Si abbassa il prezzo della benzina. Crollo del Petrolio ai minimi storici dopo la Guerra del Golfo

 

Parallelamente all’emergenza coronavirus, negli ultimi  giorni una nuova questione sembra rallegrare automobilisti e consumatori ma preoccupare gli economisti di tutto il mondo: ovvero il crollo di oltre il 30% dei mercati petroliferi.

Negli ultimi giorni, infatti, il greggio è calato a picco e in larga parte ciò è dovuto alla decisione dell’Arabia Saudita, uno dei principali produttori di petrolio al mondo che ha deciso di abbassare il prezzo della vendita del proprio petrolio con parallelo aumento della produzione fissata a più di 10 milioni di barili al giorno.

Si innesca così una guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia che probabilmente avrà conseguenze politiche ed economiche travolgenti.  Lo scopo del Paese Emiro, ha detta di molti esperti, sarebbe quello di rendere più appetibile il petrolio saudita nei mercati europei ed asiatici, a discapito soprattutto di quello prodotto dalla Russia. Le quotazioni del greggio hanno subito il secondo più grande declino storico nei secondi di apertura delle negoziazioni in Asia, dietro solamente al crollo durante la Guerra del Golfo nel 1991. Il benchmark globale del petrolio precipita a soli 31,02 dollari al barile. Mentre le Borse europee, condizionate dal crollo del petrolio così come dalle conseguenze nefaste del coronavirus, hanno aperto la settimana in caduta libera, con cali tra il 7 e l’8%. Dunque un lunedì all’insegna dello choc per i prezzi del petrolio crollati di oltre il 30%.

I motivi del calo erano prevedibili dopo il mancato accordo tra i paesi Opec  (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) e quelli non Opec, in primis la Russia, su ulteriori tagli alla produzione per 1,5 milioni di barili al giorno per venire incontro al calo della domanda, e di fronte alle incertezze economiche causate dallo scoppio del coronavirus.

Proprio domenica, infatti, l’Arabia Saudita ha lanciato una vera e propria guerra dei prezzi decidendo unilateralmente di abbassarli, determinando il più grande taglio dei prezzi degli ultimi 20 anni. Di conseguenza, il petrolio destinato all’Asia è sceso di 4-6 dollari al barile, mentre quello degli Stati Uniti si è ridotto di 7 dollari al barile.

La decisione di abbassare ulteriormente i rendimenti prodotti dalla vendita di petrolio, danneggia quei paesi che già oggi faticano a mantenere i loro bilanci in ordine con i sempre più magri proventi delle esportazioni di idrocarburi. Circa metà del bilancio pubblico russo, per esempio, è finanziato con i proventi dell’industria petrolifera e del gas, mentre la situazione è altrettanto sbilanciata per diversi paesi africani e sudamericani.

Il resto del mondo, invece, pagherà ancora meno per acquistare petrolio, permettendo a molti paesi di risparmiare.

Le conseguenze a breve termine saranno probabilmente positive per i consumatori in Europa e in alcune zone dell’Asia – perché importare il petrolio costerà molto meno rispetto ai giorni scorsi – ma secondo diversi analisti nelle prossime settimane questa misura potrebbe comunque rendere più instabile il mercato mondiale, con conseguenze poco prevedibili.

Dunque ancora una volta si preannuncia uno squilibro economico mondiale, operato esclusivamente allo scopo di indebolire la forza di alcuni Paesi in favore di altri. Non sembrano aver sortito alcun effetto le parole del Santo Padre all’Angelus di due settimane fa, quando richiamava tutti alla responsabilità e alla comunanza per contrastare il grande nemico (coronavirus) che ha colpito il mondo nel 2020.

 

Santoro Mangeruca

Elsa Fornero ospite dell’Ateneo

Giovedì 2 maggio alle ore 11:00 presso l’aula Magna del Rettorato, nell’ambito delle lezioni di “Macroeconomia e Politica Economica” del corso di laurea in Management d’impresa, tenute dal prof. Ferdinando Ofria, la prof.ssa Elsa Fornero, già Ordinario di Economica Politica nell’Università degli Studi di Torino e ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità nel governo Monti, terrà una lezione/seminario sul tema “Chi ha paura delle riforme. Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni”.

All’incontro interverranno il Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea e il Direttore del Dipartimento di Economia, prof. Michele Limosani.

