Il progetto “Arco di Restaurazione”: un impegno strategico per il Brasile

Cambio di passo per una delle più grandi e popolose Nazioni del Sud America.
Il Brasile sta infatti affrontando la sfida urgente della deforestazione dell’Amazzonia in un modo tutto nuovo attraverso il progetto “Arco di Restaurazione”, il più grande piano di riforestazione del Paese. E’ la Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) a guidare questa iniziativa, con la previsione di un investimento di 183 miliardi di euro entro il 2050 per ripristinare 24 milioni di ettari di foresta. Questo obiettivo supera di gran lunga il target fissato nell’Accordo di Parigi per il 2030.

Il progetto “Arco di Restaurazione” non mira solo a ripristinare la foresta amazzonica, ma rappresenta anche un’opportunità economica cruciale per il Brasile. Secondo Tereza Campello, direttrice socio-ambientale del BNDES, il ripristino delle foreste è fondamentale sia dal punto di vista ambientale che economico. Il piano non solo ridurrà le emissioni di carbonio, ma creerà anche posti di lavoro sostenibili e rilancerà settori dell’agricoltura e del turismo ecologico, a beneficio delle comunità locali.

Obiettivi a breve termine: 6 milioni di ettari entro il 2030

Nella sua prima fase, il progetto si propone di riforestare 6 milioni di ettari entro il 2030. Questo sforzo contribuirà a rimuovere dall’atmosfera ben 1,65 miliardi di tonnellate di carbonio, aiutando a contrastare il cambiamento climatico e a prevenire la desertificazione della foresta amazzonica. Il successo di questa fase sarà fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo finale di 24 milioni di ettari riforestati entro il 2050.

Sebastião e Lélia Salgado: un esempio di successo nella riforestazione

Mentre il progetto del governo si sviluppa su larga scala, la storia di Sebastião Salgado e sua moglie Lélia Deluiz Wanick dimostra il potere della riforestazione su scala locale e dell’impegno civico.
Nel 1994, i Salgado tornano in Brasile e trovano la loro terra d’origine a Minas Gerais devastata dalla deforestazione. Determinati a fare la differenza, fondano un ente no-profit e avviano un progetto di riforestazione trasformando 600 ettari di terreno degradato in un’area rigogliosa.

Sebastiao Salgado
fonte: VD News

Il progetto dei Salgado: milioni di alberi e biodiversità ripristinata

Il lavoro dei Salgado ha già portato alla piantumazione di 3 milioni di alberi, con l’obiettivo di raggiungere i 4 milioni entro il 2027. La loro iniziativa ha permesso il ritorno della fauna locale, con oltre 172 specie di uccelli e 33 specie di mammiferi che popolano nuovamente l’area. Oltre ai benefici ecologici, il progetto ha un impatto economico positivo sulla comunità locale, migliorando la qualità del suolo e generando occupazione.

Un esempio di sviluppo sostenibile

L’impegno dei coniugi Salgado dimostra che la riforestazione può essere un motore di sviluppo economico sostenibile. Il loro progetto, pur essendo più modesto rispetto a quello del BNDES, è una prova concreta che è possibile rigenerare gli ecosistemi degradati e promuovere la crescita economica locale in armonia con l’ambiente.

Il futuro della riforestazione in Brasile

Il progetto “Arco di Restaurazione” e l’iniziativa dei coniugi Salgado sono due esempi chiave di come il Brasile stia cercando di preservare l’Amazzonia, polmone della Terra, attraverso la riforestazione. Mentre il Paese si impegna a diventare un leader globale nella lotta contro il cambiamento climatico, la combinazione di interventi pubblici e privati si rivela essenziale per garantire un futuro sostenibile alla foresta amazzonica e all’economia brasiliana.

                                                                                                                                                                                           Marco Prestipino

DEF: la Camera ci ripensa, adesso è tutto nelle mani del Senato

«È stato un brutto scivolone», ha esordito così la premier Giorgia Meloni, in merito al no giunto dalla Camera allo scostamento di bilancio previsto dal DEF. Mancano i numeri sufficienti per l’approvazione dopo il passaggio al Senato. In aula erano presenti solo 195 deputati e ne servivano 201 per l’approvazione. Per correre ai ripari, si è tenuta una riunione lampo del Consiglio Dei Ministri già ieri pomeriggio, dove il governo non ha modificato il DEF ma ne ha approvato una nuova relazione in cui sono stati confermati gli impegni per il «sostegno al lavoro e alle famiglie». Inoltre, la Camera ha esaminato nuovamente il documento questa mattina mentre il Senato se ne occuperà alle 14. L’ obiettivo è quello di chiudere l’iter entro e non oltre il primo maggio.

Cos’è il DEF? E perché è così importante?

Il Documento di Economia e Finanza comprende gli obiettivi di politica economica e le strategie per raggiungerli stilati dal Governo, il quale ha l’obbligo di presentarlo ogni anno entro il 10 aprile in Parlamento.  Consente di comprendere la direzione che il Governo vorrebbe imboccare per lo sviluppo del Paese.  Bisogna sottolineare che non è una legge, ma si deve tener conto di diversi aspetti come il debito pubblico, il PIL, l’inflazione e il mercato del lavoro per essere compilato al meglio. Si divide in 3 sezioni e si converte nell’atto ufficiale che indica all’Unione Europea, ai creditori e partner commerciali dell’Italia le aspettative sul breve e medio termine.

Le parole della Meloni

È stata una brutta figura, credo che tutti debbano essere richiamati alla responsabilità. Noi non ci stiamo risparmiando e nessuno si deve risparmiare. Ma francamente non credo che sia stato un segnale politico, per paradosso anzi è accaduto per un eccesso di sicurezza. Ora si deve fare una ulteriore considerazione sui parlamentari in missione ,ma non ci vedo un problema politico. Il Def sarà approvato, manterremo i nostri impegni

Questo il commento della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un colloquio con i giornalisti a Londra.

Gli impegni che la maggioranza aveva chiesto al Governo

Prima del passaggio alla Camera, infatti, il Senato aveva promosso la risoluzione sul Documento di economia e finanza proposta dai gruppi di maggioranza (FdI, FI, Lega, Civici d’Italia) e si era detto favorevole anche alla risoluzione sullo scostamento di bilancio. 

Nel testo troviamo la richiesta di contrastare la delocalizzazione e il reshoring. (Fenomeno economico che consiste nel rientro del paese d’origine dei servizi che in precedenza avevano portato la produzione fuori dai confini nazionali).

Tra gli obiettivi, vi era il valutare un innalzamento delle pensioni minime e di invalidità e proseguire nell’azione di riduzione del cuneo fiscale, cercando di favorire la crescita della produzione economica e individuando le più opportune misure di riduzione del carico delle imposte.

Inoltre, definire un piano di interventi per l’occupazione (in particolar modo quella femminile), rafforzare gli investimenti nell’istruzione e nell’assistenza socio-sanitaria proteggendo la maternità e potenziando i servizi territoriali alla cura dei bambini introducendo misure di carattere strutturale per il sostegno alla natalità e alla famiglia.

