La polemica conferenza stampa di Draghi e le ultime novità sui vaccini

Ogni giorno sentiamo discutere molto sull’avanzamento della campagna vaccinale, costellata da rallentamenti, differenze tra regioni e malumori tra i politici.

Draghi contro i “furbetti” e intanto scoppiano le proteste contro l’obbligo vaccinale

La prima notizia tra le più recenti risale a giovedì 8 aprile. Durante la conferenza stampa svoltasi quel giorno, il premier Mario Draghi ha attaccato la categoria degli psicologi, anzi, più nello specifico i più giovani tra questi, incolpandoli di scarso buon senso per essersi vaccinati prima di anziani e altre persone fragili:

“Con che coscienza la gente salta la lista sapendo che lascia esposto a rischio concreto di morte persone over 75 o persone fragili?” – ha dichiarato – “Smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani, i ragazzi, gli psicologi di 35 anni, queste platee di operatori sanitari che si allargano”.

Il premier Draghi durante la conferenza (fonte: quifinanza.it)

La questione ha innescato un’immediata reazione dalla categoria degli psicologi.

“Nessuno di noi ha chiesto di avere priorità, è stato il Governo a decidere le priorità vaccinali, ed in queste sono state incluse tutte le professioni sanitarie. Addirittura, l’ultimo Decreto trasforma la facoltà in obbligo, esteso a tutti gli iscritti agli Ordini sanitari. Perché queste priorità e questi obblighi non sono determinati dal fine di proteggere i sanitari, ma le persone, bambini e adulti, da loro seguiti”.

Queste le parole di David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi.

Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (fonte: ilmessaggero.it)

Proprio il governo ha delineato nuove misure negli scorsi giorni, tra le quali quella dell’obbligo vaccinale, da subito tanto discusso. Tale obbligo è previsto per tutti coloro che svolgono il proprio lavoro presso enti sanitari, sociosanitari e socio-assistenziali, pubblici e privati, farmacie, parafarmacie e studi professionali. Gli unici casi in cui è prevista una deroga, senza rischiare di essere assegnati ad altre mansioni o essere sospesi, sono quelli viene identificato un rischio per la salute, a causa di specifiche condizioni cliniche, da documentare e certificare tramite il medico di base per poter rimandare o non effettuare la vaccinazione. Per questo motivo, inoltre, in alcune città, ma soprattutto a Roma, ieri, si sono svolte delle manifestazioni di infermieri contrari a tale disposizione. “Non sono una cavia” è uno degli slogan che compare maggiormente compare striscioni e magliette. Molti si sono detti “si vax”, ma non disposti a sottomettersi alle condizioni previste dal dpcm, soprattutto per le “veloci” tempistiche con le quali i vaccini disponibili sono stati prodotti.

Alcuni manifestanti a Roma contro l’obbligo vaccinale (fonte: ANSA)

Tornando alla questione tra il premier e la categoria degli psicologi, ricordiamo che quest’ultimi stanno svolgendo un lavoro molto importante, ma che, come spesso accade, viene interpretato come secondario. Questo non sarà stato ciò che il premier avrebbe voluto intendere, ma apparentemente vi sono delle incompatibilità tra ciò che è previsto dall’ultimo dpcm emanato proprio dal governo Draghi e quanto da lui rimproverato durante la conferenza stampa.

In ogni caso, sottolineiamo anche che gli psicologi, le migliaia di psicologi, stanno operando durante la pandemia, lavorando sul disagio causato da un anno di chiusura delle scuole, supportano persone fragili, bambini disabili e le loro famiglie; poi, ci sono coloro che lavorano con gli anziani, nelle Rsa, con i malati oncologici, le persone con malattie croniche e quelle in fin di vita, ma anche con coloro che non ricevono risposta dal pubblico e si affidano al privato. Dunque, si tratta di persone spesso a contatto con il pubblico. Senz’altro, durante queste lente fasi della vaccinazione dovrebbero esser prima coinvolti i soggetti con le patologie più importanti, a scarsità di dosi, cioè coloro i quali aspettano da fin troppo tempo ormai. Qualcosa è andato storto, ma rimproverare dei professionisti definendoli “furbetti” quando lo sono stati per rispettare delle norme appare senz’altro inutile.

In arrivo le dosi di Johnson&Johnson

Dopo Pfizer, AstraZeneca e Moderna, arriva in Italia anche il vaccino monodose Johnson & Johnson. 184mila, le prime dosi che arriveranno nell’hub dell’aeroporto militare di Pratica di Mare, nei pressi di Roma, fra martedì e mercoledì. Entro la fine di aprile sono attese altre 300mila fiale, mentre le dosi previste per il secondo trimestre sono complessivamente di 7,3 milioni.

(fonte: ANSA)

Quello che sembra una buona notizia, potrebbe esserlo solo in parte. Dagli Usa arrivano le prime incognite, poiché, dopo quattro casi di trombosi, decretate non legate al vaccino, le autorità stanno comunque tenendo maggiormente sotto controllo il vaccino. Così, anche l’Ema sta già monitorando il farmaco per prevenire eventuali problematiche.

Una buona notizia, dicevamo, soprattutto dopo le tante di ogni giorno sui ritardi e le tensioni tra il governo centrale e le Regioni che non riescono a rispettare i programmi per arrivare all’immunizzazione di tutti gli italiani entro la fine dell’estate. Il commissario Figliuolo, intanto, continua a rassicurare sull’arrivo di somministrazione di 500mila dosi al giorno, entro la fine di aprile. Ha invitato le Regioni a rinunciare al tentativo di scatti in avanti, poiché i picchi contano poco e l’importante è la media delle somministrazioni. Inoltre, alle Regioni è stato chiesto di gestire le dosi ricevute, accantonando le scorte non solo per i richiami, ma anche per fronteggiare eventuali ritardi nelle consegne, che parrebbero sempre più probabili, secondo alcuni: “Il grosso problema lo avremo da maggio, perché a oggi non abbiamo la programmazione di vaccini” ha dichiarato l’assessore al Welfare e vice presidente della Lombardia, Letizia Moratti.

Intanto, sempre più attenzione dalle singole amministrazioni regionali viene rivolta al vaccino Sputnik e molti spingono già per firmare pre-accordi con la Russia, per trovarsi già in caso arrivasse il via libera dall’Ema.

AstraZeneca e lo stop alla vaccinazione di insegnanti

Dubbi e ritardi hanno creato grosse problematiche al vaccino di AstraZeneca, di cui il nuovo nome è Vaxzevria. In alcun Paesi europei è stato sospeso, mentre in Italia adesso è previsto per gli over 60, come raccomandato dall’Ema, dopo i nuovi casi di sospette trombosi collegate alle inoculazioni.

Intanto, la nuova ordinanza del commissario Figliuolo prevede uno stop alla vaccinazione delle categorie, a cominciare da insegnanti e personale sanitario non in prima linea, per accelerare sugli anziani.

Mentre l’Inghilterra si prepara a massicce riaperture e gli Stati Uniti procedono con circa 3 milioni di vaccinazioni al giorno, l’Italia si sta affannando. Ciò è dovuto, probabilmente, soprattutto per motivi di organizzazione, come ogni giorno viene ribadito da molti, ma, secondo il virologo consigliere del presidente americano Biden, Anthony Fauci, anche in Europa sarebbe probabile che, la causa dell’aumento dei contagi sia la capacità della variante inglese di cancellare gli effetti dei lockdown è l’aumento di trasmissibilità del virus.

