Insonnia ai tempi del Covid19: perché accade e come rimediare

Alla data del 10 maggio 2020 a livello mondiale sono stati confermati 3.884.434 casi di COVID-19 e 272.859 morti. A quanto ammonta il “costo sociale” di questo virus? Conoscere la risposta a tale interrogativo è fondamentale per migliorare il nostro benessere psicofisico attuale e futuro.


A chi in questo periodo non è capitato dopo aver dormito poco e male? Il coronavirus può davvero avere impattato negativamente anche sulla salute mentale dei soggetti che si sentivano al sicuro barricati tra le mura domestiche durante il lockdown?

Recenti indagini dimostrano le ripercussioni del COVID-9 sulla salute mentale della popolazione. In Cina dall’analisi di un campione di 1.210 persone sono emersi elevati tassi di depressione e insonnia rispettivamente del 30% e del 17%.

Risultati affini sono quelli relativi al nostro Paese: una ricerca condotta dall’Università Tor Vergata di Roma ha dimostrato che il 37% degli intervistati presenta sintomi da stress post traumatico, il 21% stress, il 20% ansia severa, il 17% depressione, il 7% insonnia.

I soggetti maggiormente esposti sono: i giovani, le donne, i contagiati, le persone che hanno subito un lutto o che hanno dovuto interrompere la loro attività lavorativa a causa del Covid.
Lo studio delle suddette evidenze ha dimostrato che l’insonnia non è un sintomo del Covid-19, tuttavia le condizioni generate dalla particolare circostanza potrebbero provocare difficoltà a lasciarsi rapire dalle forti e dolci braccia di Morfeo.

Diventa così attuale più che mai l’ultimo slogan del World Sleeping Day: “Sonno Migliore, Vita Migliore, Un Pianeta Migliore”.

Il neurologo Hernando Pérez, specialista del Centro de Neurología Avanzada de España, spiega che il sonno ha due principi regolatori: la stanchezza e il ciclo luce-oscurità.

Se si mantiene il corpo attivo durante il giorno, la sera si percepirà una sensazione di stanchezza; contrariamente, il mancato coinvolgimento in varie attività inciderà sul sonno.

Se durante la quarantena ci si sveglierà più tardi si perderanno ore di luce solare essenziali affinché il cervello sappia che tra 12 o 14 ore arriverà il momento di dormire.

L’insonnia influisce negativamente sull’esistenza condizionando l’aspetto cognitivo, fisico e relazionale dell’individuo.

Tra i suoi effetti si annoverano:
– la compromissione del sistema immunitario;
– l’aumento del rischio di diabete e obesità, in quanto la mancanza di sonno altera i livelli di leptina e grelina, ormoni che controllano la sensazione di fame e sazietà;
– disturbi di concentrazione e apprendimento, perché durante il sonno i neuroni memorizzano e consolidano le informazioni apprese durante il giorno;
– la compromissione delle emozioni: possono insorgere sbalzi di umore improvvisi;
– la manifestazione di ansia, paranoia, depressione, irritabilità è dovuta alla deprivazione del sonno nel tempo;
– il maggior rischio di ictus e infarti: dormire male incide anche sulla possibile comparsa di malattie cardiache con pericolose alterazioni del sistema cardiovascolare.

È evidente che il sonno sia di vitale importante per l’intera umanità, pertanto diverse associazioni tra queste l’ Associazione ltaliana di Medicina del Sonno (AIMS) e la Società Spagnola di Neurologia (SEN) si sono occupate dell’emergenza COVID: la prima lanciando un servizio telematico di supporto, la seconda individuando dieci raccomandazioni per un buon sonno ristoratore ai tempi del covid.