Ultimi risultati: la Camera dice sì

Alle 11:30 di oggi, con 221 voti a favore e 116 contrari è stata approvata la risoluzione di maggioranza che dà il via libera al Documento. Poco prima prima l’Assemblea di Montecitorio aveva votato e approvato la risoluzione di maggioranza sulla Relazione sullo scostamento di bilancio. Non sono mancati però i momenti di tensione. Durante l’intervento del capogruppo di FdI Tommaso Foti, che chiede scusa per quanto accaduto ieri, ma accusa anche le opposizioni sostenendo che  «se un ponte esiste, esiste per la maggioranza e per le opposizioni» che, a suo dire, «dovrebbero guardare alle loro assenze». Riferendosi a chi, ieri, non si era presentato senza alcuna giustificazione. A questo punto le forze di minoranza si sono ribellate, costringendo il presidente Fontana a riprendere i deputati e lo stesso Foti, chiedendogli di “rivolgersi alla presidenza”.

Adesso bisognerà aspettare il primo pomeriggio per conoscere la risposta del Senato.

Commento a caldo di Giorgetti

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dopo il voto sulla risoluzione al Def alla Camera, si dice soddisfatto. Di seguito il suo pensiero:

In Aula è andata bene ma fuori dall’Aula, dove si lavora e si produce, è andata ancora meglio: se vedete le previsioni del Def sulla crescita dell’Italia del 2023, che hanno criticato tutti quanti, l’Istat dice che il Pil è +1,8%

Fallita la Silicon Valley Bank: le ripercussioni sul mercato mondiale

Venerdì scorso, la Federal Deposit Insurance Corporation, l’Agenzia americana che gestisce fondi del bilancio federale e fornisce assicurazioni sui depositi bancari, ha annunciato il fallimento della Silicon Valley Bank (SVB). I suoi clienti, spaventati dalle voci di possibili crolli, avevano iniziato a ritirare i propri soldi dai conti correnti, creando una reazione a catena.

Si tratta del secondo maggiore fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti dopo quello della Washington Mutual nel 2008. Proprio per l’entità del fallimento, si teme un effetto domino che può non solo coinvolgere l’intero settore bancario americano, ma anche avere ripercussioni sui mercati finanziari e sulle borse europee.

La banca di Silicon Valley

La Silicon Valley Bank è stata fondata nel 1983 da Bill Biggerstaff e Robert Medearis ed aveva sede nella zona della Silicon Valley, nella parte meridionale della California. Inserita nell’elenco delle maggiori banche degli Stati Uniti, era la più grande banca della Silicon Valley basata su depositi locali, con una quota di mercato del 25,9% nel 2016, ed era diventata la sedicesima banca americana per dimensioni: a fine 2022 contava 209 miliardi di dollari di asset e circa 175,4 miliardi di depositi.

La banca era specializzata nel finanziare startup del settore tecnologico e hi-tech, fornendo molteplici servizi a società di capitale di rischio, finanziamenti basati sui ricavi e società che investono in tecnologia e biotecnologia, e anche servizi di private banking per persone fisiche con un patrimonio netto elevato. La banca operava da 29 uffici negli Stati Uniti e nel resto del mondo.

Sede della Silicon Valley Bank. Fonte: pymnts.com

Il motivo del crack

Le cause del fallimento della Silicon Valley Bank derivano soprattutto dall’aumento dell’inflazione. La banca ricorreva generalmente alle obbligazioni per far fruttare il denaro depositato dagli investitori, come del resto è prassi per il settore. Tuttavia, per far fronte all’incremento dell’inflazione, la Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, ha applicato delle politiche monetarie restrittive.

Una delle ragioni della crisi risiede nel fatto che l’istituto di credito ha investito circa 91 miliardi di depositi in titoli legati ai titoli di Stato americani che sono stati svalutati, perdendo circa 15 miliardi.

Inoltre, l’aumento dei tassi ha spinto i clienti a investire i propri risparmi in prodotti finanziari che rendono di più rispetto ai conti correnti, mentre alcune società di venture capital hanno consigliato alle aziende di ritirare i propri soldi dall’istituto. Il tutto si è tramutato in un’ondata di prelievi, o come viene chiamato in economia “corsa agli sportelli”, che ha portato ad un fallimento avvenuto in meno di 48 ore.

L’ondata di prelievi che si è verificata la scorsa settimana ha causato il fallimento anche di altre due banche: la Signature Bank e la Silvergate Bank, più piccola ma nota per i suoi stretti legami con la comunità delle criptovalute. La Signature Bank di New York è la ventunesima banca degli Stati Uniti, con attività stimate a 110 miliardi di dollari alla fine del 2022 e 88 miliardi di dollari di depositi. Entrambi hanno chiuso volontariamente per evitare un effetto a catena su tutto il sistema bancario statunitense.

Anche il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è pronunciato domenica 12 Marzo sulla questione.

Il popolo americano e le società americane possono essere sicuri che i loro depositi bancari sono a loro disposizione quando ne hanno bisogno. Sono fermamente impegnato a chiamati a rispondere a pieno i responsabili di questo disastro ed a continuare i nostri sforzi per rafforzare il controllo e il regolamento delle banche più grandi in modo che non siano più in questa posizione

Il Presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden. Fonte: The Washington Post

Una nuova crisi finanziaria in Europa?

L’effetto della crisi bancaria americana ha contagiato anche in Europa. Un lunedì nero per le Borse europee ed anche per Milano, con il Ftse Mib che crolla del 3,2%, affossata dalle banche: Bper -7,2%, Banco Bpm -6,3%, Intesa Sanpaolo -5,4%.

Il Paese più coinvolto fuori dai confini americani resta la Gran Bretagna, che però si è mossa repentinamente per arginare i rischi. Il colosso londinese HSBC ha annunciato l’acquisto con effetto immediato della filiale inglese della SVB al prezzo simbolico di una sterlina. Secondo il Financial Times, la filiale gestiva depositi per quasi sette miliardi di sterline, servendo circa un terzo dell’economia delle imprese e dell’innovazione dell’intero Paese. Mentre le autorità statunitensi cercavano di contenere il crollo, il primo ministro britannico Rishi Sunak ha trovato un’ancora di salvezza per le centinaia di startup che dipendono dalla banca per i finanziamenti.

C’è davvero da preoccuparsi?

Oltreoceano non si assisteva a una simile concitazione dalla crisi del 2008, ma non sussiste paragone. Il terremoto che ha investito Silicon Valley Bank si inserisce in un perimetro ben definito e il suo epicentro è da ricercare alcuni anni addietro, all’epoca in cui la valle californiana del silicio stringeva un sodalizio di ferro tra gli istituti bancari e le startup attive nel settore tech.

Nonostante ciò, la maggior parte degli analisti finanziari al momento ritiene che non ci troviamo di fronte a una minaccia alla stabilità finanziaria paragonabile a quella, drammatica, di allora. I motivi sono diversi. Prima di tutto, pochissime banche hanno una così alta concentrazione di attività in un solo settore come SVB. Inoltre, in quanto banca regionale la SVB era regolamentata in modo meno rigoroso rispetto ad altre banche statunitensi delle sue dimensioni.