Si prevede l’attribuzione di 0,25 cfu per gli studenti partecipanti al seminario.

 

Una sequenza felice: salute, sport e alimentazione

Venerdì 5 aprile 2019. Messina. Aula Magna del Dipartimento di Economia. Il convegno è stato organizzato congiuntamente dall’Università di Messina, dall’Associazione ALuMnime e dall’Unione Sportiva Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani – US ACLI, per festeggiare la Giornata Internazionale dello Sport e la Giornata Mondiale della Salute, per celebrare le due ricorrenze del 6 e 7 aprile.

Il convegno si è svolto con il patrocinio del CUS Unime, presieduto da Antonino Micali, del Centro Medico Sportivo dell’Università di Messina diretto da Daniele Bruschetta; dall’Associazione Bios, presieduta da Carmelo Lembo; dalla sezione provinciale dell’E.N.D.A.S, presieduta da Salvatore Sidoti, dalla sezione regionale dell’Associazione Italiana Avvocati dello Sport, coordinata da Antonio Carmine Zoccali; dal Circolo del Tennis e della Vela , presieduto da Antonio Barbera e da Olympialex.

All’iniziativa hanno preso parte illustri studiosi provenienti dall’accademia, dalla magistratura e dal mondo delle professioni come: Francesco Rende, docente di diritto sportivo nell’Università di Messina;  Giuseppe Liotta, dell’Università di Palermo; Mauro Mirenna e Maria Militello, entrambi magistrati del Tribunale di Messina; Demetrio Milardi e Eliseo Scarcella, appartenenti al ramo di medicina dello sport, Giacomo Dugo e Paola Dugo, appartenente al mondo della chimica degli alimenti; Maurizio Lanfranchi e Carlo Giannetto, di marketing agroalimentare; Davide Trio e Gabriele Blanca, esperti in nutrizione; Marina Magnanti, allenatrice della judoka Odette Giuffridamedaglia d’argento ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016 . Laura Santoro, componente del Collegio di garanzia del C.O.N.I. e docente di diritto sportivo nell’Università di Palermo; Damiano Lembo, Presidente Nazionale US ACLI e Coordinatore Nazionale C.O.N.I degli Enti di Promozione Sportiva.

©GabriellaParasilitiCollazzo, Salute-Sport-Alimentazione, Aula Magna dipartimento di Economia, Messina 2019
©GabriellaParasilitiCollazzo, Salute-Sport-Alimentazione, Aula Magna dipartimento di Economia, Messina 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©GabriellaParasilitiCollazzo, Salute-Sport-Alimentazione, Aula Magna dipartimento di Economia, Messina 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La manifestazione, pensata dall’Ateneo in sinergia con le altre associazioni, per le ricorrenze delle due “Giornate Mondiali” dello sport e della salute, ha fatto ricadere la scelta del luogo sul dipartimento di Economia non casualmente, ma, in quanto salute e sport generano utili, le imprese si muovono con interesse, in loro, dimora un valore economico. Economicamente parlando, sono elevati i numeri che ruotano intorno allo sport, ecco il perché la scelta della Facoltà di economia.

Lo sport, secondo quanto è affiorato nel degli innumerevoli interventi, ha delle forti potenzialità, al di là di quelle economiche. Favorisce lo sviluppo psichico dei soggetti, crea cittadinanza attiva, previene malattie, riduce patologie già in atto, è strumento di aggregazione sociale e di accrescimento personale.

Il convegno ha posto l’accento sull’esercizio fisico, abbinato a un sano e corretto regime dietetico. Grazie a una maggiore attenzione da parte dell’individuo verso il proprio benessere, il legame tra alimentazione, salute e forma fisica sta diventando un valore sia individuale che sociale. A questo ha contribuito in maniera determinante anche lo sport che, attraverso l’espressione corporea, promuove un rapporto diverso con il corpo. Un costante esercizio fisico migliora l’efficienza del corpo e agisce positivamente sull’attività mentale concentrando e coordinando le funzioni corporee secondo tecniche espressive che coinvolgono il corpo e la mente di un individuo.
Una dieta ricca di alimenti che garantiscono un apporto di acidi grassi insaturi può certamente giovare alla salute dell’atleta e quindi anche alla prestazione sportiva, mentre una dieta erroneamente pianificata, che ponga troppa attenzione agli introiti proteici, oppure una dieta che preveda un insufficiente apporto calorico, comporta un ripristino inadeguato dei depositi di glicogeno muscolare e quindi un calo della performance. Tra le varie diete, quella mediterranea è stata promossa come la più idonea ed efficace. Ottima anche per gli Omega3, fondamentali per chi fa attività fisica. Infine, si è parlato di argomenti come i functional food e gli integratori alimentari, i cui componenti aggiuntivi, assunti nelle giuste quantità, evitando gli abusi, migliorano le prestazioni dei soggetti.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Brexit, Londra nel caos