Non ci resta che sperare, innanzitutto, che non vi siano altri episodi di tensione tra il governo e le Regioni, perché solo così potremo sostenere un miglioramento della campagna vaccinale, senza indugi e dubbi non realmente proficui.

 

Rita Bonaccurso

 

La bozza del nuovo decreto e il punto sull’obbligo a vaccinarsi per gli operatori sanitari

Continua la stretta per contenere i contagi da coronavirus, ma vi saranno delle novità rispetto alle scorse settimane. Pochi giorni fa, il premier Draghi ha presentato la bozza del nuovo Decreto Legge, contenente le misure proposte per il periodo dal 7 al 30 aprile.

Il premier Draghi presenta la bozza del nuovo DL (fonte: orizzontescuola.it)

Nessuna zona gialla

Nelle prossime settimane, la Penisola non vedrà zone gialle, ma solo arancioni o rosse. In base dell’andamento dell’epidemia e in relazione allo stato di attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini, sarà possibile prevedere deroghe alle misure di contenimento del coronavirus.

Nelle regioni e province autonome di Trento e Bolzano i cui territori si collocano in zona gialla, verranno applicate le misure stabilite per la zona arancione. Secondo l’andamento, queste misure, anche qui, potranno esser modificate. I Presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano potranno disporre l’applicazione delle misure stabilite per la zona rossa, nonché ulteriori, motivate, misure più restrittive, qualora: l’incidenza cumulativa settimanale dei contagi sarebbe superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, sulla base dei dati validati dell’ultimo monitoraggio disponibile; nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determinerebbe alto rischio di diffusività o induce malattia grave.

In tutta Italia, i Presidenti delle Regioni non potranno più chiudere le scuole dal nido fino alla prima media. Consentite deroghe solo in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus o di sue varianti nella popolazione scolastica, una volta ascoltato il parere delle autorità sanitarie competenti e “nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità”, con la possibilità di circoscrivere l’applicazione a specifiche aree del territorio.

Didattica a distanza per gli studenti del secondo e terzo anno della scuola secondaria di primo grado, nonché della scuola secondaria di secondo grado. Nei casi in cui sia possibile, scuole secondarie superiori in presenza, al 50% e fino ad un massimo del 75%.

Spostamenti

Saranno vietati gli spostamenti tra le 22 e le 5 del mattino, quelli fuori dal proprio Comune e tra regioni. Resteranno sempre ammesse le eccezioni per motivi di necessità, salute o comprovate esigenze lavorative. Saranno permesse deroghe per ritornare ai luoghi di residenza, domicilio o abitazione.

Consentito, una sola volta al giorno, spostarsi verso un’altra abitazione privata abitata che si trovi, però, nello stesso Comune, tra le ore 5 e le ore 22, a un massimo di due persone oltre a quelle già conviventi nell’abitazione di destinazione. La persona o le due persone che si spostano potranno comunque portare con sé i figli minori di 14 anni e le persone disabili o non autosufficienti che con loro convivono.

Per gli abitanti dei Comuni con massimo 5milla abitanti saranno consentiti spostamenti in un raggio di 30km con divieto di spostamento nei capoluoghi di provincia.

Bar e ristorazione

Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ma nessuna restrizione per la consegna a domicilio. L’asporto resterà consentito – comunque con divieto di consumazione sul posto – fino alle 22. Per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dai codici Ateco 56.3 (bar e altri esercizi simili, senza cucina) l’asporto sarà consentito, invece, fino alle 18.

Attività commerciali al dettaglio e centri commerciali

Esercizi commerciali tutti aperti, con i consueti orari, nel rispetto dei protocolli e delle misure anti contagio. Nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali, ad eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie.

Attività motoria e sportiva

Sono sospese tutte le competizioni sportive, tranne quelle a cui è riconosciuto interesse nazionale dal CONI e dal CIP. Sospese le attività nei centri sportivi. Resterà possibile svolgere attività motoria all’aperto solo nei pressi della propria abitazione e solo in forma individuale.

Concorsi pubblici: lo sblocco

Dal 3 maggio 2021 potrà riprendere lo svolgimento delle procedure selettive dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni, in presenza. Lo svolgimento delle prove deve avvenire nel rispetto delle linee guida validate dal Comitato tecnico scientifico nazionale.

Potranno essere adottate misure semplificate. Per i concorsi per il reclutamento di personale non dirigenziale, si potrà prevedere una sola prova scritta e una sola prova orale.

Sarà consentito l’utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che ne assicurino la pubblicità, l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. In caso di necessità, l’amministrazione che si occupa dell’organizzazione di un concorso potrà, in ragione del numero di partecipanti, disporre dell’utilizzo di sedi decentrate.

Nella bozza del DL compaiono tutte le informazioni relative a tutti gli altri tipi di concorsi pubblici, tra cui quelle relative alle prove scritte del concorso per magistrato ordinario, indetto il 29 ottobre 2019.

 

Obbligo a vaccinarsi per gli operatori sanitari: il punto più dibattuto

Un tema molto caldo e dibattuto sin dagli inizi, forse anche prima della campagna vaccinale, è l’obbligo di vaccino. Con la bozza del nuovo DL, l’obbligo sarà previsto per: gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali.

(fonte: corriere.it)

Nella bozza si legge: “La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”. Dunque, solo in caso di accertato pericolo per la salute, a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, vaccinarsi non sarà obbligatorio per le suddette categorie, con la possibilità di rifiutarsi o rimandare la decisione.

Entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente dovrà trasmettere l’elenco degli iscritti. Chi risulterà non vaccinato o chi non avesse prodotto richiesta di vaccinazione entro i 10 giorni successivi, avrà 5 giorni per sottoporsi alla vaccinazione o fornire la documentazione comprovante l’avvenuta somministrazione del vaccino non prima pervenuta o la documentazione che giustifichi l’omissione o il differimento della stessa per i motivi ammessi.

Per chi si rifiuterà sarà determinata, dall’azienda sanitaria locale, la sospensione del proprio impiego, l’impossibilità di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. Tutto ciò verrà poi trasmesso all’Ordine professionale di appartenenza. Il datore di lavoro, se possibile, potrà affidare al lavoratore non vaccinato altre mansioni anche inferiori, che non implichino rischi di diffusione del virus. In caso non vi fosse alcuna possibilità, è prevista la sospensione del lavoratore a cui non spetterà la retribuzione, fino alla vaccinazione o, nel caso in cui si rifiutasse ancora, fino al 31 dicembre 2021, data in cui è previsto il completamento del piano vaccinale.

 

Rita Bonaccurso

Un anno dal discorso che cambiò le vite degli italiani: dalle origini della pandemia fino ai vaccini

A un anno dalla pandemia numerosi sono gli eventi che hanno sconvolto la nostra vita, dalle abitudini quotidiane fino alle restrizioni imposte a livello nazionale, dagli slogan ottimisti affissi sui balconi alla soluzione concreta dei vaccini. Cosa è cambiato? 

Le origini.

Wuhan è una metropoli cinese di 11 milioni di abitanti, capoluogo della provincia di Hubei. Conosciuta in America come la “Chicago della Cina” è divenuta nota come epicentro della diffusione della pandemia che ha travolto il mondo un anno fa. Già nel dicembre 2019 il virus avrebbe fatto registrare diversi casi simili alla polmonite, ma con risvolti ancora più gravi. Nonostante i primi decessi a inizio gennaio, il Partito Comunista di Xi Jinping rimane cauto– e omette, secondo i più – informazioni necessarie che non solo avrebbero ritardato l’intervento e la prevenzione del virus, ma ha permesso a quest’ultimo di valicare i confini nazionali fino alla dichiarazione dell’ “emergenza sanitaria globale” dell’Oms, arrivata solo il 30 gennaio 2020. Nella stesso giorno, i primi due casi accertati anche in Italia: si tratta di due turisti cinesi ricoverati in isolamento allo Spallanzani di Roma.