Victoria Calvo

Cina, crisi porta crisi: popolazione in calo (per la prima volta dopo 60 anni)

La Cina è nota per essere, forse ancora per poco, la Nazione più popolosa del Mondo. Detiene il primato grazie ai suoi 1 miliardo e 426 milioni abitanti ed è in “esiguo” vantaggio rispetto all’India, che con 14 milioni di persone in meno potrebbe presto scavalcarla. A far ipotizzare il cambio di posizioni è una notizia, neanche troppo straniante: la popolazione nella Terra del Dragone è per la prima volta in calo dal 1961.

Cerchiamo di capire il motivo della crisi, la sua misura attuale e la misura della sua proiezione.

Cina, a cosa è dovuta la contrazione demografica?

È probabile che vi sia più di una causale all’origine del cambio di rotta. I fattori considerati sono specialmente tre: c‘è chi, per spiegare il fenomeno, fa principalmente riferimento alla depressione economica; chi alla collaterale emergenza sanitaria; chi, infine, riconduce il perché agli effetti tardivi della politica abbandonata del “figlio unico”. È plausibile che la verità, come altri ancora sostengono, risulti dalla combinazione di più motivazioni.

L’incidenza del Covid-19

Di certo, il Sars-Cov-2 in Cina è stato (ed è) un potente agente funereo. Più che altrove. Il Paese asiatico è la patria del virus, l’incubatrice che per prima ne ha fertilizzato e sofferto l’incidenza. Il suo governo, tra l’altro, con poco buon senso, senza poter guardare ad esempi, ne ha mal gestito la propagazione.

Il vaccino Sinovac, prodotto e distribuito in valenza autarchica, sembra aver guarnito ben poco gli asiatici. Le ferree restrizioni, praticate a oltranza dalla fine del 2019 sino a poco tempo fa, hanno sì ridotto al minimo il numero di contagi, ma non hanno permesso l’immunizzazione naturale della popolazione.

Ed ecco che il leader cinese Xi Jinping si troverà a fare i conti con la situazione disastrosa ed, eventualmente, a rispondere delle conseguenze.

Sars-Cov-2
Sars-Cov-2. Fonte: 3M Science. Applied to Life.

Disastro economico-sanitario-demografico

L’amministrazione cinese ha spesso occultato o disordinato i dati sull’andamento della pandemia nel proprio Stato. Tuttavia, stime occidentali adducono che si dovrebbero calcolare nei milioni le vittime da Sars-Cov-2 dall’inizio della pandemia.

Come già scritto: una bassa percentuale della popolazione dispone di una protezione contro l’agente patogeno a causa dell’inefficienza del vaccino e dell’eccessiva politica “di chiusura”. Ora, quindi, la sanità è al collasso. Gli ospedali sono affollati oltremisura, i mezzi di contenimento scarseggiano, la sicurezza sanitaria svanisce nel valore di un’utopia.

Dal punto di vista finanziario… Durante il lungo periodo di filosofia “zero Covid”, quasi tutte le classi di lavoratori hanno sofferto le restrizioni di libertà. Nel momento attuale, in cui, in teoria, si sarebbe dovuta rilevare una ripresa, la forza lavoro sta subendo la frusta del Sars-Cov-2.

In definitiva: moltissimi deceduti hanno provocato un decremento nella popolazione; l’instabilità monetaria dissuade le famiglie dall’idea di allargarsi.

La politica del “figlio unico” come elemento

Introdotta nel 1979 per rallentare la crescita della popolazione, la politica “un solo figlio” è stata abbandonata nel 2016 e parallelamente sono stati introdotti incentivi a sostegno delle famiglie con due figli.

C’è ancora chi ritiene che le conseguenze di tale misura siano visibili solo oggi, a distanza di sette anni, e che in concorso con gli altri elementi abbiano dato origine al deficit demografico.

Cina, il crollo: nel presente e nel futuro

Secondo l’ufficio di statistica di Pechino, citato dal Sole 24 ore, la Cina avrebbe concluso il 2022 con 850mila abitanti in meno e sarebbe entrata “in un’era di crescita negativa della popolazione“. Sarebbe in aumento il tasso di mortalità, poiché i decessi avrebbero superato per la prima volta le nascite. Si individuano 7,37 morti ogni mille abitanti, diversamente dai 7,18 dell’anno precedente.

A detta di un studio, condotto delle Nazioni Unite, curato dal Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici, l’India supererà la Cina nel 2023 diventando il Paese più popoloso del mondo. 

Il Presidente cinese, affrontando di petto la previsione, aveva già dichiarato lo scorso ottobre di voler adottare «una strategia nazionale pro-attiva» per incalzare il processo di natalità.

Gabriele Nostro

 

 

Russia in “default tecnico”: il Paese non potrà pagare le sue obbligazioni, ma non per una mancanza di soldi

La Russia è in default, da oggi, lunedì 27 giugno. Uno schiaffo morale al Paese e il suo leader, Vladimir Putin, ma, stando alle parole degli esperti, si tratta di un fatto simbolico, più che di un vero e proprio problema, almeno per ora. È stato, per questo, definito “default tecnico”.

La Banca Centrale russa a Mosca (fonte: ANSA)

I precedenti

Un altro avvenimento analogo, nella storia della Russia, si è verificò nel 1918, per la prima volta, quando il governo sovietico si rifiutò di ripagare le somme accumulate dagli zar.

Un altro default, ma interno, si registrò nel 1998, quando il rublo andò in crisi e la Federazione russa dovette dichiararsi inadempiente verso il debito interno. All’epoca, annunciò una moratoria sul rimborso del debito contratto con gli investitori esteri.

Quello attuale era stato annunciato già ieri sera, domenica 26 giugno, in corrispondenza della fine dei 30 giorni scattati il 27 maggio, un “periodo di grazia”, entro cui la Russia avrebbe dovuto pagare due bond. Alcuni avvocati sostengono, però, che il Paese abbia tempo fino alla fine del giorno lavorativo successivo, quindi fino a stasera, per pagare.

Il suddetto mancato pagamento corrisponde a 100 milioni di dollari di interessi sulle due obbligazioni – una in dollari e l’altra in euro – in scadenza nel 2026 e nel 2036, i due bond di cui sopra. Sostanzialmente, la Russia risulta inadempiente nei confronti dei suoi creditori e degli investitori che detengono le sue obbligazioni internazionali.

 

 

Mosca sostiene di aver già i pagamenti per cui è stata dichiarata inadempiente

Il Cremlino ha rilasciato dichiarazioni che preannunciano una probabile complicazione di tale situazione:

«Le accuse di default della Russia sono illegittime, il pagamento in valuta estera è stato effettuato a maggio».

Il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, negli scorsi giorni si era già espresso in merito: «Chiunque può dichiarare quello che vuole e può provare ad attaccare alla Russia qualsiasi etichetta. Ma chiunque capisca la situazione sa che non si tratta in alcun modo di un default».