Le strategie da adottare sarebbero le seguenti:
– mantenere una routine giornaliera;
– esporsi al sole;
– non preoccuparsi a letto;
– evitare di leggere o svolgere altre attività a letto affinché il cervello sviluppi l’associazione letto-riposo;
– evitare i riposini pomeridiani e nel caso in cui ciò non fosse possibile fare in modo che non superino i trenta minuti;
– non usare tablet o cellulari a letto, perché non solo la luce del display inibisce la secrezione di melatonina (ormone importantissimo per rilassarsi e dormire), anche perché si possono trovare in internet informazioni o messaggi che aumentano i livelli di ansia e incertezza;
– evitare l’esercizio fisico poco prima di andare a dormire;
– provare a rilassarsi prima di andare a letto ascoltando musica, meditando;
– anche  in assenza di impegni lavorativi o di studio non alterare i ritmi sonno-veglia, in quanto correggere il ciclo del sonno non è semplice;
– consultare uno specialista se i problemi di insonnia si protraggono nel tempo.

In conclusione: quando il sonno è profondo, salute e felicità abbondano!

Daniela Cannistrà

Bibliografia:

Coronavirus: How to get to sleep during lockdown, https://www.bbc.com/news/newsbeat-52311643 

Extensive and divergent effects of sleep and wakefulness on brain gene expression, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14715133 

Coronavirus: por qué la pandemia de covid-19 nos está afectando el sueño (y cómo puedes prevenirlo), https://www.bbc.com/mundo/noticias-52196490 

#LottaCoronaVirusMondo Verso i 4 mil di contagi I paesi coinvolti sono 208 e quasi 280mila morti (10/05/2020 ore 16.30) , https://www.welfarenetwork.it/lottacoronavirusmondo-verso-i-4-mil-di-contagi-i-paesi-coinvolti-sono-208-e-quasi-280mila-morti-10-05-2020-ore-16-30-20200316/ 

Coronavirus: por qué la pandemia de covid-19 nos está afectando el sueño (y cómo puedes prevenirlo), https://www.bbc.com/mundo/noticias-52196490 

COVID-19 medical staff experience insomnia and higher stress, https://www.medicalnewstoday.com/articles/covid-19-medical-staff-experience-insomnia-and-higher-stress 

Insomnio en niños y adolescentes. Documento de consenso Insomnia in children and adolescents. A consensus document, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1695403316302090 

Por qué duermes mal y padeces insomnio durante el confinamiento, según dos expertos del sueño, https://www.businessinsider.es/expertos-explican-duermes-mal-tienes-insomnio-confinamiento-623867 

Prevalence of depression, anxiety, and insomnia among healthcare workers during the COVID-19 pandemic: A systematic review and meta-analysis, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S088915912030845X 

Quarantena e problemi di insonnia? Il sostegno dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno, https://magazine.unibo.it/archivio/2020/04/07/quarantena-e-problemi-di-sonno-il-sostegno-dellassociazione-italiana-di-medicina-del-sonno   

Sleep Guidelines During the COVID-19 Pandemic, https://www.sleepfoundation.org/sleep-guidelines-covid-19-isolation   

(Video) Coronavirus e insomnio: ¿por qué dormimos mal?, https://www.nacion.com/ciencia/salud/video-coronavirus-e-insomnio-por-que-dormimos/654b6dda-a6b0-48c7-9896-9d8f8fbb9ef8/video/   

Why it’s important to get a good night’s sleep during the coronavirus outbreak, https://www.uchicagomedicine.org/forefront/coronavirus-disease-covid-19/advice-for-sleeping-well-during-the-covid-19-outbreak

Svegli prima della Sveglia? Ve lo spiega la Scienza

Che sia il cinguettare degli uccelli tipico delle fiabe, che sia la mamma al mattino che “deve fare prendere aria” alla stanza, o più semplicemente il classico “DRIIIN DRIIIN” assordante, la sveglia è da sempre un trauma per tutti. Sancisce l’inizio di una giornata e l’allontanamento dal rifugio del proprio letto.

E se spesso la si rimanda di 5, 10 e poi 15 minuti fino a riaddormentarsi ed avere un ritardo cronico per tutta la giornata, c’è chi della sveglia non ha bisogno e riesce addirittura a svegliarsi prima che suoni.

In un articolo pubblicato sulla rivista Science, i ricercatori del Salk Institute e i loro collaboratori della McGill University e dell’Albert Einstein College of Medicine, hanno identificato un nuovo gene facente parte dell’orologio biologico: KDM5A, meglio noto come “il gene della sveglia”. Questo codifica per la proteina JARID1a, che funge da interruttore del ritmo circadiano.

