Quando la passione grida e la ragione tace. Medea oltre la vendetta

Quante voci soffocate tra le pagine della letteratura? Quante parole, intrise di pregiudizio e ostilità, hanno contribuito a marginalizzare l’esperienza femminile? Notiamo una costante, un’ombra che ci perseguita attraverso i secoli:  le voci soffocate delle donne, accompagnate dall’eco di un linguaggio che denigra e oscura. Come il grido disperato e poi vendicativo di Medea, la cui passione tradita si trasformò in un monito eterno sulla furia di una donna ferita e sulla violenza che può scaturire dal silenzio imposto.

Una letteratura che ha spesso oscillato tra l’idealizzazione e la marginalizzazione della figura femminile, descritta come creatura angelica o demoniaca, incapace di ragionare, privata di una voce autonoma e rappresentata attraverso il filtro dello sguardo maschile.

 

Medea e la vendetta nella tragedia

Medea. Eroina tragica, un turbine di emozioni, una psiche contorta. Una donna che ha abbandonato tutto e ha  dimostrato una labilità emotiva tipicamente umana. Tragica è la complessità della potente donna di Euripide, demonizzata per il suo dolore e la sua rabbia, interpretati attraverso la follia e la vendetta.

Medea, barbara e straniera in terra greca, abbandona la sua patria e la sua famiglia per amore di Giasone, eroe in cerca del Vello d’Oro.
Grazie alla sua astuzia e alle sue arti magiche, lo aiuta a conquistare l’impresa, legando indissolubilmente il suo destino a quello dell’amato. Tuttavia, la passione si incrina di fronte all’ambizione di Giasone, che la ripudia per sposare la giovane principessa Glauce, figlia del re Creonte.

È in questo abisso di umiliazione e abbandono che emerge una Medea “iconica”: non più l’amante devota, ma la donna ferita nell’orgoglio e nella dignità, che non può sopportare di essere messe in un angolo. Consumata dalla rabbia e da un desiderio di vendetta che non conosce limiti, arriva a compiere tradimenti e uccisioni, pur di ricevere un amore totalizzante e incondizionato.

Attraverso un’oscillazione tra la forza intellettuale e la vulnerabilità emotiva,  la protagonista di una delle tragedie più note di Euripide mostra come la sua voce, quando ignorata, possa trasformarsi in un atto di distruzione.

 

Un potente archetipo femminile

«Di tutte le creature che hanno anima e cervello, noi donne siamo le più infelici; per prima cosa dobbiamo, a peso d’oro, comprarci un marito, che diventa padrone del nostro corpo – e questo è il male peggiore. Ma c’è un rischio più grande: sarà buono o cattivo? Separarsi è un disonore per le donne, e rifiutare lo sposo è impossibile. Se poi vieni a trovarti fra nuove usanze e abitudini diverse da quelle di casa tua, dovresti essere un’indovina per sapere come comportarti con il tuo compagno. […] Dicono che viviamo in casa, lontano dai pericoli, mentre loro vanno in guerra; che follia! È cento volte meglio imbracciare lo scudo piuttosto che partorire una volta sola».

(Euripide, Medea, vv.230-251)

Questo sfogo di Medea, definito come il primo manifesto femminista della letteratura greca, esprime la sua profonda infelicità e la condizione di svantaggio delle donne della Grecia antica, legate a una forma di ingiustizia.

Una mentalità androcentrica quella della cultura greca, contestata dal tragediografo greco. Con un accenno alla propria condizione, Medea si presenta come una parte di insieme, richiedendo una certa complicità all’identità femminile.

La tragedia mette in discussione i ruoli di genere e le dinamiche di potere nelle relazione, in cui la donna si ribella e affronta la battaglia emotiva che la rende vittima di se stessa.

Medea ci offre una lettura in chiave femminista, rivelando una donna che si ribella alla subordinazione e si riappropria del proprio destino, sebbene con mezzi estremi.

Il cuore della tragedia è il tradimento e la conseguente vendetta. Niente di nuovo se pensiamo alla condizione che ci ritroviamo ad affrontare ai nostri giorni. Relazioni tossiche, crimini “passionali” e confini di libertà oltrepassati.

Oggi, in un’epoca di crescente consapevolezza sulla necessità di decostruire gli stereotipi, la figura di Medea si rivela stimolante nelle riflessioni sul potere femminile, sulla sua repressione e sulle sue possibili, anche tragiche, manifestazioni. Ci invita a considerare la storia non solo come un racconto di orrore, ma ad affrontare sempre gli stessi problemi, evidentemente non superati.

Una tragedia che, dopo 2500 anni, continua a rappresentare un attuale specchio doloroso delle passioni umane.

Elisa Guarnera

Ingenuity Femminile: Le Donne che Hanno Rivoluzionato La Vita Quotidiana con le Loro Invenzioni

Le donne hanno sempre avuto un ruolo cruciale nella storia dell’innovazione, spesso invisibile agli occhi del pubblico, ma le loro invenzioni hanno profondamente influenzato la nostra vita quotidiana. In un mondo in cui, per troppo tempo, è stata data visibilità principalmente agli inventori di sesso maschile, è arrivato il momento di riscoprire e celebrare le brillanti menti femminili che hanno contribuito al progresso della società.

MARGARET KNIGHT: SOTTO IL SEGNO DELLA CARTA

Centocinquant’anni fa dovevi portare a casa i tuoi acquisti in un cono di carta arrotolato o usare una delle inefficienti buste prodotte in serie, incollate sul fondo a forma di V. Margaret Knight, inventrice americana di macchine e meccanismi per una varietà di scopi industriali e quotidiani, è famosa per aver inventato, nel 1868, una macchina per produrre sacchetti di carta piegati con una base piatta. Margaret riuscì a trovare un lavoro alla Columbia Paper Bag Company, ma, sbalordita dalla lentezza del processo manuale per l’assemblaggio dei sacchetti, iniziò a pensare di ideare una macchina che li avrebbe realizzati.

Nel giro di un mese, realizzò uno schizzo e, nel giro di sei mesi, aveva un modello di legno funzionante che avrebbe tagliato, piegato e incollato i sacchetti con un giro di manovella. Dopo aver lavorato per migliorare la sua invenzione a Boston, la brevettò nel 1870. Dopo aver realizzato la macchina, fondò la Easter Paper Bag Company e l’uso delle sue borse si diffuse in tutto il mondo.

Brevetto del modello per la macchina per sacchetti di carta di Margaret Knight. FONTE:

HEDY LAMARR: TRA CINEMA E INNOVAZIONE

Oltre ad essere un’attrice famosissima, Hedy Lamarr fu anche studiosa, imprenditrice, collaborazionista con l’esercito degli Stati Uniti e inventrice. Hedy ha co-inventato un sistema di comunicazione a spettro espanso, che è alla base delle tecnologie moderne del Wi-Fi e del Bluetooth. La svolta arrivò con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, quando offrì i propri servizi al governo degli Stati Uniti. In quegli anni, elaborò un sistema di rilevamento di siluri radiocomandati, che era ispirato ad un principio musicale.