Dunque, la Russia nega l’inadempienza nei pagamenti per cui è stato dichiarato il default. Prima, però, bisogna chiarire le modalità in cui questo è scattato: il default tecnico non è dovuto alla mancanza di denaro da parte del debitore (la Russia), ma alla chiusura dei canali di trasferimento da parte dei creditori internazionali.

Mosca sostiene di aver sempre effettuato tutti i pagamenti a cui doveva adempiere, anche se, negli ultimi tempi, in rubli anziché nelle valute previste dai contratti, proprio per l’impossibilità di farlo. Da qui a fine anno, sui circa 40 miliardi di titoli denominati in valuta estera, circa 1 o 2 miliardi di dollari di pagamenti.

I mercati non hanno ancora ricevuto alcuna dichiarazione ufficiale, sulla nuova condizione per la potenza russa, ma, non avendo gli investitori esteri ricevuto le somme spettanti entro la scadenza prestabilita, il default è comunque scattato, appunto, tecnicamente.

Ma a chi compete decretare ufficialmente il fallimento di un qualsiasi Stato sovrano? Di solito sono le agenzie di rating maggiori. Il caso russo è unico nel suo genere, poiché le agenzie sono state impossibilitate a intrattenere rapporti con il Paese, per via delle sanzioni impostegli per aver scatenato il conflitto con l’Ucraina.

 

Un default “artificiale”, architettato dall’Occidente

Prima di arrivare a tal punto, era stato proposto alla Russia di emettere debito nominato in dollari, ma essa si rifiutò. Proprio la decisione degli Stati Uniti, di non rinnovare, successivamente alla suddetta proposta, la “licenza speciale” per cui, fino alla fine di maggio e nonostante le sanzioni già applicate, era concesso alla Russia di continuare come sempre a pagare le obbligazioni verso gli investitori americani, è stato determinante per la dichiarazione di default.

La Russia si era difesa con l’utilizzo di conti correnti doppi e la richiesta di pagamenti in rubli, per i titoli di Stato. In ogni caso, il Paese sostiene, non essendovi una reale impossibilità a procedere come finora ai pagamenti, per la gran disponibilità di denaro che comunque affluisce nelle sue casse, che questo sia un default “artificiale”, architettato dall’Occidente e legato alle sanzioni da esso imposte.

Essendo uno scenario mai verificatosi prima, quantomeno non nelle stesse modalità, ancora non si sa cosa possa accadere dopo, quali possano essere i risvolti per l’economia russa.

Potrebbe accadere che gli obbligazionisti verso cui Mosca è inadempiente potrebbero unirsi e formulare una dichiarazione congiunta oppure, al contrario, attendere per monitorare l’evoluzione del conflitto in Ucraina.

Attualmente il Paese non può, inoltre, chiedere dei prestiti internazionali. Però, pare non ne abbia bisogno, considerati i ricchi introiti per il gas e il petrolio. Si può prendere ad esempio che il Centro per la ricerca sull’energia e l’aria pulita, “Crea”, stima che la Russia abbia ricavato 70 miliardi di euro dalla vendita di petrolio e gas, soltanto nei primi 100 giorni dall’inizio della guerra

Comunque, non si hanno certezze su ciò che accadrà, la situazione risulta senza precedenti sin dalle sue premesse anomale: il default russo, infatti, comporterebbe l’esclusione per il Paese dai mercati finanziari in seguito alla perdita di fiducia per i mancati pagamenti, ma la Russia, di fatto, è già stata tagliata fuori dai rapporti con i Paesi occidentali per gli effetti delle sanzioni per la guerra.

Alcuni, sostengono che si debba attendere che un tribunale si esprima ufficialmente, su richiesta degli investitori, visto che nessun’altra dichiarazione, neanche dalle agenzie internazionali di rating, è arrivata.

 

Rita Bonaccurso

 

 

TEDx Capo Peloro 2021: R-Evolution

La caratteristica principale delle buone idee è la loro capacità di migliorare la realtà una volta diffuse. Per questo, da anni, l’organizzazione no profit TED, acronimo di  Technology, Entertainment and Design, si occupa di condividere “Ideas worth spreading”, idee che meritano di essere divulgate, attraverso una serie di interventi eccezionali e ospiti d’eccezione.

Dalla prestigiosa conferenza annuale Ted, che si svolge a Long Beach in California, per permettere alle idee di circolare liberamente, è nato il progetto Tedx: organizzazioni indipendenti, nelle città di tutto il mondo, che offrono la possibilità  di partecipare, a livello locale, alla magica esperienza di una conferenza TED.

Così dalla California TED arriva in Sicilia, passando per una piccola x.

Antonio Micari, TEDx CapoPeloro – I presentatori dell’incontro al Palacultura – Messina, 2021

Il 4 Dicembre, infatti, il Palazzo della cultura di Messina, ha ospitato l’edizione Tedx Capo Peloro 2021, tornata a svolgersi dopo una pausa di un anno, con il titolo: “R-evolution”.

Il titolo prende le mosse dalla riflessione sugli interrogativi e le sfide che il periodo storico che stiamo vivendo ci pone. Solamente negli ultimi due anni, infatti, tutto il mondo è stato costretto a confrontarsi con significativi e inaspettati cambiamenti: proprio per questo, il tema di questo Tedx ruota attorno al bisogno di comprendere quali strade percorrere e quali risorse utilizzare, perché dall’inaspettato e dal cambiamento si possa trarre qualcosa di sorprendente. Leggiamo sul sito dell’evento:

È necessaria un’evoluzione o una rivoluzione? Oppure dovremmo parlare di qualcosa di diverso che incarni entrambe le soluzioni?

L’evento, organizzato da Startup Messina e patrocinato dal Comune di Messina, ha visto come ospiti 7 speakers, incaricati di illuminare queste domande attraverso il racconto di sorprendenti ed emozionanti soluzioni, passando dall’ambito scientifico a quello artistico, dall’ambito sociale a quello ambientale, sorprendendo continuamente l’ascoltatore con esperienze e contenuti sempre differenti.

Antonio Micari, TEDx Capopeloro – Mario Mirabile durante il suo intervento sul palco – Messina, 2021

Gli ospiti dell’evento

Il primo degli ospiti, Mario Mirabile, cofondatore, vicepresidente esecutivo e project manager di South Working (lavoro agile dal sud) ha ottenuto un cambiamento nel modo di concepire il lavoro a distanza, donando nuove possibilità alla propria comunità, con un focus su sostenibilità e diseguaglianze socioeconomiche, presentando le testimonianze di ragazzi e ragazze che sono rimasti o sono tornati, con nuove possibilità lavorative, nel proprio territorio.
Anche Lelio Bonaccorso, tra gli speakers, fumettista ed illustratore per Marvel, DC comics e Disney, pubblicando oltre che in Italia in Francia e negli Usa, ha scelto di spendere le proprie risorse artistiche ed economiche nel suo territorio, rimanendo a Messina. Durante l’intervento ha chiarito quanto questa decisione sia stata per lui di vitale importanza: nonostante il contesto non sembrasse il più adatto per la sua crescita professionale, è riuscito a far crescere il suo territorio attraverso la sua creatività e a realizzarsi internazionalmente raccontando le sue storie. Ha dedicato quindi una parte del suo discorso al potere della narrazione e a come essa guidi la nostra esistenza.
Di narrazioni ci hanno parlato Letizia Bucalo Vita, comunicatrice sociale, fundraiser e creativa che ci ha raccontato una storia nuova sul dono, dalla parte di chi non ha voce, sul no profit e le possibilità offerte dal fundraising; e Rocco Rossitto, giovane Communication e Marketing Manage, presentandoci il Brand activism, un’evoluzione dell’idea di impresa: una riflessione sulla volontà delle aziende di impegnarsi a favore di una giusta causa.