L’Italia e la fase 1

Papa Francesco nella deserta Piazza San Pietro, diventa uno dei simboli più emblematici della pandemia. Fonte: ANSA.

I primi focolai nel Lodigiano e in Veneto mettono in crisi il nostro paese, che infatti è tra i primi ad essere investito dalla crisi più difficile dal secondo dopoguerra. Come un anno fa, il 9 marzo 2020, l’Italia diventava zona rossa. Viaggi, attività, banchi di scuola, riunioni familiari, amici, passeggiate al parco, abbracci e baci, diventano solo uno sfumato ricordo per essere sacrificati in nome di un appello più alto alla responsabilità e alla salute. Le strade, prima piene di vita, vengono consegnate al silenzio di città tappezzate di striscioni che invitano all’ottimismo e alla resistenza; l’assalto ai supermercati e gli scaffali vuoti diventano scenari abituali, così come i volti coperti dalla mascherina e la corsa all’acquisto di gel disinfettanti. Le polemiche sulle restrizioni si ammutoliscono difronte al triste corteo funebre di camion dell’esercito lungo le vie di Bergamo, a dieci giorni di distanza dal primo dpcm dell’allora premier Giuseppe Conte, le cui immagini strazianti suscitano il sostegno di tutto il mondo.
Il lockdown procede, con proroghe di volta in volta annunciate dalle dirette del Premier, fino a Pasqua e Pasquetta (che però fanno registrare comunque circa 14.000 sanzioni da Nord a Sud). Le riaperture di molte attività, con divieti di distanziamento, mascherine obbligatorie e multe per assembramento, saranno stabilite solo a inizio maggio, inizio della fase 2.

Le fasi 2 e 3

Decade l’ordinanza riguardo l’obbligo dell’ autocertificazione, rimanendo comunque limitato lo spostamento tra regioni; invece, chiese, bar e negozi solo dal 18 maggio hanno potuto nuovamente aprire le porte. Data la ripresa incoraggiante, sopraggiunge la decisione in giugno di una fase 3 che ha permesso a centri estivi, sale giochi, centri di benessere, attività culturali di riprendere a pieno regime. Durante l’estate sono in particolar modo le discoteche a far discutere: orde di giovani ammassati l’uno all’altro in locali molto ristretti senza nessuna precauzione pongono fine al divertimento, specialmente per le località turistiche che erano state al centro della polemica.

La stretta sulle discoteche arriva ad agosto in seguito a numerose infrazioni. Fonte: Repubblica.

Nel corso di settembre stabilita anche l’apertura delle scuole, con calendari differenziati, che tuttavia subiranno ulteriori restrizioni nella gestione degli orari di ingresso e di uscita per gli alunni a ottobre, quando i contagi preoccupano al punto da far ritornare in dad il 75% dei ragazzi nelle scuole superiori. Non solo, le nuove restrizioni vedono la chiusura di centri commerciali nel weekend e del rinnovo del coprifuoco, in vigore dalle 22 alle 5 del mattino.

Fasce a colori

Dal 6 novembre viene istituto il sistema a colori relativo al rischio contagio tuttora in vigore. Italia rossa durante dicembre, in particolar modo durante le vacanze natalizie: divieto di spostarsi dalle regioni dal 21 dicembre al 6 gennaio, l’obbligo di rimanere nel proprio comune il 25, 26 e 1 gennaio e, inoltre, coprifuoco dalle 22 alle 7 per Capodanno. L’ultimo dpcm di Conte proroga lo stato di emergenza con divieto di spostamento tra regioni (anche gialle) e lo stop all’asporto per i bar dalle 18, mantenuto anche dal nuovo premier Draghi. Quest’ultimo però non sembra intenzionato a dare il via libera a riaperture in virtù di una situazione pandemica preoccupante tanto ora come un anno fa, soprattutto dopo la scoperta di nuove varianti che incombono sulla vita di milioni di persone e che hanno costretto all’istituzione di nuove zone rosse o di colore più intenso (come quella arancione scuro). Infatti, il Cts in una comunicazione recente al governo ribadisce la necessità di chiusure nei weekend come a Natale, misure più stringenti per le zone gialle e zone rosse locali in grado di contenere il contagio.

Il vaccino

Dpcm, restrizioni, coprifuoco, multe, ci hanno tolto molte della libertà a cui eravamo abituati e che oggi hanno assunto un significato assai rilevante. Giunti -non senza fatica – a un anno dalla pandemia allora, cosa ci rimane? Forse anche la speranza ha lasciato il posto alla rassegnazione? Certamente per molti, ma non per tutti. La luce in fondo al tunnel esiste ed è costituito da un piano vaccinale sistematico ed efficiente, e rassicura Draghi non essere lontano. Ieri, nel giorno in cui si è toccato il tetto di 100.000 morti dall’inizio della pandemia, il Presidente del Consiglio ha confermato un piano che prevederà un “doppio binario” per cui saranno coinvolte in primis «le persone più fragili e le categorie a rischio», per cui verranno utilizzati maggiormente i vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna, mentre Astrazeneca ha avuto il via libera per le persone over 65, ma in buona salute. Entro questa settimana dovrebbe essere approvato dall’Unione Europea anche il vaccino Johnson & Johnson, mentre rimane sullo sfondo il russo Sputnik.

L’obbiettivo dell’Unione Europea è arrivare entro giugno a 60 milioni di somministrazioni. Fonte: Yahoo Finanza.

L’obbiettivo comune è quello di arrivare a 60 milioni di somministrazioni entro la fine di giugno. Si tratta di 15 milioni di persone con la doppia dose, quindi pienamente vaccinati. 30 mila invece coloro i quali saranno coperti parzialmente da una sola dose.

Il vaccino è un alleato straordinario in una guerra contro “il nemico invisibile” che ha distrutto legami, ma ne ha anche creati di nuovi con l’aiuto indispensabile della tecnologia. Ha portato con sé dolore, ma ci ha offerto l’opportunità di dar nuova ad pratiche prima insignificanti. Ha stravolto il mondo ma ci ha reso coscienti degli strumenti per farlo muovere ancora, stavolta, si spera, in un modo migliore.

Alessia Vaccarella

Il potere della Costituzione a servizio delle future generazioni: così l’ambiente torna al centro del dibattito

Roberto Cingolani, ministro per la transizione ecologica – fonte: baritoday.it

Ne abbiamo sentito parlare per 40 anni, ma ora potrebbe diventare realtà. A vantarlo come punto saliente, il discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario Draghi al Senato: sviluppo sostenibile e giustizia intergenerazionale. Negli ultimi anni il dibattito attorno a questi temi è stato acceso e, rispetto ad alcuni punti, crudele. Sempre più si è fatta notare una mancanza di attenzione verso le generazioni future; sempre più sono state criticate decisioni prese in vista dell’immediato futuro anziché di quello lontano. Abbiamo assistito a catastrofi naturali pensando che la Natura si stesse rivoltando contro di noi – spesso, abbiamo desiderato di estinguerci per non nuocerle più.