A poco più di un mese dalla Brexit il quadro socio-politico sembra essere sempre più complicato.

In un ultimo disperato tentativo di salvare il divorzio Ue-Regno Unito, Theresa May ha inviato una nuova delegazione di negoziatori in Europa.

Il tutto mentre a Londra alcuni ministri hanno dato il via ad una vera e propria protesta per scongiurare l’ipotesi di una Brexit “no deal”, temuta dal Parlamento, dalla sterlina inglese e dal mercato immobiliare, come ha precisato la Bank of England.

D’altronde, a meno di due mesi dal 29 marzo, lo scenario di mancato accordo appare sempre più probabile.

I tempi stringono, tra qualche giorno infatti, si terrà l’attesa votazione sull’accordo Brexit, confermata dalla stessa Theresa May, che la scorsa settimana aveva chiesto più tempo ribadendo: “Se non sarà raggiunta prima un’intesa, farò una dichiarazione in Parlamento il 26 febbraio e il 27 si terrà il voto significativo sull’accordo”.

I membri del gabinetto che si oppongono a una separazione senza accordo affronteranno la May a viso aperto questa settimana.

I ministri, tra cui il segretario alle finanze Amber Rudd, il segretario agli affari Greg Clark e il segretario alla giustizia David Gauke, diranno alla premier che il Parlamento potrebbe costringerla a cercare un’estensione dei colloqui sulla Brexit con l’obiettivo di evitare danni economici imponenti.

L’opzione no deal potrebbe diventare uno stratagemma negoziale per spaventare l’Ue.

Per tentare di convincere l’Unione Europea ad avanzare nuove concessioni, col fine ultimo di salvare il suo accordo sulla Brexit, la May ha inviato in tutta Europa alcuni dei ministri più coinvolti nel processo di divorzio burocratico.

Il segretario degli affari esteri, Jeremy Hunt, volerà a Berlino, Bruxelles e Copenaghen; mentre il Segretario per la Brexit, Steve Barclay, continuerà a dialogare con il negoziatore europeo Michel Barnier.

La Prime Minister britannica, invece, incontrerà il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker questa settimana e cercherà di parlare con i leader dei restanti Paesi nei giorni successivi.

L’incertezza delle prospettive socio-economiche attanaglia la Gran Bretagna, che nella sua soria, mai aveva vissuto momenti così dinamici ed imprevedibili.

Chissà se la reazione del popolo britannico sarà ancora una volta elegante e garbata come storia e costumi impongono, o se questa volta l’ansia e la paura prevarranno.

Antonio Mulone

Comincia il conflitto economico. La vendetta del made in USA e la Cina bullizzata

È guerra commerciale tra Cina e Usa. Un botta e risposta, attacco e contrattacco, iniziato proprio oggi, nelle prime ore del 6 luglio 2018. Una data che sembra solo l’inizio di un escalation al rialzo. Tra import ed export, i colossi industriali mondiali hanno alzato un muro di dazi ed il gioco delle parti avrebbe affidato a occidente la parte del cattivo, il “bullo”, e ad est la vittima bullizzata.

O meglio sarebbe stata la Cina stessa a volersi prendere questo ruolo, non scevra di colpe. In maniera del tutto insolita ma non priva di significato, Pechino ha infatti rinunciato a «sparare il primo colpo», non ha voluto far scattare i dazi alla sua mezzanotte, dove il fuso orario avrebbe dato alla Cina la possibilità di muoversi per prima; il governo ha ordinato di aspettare fino a mezzogiorno ora locale, la mezzanotte di Washington (le 6 del mattino in Europa). Una mossa che starebbe a dimostrare la riluttanza di Xi Jinping a impegnarsi in un conflitto commerciale.