Temi scientifici e artistici sembrano fondersi nel racconto di Salvatore Savasta, professore ordinario di Fisica presso l’Università di Messina e teorico di fisica della materia, che ci ha guidati nell’indeterminabile mondo della fisica quantistica, scortandoci sino alla porta delle nuove tecnologie e forme artistiche, mostrandoci come la tecnologia quantistica ci aiuti sia migliorando la nostra vita di tutti i giorni attraverso strumenti come gli smartphone e i pc.
Arte e natura nell’inaspettato legame artistico tra piante e suono nell’intervento e nelle sperimentazioni  dello speaker Enzo Cimino, Sound designer, che ci ha mostrato come spesso il nostro legame con la natura sia più concreto di quello che pensiamo, mostrando come l’interazione tra piante ed uomo  possa raggiungere un altro livello; e la riflessione sul tema fondamentale dell’acqua e del cambiamento climatico tenuta da Donatella Termini, professoressa ordinaria di Ingegneria Idraulica presso l’Università di Palermo, che ci ha parlato di come i rischi ricollegati all’innalzamento delle temperature possano portare a danni irreparabili sia per noi che per la natura che ci circonda.

Gadget dell’evento. Fonte: Instagram TEDxCapopeloro 

Cosa ci è rimasto?

Ci si può sentire spaesati dall’insieme di tutti questi interventi, può sembrare di non riuscire a decifrare le coordinate del cambiamento e improvvisamente delle tante realtà che ci circondano. Potremmo azzardare un nome per questa sensazione, prendendo in prestito le parole della storica Tiffany Watt Smith nel suo Ted del 2017: Dépaysement, una parola che evoca il disorientamento che si prova quando si è in un posto sconosciuto, un posto familiare che diventa improvvisamente strano. Il Dépaysement è sconvolgente ed emozionante allo stesso tempo ci dice Tiffany Watt Smith e noi ci portiamo a casa dopo questo TEDx Capo Peloro lo spaesamento, ma anche quella meravigliosa sensazione di fiducia ed entusiasmo per una bella scoperta.

Oggi evoluzione e rivoluzione sono senz’altro temi importanti di cui discutere alla luce non solo della recente crisi sanitaria, ma anche del nostro dovere comune nel costruire un mondo futuro per le prossime generazioni, all’insegna di un equilibrio tra noi stessi e la natura intorno a noi.

Matteo Mangano, Martina Violante

La squadra UniVersoMe-Messina, 2021                                                                 

Juventus nell’occhio del ciclone: aperta inchiesta per falso in bilancio

Un vero e proprio terremoto nel mondo della Juventus e stavolta non si parla  di insuccessi sportivi: la Procura di Torino ha accusato la società di falso in bilancio, reato che, nel caso venisse confermato, potrebbe avere gravi ripercussioni anche sul fronte economico e legale.

 

Il blitz alle sedi della società

Lo scorso venerdì si è assistito a un vero e proprio blitz della Guardia di Finanza alle sedi del club a Torino e a Milano, per acquisire documenti relativi agli ultimi tre anni. Lo stesso presidente, Andrea Agnelli, il suo vice, Pavel Nedved, e l’ex direttore sportivo Fabio Paratici sono finiti sul taccuino degli indagati ufficialmente per false comunicazioni delle società quotate ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’inchiesta, denominata “Prisma”, è stata avviata già dallo scorso maggio dai pubblici ministeri del Gruppo dell’Economia ed è coordinata dai procuratori Mario Bendoni, Ciro Santoriello e Marco Gianoglio. Essa prevedeva la raccolta di materiale documentario e sonoro (come intercettazioni). Questa si va a unire alle indagini già note di enti come Consob e Conisoc.

 

Fonte: Gazzetta.it

 

La questione verte fondamentalmente sul nodo di plusvalenze fittizie, necessarie a sanare i conti del bilancio, ipervalutando determinati calciatori. Sono emersi 62 casi totali oggetto di indagine, di cui 42 riguardano il club bianconero per un totale di 282 milioni scaturiti. Dalle prime stime investigative, si parla movimenti illeciti superiori a 50 milioni di euro. Nello specifico risaltano all’occhio operazioni di mercato importanti come lo scambio Pjanic – Arthur con il Barcellona o la cessione di Joao Cancelo al Manchester City, passando poi per acquisti e cessioni minori ma che rientrano comunque nei casi sotto osservazione. Bilancio comunque profondamente in negativo dato l’ingente investimento dovuto all’acquisto di Cristiano Ronaldo, che si è rivelato infruttuoso per le casse bianconere, portando evidentemente gli stessi dirigenti a correre ai ripari nei limiti del possibile, tant’è che era stato approvato un aumento di capitale pari a 400 milioni con il sostegno della società finanziaria Exor.

Secondo l’accusa, ad esempio, i 209 milioni di perdite del 2020 sarebbero diventati 89 proprio grazie a questo sistema basato sulle plusvalenze che ha alterato i conti. Era una conseguenza prevedibile, ma con l’uscita della notizia dell’indagine in questione le quotazioni in borsa della Juventus hanno subito un brusco calo con un trend difficile da invertire nel breve periodo.

 

Fonte: Torino.corriere.it

 

Le possibili conseguenze

In merito alla giustizia sportiva sono state avallate diverse ipotesi. Quella che circola maggiormente nelle ultime ore è la proposta del Codacons che, in virtù delle accuse mosse contro il club, prevede di presentare un esposto alla Procura Federale, chiedendo la revoca degli ultimi titoli vinti e la retrocessione nella serie cadetta. Resta solo un’ipotesi lontana dato che l’associazione è spesso autrice di “sentenze” esagerate.  Molto più plausibile una penalizzazione e un’ingente ammenda.

Dal punto di vista penale, in caso di accertamento di responsabilità soggettiva, saranno gli stessi dirigenti societari a rischiare delle conseguenze dal punto di vista personale.

 

Plusvalenze, un tema scottante

L’argomento plusvalenze è in ogni caso un tema molto complesso sul quale indagare: non esiste infatti un criterio oggettivo per determinare il valore effettivo di un calciatore e di conseguenza i prezzi d’acquisto possono subire diverse variazioni a seconda di diversi parametri (età, prestazioni, caratteristiche individuali, situazioni contrattuali ecc…). In linea di massima è una valutazione soggettiva, influenzata sì da tali parametri, ma anche da considerazioni varie dettate dalle società in questione. I prezzi di vendita quindi potrebbero risultare “gonfiati” in certi casi, ma in base a ciò che è stato detto prima non è possibile infliggere sanzioni, a meno di intercettazioni che accertino determinati accordi diretti tra società, uniche prove inconfutabili.