Eppure, l’ultimo anno, la pandemia, il lockdown ci hanno servito alcuni dei fenomeni più intensi degli ultimi decenni: la Terra che si riappropria dei suoi spazi. Vedere i delfini nuotare tra i cristallini canali di Venezia ha risvegliato nei più un profondo senso di appartenenza al mondo. Adesso l’uomo sta ricevendo un messaggio: la crisi ha dimostrato che l’unica strada percorribile è quella della corresponsabilità, laddove ognuno sia consapevole che le proprie scelte influiranno sul destino del prossimo. Ecco allora che la celebre frase di Draghi, “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”, si cala all’interno di un contesto che ha coscienza del fatto che l’ambiente non sia più un elemento sacrificabile.

Un delfino nuota nei canali veneziani durante il primo lockdown del 2020 – fonte: mondoaeroporto.it

Da quanto emerso, il nuovo premier sembra intenzionato a garantire il realizzarsi di una riforma costituzionale, avviata dal precedente governo, che si sta trattando in Parlamento. Per la precisione, la riforma coinvolgerebbe gli articoli 2, 9 e 41 della Costituzione. Anche nel 1983 la Commissione Bozzi aveva avanzato una proposta del genere con l’unico risultato di cadere nel vuoto per 38 lunghi anni. Ne deriva che nel migliore dei casi otterremmo la tutela delle generazioni future, dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile come diritti inviolabili del singolo e delle sue formazioni sociali; avremmo poi un’iniziativa economica costretta a rispettare i principi dello sviluppo sostenibile. Nel peggiore, tutto rimarrebbe com’è – con la novità del Recovery Plan che imporrebbe in ogni caso degli interventi orientati in questo senso.

Se nelle ultime settimane abbiamo sentito tanto parlare di ambiente, di sviluppo sostenibile e di transizione ecologica (a cui è stato dedicato un ministero nel neo-governo), è proprio per questo: una delle condizioni che tengono in sospeso il Recovery Fund è l’attuazione della transizione ecologica e digitale del nostro Paese – ossia il raggiungimento di un impatto ambientale pari a zero.

I criteri ai quali devono essere ispirati i piani di ripresa nazionali – fonte: consilium.europa.eu

Ma si tratta di obbiettivi a lungo termine che possono essere conquistati solo col tempo, da generazioni che non sono le nostre. In sostanza, si tratta di comprendere non soltanto cosa il presente stia lasciando a noi, ma soprattutto cosa noi lasceremo in mano ai nostri figli. Ottimisti sì, ma senza illuderci che una tutela formale – benché di massima importanza – possa di per sé comportare un cambiamento sostanziale.

Se pensiamo anche solo all’Accordo di Parigi, trattato ambientalista internazionale che quasi tutti i paesi del mondo si sono impegnati a firmare, e a come esso non venga rispettato da molti membri del G20, la questione appare ancor più evidente. Però è da questo primo passo che ci si rende conto dell’anacronismo tra la situazione attuale e l’aprioristica e dogmatica difesa del testo costituzionale. Chi, dopo e nonostante tutto, invoca l’intoccabilità della Costituzione sminuisce la sua vera potenza, la capacità di adattarsi al carattere vivente ed in evoluzione della realtà al fine di tutelarne ogni aspetto. Ora più che mai si avverte l’urgenza di muovere passi, anche piccoli. E’ l’insegnamento della pandemia: proiettarsi nel futuro, imparare del passato, mai rimanere attanagliati al presente.

Valeria Bonaccorso

Articolo pubblicato il 25 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Giuseppe Natoli e le prime elezioni del Regno

Il 18 febbraio, con il voto di fiducia della Camera al nuovo governo guidato da Mario Draghi, si è conclusa definitivamente la crisi di governo, dovuta de facto alle dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e, dunque, al ritiro del sostegno del partito di cui fanno parte (Italia Viva) al governo Conte II.

Dopo un mese di discussioni aspre, parte della cittadinanza non ha compreso i motivi e l’opportunità di una crisi in un periodo delicato per il nostro Paese. Gli eventi di quest’ultima fase hanno alimentato il processo di disaffezione alla politica, uno dei principali sintomi di una democrazia in crisi.

Mossi da questa premessa abbiamo deciso di intraprendere un percorso lungo la storia dell’Italia unita, per far riemergere il contributo politico dei parlamentari eletti – o comunque legati – a Messina e dimostrare che il mondo della politica – in perenne evoluzione – non è un altrove lontano, ma è parte dalla vita di ciascuno di noi.

Giuseppe Conte (a sinistra) e Mario Draghi (a destra) durante la la cosidetta Cerimonia della Campanella – Fonte: lastampa.it

Il contesto storico e la normativa elettorale

Il nostro viaggio inizia all’alba del 1861, quando nel nostro Paese si svolsero le elezioni della VIII legislatura della Camera dei deputati – unico organo elettivo del Parlamento – del Regno di Sardegna, che, a seguito della proclamazione dello nuovo Stato unificato – meno di due mesi dopo -, possono considerarsi le prime elezioni del Regno d’Italia.

La legge elettorale, naturalmente, era completamente differente da quella tutt’oggi vigente. Il particolare più evidente è legato all’ampiezza dell’elettorato attivo (gli aventi diritto al voto), decisamente ridotta in confronto a quella attuale.

La normativa elettorale prevedeva – in generale – il diritto di voti per i soli uomini, di età superiore ai 25 anni, alfabetizzati e con la possibilità di pagare annualmente almeno 40 lire di tasse.

Inoltre era prevista la suddivisione del territorio in collegi uninominali (è eletto un solo candidato) e su un sistema – di conversione dei voti in seggi – interamente maggioritario (è eletto il candidato che riceve più voti) a doppio turno (con eventuale ballottaggio).

In un contesto del genere, i protagonisti della competizione elettorale erano i singoli candidati, i cosiddetti notabili, personalità di prestigio nel proprio territorio.

Il primo Parlamento del Regno d’Italia, Palazzo Carignano, Torino – Fonte: lagazzettatorinese.it

Le elezioni a Messina

L’intera penisola, ancora priva dei territori del Veneto e di quelli annessi allo Stato Pontificio, era divisa in 443 collegi.

La provincia di Messina, istituita dopo l’annessione della Sicilia, era divisa in 8 collegi: cinque nella zona tirrenica (Mistretta, Naso, Patti, Castroreale e Milazzo), uno nella zona ionica (Francavilla di Sicilia) e due nella città di Messina (Messina 1 e Messina 2).

Le prime elezioni del Regno si svolsero il 27 gennaio 1861, con un’affluenza totale di circa il 57% dell’elettorato. Nella città di Messina gli aventi diritto erano in totale 2057 e l’affluenza media tra i due collegi cittadini fu del 70%.

In entrambi i collegi della città dello Stretto si sfidarono due candidati. Ad avere la meglio furono due personalità di spicco del panorama politico messinese: Giuseppe La Farina (1815-1863) e Giuseppe Natoli Gongora di Scaliti (1815-1867).

Ritratto di Giuseppe Natoli – Fonte: latuanotizia.it

Il primo deputato di Messina: Giuseppe Natoli Gongora

Messinese di nascita, Giuseppe Natoli apparteneva a una famiglia nobile, protagonista da tempo nel governo della città. Dopo aver studiato all’Accademia Carolina di Messina, si laureò presso l’Università di Palermo in diritto. Oltre a dedicarsi all’attività forense, grazie alla sua spiccata capacità oratoria, ottenne la cattedra di codice civile e procedura, presso l’Università di Messina.