Proprio al contrario di Donald Trump, che questa guerra sembra volerla con tutte le sue forze, convinto di poter piegare la Cina, senza però – siamo abituati ai paradossi del tycoon- compromettere «la grande relazione personale» che lega i due colossi dell’economia mondiale.

Washington, accusa la Cina di furto di know-how americano (ed europeo) in preparazione del suo piano Made in China 2025 per la supremazia tecnologica soprattutto per quanto riguarda l’hi-tech.

«La situazione dell’interscambio tra i nostri due Paesi non è più sostenibile. Gli Stati Uniti non possono più tollerare il furto di tecnologia e proprietà intellettuali da parte della Cina», ha detto Trump.

Dazi del 25% su 818 prodotti cinesi – meno dei 1300 annunciati – per un controvalore di 34 miliardi di dollari. Dai veicoli elettrici ai torni industriali impiegati dalle fabbriche negli Stati Uniti. Sono graziati gli smartphone, per non danneggiare la Apple, che conta sulle catene di montaggio cinesi per assemblare i suoi gadget.

Il contrattacco è arrivato, poi, dalla Cina che ha già preparato una lista di altri 700 prodotti per colpire proprio quella fetta di repubblicani che stanno con Donald: campo agricolo-alimentare, automobilistico e del petrolio grezzo,

Il presidente americano, non curante delle dichiarazioni della Repubblica Popolare, avverte che nel mirino ci sono già altri 300 miliardi di beni da colpire, l’intero export di beni e servizi da parte della Cina verso gli Stati Uniti.

Il Ministero del Commercio di Pechino ha definito l’atteggiamento americano un vero e proprio «Bullismo economico» che può mettere a rischio la catena industriale globalizzata e la ripresa mondiale.

Intanto, alla stampa cinese è stato ordinato di tenere bassi i toni: in una velina ministeriale si specifica che «Bisogna prepararsi a un conflitto prolungato»: non si dovranno rilanciare gli attacchi verbali di Trump, non far scadere il confronto nella volgarità su Twitter e bisognerà riprendere le dichiarazioni rassicuranti delle autorità di Pechino per sostenere la Borsa.

Un conflitto dell’interscambio che molti prospettano come lungo e “di trincea”. L’amministratore delegato della Dell, la nota multinazionale americana dei computer e sistemi informatici, ha già parlato di «MAD», Mutual assured destruction.

Sì, quella stessa distruzione assicurata di cui si parlava negli anni della Guerra Fredda.

Che a questo punto potremmo dire che non si sia mai conclusa.

Martina Galletta

Di cosa parliamo quando parliamo di spread

Le notizie delle ultime ore e delle ultime giornate segnalano uno spread in rialzo di oltre quota 300. Ma, sostanzialmente, cos’è lo spread? Come funziona?

“Spread è una parola inglese che è tipicamente usata in Italia, nel linguaggio politico o finanziario (the difference in price between related securities), per indicare la differenza di rendimento tra titoli di stato italiani e tedeschi.” Definizione di Wikipedia.

Quindi, nella pratica, se un titolo di Stato tedesco rende l’1% e un analogo titolo di Stato italiano rende il 3%, si dice che lo spread è del 2%, cioè la differenza tra i due valori. In termini tecnici e burocratici si dirà “lo spread è di 200 punti base”.

I titoli di Stato sono il modo in cui i Paesi chiedono in prestito dei soldi: quando uno Stato emette titolo, chi li compra fa un prestito a quello Stato, che dovrà restituire i soldi alla scadenza, pagando periodicamente degli interessi. Inoltre, chi compra non è obbligato ad aspettare la scadenza per rientrare dall’investimento.

Se trova qualcun altro che vuole acquistarlo, può venderglielo. È il cosiddetto “mercato secondario”. Lo Stato rimborserà il titolo a chi lo avrà in mano quando arriverà la scadenza. Chiunque può comprare titoli di Stato e chiunque può sbarazzarsene se pensa che non valga la pena tenerseli. L’Italia ha il 70% dei suoi debiti con banche, imprese e cittadini italiani. Il 30% è invece stato prestato dall’estero. Una fetta dei titoli che l’Italia dovrà rimborsare è in mano alla Banca Centrale Europea (circa 340 miliardi) che tramite la Banca d’Italia negli ultimi anni ha “rastrellato” sul mercato i titoli di Stato.