Nel 2008 Inter e Milan vennero prosciolte da accuse analoghe ma potrebbe esserci qualcosa in più stavolta, la situazione è ancora incerta e in evoluzione. Sono coinvolte in merito alle altre operazioni di mercato, seppur in misura nettamente minore, anche altre società come Napoli (nella contorta vicenda che ha portato all’acquisto di Osimhen), Sampdoria, Parma, Chievo e Pescara.

 

Fonte: Corriere.it

 

Che questa sia solo la punta dell’iceberg e sotto si nasconda qualcosa di più scabroso, che potrebbe scombinare gli equilibri del calcio e non solo? Solo il tempo potrà dirlo. Il calcio sarà anche “solo” uno sport, ma può arrivare a condizionare l’economia e la stabilità di un intero Paese.

 

 

Sebastiano Morabito

Messina: un’istantanea sull’economia della città

L’obiettivo della ricerca

Obiettivo di questo Report del professore Michele Limosani, dell’Università degli Studi di Messina, è quello di offrire un’istantanea sullo “stato di salute economico” di quella che è la tredicesima città di Italia, Messina. 

Anche se la realtà della città non può essere un riflesso dell’intera situazione dell’economia del Mezzogiorno, bisogna comunque tenere in considerazione l’importanza di una ricerca del genere per capire gli obiettivi verso cui muoversi.

Inoltre, il report è pensato principalmente per rivolgersi ai giovani messinesi, a coloro che stanno per assumere decisioni importanti per il loro futuro è che sono risorsa fondamentale per la città e la sua ripresa dalla crisi generale generata dalla pandemia e da quella preesistente.

La partecipazione al mercato del lavoro 

La popolazione è di circa 230mila abitanti e 99 mila nuclei familiari. Secondo gli ultimi dati disponibili provenienti dall’Agenzia delle Entrate, i contribuenti che hanno presentato dichiarazione fiscale sono il 58% della popolazione residente. Il restante 42% – circa 100 mila persone – dunque, risulta non avere alcun tipo di reddito. Se si escludono da questo gruppo i giovani,  cioè i soggetti di età compresa tra 0 e 19 anni (circa 40 mila persone), l’altra parte di popolazione (circa 60 mila persone) risulta esser costituita da moltissime donne che hanno rinunciato da tempo a cercare lavoro e una cospicua fetta di soggetti che lavorano in nero. 

Dal grafico 1 del report si può evincere la distribuzione dei redditi e quanto guadagnano i cittadini. Il 33% dichiara redditi compresi tra 0 e 10mila euro lordi, ossia tra 0 e 800 euro mensili lordi; il 40% è compreso tra 15mila e 26mila, quindi tra 1.200 e 2.200 euro mensili lordi.

grafico 1

 

Il peso della tassazione sui redditi delle famiglie (IRPEF) in città ricade in massima parte sulla fascia di contribuenti con redditi medio-bassi (50% circa), gli stessi che devono finanziare la spesa pubblica per i servizi per tutta la popolazione residente. Il residuo fiscale, ossia la differenza tra quanto un cittadino versa in termini di tasse (dirette e indirette) e quanto riceve in termini di benefici legati alla spesa pubblica crea una tendenza negativa. I contribuenti inclusi nella fascia bassa (0-15 mila), infatti, pagano poche tasse per via delle esenzioni e delle aliquote più basse; quelli compresi nella fascia alta di reddito (> 75mila), per via del numero esiguo, forniscono uno scarso contributo.

grafico 2

Qual’ è la fonte di reddito? Che tipo di lavoro svolgono i messinesi? Tutto ciò si può evincere dal secondo grafico, il quale mostra “una città di impiegati (dipendenti pubblici e privati) e di pensionati INPS”. I redditi d’impresa e dei lavoratori autonomi sono marginali. Secondo le ultime statistiche della Camera di Commercio, le aziende registrate nel Comune sono poco più di 20mila e la composizione settoriale è mostrata nel grafico 3. Nei settori della manifattura, del commercio, dell’edilizia e della ristorazione sono concentrate gran parte delle imprese, più del 60%.

 

grafico 3

Molte imprese risultano formalmente registrate nell’albo della Camera di Commercio, ma sono inattive. Sono circa 5mila le ditte individuali (il 25% del totale) che registrano perdite di esercizio e quindi un imponibile pari a zero. Invece, 3.700 sono i soggetti che dichiarano redditi da impresa, di cui 307 provenienti da aziende soggette alla contabilità ordinaria (ossia imprese che fatturano più di 400mila euro l’anno nel settore dei servizi o di 700mila negli altri settori) e 3.400 da imprese che operano in regime di contabilità semplificata (prevalentemente artigiani).

Però, in questa apparente fragilità del sistema emergono alcuni dati confortanti. Sono, infatti, circa 126 le imprese di capitale distribuite nella provincia, che fatturano più di cinque milioni di euro l’anno. Queste operano prevalentemente nei settori dell’energia, dei trasporti, del credito, dei prodotti elettronici e per l’agricoltura, della grande distribuzione (alimenti, automobili, prodotti elettronici), nella vendita di materie prime (ferro e derivati del petrolio). Ci sono anche partecipate pubbliche, aziende sanitaria private, imprese di prodotti alimentari (caffè, acqua minerale, lavorazioni carni) e di costruzione. Sei aziende fatturano sopra i 50 milioni di euro e alcune società hanno pensato di quotarsi in borsa.

La ricchezza delle famiglie

Secondo nostre elaborazioni sui dati di Banca d’Italia la ricchezza netta delle famiglie nel Comune capoluogo è stimata intorno a un valore di 20 miliardi. In particolare, poi, il 50% di questa ricchezza è rappresentato dalla casa. Consistente, infatti, è il numero di soggetti che dichiara redditi da immobili, ossia redditi provenienti da affitti di seconde case o di immobili per negozi e attività commerciali (circa 60mila). Il 15% della ricchezza, ancora, è detenuta liquida in conti correnti (3 miliardi circa), il rimanente in altre attività finanziarie, tra cui titoli di Stato.

grafico 4

 

Una fetta consistente del patrimonio delle famiglie (circa il 90%) è detenuto in attività finanziarie ritenute “sicure” – case, depositi bancari e titoli – e investita in attività non produttive. Questo viene segnalato come una problematica nel report.

Il futuro del sistema economico della città

Che città vedremo tra 20 anni, se non cambiano le tendenze attuali? Ipotizzando che il tasso di natalità rimanga uguale al tasso di mortalità e il rapporto tra la popolazione residente e quella attiva (numero di occupati e persone in cerca di lavoro) si mantenga costante, allora è possibile avanzare due previsioni.

La prima riguarda il numero dei pensionati che, tra venti anni, si attesterà ancora su un valore superiore al 40%. Gli impiegati di oggi saranno la componente più importante dei pensionati di domani e le pensioni continueranno ad essere la maggiore fonte di reddito della città.