Sin da giovane frequentò la vivace rete cittadina di circoli, gruppi massonici e accademie, permeata di ideali liberali.

Nel 1848 fu uno dei protagonisti della costituzione del Regno di Sicilia; nel biennio rivoluzionario divenne deputato alla Camera dei Comuni ed ebbe spesso incarichi diplomatici. In seguito alla controrivoluzione borbonica e alla capitolazione della città di Messina, abbandonò l’Isola e si rifugiò in Piemonte.

Durante gli anni dell’esilio si legò sempre più al concittadino La Farina e si avvicinò a Cavour (1810-1861).

In seguito alla conquista della Sicilia da parte di Garibaldi (1807-1882), Natoli, con l’avallo di Cavour, ricoprì l’incarico di ministro dell’Agricoltura e commerci– con l’interim degli Affari esteri – nel governo dittatoriale, fino alle dimissioni in dissenso con l’espulsione dalla Sicilia di La Farina.

A dicembre divenne governatore di Messina, nel delicato periodo della transizione statale.

Camillo Benso di Cavour (in alto) e Giuseppe Garibaldi (in basso) – Fonte: wikipedia.org

Una volta eletto al Parlamento di Torino, prese parte al primo governo del Regno d’Italia, guidato da Cavour, come ministro dell’Agricoltura, industria e commercio.

Come deputato ha rappresentato le istanze più impellenti della città dello Stretto, ossia la smilitarizzazione dei forti e il porto franco.

 

Le elezioni suppletive

Sia La Farina che Natoli non conclusero il loro mandato alla Camera. La Farina morì nel settembre 1863, mentre Natoli fu nominato senatore del Regno nell’agosto 1861.

In entrambi i collegi cittadini – in momenti diversi-  si tennero, dunque, le elezioni suppletive. In particolare, nel collegio di Messina 2 fu eletto un deputato destinato a ricoprire la carica di parlamentare per altre cinque legislature. Stiamo parlando di Giorgio Tamajo (1917-1897), più volte prefetto in diverse città e celebre esponente della massoneria.

Giorgio Tamajo – Fonte: agrigentoierieoggi.it

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

treccani.it/natoli

storia.camera.it/deputato/giorgio-tamajo

http://dati.camera.it/apps/elezioni/

storia.camera.it/legislature/sistema-maggioritario-uninominale-doppio-turno

 

Immagine in evidenza:

Il primo Parlamento del Regno d’Italia – Fonte: piemontetopnews.it

Ricciardi invoca un altro lockdown totale. La proposta agita l’Italia

È stato come un fulmine a ciel sereno il monito del consigliere del ministro Speranza, Walter Ricciardi, sulla necessità di un immediato lockdown. Esponenti politici in furia e italiani terrorizzati e pieni di domande: com’è possibile che ad un anno dall’inizio della pandemia, con una campagna vaccinale in corso e mentre molte regioni passano alla zona gialla, si parli ancora di un lockdown generale? A quale rischio ci espongono le varianti? I vaccini sono efficaci? Se il virus non ci uccide, non sarà forse la fame a farlo? La mente e la psiche saranno ancora in grado di reggere?

La luce in fondo al tunnel? Una chimera. Le parole di Ricciardi non lasciano spazio a dolci scenari.

L’alto rischio delle nuove varianti Covid

A preoccupare Ricciardi è il risultato dell’inchiesta voluta da Joe Biden, Angela Merkel, Boris Johnson ed Emmanuel Macron: la variante inglese avrebbe una letalità maggiore tra il 20 e il 30 %. “Tutte le varianti del virus Sars-Cov-2 sono temibili e ci preoccupano ma, in particolare, quella inglese risulterebbe essere anche lievemente più letale e sta facendo oltre mille morti al giorno in Gran Bretagna”.

Da prendere in considerazione anche il preliminare responso del New and emerging respiratory virus threats advisory group (il comitato tecnico-scientifico britannico) riguardo la contagiosità della variante inglese, secondo cui sarebbe superiore dal 30% al 50%. Nelle prossime settimane dal Regno Unito dovrebbero arrivare dati definitivi.

Intanto in Italia, il 17,8 % dei contagiati sembra essere affetto proprio da questa variante. Sul fronte vaccini, per il momento, i timori della loro possibile inefficacia sulla variante inglese sono stati largamente smentiti.

Da tenere sotto controllo anche la variante brasiliana che non crea immunità dopo il contagio, esponendo al rischio di reinfezione, e quella sudafricana che depotenzia il vaccino di AstraZeneca.

Tuttavia, il presidente dell’agenzia italiana del farmaco Aifa, Giorgio Palù ha fatto dichiarazioni rassicuranti: “Anche il preparato dell’azienda anglo-svedese protegge dalle forme più gravi della malattia e dagli eventi mortali. La perdita di efficacia dei vaccini non è tale da dover generare sfiducia, anche perché mantengono sempre la capacità di bloccare l’infezione attraverso la produzione di anticorpi neutralizzanti diretti contro l’intera proteina Spike”.

Cosa ne pensano gli esperti

Sono molti gli esperti che, come Ricciardi, mettono in dubbio l’efficacia delle aree rosse locali e del sistema a zone nella gestione della pandemia. Questi invocano un lockdown immediato, necessario a far abbassare la curva dei contagi, e un rafforzamento di tracciamenti e vaccini. La strategia di convivenza con il virus andrebbe, dunque, totalmente rivista.

Il parere degli esperti – Fonte: www.ansa.it

Sulla stessa lunghezza d’onda è Andrea Crisanti, professore di microbiologia dell’Università di Padova, che rivendica l’urgenza di un lockdown immediato per evitare che la variante inglese causi effetti devastanti come già avvenuto in Gran Bretagna, Portogallo e Israele. Dello stesso parere anche Massimo Galli, direttore del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano: “Il sistema della divisione dell’Italia a colori non sta funzionando. E la prova è nei fatti”.

Favorevole alla chiusura è anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “un lockdown totale per due settimane farebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, altrimenti bisognerà continuare con stop&go per tutto il 2021”. Secondo Giorgio Palù è necessario rinunciare a tentazioni di riaperture e attenuazioni di colori per qualche altra settimana e continuare con le vaccinazioni per tenere il virus a bada nei prossimi mesi ed uscire dall’emergenza.

Sul fronte opposto, il virologo Roberto Burioni e il direttore dello Spallanzani Francesco Vaia. Il primo esclude l’ipotesi lockdown, utile soltanto a guadagnare tempo, e guarda con fiducia alla campagna vaccinale, unica arma efficace contro il virus; per il secondo non si dovrebbero “aggravare le misure anti-Covid, ma applicare con severità le misure che abbiamo”.

La furia di Lega e Centro-Destra

Il tweet di Salvini contro l’ipotesi lockdown – Fonte: www.today.it

Salvini e il centro-destra non ci stanno e accusano Ricciardi di terrorismo mediatico. Anche questa volta hanno confermato la linea “aperturista”. Il consigliere del Carroccio e la Meloni vedono nelle parole di Ricciardi il ripetersi degli errori della politica di Conte che, sulla gestione della pandemia, a detta dell’esponente di Forza Italia, si sarebbe rivelata un disastro:

Se dopo un anno e più siamo ancora a parlare di lockdown totale, significa che la politica di lotta alla pandemia è stata totalmente fallimentare”.

