno 270 voti.

Gli stadi precedenti al voto

La competizione per la Casa Bianca di solito inizia diversi mesi prima delle elezioni, con le primarie dei principali partiti statunitensi.

Quest’anno, i Democratici hanno scelto senza opposizioni il presidente uscente Joe Biden, che però ha deciso di ritirarsi durante la campagna.

Dopo un primo dibattito televisivo con Donald Trump, Biden ha deciso di essere sostituito dalla sua vice, Kamala Harris.

Nel frattempo, i Repubblicani hanno subito deciso di puntare sull’ex presidente.

Cosa ci aspetta in politica estera

Per quanto riguarda il conflitto rosso-ucraino Trump vuole raggiungere una rapida tregua.

La Cina e la regione dell’Indo-Pacifico invece, considerate il centro della competizione geopolitica globale.

Si discute della possibilità di una nuova “guerra commerciale” e del ruolo degli Stati Uniti nella difesa di Taiwan, qualora la Cina cercasse di integrarla con la forza.

In questo contesto, emerge anche la competizione per il controllo delle risorse strategiche, come terre rare e litio, essenziali per l’innovazione tecnologica e l’intelligenza artificiale, con Stati Uniti e Cina in competizione a livello globale.

Inoltre per ridurre il rischio di competizione con la Nord Corea, Trump potrebbe cercare un avvicinamento al leader nord-coreano Kim Jong-un.

Sul conflitto israelo-palestinese il neo presidente continuerà a dare supporto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Caterina Martino

 

 

Elezioni USA: come (non) funziona il sistema elettorale americano e cos’è la voter suppression

Fonte: www.dailycos.com

Durante le elezioni del 3 novembre verranno scelti i grandi elettori che il 14 dicembre eleggeranno il nuovo Presidente. Queste elezioni rappresentano dunque la partita in cui si gioca la scommessa fondamentale per ogni democrazia: lasciare al popolo la facoltà di scelta, nonché la rappresentanza. Non è difficile prevedere gli esiti di tale scommessa se si guarda ai principi che regolano il diritto di voto e, ancor di più, ai meccanismi che ne presiedono l’applicazione.

Le imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America, dunque, reclamano la nostra attenzione, ci tengono in allerta ponendoci di fronte ad una questione fondamentale: il valore della democrazia al giorno d’oggi.

Democrazia è un principio valido soltanto in linea teorica o è realmente radicato nel profondo della società americana? Questo interrogativo sorge spontaneo, se si guarda ad un paese che da una parte emerge dalla storia come baluardo della sovranità popolare e che, dall’altra parte, persiste nel portare avanti pesanti ingiustizie e discriminazioni.

Dire America, per molti aspetti, è dire contraddizione. Guardare ai meccanismi che guidano i processi elettorali significa mettere a nudo le modalità attraverso cui tale contraddizione opera minando il fondamento stesso del governo del popolo: il diritto di voto.

Il diritto di voto nella Costituzione americana

Il diritto di voto è garantito dall’emendamento XV della Costituzione americana che recita in tal modo:

Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da qualsiasi Stato in ragione della razza, del colore o della precedente condizione di schiavitù”.

Tale provvedimento venne approvato nel 1870, ma iniziò ad operare in modo del tutto equo soltanto a partire dal 1965 con il Voter Rights Act, che impediva agli Stati di fare leggi che ostacolavano il diritto di voto degli individui, soprattutto grazie alla sezione 5 dove si vietava di applicare leggi elettorali senza il consenso del governo federale scongiurando la pratica secondo cui, Stati di matrice prettamente razzista, infrangessero il diritto di voto dei neri.

Sicuramente fu uno dei provvedimenti più importanti nella storia degli Stati uniti, un passo decisivo in un paese composito ed eterogeneo, fondato su anni di schiavitù e discriminazioni nei confronti delle minoranze, un paese che cercava di intraprendere la strada dell’uguaglianza e dell’equità.

Ma sradicare una tradizione è difficile e nel 2013, la discriminazione contamina nuovamente la democrazia americana infiltrandosi nelle pratiche elettorali. Attraverso un nuovo emendamento, infatti, è stata data la possibilità agli Stati di approvare nuove leggi per il voto senza il consenso del governo federale.

 Il sistema elettorale americano

Prima di capire come nel concreto sperequazioni e disparità divengano protagoniste delle elezioni, è necessario chiarire quale sia il loro terreno d’applicazione e dunque come sia organizzato il sistema elettorale.

Si tratta di un procedimento indiretto: i cittadini, dopo essersi registrati alle liste elettorali, sono chiamati a scegliere i 538 grandi elettori. Il numero dei grandi elettori di ogni Stato è stabilito in proporzione al numero degli abitanti: gli Stati più popolosi avranno un peso maggiore sull’esito delle elezioni. È un sistema che si fonda su procedure burocratiche, dunque di per sé non facilmente accessibile ad alcune categorie, per esempio ai più anziani o ai meni istruiti, un sistema che favorisce la voter suppression.