La seconda previsione delinea una situazione in cui gli impiegati che andranno in pensione dovranno essere rimpiazzati da nuovi occupati. Ipotizzando un turn-over pari a 0,80 – 8 nuove assunzioni per ogni 10 pensionati – la quota di lavoratori dipendenti sarà circa del 40%, il 10% in meno di quelli che attualmente dichiarano un reddito. Il rimanente 10%, con buona probabilità, finirà per alimentare il numero di coloro che fuggono dalla città o incrementare la disoccupazione.

Dunque, si andrà incontro a un impoverimento generalizzato, uno spopolamento, un invecchiamento della popolazione e alla fuga di giovani qualificati.

 

Gli effetti della pandemia

La gran parte dei redditi dei cittadini non ha subito forti riduzioni a causa del lockdown e le restrizioni per il coronavirus. Pensionati e dipendenti pubblici hanno continuato ad aver garantiti i redditi dallo Stato. Per dipendenti regolarmente assunti dalle imprese private lo Stato è intervenuto attraverso l’erogazione della cassa integrazione (quella in deroga), anche se con evidenti ritardi, difficoltà e importi ridotti in media del 25%.

Nel caso dei redditi da lavoro autonomo (0,6% dei redditi complessivi) è più difficile delineare la situazione, poiché una parte dei lavoratori lavora a prestazione e dunque è difficile individuare quante prestazioni sono state interrotte in questo periodo e quanta parte del lavoro ha potuto continuare ad essere svolto da casa o da studio.

La tipologia di redditi sicuramente più colpita dalla crisi, sono i redditi da impresa (circa 8000 soggetti in totale) e tra questi soprattutto quelli della piccola impresa, individuale e/o familiare, con pochi dipendenti, rimasta ferma in questo periodo; le piccole attività commerciali (bar, centri benessere, palestre), la ristorazione, gli alberghi, le associazioni culturali (cinema, teatro, cultura sport). Trattasi, comunque, di una piccola quota di soggetti rispetto al totale dei contribuenti.

Colpita duramente, infine, soprattutto tutta la schiera di soggetti che non dichiara redditi, che vive di espedienti, si muove nel mercato nero circa 20-25 mila persone, di cui non si riesce a sapere molto.

Le conclusioni

Dieci sono gli interventi “irrinunciabili” secondo Limosani, per consentire alla città di raggiungere uno standard di vita che sia comparabile con quello di altre città europee:

a) Aumentare le opportunità e la partecipazione al mercato del lavoro delle donne e dei giovani e migliorare la qualità dei posti di lavoro;

b) Maggiore cura dell’ambiente e sostegno alle attività in grado di migliorare l’impatto sulle risorse naturali e ambientali;

c) Emersione della diffusa e straripante economia sommersa e lotta alle

organizzazioni criminali;

d) Rigenerazione urbana e riqualificazione delle periferie; (Baracche)

e) Connessioni infrastrutturali, materiali e digitali, della città al continente

e agli altri centri metropolitani;

f) Difesa del territorio e nuovo assetto idrogeologico;

g) Migliorare l’organizzazione ed elevare la qualità dei servizi pubblici locali

(trasporti, rifiuti, acqua, energia, spazi verdi);

h) Rivoluzionare la macchina amministrativa e migliorare l’efficienza nella gestione dei servizi erogati dalla Pubblica amministrazione. Reclutamento di una nuova classe dirigente e riconoscimento del merito;

i) Migliorare la quantità delle strutture e la qualità dei servizi sanitari, pubblici e privati. Serve una nuova sanità territoriale;

j) Sostenere il trasferimento delle conoscenze tecnologiche dalla università e dai centri di ricerca CNR, INGV alle imprese: Il ruolo degli spin-off.

Il raggiungimento di tali obiettivi potrebbe realizzarsi – si legge nel report – soprattutto grazie a una collaborazione con i governi regionale e nazionale, poiché ad essi la Legge attribuisce le competenze normative. Inoltre, professore ricorda la possibilità di poter far qualcosa nel proprio piccolo, come cittadini, verso la propria città: innanzitutto cambiare l’amministrazione pubblica locale e poi elaborare un piano, una visione, ma con unità, coesione e responsabilità, ponendo così le basi per la “rinascita” della città dalla più grande crisi dopo quella del dopoguerra.

 

Rita Bonaccurso

Tutto ciò che è necessario per i giovani. La chiave della rinascita per Draghi

Draghi rimini
Draghi al Meeting di Rimini (agosto 2020) Fonte: investing.com

È un uomo di poche parole, Mario Draghi. Non è un frequentatore di salotti televisivi né avvezzo ad interviste: lo abbiamo percepito tutti cercando tra le righe le idee da cui potrebbe far partire un nuovo esecutivo. In circolo ci sono poche espressioni, ma che hanno il peso e l’eco di epigrafi. “Whatever it takes”: sì, ma non solo. Ci sono altri momenti per il quale Super Mario merita di essere menzionato. “Ai giovani bisogna dare di più”, ad esempio. Lo diceva già ad agosto, durante il Meeting di Rimini, spiegando che i sussidi tout court da soli non serviranno a risanare il tessuto sociale del Paese: se non ben bilanciati, lo lacereranno ancor di più. Per Draghi l’unico volano per una rinascita sociale ed economica italiana, sarà investire sulle nuove generazioni, le stesse – diciamolo senza mezzi termini – che dovranno pagare un debito mai visto nella storia italiana.

È dunque alle donne e agli uomini di domani che bisogna dare il massimo supporto affinché si delinei una società che permetta libera scelta nella formazione umana e nella qualificazione professionale. Se non si mette al centro questo punto focale il rischio è che al futuro si arrivi con meno possibilità del presente e con più diseguaglianze del passato.

Si tratta di coltivare persone, non titoli di stato, non voti. Si mette sul tavolo un investimento potenzialmente vincente ed esponenzialmente fruttuoso.

campanella draghi-conte
Il passaggio simbolico della campanella tra il presidente uscente Conte e il premier incaricato Draghi -Fonte: avvenire.it

Non serve un esperto in politica economica per capire, invece, che il vizio dei recenti governi sia risieduto tutto nel non aver mai impiantato obiettivi di lungo termine, ma semplicemente portato a compimento – nel migliore dei casi – obiettivi nei termini temporali di un esecutivo a causa di una ricerca spasmodica di un immediato ritorno politico.

Quello che serve per una crescita sostanziale, economica e sociale, sono tutti elementi che vanno nella direzione opposta. Servono lungimiranza, pazienza e soprattutto coraggio. Ci vuole impegno morale per spendere decine di miliardi di euro nell’istruzione. È una strada scomoda, un investimento silenzioso, i cui risultati possono essere raccolti solo nel lungo termine, quando ormai sono troppo distanti da chi li ha propagati. Chi investe sull’istruzione, insomma, rischia di passare inosservato.