Per Salvini il nuovo governo Draghi deve portare con sé il vento del cambiamento con nuove aperture e anche nuovi tecnici. “La comunità scientifica è piena di medici e virologi che non terrorizzano gli italiani, ne parleremo con Draghi”, dice il segretario della Lega che vorrebbe all’interno del Cts il direttore del reparto Malattie Infettive del San Martino di Genova Matteo Bassetti e al Ministero della Salute un sottosegretario leghista.

Ma non solo, c’è un altro residuo del governo Conte di cui la Lega e il centro-destra sembrano volersi liberare: il commissario Domenico Arcuri, da sostituire immediatamente con Guido Bertolaso.

Anche il governatore ligure Toti non ha dispensato parole gentili a Ricciardi: “Tutte le sante domeniche il super consulente del Ministero della Salute Ricciardi invoca un nuovo lockdown totale. Ogni domenica i cittadini e le imprese italiane si chiedono perché non sia possibile un lockdown ad personam per Ricciardi”.

Chiusura impianti sciistici

Stando a quanto detto dallo stesso Ricciardi in tv, Roberto Speranza sembra appoggiare l’ipotesi lockdown. D’altronde, non è difficile prospettare il sì alla chiusura da parte del ministro della Salute, visto la linea rigorista già manifestata nella decisione di prorogare la chiusura degli impianti sciistici fino al 5 marzo. Provvedimento che ha messo in fibrillazione imprenditori ed esponenti politici del Nord Italia. Ad essere criticata è soprattutto la tempistica: una decisione dell’ultimo minuto che ha messo i bastoni tra le ruote a ristoratori ed albergatori che si erano già preparati per la riapertura. Le regioni, inoltre, si sono unite compatte alle imprese turistiche della montagna per insistere sui ristori, comunque già promessi da Speranza e dal ministro del turismo Massimo Garavaglia domenica sera.

Cosa farà Draghi?

Il presidente del consiglio Mario Draghi – Fonte: www.metronews.it

La parola adesso spetta a Draghi che, nella decisione lockdown sì-lockdown no, si gioca tutto: consenso dell’opinione pubblica, appoggio della maggioranza e la fama da “uomo del destino chiamato a salvare l’Italia”.

La conferma di Speranza alla Salute e l’appoggio nella decisione della chiusura degli impianti sciistici potrebbero far pensare che sia favorevole al lockdown. D’altronde sarebbe una decisione perfettamente in linea con il “whatever it takes”, cioè con una politica pragmatica e risolutiva.

Ma non si può giungere a conclusioni troppo affrettate. La matassa che è chiamato a sciogliere rende difficile fare delle previsioni, troppi sono i nodi da sbrogliare: il malcontento degli imprenditori, una crisi di governo appena conclusa e un nuovo governo da stabilizzare, crisi economica, opposizioni politiche, varianti Covid.

Non ci resta che stare a vedere.

Chiara Vita

 

Tutto ciò che è necessario per i giovani. La chiave della rinascita per Draghi

Draghi rimini
Draghi al Meeting di Rimini (agosto 2020) Fonte: investing.com

È un uomo di poche parole, Mario Draghi. Non è un frequentatore di salotti televisivi né avvezzo ad interviste: lo abbiamo percepito tutti cercando tra le righe le idee da cui potrebbe far partire un nuovo esecutivo. In circolo ci sono poche espressioni, ma che hanno il peso e l’eco di epigrafi. “Whatever it takes”: sì, ma non solo. Ci sono altri momenti per il quale Super Mario merita di essere menzionato. “Ai giovani bisogna dare di più”, ad esempio. Lo diceva già ad agosto, durante il Meeting di Rimini, spiegando che i sussidi tout court da soli non serviranno a risanare il tessuto sociale del Paese: se non ben bilanciati, lo lacereranno ancor di più. Per Draghi l’unico volano per una rinascita sociale ed economica italiana, sarà investire sulle nuove generazioni, le stesse – diciamolo senza mezzi termini – che dovranno pagare un debito mai visto nella storia italiana.

È dunque alle donne e agli uomini di domani che bisogna dare il massimo supporto affinché si delinei una società che permetta libera scelta nella formazione umana e nella qualificazione professionale. Se non si mette al centro questo punto focale il rischio è che al futuro si arrivi con meno possibilità del presente e con più diseguaglianze del passato.

Si tratta di coltivare persone, non titoli di stato, non voti. Si mette sul tavolo un investimento potenzialmente vincente ed esponenzialmente fruttuoso.

campanella draghi-conte
Il passaggio simbolico della campanella tra il presidente uscente Conte e il premier incaricato Draghi -Fonte: avvenire.it

Non serve un esperto in politica economica per capire, invece, che il vizio dei recenti governi sia risieduto tutto nel non aver mai impiantato obiettivi di lungo termine, ma semplicemente portato a compimento – nel migliore dei casi – obiettivi nei termini temporali di un esecutivo a causa di una ricerca spasmodica di un immediato ritorno politico.

Quello che serve per una crescita sostanziale, economica e sociale, sono tutti elementi che vanno nella direzione opposta. Servono lungimiranza, pazienza e soprattutto coraggio. Ci vuole impegno morale per spendere decine di miliardi di euro nell’istruzione. È una strada scomoda, un investimento silenzioso, i cui risultati possono essere raccolti solo nel lungo termine, quando ormai sono troppo distanti da chi li ha propagati. Chi investe sull’istruzione, insomma, rischia di passare inosservato.

PNRR
Fonte: mef.gov.it

Già a partire dalla sobrietà del governo dimissionario, sembra che si sia mettendo fine all’egoismo che ha indotto i governi a favorire obiettivi elettorali; la tendenza sembra essersi invertita anche ad un livello superiore, e non è un caso che l’Europa abbia intitolato il piano di ripresa europea alla generazione futura – il NextGenerationEu. Per gestire i fondi di quest’ultimo, nel Recovery Plan già il governo Conte, aveva riservato nell’ultimo progetto quasi 28,46 miliardi (9 in più rispetto alla prima bozza) all’istruzione e alla ricerca mentre la questione giovanile era al secondo posto tra i gli obiettivi fondamentali da portare a termine entro il 2026. Adesso si ha buon motivo di credere che spetterà al nuovo governo tecnico ricalcolare e rinegoziare. E Draghi non sembra discostarsi tanto da queste premesse poichè già da giorni le prime dichiarazioni trapelate sul programma di governo confermerebbero la primarietà dell’istruzione in agenda, come anche le notizie sull’apertura delle scuole fino a luglio per recuperare il “tempo perso” o del riempimento delle cattedre già dalla fine di quest’anno scolastico.

piano resilienza
Il piano approvato dal consiglio dei ministri dell’esecutivo Conte il 12 gennaio 2021 – Mef.gov.it

È il solo modo, quello di investire dei fondi per i giovani, affinché l’Europa riprenda a chiedersi che ne pensa l’Italia. E non solo perché si prospetta una figura come Draghi al comando di un esecutivo.

Ma soprattutto l’istruzione e la ricerca, insieme, sono la sola via perché i germi di menti performanti attecchiscano nella loro terra, senza dover perdere le radici.

“Ogni crisi ha in sé i semi del successo e le radici del fallimento”, dice Norman R. Augustine; ed ogni crisi può innescare un vero e proprio turn-around. Non si tratta di utopia, ma di responsabilità morale verso il futuro.

È forse giunta l’ora che l’Italia sperimenti l’ordinario e metta a frutto il cosiddetto debito buono – come lo chiama il Presidente incaricato – un vero e proprio investimento che risponda a criteri di sostenibilità e che, seppur contempla un ingente impiego di risorse nell’ora, delinei dei consistenti risultati umani nel futuro.