Fonte: www.dailykos.com

Il fenomeno della voter suppression

Con questa espressione si indicano tutte quelle pratiche finalizzate all’esclusione di alcune fasce della popolazione dall’elettorato e, proprio in tali pratiche, si manifesta il concetto di contraddizione da cui siamo partiti: uno Stato che si definisce democratico mette in pericolo la condizione d’esistenza necessaria di una democrazia: il diritto di voto.

Il fenomeno della voter suppression non è di nascita recente; si è manifestato, come vedremo, nelle elezioni americane degli ultimi anni, in particolare in alcuni Stati e, se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio, se è vero che le tendenze non sono semplici da snaturare, è anche vero che tale fenomeno si ripresenterà nelle elezioni del 2020. Per questa ragione non può essere passato sotto silenzio e, capire quali siano le modalità attraverso le quali opera, può aiutare a riconoscerlo e a smascherarlo.

I meccanismi della voter suppression– Fonte: www.kchronicles.com

I meccanismi della voter suppression

Cittadini sottoposti alla richiesta dei documenti – Fonte: www.sierraclub.org

Uno dei metodi è la richiesta di un documento di identità da esibire al seggio, il che significa ostacolare gli abitanti di quartieri poveri o le minoranze etniche che nella maggior parte dei casi, in un paese in cui possedere i documenti non è obbligatorio, ne sono sprovvisti. Esemplari sono gli avvenimenti in Texas, Missisipi e Alabama, i cui elettori sono stati obbligati a procurarsi un documento che avrebbe dovuto combattere la frode. L’11% degli elettori, comprendente giovani che abitavano quartieri poveri, è stato così escluso dalla possibilità di votare.

Riprovevoli sono poi gli atti intimidatori a cui spesso sono sottoposti gli elettori al seggio.

Lo stesso Trump in un’intervista tenuta nell’Agosto del 2020 da Fox News, riferendosi all’elezioni di Novembre, ha affermato: “We’re going to have everything, we’re going to have sheriffs, we are going to have law enforcement”,  dimostrando la sua intenzione di sottoporre tutti gli elettori a controlli che possano provare il possesso dei requisiti necessari per votare. Questo ha come conseguenza l’esclusione dal voto di tutti coloro che decidono di non presentarsi al seggio per paura.

Vi è poi la pratica dell’epurazione delle liste elettorali, che consiste nel tentativo di eliminare attraverso un espediente i votanti dalle liste. Un votante viene ufficialmente rimosso dalle liste dopo aver subito condanne penali, per infermità mentale o morte, per mancata conferma del cambio di residenza. Tuttavia, ci sono stati dei casi in cui gli elettori non si sono più ritrovati nelle liste senza che nessuna di queste condizioni si fosse presentata. Per esempio, in Georgia, secondo un’inchiesta del giornalista della BBC Greg Palast risalente al 2019, circa 313.243 elettori sono stati rimossi dalle liste elettorali poiché residenti in un altro Stato. In realtà solo 198.352 avevano cambiato indirizzo di residenza e la loro eliminazione sarebbe dovuta ad un presunto sbaglio. Tra l’altro, chi non aveva votato nelle ultime due elezioni federali e non aveva confermato il proprio indirizzo era considerato trasferito in un altro Stato.

Rientra nei meccanismi di voter suppression anche la campagna avviata da Trump, in occasione delle ultime elezioni, contro il voto per corrispondenza che, a suo dire, non sarebbe giustificabile neanche dall’emergenza Covid, in quanto potrebbe facilitare frode e imbrogli. In realtà la ragione di tale campagna vacilla, non regge: il Brennan Center for Justice ha mostrato che la frode elettorale negli Stati Uniti di America si aggira tra lo 0,0003 % e lo 0,0025 %.

Incide sulla possibilità di esercitare il diritto di voto anche la carenza delle risorse, soprattutto nei quartieri più poveri abitati da minoranze etniche, dove il numero dei seggi elettorali messi a disposizione è esiguo. Per questa ragione molti sono coloro che, costretti ad aspettare in fila ore e ore prima di votare, decidono poi di rinunciare. Durante le primarie del 2018 gli elettori neri, in media, proprio perché spesso vivono in quartieri poveri e con meno risorse, hanno aspettato il 45 % più a lungo degli elettori bianchi per votare.

Paesi vittime della voter suppression nel 2012- Fonte: www.americanprogress.org

 

In tale scenario, di per sé già catastrofico, si innesta, in occasione delle elezioni di quest’anno, anche la pandemia, che renderà difficile la gestione dei votanti nei seggi elettorali e che probabilmente ridurrà il numero degli elettori, in larga parte spaventati dalla possibilità del contagio.

Lasciamo adesso la parola al 3 Novembre 2020 e a cosa ci riserverà la “democrazia” americana.

                                                                                                 Chiara Vita