Funzionava su ottantotto frequenze ed era in grado di far saltare i segnali di trasmissione tra le frequenze dello spettro magnetico. Era organizzato in questo modo: con un sistema simile ai rotoli di carta perforata, usati allora per le pianole meccaniche; si cambiava di continuo la frequenza dei comandi radio per impedire che i nemici intercettassero i segnali. Solo a partire dagli anni ’50, in piena Guerra Fredda, il sistema venne utilizzato all’insaputa della sua inventrice, per il monitoraggio radio dei sommergibili Urss.

MARY ANDERSON: UNA PIONERA NEL COMFORT DELLA GUIDA

Nel 1903, Mary Anderson inventò il tergicristallo per automobili, un dispositivo che oggi è standard in tutti i veicoli e che ha migliorato notevolmente la sicurezza stradale. In un viaggio in tram a New York, Mary osservò l’autista aprire il vetro per spazzare via la neve dal parabrezza. Grazie ad un innegabile problem solving, ebbe l’idea dei tergicristalli. Tornata in Alabama, progettò un meccanismo azionato a mano per tenere pulito il parabrezza, producendo un modello funzionante, grazie al quale ottenne un brevetto. Si trattava di una leva posizionata all’interno del veicolo, che controllava una lama di gomma all’esterno del parabrezza con un contrappeso, per assicurare il contatto tra il tergicristallo e il parabrezza. Solo nel 1922, Cadillac fu la prima casa automobilistica ad adottare i tergicristalli come dotazione di serie sulle proprie autovetture.

M. Anderson – Window Cleaning Device. FONTE:

BETTE NESMITH GRAHAM: LA DONNA DIETRO IL LIQUID PAPER

Nel 1951, Bette creò il famoso correttore per carta, noto come “Liquid Paper”. La sua invenzione ha rivoluzionato il modo in cui lavoriamo e comunichiamo su carta, permettendo correzioni rapide e facili. Bette lavorava come segretaria per una banca del Texas e fu costretta ad usare un nuovo modello di macchina da scrivere. Quest’ultima presentava una tastiera molto più sensibile e con un inchiostro che rendeva impossibile correggere gli errori con una gomma da matita. Grazie alle sue conoscenze pittoriche, mischiò alcune tempere, che aveva in casa, per riprodurre il colore della carta su cui lavorava in ufficio, per coprire gli errori con un piccolo pennello. Questa operazione era molto più veloce e più pulita.

Bette cominciò a viaggiare per commercializzare il suo prodotto. I suoi primi dipendenti furono il figlio e alcuni amici che, fuori dal garage di casa, usavano bottiglie di ketchup per versare il correttore in boccette vuote di smalto per le unghie e applicavano le etichette a mano. Nel 1958, Bette Nesmith Graham ribattezzò il prodotto raffinato “Liquid Paper” (letteralmente “Carta Liquida”) e fece richiesta per un brevetto.

Il “Liquid Paper” cominciò ad avere un grande successo e comparì in una rivista di forniture per ufficio. Servivano però più dipendenti e maggiore spazio, così, venne aperta una sede nel centro di Dallas. Venne avviato un impianto di produzione automatizzato. Nel 1975, la nuova azienda produceva 25 milioni di bottiglie all’anno e aveva conquistato la maggior parte del mercato.

“Liquid Paper”, letteralmente “Carta Liquida” – Bette Nesmith Graham. FONTE:

LA VITA QUOTIDIANA OGGI: IL GENIO DI QUESTE DONNE CONTINUA AD ISPIRARCI

Le studentesse e le professioniste di oggi si ispirano a queste straordinarie donne, che non solo hanno creato oggetti utili, ma hanno anche sfidato le norme sociali, dimostrando che il genio può esistere in ogni forma e in qualsiasi persona. Il riconoscimento di queste menti femminili non è solo un atto di giustizia, ma anche una risorsa per stimolare nuove generazioni di inventrici e innovatrici.

Le donne hanno plasmato il nostro mondo in modi innumerevoli, lottando duramente per affermarsi nel campo dell’innovazione. Ogni oggetto quotidiano, da un semplice tergicristallo a una complicata applicazione di comunicazione, porta con sé il segno della genialità femminile. Dobbiamo assicurarci che le loro storie vengano raccontate: è un passo fondamentale verso un futuro in cui tutti possano ispirarsi al potere dell’innovazione.

Elena Nastasi

BIBLIOGRAFIA

https://www.focus.it/

https://www.elle.com

https://oggiscienza.it/

https://www.ilpost.it/

https://www.nytimes.com/

Utero artificiale: la tecnologia è pronta, noi?

Un problema di certo non trascurabile nel mondo globalizzato è la sopravvivenza dei bambini nati pre-termine, che possono soffrire di complicazioni gravi dovute alla mancanza di sviluppo degli organi o agli effetti collaterali delle terapie mediche. Finora, le tecniche per mantenere in vita i feti fuori dall’utero materno sono state poco efficaci, ma oggi, con l’innovativo dispositivo di EXTEND (Extra-uterine Environment for Newborn Development) è possibile ridurre drasticamente i numeri per favorire la crescita extrauterina dei nati estremamente prematuri.

Perchè è difficile mantenere in vita un neonato estremamente prematuro?

Un neonato estremamente prematuro è un bambino nato prima delle 28 settimane di gestazione. Questi bambini richiedono un’assistenza intensiva specifica per poter vivere, ma le loro probabilità di sopravvivenza restano comunnque molto scarse.
Prima di tutto, i loro organi non sono ancora del tutto formati e funzionanti. In particolare, i polmoni si trovano in uno stadio di immaturità, non hanno la capacità di effettuare gli scambi gassosi tra ossigeno e anidride carbonica in modo adeguato e sono privi di una sostanza, il suffractante, che permette agli alveoli di non collassare gli uni sugli altri. Per sostenere la respirazione dei neonati, si utilizza una macchina chiamata ventilatore, che eroga aria arricchita di ossigeno attraverso un tubo che viene inserito nella trachea. Tuttavia, può arrecare danni ai polmoni dei neonati, causando cicatrici e infiammazioni.
In secondo luogo, i nati pretermine, hanno una circolazione sanguigna instabile, sono soggetti ad emorragie sia interne che esterne e, a causa di un debole sistema immunitario, sono esposti ad un elevato rischio di infezioni batteriche e virali che determinano principalmente sepsi, meningiti ed enterocoliti necrotizzanti.
Risulta pertanto evidente come mantenere in vita un neonato estremamente prematuro sia una sfida scientifica e medica che richiede tecnologie avanzate e personale qualificato.

Lo studio

I ricercatori del Children’s Hospital di Filadelfia hanno progettato un dispositivo capace di consentire la sopravvivenza di feti di agnello all’età gestazionale di 95 giorni e di peso compreso tra i 600-700g per un massimo di 4 settimane. L’età gestazionale degli animali presi come modello corrisponde all’età gestazionale umana di 23-25 settimane alla quale, fuori dal grembo materno, il feto va in contro a decesso.