Martina Galletta

Articolo pubblicato l’11 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

Cos’è il ministero per la transizione ecologica e perché è importante per il Recovery Fund

(fonte: ilpost.it)

Ieri il presidente incaricato Mario Draghi ha terminato il proprio giro di consultazioni incontrando gli esponenti di varie associazioni ambientaliste, tra cui la presidente del WWF Donatella Bianchi.

Al termine dell’incontro, quest’ultima ha annunciato la volontà del possibile nuovo governo d’istituire un Ministero per la Transizione Ecologica. Ma perché se ne parla?

La transizione ecologica alla base del sostegno dei pentastellati

La nozione di “transizione ecologica” si lega strettamente a quella di “sviluppo sostenibile”. Mentre la seconda riguarda un tipo di sviluppo che incontra le necessità del presente senza intaccare le opportunità delle future generazioni, la prima consiste nel rilocalizzare l’economia, soprattutto la produzione e il consumo e diventare autonomi il più possibile sul proprio territorio per ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio (Hopkins).

La proposta di un ministero a ciò adibito era stata avanzata dalla deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni e poi rinnovata da Beppe Grillo del MoVimento 5 Stelle durante le consultazioni con Draghi.

Un sollievo per il M5S che ormai da giorni, a seguito di una spaccatura, cercava un tema centrale su cui focalizzare il consenso dei propri elettori. Per questa ragione il partito ha presentato un sondaggio sulla piattaforma Rousseau che invita gli elettori a scegliere – letteralmente – se appoggiare il nuovo governo o meno.

Il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha commentato la notizia congratulandosi con Beppe Grillo.

Tra gli altri partiti, anche la Lega si è espressa a favore del piano per la transizione ecologica approfittando dell’occasione per ribadire l’appoggio alla creazione di un ponte sullo Stretto di Messina.

L’opposizione guidata da Giorgia Meloni ha invece criticato la scelta ed in particolare l’atteggiamento dei pentastellati, affermando:

L’importanza per il Recovery Fund

La nascita di questo nuovo ministero trova massima importanza nel destino del Recovery Fund. Infatti, i fondi europei disposti per la ripresa degli stati membri sono legati a tre condizioni, tra cui quella di “un contributo effettivo alla transizione verde e a quella digitale” (consilium.europa.eu). Ancora, il piano di ripresa Next Generation EU erogherà prestiti e sovvenzioni per una somma di 10 miliardi ad un Fondo per la transizione giusta.

I fondi sono dunque legati alla realizzazione di queste condizioni, ossia all’allineamento degli Stati al Green Deal europeo, un piano della Commissione Europea nato per combattere il cambiamento climatico.

All’interno di questa prospettiva anche il governo Conte-bis aveva approvato un piano per la transizione con lo stanziamento di 67,5 miliardi di euro, ma era stato molto criticato dalle associazioni ambientaliste.

(fonte: huffingtonpost.it)

I ministeri per la transizione ecologica in altri Stati

In realtà, anche in Italia esiste già un organo dedicato alla transizione: il DITEI (Dipartimento per la Transizione Ecologica e gli Investimenti Verdi), che è subordinato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Le varie competenze saranno probabilmente ereditate dal nuovo ministero che va formandosi. Basta pensare alle politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare; alle azioni internazionali per il contrasto dei cambiamenti climatici; alle politiche di sviluppo sostenibile a livello nazionale e internazionale; all’individuazione e gestione dei siti inquinati.

(fonte: twitter.com)

Intanto, in altri Stati europei (e non), tale organo è già attivo da diverso tempo:

  • Per la Francia il ministero dell’Ecologia è, dal 2020, ministero della Transizione Ecologica con a capo Barbara Pompili.
  • In Spagna esiste il ministero per la Transizione ecologica e la Sfida demografica (Miteco), che si occupa di lotta al cambiamento climatico, biodiversità, della transizione energetica a un modello produttivo e sociale più ecologico e di demografia.
  • In Costa Rica si trova il ministero dell’Ambiente e dell’Energia (Minae) con a capo Andrea Meza Murillo.

 

Valeria Bonaccorso

 

Governo: Mario Draghi ha accettato con riserva l’incarico. Mattarella punta tutto sull'”alto profilo” e i mercati festeggiano

Si è concluso con un nulla di fatto il mandato esplorativo di Roberto Fico. Non sono bastati quattro giorni di consultazioni al Presidente della Camera dei Deputati per riuscire a consolidare una maggioranza parlamentare in grado di sostenere un governo politico. Dai vari fronti a sostegno dell’uscente governo Conte-bis si rimbalzano le responsabilità della crisi, ma quel che è certo, come confermato dallo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è che in questo momento all’Italia serve un governo nella pienezza delle sue funzioni.

Alle 12 di questa mattina il Presidente ha ricevuto, su sua convocazione, Mario Draghi il quale ha accettato con riserva l’incarico di formare un governo.

il Presidente Mattarella nella sala stampa del Quirinale, fonte: Corriere TV

 

Le ragioni di Mattarella

Riscontrata l’incapacità delle forze politiche di trovare un punto d’incontro sui vari temi che hanno portato alla crisi di governo, primo fra tutti l’uso dei fondi del Recovery Plan, il Presidente della Repubblica ha scelto l’opzione governo tecnico. Come spiegato nel corso della conferenza stampa tenuta al Quirinale “a fronte della permanenza di distanze che impediscono di dare vita a una maggioranza le uniche due strade percorribili sono: dare immediatamente vita a un nuovo governo adeguato a fronteggiare le emergenze sanitaria sociale economica finanziaria o immediate elezioni anticipate”. Il Capo dello Stato ha poi proseguito spiegando il perché dell’impossibilità di indire nuove elezioni. Ragioni attinenti alle tempistiche richieste e ai rischi dovuti alla situazione epidemiologica. “Dallo scioglimento delle Camere del 2013 sono trascorsi 4 mesi” per un governo, nel 2018 “5 mesi”, tempi questi che impedirebbero l’approvazione del Recovery Plan entro aprile e che lascerebbero alle mani di un governo ridotto all’amministrazione ordinaria un Paese nella peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi. Inoltre, sembra inutile sottolineare i rischi a cui si esporrebbe la popolazione se chiamata a votare in un periodo in cui gli assembramenti costituiscono la peggiore minaccia alla salute pubblica.

Un governo di “alto profilo”, chi è Mario Draghi

“Avverto il dovere – ha detto il capo dello Stato – di rivolgere alle forze politiche un appello per un governo di alto profilo per far fronte con tempestività alle gravi emergenze in corso”. La scelta è dunque ricaduta su Mario Draghi, un nome che già da qualche anno aleggia nelle sale del Quirinale e che insieme a quello dell’economista Carlo Cottarelli sono stati indicati come gli “assi nella manica” di Mattarella. Supermario, come è stato ironicamente battezzato a più riprese dalla stampa estera, può vantare un curriculum di tutto rispetto. Dopo essersi laureato alla Sapienza e avere conseguito un master al Mit di Boston, Draghi è stato direttore generale del Tesoro gestendo la stagione delle privatizzazioni nel governo Ciampi. Dopo avere ricoperto la carica di vicepresidente della Goldman Sachs dal 2002 al 2005 è stato poi nominato governatore della Banca d’Italia, carica quest’ultima che l’ha catapultato negli snodi internazionali del Financial Stability Board e nella Bce come membro del consiglio. Alla guida della Bce si è contraddistinto per il rigore adoperato nella salvaguardia dei principi dell’Europa ma nel contempo riuscendo a fare da scudo alle difficoltà e contraddizioni dell’Unione stessa.