Nel mercato secondario si formano i prezzi dei Btp, più le quotazioni scendono – perché come accade in queste ore molti stanno vendendo i titoli italiani per paura di quello che potrebbe accadere – più lo spread sale.

Come con ogni prestito, quando compriamo titoli ci interessa capire quanto rischiamo di perderli. Lo spread aiuta in termini di affidabilità: se c’è uno spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi significa che chi compra quei titoli pensa che la Germania sia più affidabile dell’Italia. Se aumenta lo spread, significa che aumenta la “diffidenza” sull’Italia. Se gli investitori non si fidano, si sbarazzano dei titoli italiani. Più li vendono, più lo spread sale.

In tutto ciò, la domanda che mi sono posta è stata “Cosa succede se lo spread sale? Perché è così importante?

Più lo spread sale, meno gli investitori saranno disposti a comprare titoli. Ma lo Stato deve comunque vendere titoli e dovrà offrire interessi sempre più alti per attrarre gli investitori, e ogni anno si accumulano nuovi costi che per lo Stato potrebbero diventare insostenibili.

A questi effetti di impatto si deve sommare una frenata della crescita economica, minori opportunità di impiego per i giovani e meno reddito per le famiglie in un contesto geopolitico incerto. Insomma, uno di quei meccanismi a catena che solo a pensarci fa venire l’ansia e non c’è ancora nessuno in grado di “prendere il toro per le corna”.

Serena Votano

L’ influenza dell’OPEC sull’economia mondiale

E’ ormai evidente agli occhi di tutti come la nostra società, da oltre mezzo secolo a questa parte, sia diventata prevalentemente consumista. Lo si vede fondamentalmente da questo forte attaccamento al denaro, questa famigerata arma che adesso può tranquillamente far acquisire un enorme potere a tutti coloro che ne hanno in grandi quantità permettendogli di prendere le redini di una vasta porzione societaria e strutturarla a proprio piacimento. Riassumendo la forma è abbastanza semplice, denaro uguale potere, il potere di manipolare a proprio piacimento tutto ciò di cui ci si può interessare.

Ne può essere un forte esempio l’OPEC ( Organization of the Petroleum Exporting Countries ), una potente organizzazione creatasi negli anni 60 dai maggiori paesi produttori ed esportatori al mondo di petrolio. Ad oggi questa organizzazione conta 13 paesi membri fra i quali troviamo alcuni fra gli esponenti più ricchi e potenti sotto il punto di vista delle risorse come l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Iraq, la Libia, il Venezuela, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar e il Kuwait. Tutti questi sono dei paesi molto ricchi sotto il punto di vista del business petrolifero, ma la loro storia non è sempre stata proporzionata.

Come prima specificato l’OPEC nasceva negli anni 60 con lo scopo prevalentemente di creare dei veri e propri cartelli economici in grado di poter, innanzi tutto, coordinare l’azione di produzione ed esportazione di petrolio di tutti questi paesi membro, e in secondo luogo di andare a creare un modello di mercato che ruotasse intorno al buisiness del petrolio al fine di farlo diventare il punto di riferimento su scala mondiale. La situazione e il ruolo dell’OPEC cambiò invece in maniera repentina a partire già dagli anni 70, in particolar modo dal 1973, l’anno caratterizzato dalla guerra nel Kippur. Durante questo conflitto quest’organizzazione si schierò fortemente contro lo stato di Israele e soprattutto contro tutti quegli altri stati che lo avrebbero sostenuto nel conflitto come il Portogallo, gli USA e il Sud Africa. La reazione fu durissima, l’OPEC introdusse contro questi sostenitori un embargo che fece alzare drasticamente il prezzo al barile del petrolio fino ad arrivare nel 1975 dove il prezzo di quest’ultimo salì alle stelle toccando una cifra pari ai 9$ al barile causando un forte shock petrolifero che fece tremare ai tempi l’economia di tutti quei paesi. In epoca più recente la politica economica attuata dall’OPEC continua ad essere si soddisfacente ma in quest’ultimo periodo si è inserita all’interno del mercato uno spietato concorrente rappresentato dagli USA che già negli ultimi 10 anni sta fortemente primeggiando all’interno di questo tipo di mercato.