PNRR
Fonte: mef.gov.it

Già a partire dalla sobrietà del governo dimissionario, sembra che si sia mettendo fine all’egoismo che ha indotto i governi a favorire obiettivi elettorali; la tendenza sembra essersi invertita anche ad un livello superiore, e non è un caso che l’Europa abbia intitolato il piano di ripresa europea alla generazione futura – il NextGenerationEu. Per gestire i fondi di quest’ultimo, nel Recovery Plan già il governo Conte, aveva riservato nell’ultimo progetto quasi 28,46 miliardi (9 in più rispetto alla prima bozza) all’istruzione e alla ricerca mentre la questione giovanile era al secondo posto tra i gli obiettivi fondamentali da portare a termine entro il 2026. Adesso si ha buon motivo di credere che spetterà al nuovo governo tecnico ricalcolare e rinegoziare. E Draghi non sembra discostarsi tanto da queste premesse poichè già da giorni le prime dichiarazioni trapelate sul programma di governo confermerebbero la primarietà dell’istruzione in agenda, come anche le notizie sull’apertura delle scuole fino a luglio per recuperare il “tempo perso” o del riempimento delle cattedre già dalla fine di quest’anno scolastico.

piano resilienza
Il piano approvato dal consiglio dei ministri dell’esecutivo Conte il 12 gennaio 2021 – Mef.gov.it

È il solo modo, quello di investire dei fondi per i giovani, affinché l’Europa riprenda a chiedersi che ne pensa l’Italia. E non solo perché si prospetta una figura come Draghi al comando di un esecutivo.

Ma soprattutto l’istruzione e la ricerca, insieme, sono la sola via perché i germi di menti performanti attecchiscano nella loro terra, senza dover perdere le radici.

“Ogni crisi ha in sé i semi del successo e le radici del fallimento”, dice Norman R. Augustine; ed ogni crisi può innescare un vero e proprio turn-around. Non si tratta di utopia, ma di responsabilità morale verso il futuro.

È forse giunta l’ora che l’Italia sperimenti l’ordinario e metta a frutto il cosiddetto debito buono – come lo chiama il Presidente incaricato – un vero e proprio investimento che risponda a criteri di sostenibilità e che, seppur contempla un ingente impiego di risorse nell’ora, delinei dei consistenti risultati umani nel futuro.

Martina Galletta

Articolo pubblicato l’11 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

Webinar “L’altra Pandemia”: la testimonianza dell’Associazione Orione

“Ascoltare l’opinione degli esperti è importante, perché consente agli ascoltatori di entrare in contatto con notizie attendibili, conformi alla verità scientifica dei fatti, preservando in tal modo la collettività, e in particolare i giovani, dalle conseguenze negative della “cattiva informazione” e dal diffondersi incontrollato di interpretazioni errate e suggerimenti nocivi.”

Queste le parole di Roberta Mele, che riassumono il leitmotiv del webinar “L’altra pandemia”. L’iniziativa, svoltasi in diretta Facebook e sulla piattaforma online Teams, è stata organizzata, in collaborazione con l’Università di Messina, dall’Associazione studentesca Orione.

La sanità, il mondo del lavoro, e l’economia sono pesantemente segnati da difficoltà dettate da carenza di organico, scarsi investimenti e scarsa capacità di programmazione. Il Coronavirus, oltre a mettere in luce una situazione già precaria, sta lasciando cicatrici molto profonde su settori già pesantemente danneggiati ancor prima dell’emergenza sanitaria.

L’incontro è stato diviso in tre momenti di approfondimento, prendendo in considerazione tre temi principali:

  • Gli aspetti medico-sanitari, con riferimento alle difficoltà che il sistema sta incontrando nel garantire l’attività ordinaria, sono stati affrontati dal Prof. Navarra, ordinario di Chirurgia Generale dell’Ateneo di Messina e presidente della Società italiana di Ricerche in Chirurgia, e in seguito dal Prof. Melazzini, Amministratore Delegato di ICS – Istituti Clinici Scientifici Maugeri, componente del Consiglio di Amministrazione del CNR ed ex direttore generale AIFA.
  • La tematica relativa alla crisi del settore sociale, affrontata dal Prof. Perconti, ordinario d’Ateneo di Filosofia del Linguaggio e Direttore del Dipartimento COSPECS e dal Mons. Raspanti, vescovo di Acireale e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana.
  • Gli effetti che la pandemia ha avuto sulla già precaria economia e sul mercato del lavoro, infine, affrontati con gli interventi: del Prof. Limosani, ordinario d’Ateneo e direttore del Dipartimento di Economia e del Prof. Nannicini, Senatore della Repubblica Italiana e ordinario di Economia Politica all’Università Bocconi.

É stata, inoltre, molto ampia la partecipazione degli studenti, a cui l’evento è stato rivolto con l’obiettivo di stimolare la riflessione sul tema.

“Gli interventi durante il webinar hanno contribuito a chiarire in noi studenti le prospettive future nei tre settori presi in esame. Il sistema sanitario può ripartire- afferma Luciana Siragusa – ma servirà incentivare i giovani e l’assistenza nel territorio. Il settore economico richiede importanti investimenti, ma c’è il rischio di sbagliare. L’obiettivo deve rimanere quello di supportare i settori lavorativi più in difficoltà. Infine, sarà anche necessario un adattamento sociale da parte di tutti: la pandemia inevitabilmente lascerà una profonda eredità nella nostra cultura.”

Come superare questo momento storico e come far fronte ai problemi sopracitati, sono quesiti che oltre noi giovani studenti, il mondo intero si sta ponendo, trovando misure e ipotesi diverse, perché mai nulla di simile era accaduto prima.

“A mio parere l’incontro ha permesso di definire un pensiero condiviso: la pandemia lascerà un’eredità diversa dal modello di società cui eravamo abituati- spiega Vincenzo Signoriello – la Sanità era già precedentemente in difficoltà a causa dell’inadeguatezza delle risorse, richiedendo agli operatori un impegno straordinario. Per quanto concerne l’economia la Covid ha inciso in senso depressivo determinando una riduzione del PIL e accentuando le povertà e le fragilità sociali già esistenti. Nell’ambito del lavoro si è verificata l’impossibilità nell’espletare alcune attività con il conseguente calo di produttività e di impiego. Ci sono stati però anche dei vantaggi: il fenomeno ha incentivato lo smart working, spingendo anche le pubbliche amministrazioni ad elaborare nuove forme di organizzazione del lavoro da remoto. Occorrerà molta resilienza e sarà necessario interrogarsi sulle cause e sul senso di tutto ciò. Come affermato da uno dei nostri ospiti, sarà necessario partire dal presupposto che quando parliamo di pandemia non parliamo di castighi divini o di sfortuna. Il senso di questa situazione è insito nel concetto stesso di realtà, che non è per forza ordinata e felice.”

Oggi la sfida è governare l’incertezza. Le informazioni critiche sulle caratteristiche del Covid-19 e i suoi impatti sull’attività economica italiana e globale sono difficili da valutare e possono cambiare rapidamente. Ma tutti noi dobbiamo strutturare risposte che siano in grado di gestire la nostra società ora, nelle settimane e nei mesi a venire.

Cristina Geraci