Mario Draghi, fonte: LaRepublica

 

Le reazioni al nome di Mario Draghi, dai mercati ai partiti

La scelta di Mattarella ha trovato particolare apprezzamento da parte dei mercati. La figura dell’ex presidente della BCE rappresenterebbe una sicurezza per gli investitori e tranquillizzerebbe soprattutto i rapporti con l’Europa. Già questa mattina Piazza Affari si è svegliata con un +2,5% alimentato dallo discesa del valore dello Spread, che frena la sua salita appena sente la eco di mr Whatever it takes. Il differenziale tra Btp decennale e Bund tedesco, infatti, tocca livelli vicini al 100, un numero ai minimi storici che non si vedeva dal 2016.

Dall’altro lato invece la risposta della politica è stata quanto mai confusa. Le forze politiche che hanno sostenuto per poco più di un anno il Conte-bis, quindi M5S, PD e Liberi e Uguali, hanno accolto con particolare riserva la notizia della convocazione al Colle di Mario Draghi. Da una parte i 5 Stelle sembra possano non volere concedere la loro fiducia ad un esecutivo tecnico, ipotesi invece seccamente confermata da Liberi e Uguali. Questi ultimi non sarebbero conviti della scelta di Draghi. Più cauto invece il Partito Democratico che si dichiara “pronto al confronto per il bene del Paese”. ItaliaViva, invece, plaude la scelta del Capo dello Stato.

Di tutt’altra idea invece il centrodestra che continua a ribadire che la via maestra da perseguire sia il voto ma permangono posizioni diverse. La Lega di Salvini potrebbe astenersi dal voto di fiducia che invece dovrebbe arrivare da parte di Forza Italia. Dalle prime dichiarazioni di Giorgia Meloni pare che Fratelli d’Italia invece rimarrà all’opposizione.

 

I prossimi impegni del Governo Draghi

L’affidamento dell’incarico a Mario Draghi costituisce un chiaro indirizzo che il Presidente della Repubblica sembra avere tracciato. Responsabilità e gestione competente di una situazione di emergenza che non può in alcuna maniera rimanere nelle mani di un governo ridotto dalla crisi di governo alle ordinarie mansioni. Draghi dovrà essere in grado di convincere quello stesso Parlamento che solo una settimana fa ha concesso, in ambo le sue camere, la fiducia al dimissionario governo Conte-bis con la maggioranza assoluta. Camere, ed è necessario ricordarlo, non potranno essere sciolte nel corso del cosiddetto “semestre bianco“. Vale a dire gli ultimi sei mesi del mandato del Presidente della Repubblica e che inizierà giorno 3 agosto. Sembra dunque che il momento dei cambiamenti, necessari o forzati che siano, debbano avvenire adesso o mai più.

Filippo Giletto

 

Mario Draghi e la sua lettera all’UE: il debito pubblico è l’unica strada

“Da un grande potere derivano grandi responsabilità” – Spider Man

Con una lettera inviata al Financial Times l’ex Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi si è espresso sulla via finanziaria che dovrebbe seguire l’Europa, prefigurando le misure economiche che porterebbero all’uscita dal vortice coronavirus che rischia di devastare l’UE e – in particolare – la già fragile economia italiana.

Resa pubblica e gratuita dall’autorevole giornale economico-finanziario del Regno Unito, la lettera descrive l’inevitabilità della recessione che la pandemia mondiale provocherà. Una recessione che, però, secondo l’ex presidente non deve tramutarsi in una depressione prolungata.

Per vincere questa sfida di epocali dimensioni c’è un solo mezzo: l’aumento del debito pubblico.

Situazioni critiche hanno contraddistinto la vita dell’ex Presidente della BCE, che nel 2011 dovette gestire la più grande crisi finanziaria della storia dell’euro. Celebre la frase Whatever it takes, pronunciata in un discorso che passerà alla storia, per tranquillizzare gli investitori sulle misure che sarebbero state adottate dalla BCE per salvare l’euro e garantire la solidità finanziaria dell’Unione Europa.

‘’Tutto ciò che sia necessario’’ fu realmente messo in

atto, con iniezioni di capitale al ritmo di 60 miliardi di euro al mese che metteranno in risalto la figura di Mario Draghi sul panorama internazionale come 2colui che ha salvato l’euro”.La sua parola conta ancora moltissimo, ed ogni volta che la crisi internazionale chiama, “Supermario” risponde. Ed anche questa volta l’ha fatto con l’editoriale pubblicato su FT che – secondo molti – può già essere considerato un Manifesto della politica economica contemporanea. Una ricetta tra “lacrime e sudore”:

La perdita di reddito a cui va incontro il settore privato — e l’indebitamento necessario per colmare il divario — dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello stato. Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e dovranno essere accompagnati dalla cancellazione del debito privato.

La soluzione secondo Draghi, è chiara ed inequivocabile: l’indebitamento privato deve essere assorbito dal pubblico tramite debito governativo, ovvero ampliare i bilanci pubblici per proteggere i cittadini da uno shock economico irreversibile.

Draghi non si limita a spiegare cosa deve essere fatto, ma indica anche lo strumento imprescindibile per raggiungere lo scopo:

L’unica strada efficace per raggiungere ogni piega dell’economia è quella di mobilitare in ogni modo l’intero sistema finanziario…immediatamente, evitando le lungaggini burocratiche. Le banche, in particolare, raggiungono ogni angolo del sistema economico e sono in grado di creare denaro all’istante devono prestare rapidamente a costo zero alle aziende favorevoli a salvaguardare i posti di lavoro. E poiché in questo modo esse si trasformano in vettori degli interventi pubblici, il capitale necessario per portare a termine il loro compito sarà fornito dal governo, sotto forma di garanzie di stato su prestiti e scoperti aggiuntivi

Ricorrere quindi al settore finanziario per proteggere la capacità produttiva dei paesi, sfruttare i mercati obbligazionari per finanziare le imprese. Le banche dovrebbero prestare fondi a tasso zero alle imprese, per impedire che si perdano posti di lavoro e chiaramente tutto questo è possibile, soltanto con garanzie fornite dallo Stato. Questo significa: abbandonare l’obiettivo del deficitdifferenza tra entrate e uscite fiscali di uno stato, che in caso di valore negativo dà origine ad un disavanzo pubblico da finanziare con l’emissione di un nuovo debito pubblico –  pari al 2%, ma accettare valori pari all’8% o addirittura il 10% del Pil. Percentuali eccezionali, per una situazione eccezionale.

Un uomo che sembra nato per gestire le crisi, quelle economiche così come quelle umane.

La sua filosofia resta la stessa del 1962 – anno che cambiò la sua vita a causa della morte di suo padre: “Ricordo che a sedici anni, dopo una vacanza al mare con un amico, lui tornò a casa e poteva fare quello che voleva, io invece trovai ad aspettarmi un cumulo di corrispondenza da sbrigare e di bollette da pagare. Ma i giovani non pensano a quello che gli succede e a come reagirvi. Reagiscono e basta. È molto importante, salva dalla depressione anche in situazioni difficili”, dichiarava in un’intervista del 2015 a Repubblica.

Toccare il fondo ma reagire, dunque. Come ne usciremo, è presto ancora per dirlo. Niente e nessuno, però, può impedirci di sperare che a condurre il periodo post Covid-19 ci sia lui, Supermario Draghi.

Marco Bavastrelli