Davide Di Perna

L’ascesa di Trump e l’ombra del populismo mondiale

Chi mi conosce sa della mia passione per la politica e in particolare del mio grande interesse per quella anglosassone ed americana. Nazioni che fino ad oggi hanno sempre combattuto per gli ideali di partito, i quali erano nettamente differenziati.
L’evoluzione storico politico degli USA nell’ultimo decennio è palese anche agli “atei” di politica, dalla presidenza Bush a quella Obama le differenze sono enormi.
A questo punto mi si direbbe “Ma com’è possibile che siano passati a Trump dopo l’amministrazione Obama?”. Vi rispondo che l’America era e rimane un paese contraddittorio, dove da un lato, i diritti LGBT e delle adozioni sono estesi come in nessun altro paese, e dall’altro un ragazzo di 16 anni può comprare con più facilità una pistola che un pacchetto di sigarette.

Premetto dicendo che ero una sostenitrice di Bernie Sanders e in questo mio flusso di coscienza cercherò di essere il più razionale possibile.

E’ da 18 mesi che seguo attentamente queste elezioni, con i suoi discorsi bellissimi (Michelle Obama si è dimostrata una delle migliori oratrici dei nostri tempi, superiore anche al marito, a mio modesto parere) e grandi mancanze di rispetto per l’avversario e il popolo americano.
Entrambi i candidati non hanno fatto che attaccarsi, o meglio, uno attaccava nel 95% dei casi, l’altra parava e cercava di parlare del programma.
La sconfitta di Hillary Rodham Clinton ci arriva come un pugno dritto in faccia. In buona parte del mondo ci si auspicava una sua vittoria, anzi, si era certi. Siamo stati tutti offuscati dalla speranza che il popolo americano seguisse il buonsenso piuttosto che la vendetta.
Sì, credo che ci si è voluti tutti coprire in parte gli occhi sul movimento che sta segnando il mondo e ha avuto la meglio anche in USA. Si è così mossi da un desiderio di cambiamento radicale che si preferisce scegliere una persona totalmente fuori dal contesto politico piuttosto che una preparata e di lunga esperienza.
E’ un movimento globale, guardiamoci attorno in Europa: la LePen in Francia, i movimenti nazi in Germania, la Slovenia sono solo quelli più sentiti. Non dimentichiamoci la Brexit.
Lo si può chiamare populismo, come fanno in tanti, ma credo che vada ancora più in profondità come movimento, è una insoddisfazione del mondo che abbiamo costruito unita all’egoismo ed indifferenza. Alcuni l’hanno definita “crisi del modello democratico”.
La sconfitta della Clinton è figlia di un sentimento simile , un voto “contro” il sistema, contro il continuum della politica di Obama, contro una persona dell’establishment politico storico degli USA.
C’è una caratteristica genetica degli americani: non perdonano chi mente. Non hanno perdonato Hillary né per questo né per essere stata sempre una donna fuori dal comune.

L'abbraccio tra Barack Obama e Hillary Clinton, candidata ufficialmente dal partito Democratico alla presidenza sul palco della convention del partito a Philadelphia, 27 luglio 2016 (AP Photo/Carolyn Kaster)
L’abbraccio tra Barack Obama e Hillary Clinton, candidata ufficialmente dal partito Democratico alla presidenza sul palco della convention del partito a Philadelphia, 27 luglio 2016
(AP Photo/Carolyn Kaster)

Perché questo è la Clinton, una donna cresciuta nel pieno del movimento femminista, indipendente nelle scelte e concreta nell’agire. La sua esperienza politica risale alla commissione di inchiesta del Watergate in cui era l’unica donna, insomma possiamo dire che la “cosa comune” è il suo pane quotidiano da sempre.
E’ vero in politica estera è stata spietata, probabilmente lo sarebbe stata anche nel caso in cui avesse vinto.
Molto meglio una donna così che un uomo che di politica conosce ben poco (vorrei segnalarvi il secondo dibattito tv di ottobre dove la Clinton ha dovuto ricordare a Trump che il presidente degli Stati Uniti ha il potere di veto) ed è stato appoggiato pubblicamente dalla maggioranza dei dittatori che ci sono ora al mondo.
Il fenomeno Trump avrebbe dovuto mettere tutti sull’attenti già da molto prima, il limite doveva essere la sua vittoria schiacciante come candidato repubblicano. L’episodio di “grab by the pussy”. La quantità di donne che lo hanno appoggiato nonostante il suo sessismo. Nessun candidato della storia sarebbe sopravvissuto agli scandali che hanno travolto Trump durante questa corsa alla Casa Bianca: insulti ai genitori di un soldato morto per la patria, l’evasione fiscale.
L’appeal di Donald è che parla alla pancia, alla metà dell’elettorato statunitense: scarsa educazione, età media e bianchi. Mettici insieme coloro che provano risentimento nei confronti della Clinton e il gioco è fatto.
Tutti gli elementi con i quali, fino ad ora, si erano analizzate le candidature da anni a questa parte si sono dimostrati inutili ed inesatti.