Obiettivi

Il sistema EXTEND utilizza un circuito di ossigenazione senza pompa collegato al feto tramite un’interfaccia del cordone ombelicale che viene mantenuta all’interno di un circuito chiuso di “liquido amniotico” che simula l’ambiente dell’utero fisiologico. I ricercatori hanno osservato che gli agnelli hanno conservato una buona stabilità emodinamica, normali parametri di emogasanalisi e ossigenazione ed hanno mantenuto la pervietà della circolazione fetale. Con un adeguato supporto nutrizionale, gli agnelli del sistema in analisi, mostrano una normale crescita somatica, maturazione polmonare, crescita cerebrale e mielinizzazione.

Struttura del dispositivo EXTEND

Il dispositivo è costituito da un sistema di tubi, canule e porte a tenuta stagna maneggiati dai ricercatori in un ambiente sterile. Le pecore gravide sono state sottoposte ad una isterotomia per accedere all’utero ed è stato inciso il cordone del feto per mettere in evidenza i vasi e procedere all’incanulazione. Gli animali sono stati fatti nascere chirurgicamente e successivamente inseriti nella BioBag attraverso una porta sigilabile. La BioBag è una membrana di polietilene che grazie alla sua trasparenza, permette di visualizzare il proseguimento della gestazione extrauterina. In seguito alla perfusione di liquido amniotico sintetito all’interno di BioBag, il dispositivo è stato trasportato un un supporto mobile termostatato capace di garantire una temperatura costante al feto. Il liquido amniotico sintetico, viene filtrato e incanulato attraverso una porta a tenuta stagna all’interno della BioBag. Mediante una seconda porta questo viene defluito, riciclato e successivamente rimesso in circolo.
Per quanto riguarda il fusso sanguigno extracorporeo, si basa su un sistema senza pompa dotato di due cateteri ombelicali (UA) che defluiscono il sangue refluo ricco di prodotti di scarto ad un ossigenatore collegato ad un miscelatore di gas a bassa resistenza. Il sangue filtrato viene arricchito di nutrienti (principalmente carboidrati, proteine e tracce di lipidi) e successivamente reinserito in circolo mediante un catetere ombelicale che simula l’azione della vena ombelicale (fisiologicamente nel feto le arterie ombelicali portano sangue privo di O2 e ricco di CO2, mentre la vena ombelicale sangue ricco di O2 e nutrienti). Gli scarti vengono analizzati per visualizzare una eventuale sofferenza fetale e successivamente scaricati.

Differenze tra il dispositivo BioBag e l’utero umano

L’utero è un organo piriforme, cavo ed impari che fa parte dell’apparato genitale femminile ed è tenuto in situ da vari legamenti che lo fissano alla parete pelvica e agli organi adiacenti.
Analogamente, la BioBag simula la funzione dell’utero umano in quanto risulta essere estensibile, riesce a contenere diversi litri di liquido amniotico ed è tenuto ”in situ” su un supporto termostatato atto a garantire la giusta temperatura e pressione a seconda della specie che viene impiantata al suo interno.

Lo scambio dei gas e dei nutrienti nell’utero materno avviene attraverso la placenta, un organo che si sviluppa durante la gravidanza e permette la comunicazione tra il sangue della madre e quello del feto attraverso il cordone ombelicale. Quest’ultimo è una struttura che contiene due arterie e una vena circondate da una sostanza gelatinosa ed irregolare.
Nel sistema della BioBag, la vascolarizzazione e l’ossigenazione dipendono da un ossigenatore e da un sistema di ricircolo e filtrazione tramite dei condotti che simulano l’azione della vena e delle arterie ombelicali.

Nel grembo materno il feto è immerso nel liquido amniotico, un fluido prodotto sia dalle membrane che rivestono l’utero che dal feto stesso. Il liquido amniotico permette il mantenimento di una temperatura costante, consente il movimento al feto, previene lo sviluppo di infezioni e favorisce lo sviluppo degli organi.
Una funzione analoga è svolta dal liquido amniotico contenuto all’interno della BioBag che, tuttavia, viene sintetizzato in laboratorio.

Infine, il corpo della madre permette la regolazione di parametri vitali quali temperatura, pH e pressione, mentre nel dispositivo di cui sopra, questi sono controllati con un sistema computerizzato che utilizza determinati algoritmi.

Conclusioni e prospettive future

Questo dispositivo potrebbe determinare un drastico calo delle morti e della morbilità dei nati estremamente pretermine. Tuttavia, anche se il modello ovino conferma la sicurezza e l’efficacia del metodo, restano comunque rilevanti le questioni etiche che andrebbero affrontate prima di passare agli studi sull’uomo. Inoltre, gli autori dichiarano di non voler applicare EXTEND a pazienti al di sotto della soglia di vitalità attuale, ma questa eventualità andrebbe comunque valutata e dovrebbe essere oggetto di riflessione etica.

Francesca Umina

Bibliografia

Un sistema extrauterino per sostenere fisiologicamente l’agnello estremamente prematuro | Comunicazioni sulla natura (nature.com)

Tumori al seno: diagnosi più favorevoli rispetto vent’anni fa

La morte, a chi è stato diagnosticato un tumore al seno è diminuita di due terzi rispetto a quello degli anni 90.
Sono le donne a dover ricevere la notizia di essere destinate a una vita libera dal cancro.

Progressione del tumore al seno

Oggi si ha questa notizia tramite degli studi effettuati in linea generale su un mezzo milione di donne nel Regno Unito e pubblicati sul British Medical Journal il 13 giugno. 
L’analisi venne coordinata dall’oncologa dell’Università di Oxford, Crolyn Taylor.
L’analisi prevedeva il coinvolgimento di donne che avevano ricevuto la diagnosi di tumore al seno invasivo in fase precoce.
Gli scienziati presero in considerazione donne che avevano ricevuto la diagnosi dal 1993 al 1999, dove il rischio di decesso nei primi cinque anni della diagnosi era del 14,4%; invece, nelle donne che hanno ricevuto la diagnosi tra il 2010 e il  2015 il rischio di morte risultava del 4,9%.

Progressione del tumore Fonte

Come viene scoperta la presenza del tumore al seno?

La presenza del tumore viene scoperta dalle donne tramite degli esami di screening di routine, come: indagini radiologiche specifiche, quindi parliamo di mammografia e l’ecografia mammaria, o anche ricorrere alla risonanza magnetica.

Esame diagnostico del tumore: confronto negli anni Fonte

 

Come siamo arrivati a questo miglioramento?

Al momento non sappiamo a cosa sia dovuto questo netto miglioramento,  sicuramente è stata una sorpresa non solo per le donne, ma anche per i ricercatori, che sapevano di questo miglioramento ma non ne avevano inquadrato le dimensioni.
Sicuramente un contributo in questa svolta positiva è dato dalla grande percentuale di donne che, tramite degli esami di screening di routine, si tutelano e aiutano i ricercatori nel tenere sotto controllo la progressione del tumore.

Il miglioramento del tumore Fonte

 

Sofia Musca

Bibliografia

Le iniezioni di botox influiscono sul funzionamento del cervello

Il botox è una cura medica che si può applicare in più modi. Prende questo nome dal primo farmaco a base di tossina botulinica o, meglio dire, botulino.
Questo tipo di trattamento è usato principalmente per ridurre le rughe di espressione, per l’attività dei muscoli che creano le rughe e li indeboliscono.

Indice dei contenuti

  1.  Cos’è il botox?
  2. Con quale meccanismo d’azione agisce il botox?
  3. Quali sono gli effetti collaterali del botox?