Quello che già si sapeva è che a regolare i fini meccanismi alla base del nostro risveglio ci pensano due proteine: CLOCK e BMAL. Il loro target è PER: la proteina “Periodo”.

Apparentemente in questa immagine il meccanismo biomolecolare sembrerebbe molto complesso, ma possiamo riassumerlo dicendo che PER si comporta da “orologio interno delle cellule”, variando in quantità a seconda dei momenti della giornata. A regolare il suo aumento di concentrazione durante il giorno ci penserebbero CLOCK e BMAL con un picco nelle ore serali, dopo le quali la loro attività subirebbe un freno.

Durante le ore notturne si ha così un rallentamento del metabolismo: la pressione sanguigna scende, la frequenza cardiaca diminuisce e la temperatura tende ad abbassarsi, di pari passo alla diminuzione di PER.

La domanda che Di Tacchio e colleghi si sono posti era: cosa frena CLOCK e BMAL e cosa permette a PER di aumentare nuovamente ogni mattino successivo?

 

Funzionamento di JARID1a

La risposta era proprio JARID1a, il quale andrebbe a “riaccendere” l’attività delle due proteine permettendo un continuo alternarsi di “sveglie” e “riposi” per ogni cellula del nostro corpo.

Per supportare le loro scoperte sul funzionamento di questo “orologio”, i ricercatori hanno studiato cellule di topo geneticamente modificate e moscerini della frutta ai quali avevano rimosso il gene di JARID1a. Soltanto quando hanno inserito nuovamente questa proteina, il ritmo circadiano  veniva ripristinato.

Dunque come spesso accade, i veri responsabili sono i nostri geni e non si tratta sempre di pigrizia.

A prescindere dal fatto che apparteniate a quella parte (piccola) di popolazione che si sveglia presto, carica e con la voglia di parlare e cambiare il mondo o che siate più i tipi che -se tutto va bene- dalle 7:00 post-ponete il risveglio fino alle 12:00, una cosa è certa: la sveglia, in fondo, è solo un’arma..altrimenti perché si punterebbe?

 

                                                                                                           Claudia Di Mento

Troppo pigri? Dormire bene ci protegge

“Chi dorme non piglia pesci” recita un noto proverbio, eppure dormire è importantissimo per il nostro benessere fisico e mentale.

Le conseguenze della carenza di sonno sulla salute sono note da tempo e riguardano molteplici aspetti. Secondo alcuni studi dormire poco aumenterebbe il rischio di avere incidenti stradali, ridurrebbe la memoria e la capacità di concentrazione ed avrebbe anche ripercussioni comportamentali. Nello specifico, facendo dei confronti tra due gruppi di persone che dormivano rispettivamente sei ore e mezza e sette ore e mezza, nei secondi si avrebbe una riduzione dei processi infiammatori, dell’attivazione del sistema immunitario e dello stress.

Ma questo non sembrerebbe tutto, infatti, un riposo continuativo e della giusta durata ridurrebbe il rischio cardiovascolare e il rischio di andare in contro ad obesità ed alle relative conseguenze.

Una bella dormita aiuterebbe a regolare la produzione nel midollo osseo delle cellule infiammatorie e si occuperebbe anche di preservare la salute dei vasi sanguigni. Al contrario, l’interruzione del sonno bloccherebbe questi meccanismi portando a più infiammazioni e un aumento delle malattie cardiache.

I ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH) hanno confermato un aumento del rischio di infarto cardiaco e dello sviluppo di aterosclerosi (patologia caratterizzata dalla deposizione di colesterolo a livello delle pareti vasali con conseguente infiammazione della stessa e possibile occlusione del vaso) in soggetti con disturbi del sonno, scoprendo il pathway attraverso cui quest’ultimo ci proteggerebbe. A fare da protagonista sarebbe l’ipocretina, un importante neurotrasmettitore noto per correlare con la veglia, che controlla anche la produzione di CSF1, un fattore stimolante la produzione di monociti, importanti effettori del sistema immunitario e in condizioni particolari, parte attiva dei processi aterosclerotici. Quello che Swirski ed il suo team hanno visto è che i topi che presentavano una frammentazione del sonno, avevano una carenza di ipocretina ed una maggiore espressione di CSF1 con conseguente monocitosi (aumento dei monociti in circolo) presentando anche delle lesioni aterosclerotiche molto più grandi rispetto ai topi di controllo con un sonno regolare (vedi Figura 1). Se questo studio venisse confermato sull’uomo, l’ipocretina potrebbe addirittura essere utilizzata a scopo terapeutico.

Figura 1

I disturbi del sonno hanno un impatto negativo anche sulle scelte alimentari, sulla fame e sull’appetito, comportando conseguenze metaboliche deleterie, che se sopraggiungono in giovane età rischiano di essere portate agli estremi patologici nella vita adulta.

Normalmente è facile associare l’obesità all’idea di sedentarietà e se questo è vero, è anche vero che dormire poco, ma soprattutto dormire male, è uno dei nuovi fattori di rischio individuati per l’obesità. Milioni di persone nel mondo soffrono di insonnia o comunque non ottengono un riposo soddisfacente. Abitudini queste, che predispongono il soggetto ad una serie di patologie metaboliche a causa di un “disallineamento circadiano”. Per ritmo circadiano sonno-veglia “normale” si intende l’alternarsi di fasi diurne (luce) in cui si è svegli e fasi notturne (buio) in cui si dorme.Molti sono i motivi riconducibili a questo disallineamento di cui parlano gli americani McHill e Wright, come ad esempio l’avvento delle nuove tecnologie che permette di lavorare anche al di fuori degli orari diurni soliti, o disturbi ambientali, come rumore e temperatura.

A prescindere dall’eziologia, ciò che hanno riscontrato è che la media di ore di sonno notturne è intorno alle sei ore, quando se ne consigliano almeno sette. Eppure è spontaneo pensare che, essendo la veglia il momento più facile della giornata per consumare energie, dormire poco dovrebbe favorire la magrezza; ma così non è. L’organismo, per sostenere una corretta vigilanza e garantire prestazioni costanti durante la giornata, compenserebbe facendo aumentare l’assunzione di cibo; ed è proprio l’apporto calorico in positivo, oltre le quantità realmente necessarie, a favorire l’accumulo di massa grassa. Dati di laboratorio segnalano un riarrangiamento degli ormoni in circolo correlati rispettivamente con la fame e con la sazietà. In particolar modo si avrebbe un aumento dei primi ed una riduzione dei secondi.

E ancora alla Risonanza magnetica encefalica, un’indagine strumentale che mostra l’attività cerebrale a seconda degli stimoli in tempo reale, si è riscontrato un aumento dell’attivazione delle aree del cervello che controllano la fame.

Ma come si correla tutto questo con il rischio di andare incontro al diabete?

Come si legge nello studio di Spiegel e colleghi, pubblicato su Lancet, soggetti che dormivano 4 ore a notte per una settimana, hanno mostrato una riduzione della sensibilità all’insulina (ormone che favorisce la riduzione del glucosio in circolo, permettendone l’utilizzo da parte delle cellule dell’organismo) che non riuscirebbe più a mantenere la glicemia nei range normali, con il raggiungimento di valori molto simili a quelli dei soggetti con diabete conclamato.

Sicuramente sonno insufficiente e disallineamento circadiano sono dei nuovi fattori di rischio per l’obesità che devono essere attenzionati soprattutto nei soggetti già predisposti.

Simili studi devono essere ulteriormente sviluppati, in particolar modo per valutare come questi possano essere intrecciati con altri fattori come dieta ed attività fisica, e quali siano i meccanismi per la disregolazione metabolica. Nel frattempo…cosa ci fate ancora svegli? Correte a dormire!

Claudia Di Mento

 

Bibliografia:

https://www.nature.com/articles/s41586-019-0948-2

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/obr.12503

https://www.physiology.org/doi/full/10.1152/japplphysiol.00660.2005

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(99)01376-8/fulltext