L’America, nel bene e nel male, aveva l’opportunità di eleggere una persona iper qualificata, che chiunque avrebbe invidiato. Un personaggio storico (perché questo sarà Hillary negli anni a venire) di quelli una volta ogni cent’anni.

Le conseguenze di questa elezione si fa sentire dalla prima mattina con la borsa asiatica che perde il 5,37%. L’economista e premio Nobel Paul Kraugman scrive sul NYT che non ci sarà mai un recupero dell’economia dopo questa elezione.

Per concludere cosa si palesa davanti a noi come conseguenza di queste votazioni? Che la popolazione è stata mossa dal rancore, soprattutto i bianchi degli stati centrali, che hanno fatto la vera differenza. L’Ohio storico swing state è stato addirittura un “flip state” cioè c’è stata una schiacciante vittoria di Trump.

Oggi è il 9 novembre, esattamente 27 anni fa un muro veniva abbattuto e ciò segnava un momento storico per l’Europa, dimostrando che la voglia di unità popolare era più forte di tutto.
La Clinton ha usato come slogan della sua campagna “Stronger together” , Trump nel suo discorso dopo la vittoria ha affermato che sarà il presidente di tutti (scelta astuta, ma la gente non ha memoria breve soprattutto per le offese) e ha aperto alla collaborazione internazionale con qualunque nazione.
Il mio auspicio, perché sono una instancabile speranzosa, è che creerà un governo misto, improbabile visto il personaggio che è il suo Vice (uno che vuole curare gli omosessuali con l’elettroshock, insomma torniamo all’USA degli anni 50/60) ma ci spererò fino al 20 gennaio.
Speriamo anche che la profezia dei Simpsons non si avveri (http://video.repubblica.it/dossier/elezioni-usa-2016/elezioni-usa-quando-i-simpson-predissero-nel-2000-l-elezione-di-trump/258567/258860 )

Da tutta questa storia ho riflettuto anche sulla nostra situazione nazionale, e mi sono quasi rinfrancata della presenza di Matteo Renzi in Italia.
Il mio auspicio è di non fare errori simili il 4 dicembre perché la differenza fra leader che parlano alla “pancia del popolo” è veramente labile e le conseguenze sono disastrose.
Accettiamo l’andamento della storia e guardiamo avanti. Oggi siamo tutti uniti da un unico sentimento di timore per il futuro ma la bellissima caratteristica dell’umanità è la capacità di rialzarsi dai momenti bui e porre un rimedio agli errori.

Con l’auspicio di non essere sembrata saccente.

Buona giornata a tutti.

Arianna De Arcangelis

Giurisprudenza è la prima finalista: Brancati affonda Economia

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Procede la University Football Cup, ormai arrivata alle semifinali.
Si è disputata ieri infatti la prima delle due semifinali che ha visto sfidarsi Economia e Giurisprudenza. Da una parte il talento e il cuore dei primi, dall’altra la tecnica e l’esperienza dei ragazzi di Fragale.

Parte subito forte Economia che sfiora il gol con Amendola, che mette di poco a lato un gran pallone servitogli da Mattia Ienco, sfuggito agli avversari con una grande galoppata.
La risposta arriva subito, ma Bruno è bravissimo a chiudere lo specchio a Colavita prima e a Lo Forti dopo.

Incalza ancora Giurisprudenza con il contropiede di Lorenzini, che serve sulla destra Messina che coglie un incredibile palo.
Sul rovescio di fronte Ienco scappa alla retroguardia e serve Alessi che davanti alla porta non riesce a battere Parisi, che blocca in due tempi.
Errore di impostazione dei padroni di casa che regalano il pallone ad Amendola, l’attaccante mette a sedere il portiere e con il destro mette dentro l’1-0.