Cos’è il botox?

Questo metodo, così come i filler facciali, sono efficaci per correggere i segni dell’invecchiamento. Serve per le rughe di espressione come le così dette zampe di gallina, cioè quelle intorno agli occhi ma anche per le rughe frontali e quelle create dal sollevamento delle estremità del sopracciglio.
Alla base del botox, denominato botulino, abbiamo la tossina botulinica prodotta dal batterio clostridium botulinum, un microrganismo anaerobico responsabile anche nella contaminazione degli alimenti con possibili intossicazioni alimentari. Vengono prodotti diversi sierotipi di tossina botulinica, la denominazione viene data dalle lettere dell’alfabeto che vanno dalla A alla G. Questo tipo di farmaco contiene tossina botulinica di tipo A.

Siringa di Botox. Fonte: aiteb.it

Il Botox è un farmaco miorilassante che viene iniettato in piccole dosi all’interno dei muscoli (principalmente nei muscoli mimici delle regioni interessate dalle rughe) e nel sottocute.  Il botox contiene anche gli eccipienti di albumina umana e sodio cloruro.

 

Con quale meccanismo d’azione agisce il botox?

Agisce a livello delle terminazione nervose colinergiche presinaptiche ostacolando e bloccando la trasmissione neuromuscolare operata dall’acetilcolina, quindi bloccando gli impulsi nervosi in ogni muscolo dove viene iniettato, riducendo le eccessive contrazioni. Inoltre agisce anche sulle ghiandole sudoripare per ridurre la quantità di sudore prodotto.

L’esatto meccanismo d’azione può essere semplificato e suddiviso in:

  • Dopo l’iniezione, il botulino antirughe si lega con elevata affinità a recettori  specifici presenti sulla superficie esterna della terminazione presinaptica.
  • Successivamente la tossina viene trasferita all’interno della cellula nervosa per endocitosi mediata da recettori.
  • Infine viene rilasciata nel citosol dove, attraverso l’interazione con la proteina SNAP25 deputata al rilascio dell’ACh, induce una progressiva inibizione del rilascio di acetilcolina.

Ma il botox può anche non funzionare, questo perché può dipendere dal tipo di pelle che può essere segnata e sottile per cui bisogna fare anche delle iniezioni di acido ialuronico, anche l’uso di una scorretta tecnica, per una conservazione sbagliata del farmaco, può dipendere anche dal suo dosaggio che risulta insufficiente per il paziente.
Per questo è importante fare degli accertamenti prima di effettuare un iniezione di botox, analizzare con il proprio medico di cura le proprie situazioni fisiche.

 

Quali sono gli effetti collaterali del botox?

Il ringiovanimento ipotetico portato dal botox. Fonte: barbaralorenzin.it

Gli effetti collaterali possono essere vari, come il mal di testa nelle 24 ore, ematomi o lividi nelle sedi di iniezione, debolezza muscolare e cedimenti del viso, dovuti alla migrazione della tossina delle sedi di iniezione ai muscoli adiacenti.
Il botox non deve essere usato in casi di malattie neuromuscolari, come la sindrome di Eaton Lambert, infezioni o infiammazione in atto nella zona da infiltrare, allergia alla tossina o ad una delle altre sostanze presenti nel farmaco.

Inoltre, tra gli effetti collaterali fu anche scoperto che, tramite uno studio pubblicato su Scientific Reports, le iniezioni di botox sulla fronte possono cambiare il modo in cui la mente  interpetra ed elabora le emozioni  che vengono espresse sui volti di altre persone. Questo avviene tramite un ipotesi del feedback facciale, cioè imitare l’espressione arrabbiata, triste o felice di un’altra persona. Secondo questa ipotesi esiste una connessione tra la memoria muscolare facciale e l’ elaborazione delle emozioni da parte della nostra mente.
Gli studiosi hanno analizzato un gruppo di donne, tra i 33 e i 40 anni di età, sottoponendole a iniezioni per riprodurre una paralisi temporanea del muscolo glabellare  (è una piccola area depressa mediana dell’osso frontale al di sopra della sutura naso-frontale, tra le arcate sopracciliari) e, misurando l’attività cerebrale, videro che i volti mostravano emozioni diverse. Questo accadeva perché il botox aveva paralizzato  i movimenti muscolari, impedendo così loro di corrugare la fronte e influendo l’elaborazione delle emozioni da parte del cervello.

                                                                                                                                                                                                              Sofia Musca

Bibliografia 
https://www.my-personaltrainer.it/benessere/botulino-antirughe.html#:~:text=e%20ve
https://www.my-personaltrainer.it/benessere/botulino-antirughe.html#224988
https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/b/botox-botulino#:~:te
https://www.guidaestetica.it/domande/botulino/botulino-non-fa-effetto#:~:text
https://www.focus.it/scienza/salute/iniezioni-botox-in-fronte-influiscono-su-emoz

Diritti sulla sessualità e riproduttività. In Spagna arrivano la “Ley Trans” e la legge sull’aborto

Lo scorso 16 febbraio per la Spagna è stata una “giornata storica”. Finalmente, dopo interminabili  battaglie, il Parlamento spagnolo ha approvato due importanti normative a tutela degli diritti e delle libertà, per le persone Lgbtq+ e le donne. “La Ley Trans es ley”, questa la frase pronunciata con orgoglio da Irene Montero, ministra delle Pari opportunità e rappresentate del partito spagnolo Unidos Podemos, di fronte al Congresso dei deputati a Madrid.

Autodeterminazione di genere per chi ha più di 16 anni, riforma sull’aborto e congedo mestruale retribuito per le donne: queste le normative promosse dall’attuale governo spagnolo di centrosinistra. Un grande passo in avanti per il paese, ma le critiche e le forti opposizioni non sono mancate. Vediamo nel dettaglio cosa è stato approvato e quali sono invece le direzioni intraprese da molti altri paesi.

La “Ley Trans”, per l’autodeterminazione di genere, è stata un trionfo

Con poco più di 191 voti a favore, 60 contrari e 91 astensioni, la normativa per l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti delle persone Lgbtq+ è stata approvata.

La legge riconosce qualcosa di semplice, che se sei trans hai diritto ad affittare un appartamento o a divertirti in un luogo pubblico senza essere discriminato. Permetterà alle persone di non avere paura di dire chi sono!

Queste le parole della ministra Montero, che ha festeggiato avvolta nella bandiera simbolo (bianca, rosa e azzurra) della comunità, insieme ad un cospicuo gruppo di storici attivisti. Tra i tanti, Uge Sangil, donna trans e presidente della Federazione Statale Lgtbi+ spagnola, che ha scritto in un tweet:

La legge permetterà di chiedere gratuitamente, a chiunque abbia compiuto 16 anni, la modifica del proprio sesso all’anagrafe senza autorizzazioni giudiziarie o certificati medici-psicologici che attestino la disforia di genere o i due anni di trattamento ormonale in precedenza invece richiesti. Questa diritto oltremodo è estendibile ai giovani tra i 14 e i 15 anni, solo se però presentano l’approvazione di almeno un genitore. Mentre tra i 12 e i 14 anni, c’è bisogno dell’autorizzazione del giudice. La normativa proibisce oltretutto terapie di conversione e mette in atto misure contro l’omofobia nei diversi ambiti della società.