Passano pochi secondi e Giurisprudenza ristabilisce l’equilibrio: Sanò fa tutto da solo e con il mancino trafigge un incolpevole Bruno.

Reazione rabbiosa di Economia che nel giro di un minuto sfiora il nuovo vantaggio prima con Alessi, che servito meravigliosamente da Marte calcia su Parisi; poi con il solito Ienco che coglie il palo. Termina così la prima frazione di gioco.

Si riparte subito con l’assedio alla porta di Santi Enrico Bruno: l’estremo difensore si supera e nel giro di un minuto dice di no a Messina, Brancati, Colavita e Lorenzini.
Adesso però tocca ad Economia: prima Salvo e poi Amendola sfiorano il vantaggio, ma Parisi è bravo a negare il gol del vantaggio.

Prova ancora a far tutto da solo Maurizio Sanò che viene fermato da Santi Enrico Bruno: sul rovescio di fronte Amendola servito da Alessi mette a lato l’occasione per il potenziale 1-2.
Infuria ancora Ienco: Parisi gli nega il gol. Passa però un minuto e Amendola prova la soluzione dal limite, l’estremo difensore di Giurisprudenza non la vede partire e l’attaccante sigla il gol dell’1-2 che sancisce la propria doppietta.

I ragazzi di economia però non hanno nemmeno il tempo per festeggiare: altra botta dal limite di Sanò, sulla respinta Colavita ne approfitta e fa 2-2.

I minuti finali regalano tantissime emozioni. Brancati subisce il sesto fallo e si incarica della battuta del tiro libero: destro secco sotto l’incrocio del numero 10, per il definitivo 3-2.

Non basta una prestazione superlativa dei ragazzi di Economia: sarà Giurisprudenza la prima finalista.

Alessio Micalizzi

 

Economia 2, rimonta e batte la favorita Ingegneria

Non sono di certo mancate le emozioni nell’ultimo quarto di finale. Ad affrontarsi Economia 2 ed Ingegneria, entrambe posizionate seconde nei rispettivi gironi. I pronostici della vigilia vedono, però, la squadra di Ingegneria leggermente favorita vista l’alta qualità dei componenti della rosa e un cammino nella fase a gironi che l’ha vista sconfitta una sola volta. Dall’altro lato Economia 2, che nel girone è stata guidata dal suo bomber Alessi e che è riuscita a tenere un buon ritmo di vittorie, parte leggermente sfavorita.

L’inizio di partita sembra dare ragione ai pronostici. Ingegneria sembra scatenata e passa subito in vantaggio nei primi minuti andando avanti di 3 reti in poco tempo. Nonostante la partita sembrasse in discesa i ragazzi di Economia 2 non si danno per vinti e riescono alla fine del primo tempo ad accorciare le distanze e a sperare nella ripresa. Ripresa che consacra la rimonta di Economia 2 che raggiunge Ingegneria sul risultato di 3-3 grazie anche ad un grandissimo gol in mezza rovesciata di Alessi. La rimonta si completa qualche minuto dopo sempre grazie alla firma di Alessi. Ingegneria però non ci sta e trova il pareggio a pochi minuti dalla fine. A regalare la vittoria alla squadra di Economia 2 ci pensa un calcio di rigore negli attimi finali di partita e al triplice fischio può esplodere la festa per i ragazzi di Economia 2 che riescono nell’impresa di battere Ingegneria grazie ad una partita di cuore e continuando a crederci fino alla fine.

Tabellino (fonte: livinplay.com)

Economia 2 – Ingegneria  5-4

Economia 2: Bruno, Alessi, Ienco, Canturi, Amendola, Salvo, Poletti

Ingegneria: Alizzi, Barone, Gliliberti, Pergolizzi, Foti, Galletta, Gugliotta

Marcatori:

1° tempo 5’ Giliberti (Ing), 11’ Giliberti (Ing), 12’ Foti (Ing), 19’ Salvo (Eco2)

2° tempo 2’ Alessi (Eco2), 5’ Ienco (Eco2), 6’ Alessi (Eco2), 15’ Alizzi (Ing), 19’ Amendola (R) (Eco2)

Best of the match: Mirko Alessi

Nicola Ripepi