La legge non comporta nessun pericolo per i minori e non va contro le lotte dei femminismi

Ma alcuni movimenti femministi, come il Contra el Borrado de las Mujeres e il Movimiento Feminista de Madrid, non la pensano allo stesso modo di Uge Sangil. Questi ritengono che il consentire ad ogni uomo di registrarsi all’anagrafe come donna, senza nessuna prova medica di transizione, porterà a rendere la legge sulla “violenza di genere” come “carta straccia”. Il partito di estrema destra Vox, invece, ha parlato di un “allarmante” aumento dei casi di omosessualità e transessualità. La Montero sostiene che qui si tratti proprio di “Lgbtifobia”.

Riforma sull’aborto e congedo mestruale

A Madrid però non si è parlato solo di transessualità, ma anche di salute sessuale-riproduttiva e d’interruzione volontaria di gravidanza. Infatti, è stata approvata una riforma della legge sull’aborto. Grazie a quest’ultima le ragazze dai 16 anni in su avranno la possibilità di abortire, senza il necessario consenso dei genitori o dei tutori legali. Modificando quindi la misura voluta dai conservatori nel 2015, i quali davano questa opportunità solo dai 18 anni in su. La legge introduce un registro degli obiettori di coscienza ed elimina l’obbligo dei tre giorni di riflessione dal momento della decisione.

 

La ministra delle Pari opportunità Irene Montero
La ministra delle Pari opportunità Irene Montero, Fonte: ELLE

All’interno della stessa legge è stato introdotto un ulteriore incentivo, che fa della Spagna il primo paese europeo ad averlo concesso. Il congedo retribuito alle donne per il ciclo mestruale invalidante, insieme alla distribuzione di forniture gratuite di prodotti per l’igiene femminile nelle scuole, nei carceri e nei centri per le donne. Il congedo prevede un permesso retribuito di tre giorni al mese, bisognerà semplicemente presentare un certificato medico. Sarà lo Stato a farsi carico dei giorni di malattia. Come dichiara la ministra Montero “il cammino non finisce qui”.

Ma a che punto sono gli stessi diritti nel mondo?

In Europa sono ancora pochi i paesi che consentono l’autodeterminazione di genere. La Danimarca è stato il primo paese europeo a concederlo nel 2014. La Scozia ha abbassato l’età minima dai 18 anni ai 16, per poter chiedere il cambiamento legale. Riforme simili le possiamo riscontrare in Finlandia, Belgio, Portogallo, Norvegia e Svizzera. Non molto possiamo invece dire per tali diritti in Italia, che per il cambio di genere prevede attualmente la rettificazione chirurgica.

Sul versante extra-europeo la situazione non è migliore. Secondo quanto riporta il The Washington Post ,in Arkansas (Stato al sud degli Stati Uniti) è stato imposto un divieto che blocca le cure di genere per i minori, il denominato Malpractice Bill. Quest’ultimo pone ai medici il divieto di fornire terapie ormonali di conferma di genere o bloccanti della pubertà a chiunque sotto i 18 anni. Nessun intervento chirurgico può essere effettuato nello stesso Stato. Dalle parole del senatore repubblicano Gary Stubblefield:

L’idea che gli adolescenti, per non parlare dei bambini piccoli, siano in grado di prendere decisioni così sconvolgenti è assurda. Una società che permette loro di fare questo, è una società profondamente rotta.

In materia di congedo mestruale, nel mondo ci sono aziende e istituzioni che lo permettono, ma sono pochi i paesi che lo riconoscono istituzionalmente. Tra questi è previsto in Scozia, in Corea del Sud, a Taiwan o in Zambia (dove le donne non mandano nemmeno un preavviso o un certificato medico). In Italia, nonostante il dibattito sia aperto dal 2016 siamo ancora indietro, solo l’Università di Padova distribuisce gratuitamente prodotti per l’igiene femminile. Mentre per l’aborto sono oggi circa 24 i paesi che ancora lo vietano del tutto, soprattutto nelle aree del continente Africano. Secondo i dati del Guttmacher Institute nel mondo si stimano all’incirca 25 milioni di aborti clandestini, che purtroppo provocano la morte di molte donne ogni anno.

Parlare in tema di salute sessuale, riproduttività, uguaglianza di genere non è semplice. Le disparità sono molte ancora oggi ed evidenti. Di certo il mondo sta cambiando e continuerà a farlo. Ci saranno attivisti che lotteranno, oppositori che protesteranno. Sarebbe però significativo che in tutto questo nessuno venga mai privato della propri diritti di libertà e dignità.

Marta Ferrato

Mulieres Salernitanae: le prime medichesse d’Italia

Intorno al IX secolo, dall’unione della tradizione greco-latina con quella araba ed ebraica, nasce in Italia la prima istituzione medica d’Europa: la Scuola medica salernitana. Considerata come l’antesignana delle moderne Università di medicina, la Scuola di Salerno introdusse fondamentali innovazioni nella pratica dell’arte medica. Essa si basava infatti su un approccio empirico e rivolgeva particolare attenzione alla cultura della prevenzione. Una delle più grandi novità di questa Scuola fu sicuramente la sua apertura nei confronti delle donne. Per la prima volta queste venivano ammesse non solo agli studi, ma anche alla pratica medica. Questo gruppo di dotte “medichesse” passò alla storia col nome di Mulieres Salernitanae.

Indice dei contenuti

  1. Chi erano le Mulieres
  2. La leggendaria Trotula
  3. I trattati sulla ginecologia e sulla cosmesi
  4. Conclusione

Chi erano le Mulieres

Nella storia della medicina la figura della donna non fu mai di secondaria importanza. Basti pensare al ruolo delle levatrici già in epoca greca. Esse infatti erano tenute ad accompagnare la gestante durante il travaglio, ma anche a conoscere le “medicine” con cui intervenire nei casi di patologia femminile. Ciò nonostante, le donne rimasero per lungo tempo per lo più escluse dall’ambito accademico. Soltanto con le Mulieres Salernitanae si raggiungerà un riconoscimento ufficiale del ruolo femminile anche all’interno di una importante istituzione medico-sanitaria come fu la Scuola salernitana.
Le Mulieres erano solitamente donne di buona famiglia, le quali potevano permettersi quindi studi ”universitari”. Fra di esse figurano i nomi di Abella Salernitana (autrice dei trattati Sulla natura del seme umano e Sulla bile nera), Mercuriade, Costanza Calenda, Rebecca Guarna (autrice delle opere Sulle febbri, Sulle orine e Sull’embrione) e Francesca Romana (molto stimata come chirurgo).

 

Raffigurazione della Scuola medica salernitana. Fonte: salernonews24.com

La leggendaria Trotula

Fra tutte spicca maggiormente il leggendario nome di Trotula, nata a Salerno dall’antica e nobile famiglia de Ruggero. Rodolfo Malacorona, nobile normanno che aveva compiuto studi di medicina in Francia, giunse in visita a Salerno nel 1059. Riferendosi a Trotula, egli disse che “non trovò alcuno che fosse in grado di tenergli testa nella scienza medica tranne una nobildonna assai colta”. Chiamata anche sanatrix Salernitana, Trotula fu considerata nel Medioevo una delle maggiori autorità nell’ambito dei disturbi e delle malattie femminili, nonché della cosmesi. Le sue due opere principali furono infatti il De mulierum passionibus ante, in et post partum (‘Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto’) e il De ornatu mulierum (‘Sulla cosmetica delle donne’).

Ritratto di Trotula. Fonte: elle.com

I trattati sulla ginecologia e sulla cosmesi

Il primo di questi trattati fu di fondamentale importanza per l’affermazione dell’ostetricia, della ginecologia e della puericultura come scienze mediche. Fu inoltre una delle prime opere medievali a trattare questi argomenti direttamente da una prospettiva femminile. Trotula era dotata di approfondite conoscenze sulla fisiologia femminile, sicuramente maggiori di quelle dei suoi colleghi maschi. Spesso questi ultimi non si occupavano delle donne giacché la loro diversa anatomia e fisiologia rendeva complessa la diagnosi ai meno esperti. Inoltre, generalmente la donna del medioevo in virtù del pudore, non era sempre ben disposta a farsi visitare da un uomo. Si evince così l’importanza che l’ingresso delle donne ha avuto nell’evoluzione della pratica medica. In questo passo del trattato, la medichessa fornisce la propria interpretazione della mestruazione:

Dunque, poiché le donne non hanno calore sufficiente a prosciugare l’eccedenza di umori cattivi che si formano quotidianamente in loro […], allora la natura stessa, in mancanza del calore, ha assegnato loro una forma speciale di purificazione, cioè le mestruazioni, che la gente comune chiama “i fiori”. Infatti come gli alberi senza fiori non producono frutti, così le donne senza i propri fiori sono private della facoltà di concepire.

Il secondo trattato fornisce invece consigli di cosmesi, insegnando alle donne a preservare, migliorare ed accrescere la propria bellezza, nonché come curare le malattie della pelle. Trotula intuì come la cura dell’estetica non fosse soltanto un vezzo, ma anche un modo per garantire il proprio benessere psicologico, e per questo trattò per la prima volta la cosmesi come una scienza. I consigli di bellezza riguardano i primi “rossetti”, ma sono presenti anche ricette di tinture per capelli, riferimenti all’importanza dei massaggi e tecniche per la depilazione; la maggior parte di questi consigli provengono dall’esperienza del mondo arabo. Di seguito un passo dal De ornatu mulierum:

Se poi una donna vorrà truccarsi le labbra, le strofini con corteccia di radici di noce, coprendosi i denti e le gengive con del cotone; poi lo intinga in un colore artificiale e con esso si unga le labbra e l’interno delle gengive.

Frontespizio dell’De ornatu mulierum. Fonte:namarteformazione.blogspot.com

Conclusioni

Pur essendo ammesse alla pratica dell’arte medica e alla stesura di trattati scientifici, le Mulieres Salernitanae non furono però mai ammesse realmente all’insegnamento presso la Scuola Salernitana in qualità di magistrae. Esse, tuttavia, godevano di una tale stima popolare da essere considerate, di fatto, allo stesso livello dei colleghi maschili. Le Mulieres rappresentano un momento cardine per la storia della medicina occidentale. Hanno spianato la via, nei secoli a seguire, a tante altre “scienziate” di talento come la catanese Virdimura nel XIV secolo, fino ad arrivare a veri e propri capisaldi della scienza medica moderna come il premio Nobel Rita Levi-Montalcini.

 

Bibliografia:

La Sicilia: “fìmmina” raggiante e lussuosa

Un omo può campare per cent’anni allato a ‘na fìmmina, dormirici ‘nzemmula, farici figli, spartirici l’aria, cridiri d’avirla accanosciuta come meglio non si po’ e alla fini farisi pirsuaso che quella fìmmina non ha mai saputo com’è fatta veramenti.” 

Determinate, coraggiose, passionali, affettuose.

Le donne di Camilleri non sono figure che appaiono tacitamente per poi scomparire dopo poche battute. Sono personaggi autentici, dalle mille sfaccettature, ammalianti e ardenti. 

Sono così vive che il lettore può sentirne il profumo, il tono di voce, la cadenza ritmica dei passi e persino l’andatura dei battiti. Ogni parola, mai volgare, le esalta nella loro interezza di fìmmine suscitando nel lettore quella magnetica attrazione che lo spinge a voltare incessantemente pagina, mosso da un insaziabile istinto famelico di curiosità.

Una brama così potente, che s’egli potesse, trasformerebbe quei dipinti creati dalla fantasia dell’autore, in una realtà alterata.  

Livia e Angelica: due facce della stessa medaglia

Che siano ladre, assassine, amanti o nemiche del Commissario Montalbano, le donne hanno un ruolo da non sottovalutare. E per quanto il nostro protagonista si sforzi di osservarle, di comprenderle, di risolvere l’enigma che ogni donna cela dentro di sé, rimangono sempre contornate da una sfera di mistero.

A cominciare da Livia, fidanzata, amante, amica e discreta confidente di Salvo, che di fronte a lei non ha bisogno di interpretare il ruolo di commissario, né di alzare le barriere di coraggio necessarie sul posto di lavoro. Di fronte a Livia, crollano le incertezze di omo che egli ha sempre dovuto reprimere; la paura di non essere all’altezza della sua donna lo pervade soprattutto quando incontra Angelica Cosulich, trentenne vittima di un furto narrato nel romanzo Il sorriso di Angelica, che esercita un’attrazione fatale nei confronti del Commissario di Vigàta. 

Se Livia rappresenta “il grande bacino di Venere” in grado di contenere i suoi più oscuri istinti, Angelica al contrario rappresenta quel desiderio sfrenato di consumare un amore giovanile ritrovato tra le pagine illustrate del poema di Ariosto, con l’unica differenza che l’Angelica dell’Orlando furioso Montalbano non aveva mai potuto vederla in carne ed ossa di fronte a sé. 

Livia sul set cinematografico de “Il commissario Montalbano” – Fonte: repubblica.it

 

“Livia era l’unica al munno che l’accapiva come manco lui arrinisciva ad accapirisi”; averla tradita con Angelica lo faceva sentire meno uomo di quel che credeva essere diventato. 

Ridicolo! Si stava addimostranno un omo ridicolo! ’Nnamurarsi accussì d’una picciotta che potiva essiri sò figlia! Che spirava d’ottiniri? Doveva troncari subito. Non era dignitoso per un omo come lui!

Eppure, proprio quando credeva si trattasse solo di un’infatuazione, Angelica si presentò a Marinella, in casa del Commissario, ed egli non riuscì a resistere.

Montalbano, con lintizza, raprì la porta. E sapiva, mentri che lo faciva, che non stava sulo raprenno la porta di casa, ma macari quella della sò pirsonali dannazioni, del sò inferno privato.

Il profilo di Angelica sembrava “addisignato da un mastro d’opira fina” e lo stesso Salvo ammette che anche se tutto il suo essere la desiderava, un parte del suo cervello ancora opponeva resistenza. Un’opposizione dovuta alla lealtà nei confronti di Livia o nei confronti del suo essere omo

Margharet Madè  interpreta Angelica ne “Il commissario Montalbano” – Fonte:tvzap.kataweb.it

 

Montalbano sapeva che se esisteva una persona al mondo a cui poteva raccontare tutto, persino di averla tradita, quella era Livia. Eppure, una volta rivelato il peccato commesso, una vivace risata sconvolse il Commissario dall’altro capo del telefono: Livia s’era convinta che il suo amato fosse in vena di scherzare, poiché si sarebbe fatto scuoiare vivo piuttosto che ammettere di essere stato con un’altra donna!

Eppure, Montalbano con un’altra donna c’era stato. E l’unica cosa che aveva capito era che principalmente aveva tradito se stesso.

Cosa, dunque, può accomunare Livia e Angelica? Due donne tanto diverse cui principio fautore delle loro azioni risiede nella fedeltà.

Fedeltà in primis a loro stesse; Livia, in quanto fidanzata, rimane coerente per ciascun romanzo al ruolo di sincera innamorata del Commissario. 

Angelica, in quanto seduttrice spudorata di una serie indefinita di uomini con cui condivide la sua intimità, rimane fedele al suo irrinunciabile appetito sessuale.

L’errore di Montalbano in definitiva, consiste nell’aver sovrapposto l’immagine di Angelica con quella dell’eroina di Ariosto, credendo di essere ancora un giovane che può concedersi il lusso di contraddirsi come solo un omo innamorato può fare!

Ingrid: impavida amica del Commissario

Svedese, attraente, coraggiosa e audace. Ingrid Sjöström diventa, sin dal primo romanzo di Camilleri “La forma dell’acqua”, amica e complice del Commissario.

Il volto cinematografico di Ingrid –  Fonte:screenweek.it                                             

Vittima di un marito che non la ama abbastanza da notare le violenze sessuali che il suocero le riserva, qualcuno cerca di incastrarla sfruttando a proprio vantaggio i suoi modi sensuali e disinibiti per mettere in atto un ingarbugliato delitto avvenuto a Vigàta.

Sarà proprio il nostro Commissario a capire l’innocenza di Ingrid al punto di distruggere le prove create dal presunto colpevole. 

Nonostante l’autore descriva principalmente la giovane come “una vera fìmmina da copertina”, ciò che emerge maggiormente dalla narrazione è il suo animo astuto e impavido che non rinuncia al desiderio di padroneggiare del suo corpo senza vergogna e lotta fino allo stremo per rivendicare il diritto di disporre della sua sessualità in maniera libera e spregiudicata

Ingrid è una donna che non si arrende alle meschinità di quelli che lei rifiuta di considerare veri òmini.

Cos’è dunque la Sicilia, se non una fìmmina che mette in ginocchio chiunque provi a calpestare ed offuscare il suo valore?

 

Alessandra Cutrupia

 

Trapianto d’utero: un dono che può essere riconquistato

In italia dal 2018, è possibile sottoporsi al trapianto d’utero, nonostante  sia considerato, per le funzioni che riveste, organo indipendente alla sopravvivenza. Tuttaviaha un impatto  significativo sulla qualità della vita. Per questo, la sterilità assoluta, viene oggi riconosciuta come forma di disabilità.

  1. Trapianto d’utero in Italia
  2. Primo trapianto
  3. Secondo trapianto
  4. Legislatura
  5. Requisiti
  6. Donatrice
  7. Ricevente
  8. Trapianto chirurgico
  9. Post-trapianto
  10. Conclusioni

Trapianto d’utero in Italia

La maternità è il più grande privilegio che la vita possa dare a una donna, ma purtroppo non viene concessa a tutte. A tal proposito, la mancanza di questo evento, viene vissuta come un logorante peso. Proprio così inizia la vita di una giovane di 29 anni affetta da sindrome di Rokitansky, una rara patologia congenita. La donna, nata priva di utero ma dotata di ovaie e tube, ha avuto modo di trasformare un miraggio in opportunità concreta.

Il primo trapianto d’utero

Il primo trapianto di utero in Italia è avvenuto nell’estate del 2020 presso il Centro Trapianti del Policlinico di Catania in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Cannizzaro. A donare l’organo è stata una donna di 37 anni, deceduta per arresto cardiaco improvviso, che aveva espresso in vita il proprio consenso alla donazione degli organi al momento del rinnovo della C.I. La donatrice aveva avuto in passato gravidanze terminate con parto naturale.

Il secondo trapianto d’utero

A distanza di soli due anni, per la seconda volta a Catania, la stessa equipe che nel 2020 ha intervenuto sulla ventinovenne, ha ridato la speranza di una possibile maternità ad una giovane siciliana di 33 anni. L’ultimo desiderio della donatrice, prima di morire, è stato quello di rendere felice qualcun altro, donando i suoi organi.

https://www.ansa.it

Legislatura

Il primo protocollo sperimentale per il trapianto di utero in Italia è stato approvato soltanto nel 2018. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre ad approvare il trapianto, ha anche riconosciuto la sterilità assoluta come una forma di disabilità, nonostante fisiologicamente l’utero sia un organo indipendente alla sopravvivenza. Il trapianto di utero è temporaneo e finalizzato solamente alla procreazione. Per alcuni può essere considerato, indirettamente, come un’alternativa alla maternità surrogata (vietata in Italia). L’organo viene rimosso dopo la gravidanza per evitare che la paziente debba sottoporsi ad una terapia immunosoppressiva (per ridurre l’attività del sistema immunitario) per il resto della vita.

Requisiti necessari

Non tutte le donne possono usufruire di questa specifica terapia chirurgica: vi sono precisi requisiti, sia per la donatrice sia per la ricevente. Prima di tutto è essenziale effettuare un Check-up completo comprendente analisi cliniche, Tac e risonanze, ma anche indagini ormonali per accertare l’effettiva capacità ovulatoria della paziente. Se il soggetto presenta una buona riserva ovarica, si prelevano gli ovociti per congelarli. Questa procedura può svolgersi solo nella fase precedente al trapianto, poichè  i farmaci antirigetto sono nocivi per gli ovuli. Dopo di che, seguiranno gli esami per determinare i parametri di compatibilità e solo se tutto l’iter risulta “in regola” la paziente entra in lista d’attesa, la quale non seguirà un criterio cronologico “verticale”, ma “orizzontale”, basato sulla compatibilità.

Ricevente

Secondo i criteri definiti dal protocollo di inclusione, le potenziali candidate al trapianto sono donne con:

  • Età compresa tra i 18 e i 40 anni ( in età fertile)
  • Affette da sindrome di Rokitansky
  • Donne a cui è stato rimosso l’utero per fibromi e altre patologie non oncologiche
  • Pazienti che a seguito di morte endouterina hanno avuto complicanze che hanno reso necessaria l’asportazione dell’organo.

Donatrice

Per quanto riguarda la donatrice dovrà essere presente alla morte il consenso alla donazione degli organi ed è necessaria l’assenza di pregressi tagli cesarei. In altri Paesi sono consentite le donazioni anche da donne viventi e di età superiore ai 40 anni, considerando però che l’età dell’utero potrebbe influire sulle capacità riproduttive. Gli organi ottenuti da donatrici più “anziane” vengono trapiantati preferibilmente a riceventi di età maggiore perché l’immunogenicità può risultare aumentata.

Trapianto chirugico

L’espianto dell’organo avviene separando l’utero e i vasi sanguigni dai tessuti vicini. L’utero viene trattato con una soluzione apposita che raffredda l’organo allo scopo di evitarne il danneggiamento. Successivamente, si procede con il posizionamento dell’utero nel corpo della ricevente in un complesso intervento chirurgico che può richiedere fino a undici ore. Dopo l’operazione, la ricevente si sottopone a una terapia immunosoppressiva, allo scopo di evitare che l’organo venga rigettato, e a frequenti visite ginecologiche.

www.doveecomemicuro.it

 

Post-trapianto

Le complicanze più gravi che portano al fallimento dell’innesto uterino sono suddivise in:

  • peri-procedurali: lacerazioni delle vene, delle arterie, dell’uretere o della parete della vescica;
  • post-procedurali: rigetto dell’innesto, infezione e trombosi arteriosa o venosa.

Se dopo un anno non è avvenuto un rigetto, la perfusione dell’utero è corretta e il ciclo mestruale regolare, si può procedere alla fecondazione assistita. Se questa ha esito positivo con impianto dell’ embrione e la gravidanza viene portata a termine, verrà effettuato un parto tramite taglio cesareo e, a nascita avvenuta, si procederà alla rimozione chirurgica dell’utero.

Nel mondo vi sono già casi di nascite da uteri trapiantati e ciò che ci auguriamo è che presto anche l’Italia possa far seguito a tutti gli altri paesi.

www.pianetamamma.it

Conclusioni

La persona trapiantata sa perfettamente e ricorderà sempre che quell’organo non è suo, che è parte di un’altra persona, e che lei ne è soltanto la custode, il grembo accogliente. Non dimenticherà mai chi, morendo, glielo ha lasciato. Anzi ne rivive in ogni istante l’agonia, la morte come fosse la propria. Perché da quella morte è scaturita la sua vita.”
Francesco Alberoni

Alice Pantano

Bibliografia

La Nuova Zelanda distribuirà assorbenti gratis alle studentesse. Una decisione epocale

A partire da giugno 2021, in Nuova Zelanda la distribuzione di assorbenti e prodotti indispensabili per il ciclo mestruale sarà resa gratuita per le studentesse ed effettuata in tutte le scuole. La decisione definitiva arriva dopo 3 anni di sperimentazione in 15 scuole, con oltre 3mila studentesse. La decisione, che costerà 25 milioni di dollari neozelandesi – circa 15 milioni di euro – nei prossimi 3 anni, è stata confermata ieri dalla premier Jacinda Ardern, che ha sottolineato il motivo del provvedimento:

«Le giovani ragazze non dovrebbero essere costrette a perdere la loro istruzione a causa di un qualcosa che è parte integrante della vita di metà della popolazione».

Povertà, disagio scolastico e stigma sociale: un’iniziativa concreta

Secondo uno studio citato dalla stessa Ardern, un’alunna su 12 è costretta a saltare le lezioni per il cosiddetto “period poverty”. Per molte studentesse, è impossibile andare a scuola durante il periodo mestruale a causa di uno stato di povertà che non permette loro di acquistare questo tipo di prodotti sanitari. Addirittura, nelle aree più povere, le autorità neozelandesi riportano che alcune ragazze utilizzano “mezzi di fortuna” – carta igienica nel migliore dei casi – pur di non saltare le lezioni.

«Perciò – ha aggiunto la prima ministra – garantire la gratuità e la distribuzione dei prodotti per l’igiene mestruale nelle scuole è una delle strade che il governo sta seguendo per affrontare la povertà, migliorare la frequenza scolastica e incrementare il benessere delle più giovani».

Fonte: Dignity NZ’s Instagram. Nel post, l’associazione femminile ribadisce l’impegno contro il senso di vergogna e la disparità economica che le studentesse mestruate subiscono.

Educazione scolastica e accesso gratuito a prodotti sanitari indispensabili non sono e non devono essere considerate un lusso. In età da mestruazioni sono ben  95mila studentesse tra i 9 e i 18 anni – a quanto afferma Dignity NZ. Avere il ciclo è una cosa naturale e non può ancora essere oggetto di disparità economica e stigma sociale. Infatti, oltre alla natura propriamente pratica del provvedimento, ciò si costituisce come vero e proprio progetto a sostegno delle studentesse, che a gran voce hanno richiesto un “porto sicuro” per ricevere maggiori informazioni su come affrontare le mestruazioni e le indicazioni per utilizzare le forniture.

La Scozia, la prima a fare il passo

Un modello di riferimento quello neozelandese per la comunità internazionale, ma non certamente il primo. «Non saremo gli ultimi a farlo ma abbiamo la possibilità di essere i primi»: queste le parole di Monica Lennon, deputata di Edimburgo e autrice del disegno di legge che, con voto unanime, lo scorso novembre ha fatto conquistare alla Scozia il primato nel mondo per il libero accesso ai prodotti sanitari legati alle mestruazioni negli edifici pubblici.

Monica Lennon
Fonte: NPR. La Scozia è il primo paese al mondo a rendere gratuiti i prodotti legati alla mestruazione.

Un passo avanti nella lotta alla parità di genere, di straordinaria importanza per donne e ragazze, troppo spesso lasciate indietro nel dibattito pubblico su temi che inoltre le riguardano in prima linea.

L’Italia non è un paese per donne

L‘ex Ministro delle Finanze Roberto Gualtieri –  dal 2019 fino alla caduta del Conte II – annunciò con giubilo l’abbassamento dell’IVA sugli assorbenti dal 22% al 5%. Questo, però, riguardava esclusivamente prodotti igienici compostabili e biodegradabili, la cui scarsissima reperibilità – solo in farmacie specifiche e alcuni supermercati bio – è inversamente proporzionale al costo molto elevato che esclude l’acquisto a gran parte delle donne. Inoltre, per quanto nobile l’attenzione rivolta all’ambiente, questi prodotti sono ancora visti con largo scetticismo in fatto di efficacia.

Gualtieri
Fonte: L’avvenire. Il tweet di Gualtieri riguardo il taglio della tampon tax. Tra le firmatarie del provvedimento, anche Laura Boldrini.

Poter comprare assorbenti non è un privilegio, così come il ciclo mestruale non è qualcosa che avviene ogni mese in seguito a una libera scelta di una donna. Se accedere gratuitamente a questi prodotti sembra ancora un provvedimento lontano per il nostro Paese, abbassare l’IVAattualmente pari a un prodotto di lusso come il tartufo – segnerebbe davvero l’inizio di una svolta.

Quello che venne salutato come un “primo segnale per l’Italia” non sembra una conquista, piuttosto appare come un piccolo inefficace aiuto – che alcuni definirebbero “un contentino” – concesso per placare gli animi femminili. Muoversi verso una traiettoria comune, all’insegna di una giustizia sociale che dia importanza al benessere e alla salute delle donne, è una prerogativa che necessita oggi più che mai di essere realizzata. Ne abbiamo gli esempi.

 

Alessia Vaccarella