Netflix: non solo serie tv e film

Mai come in questo tempo “sospeso” fatto da giorni infiniti l’uno uguale all’altro, nei quali la casa diventa prigione ed il sole diventa miraggio, abbiamo bisogno fisico e spirituale di compagnia multimediale.

Netflix diviene, in questa logica surreale, risorsa imprescindibile che allevia le pene domestiche (si fa per dire) della nostra quarantena.

Il catalogo infinito della piattaforma, oltre film e contenuti seriali, offre la possibilità alternativa di guardare una lunga lista di documentari e docu-serie di altissimo livello narrativo.

In questo articolo abbiamo provato a stilare un elenco dei migliori titoli a disposizione degli abbonati.

 

1) Minimalism 

Il concept di questo docu-film è esaltare l’essenzialità, del resto semplice non vuol dire facile.
Il regista Matt D’Avella racconta le storie di chi è riuscito a rendersi libero non solo degli oggetti futili che accumuliamo in casa, ma anche dalle logiche del consumismo che ci vengono imposte nel quotidiano.
Il minimalismo dunque come filosofia di vita, in cui valorizzare l’essenziale e lasciare andare via tutto il resto.
Uscito nel 2016, il documentario ha riscosso grande successo attraverso il suo impatto comunicativo che ha inciso nella vita di molte persone che dopo averlo visto hanno drasticamente cambiato abitudini di consumo che sembravano radicate. Provare per credere.

 

2) American Factory   

Questo documentario originale Netflix, prodotto in collaborazione con Higher Ground (casa di produzione di Barack e Michelle Obama), affronta contemporaneamente due argomenti che negli ultimi anni hanno avuto rilevanza sia in ambito politico sia in ambito economico-sociale: la classe media americana e le relazioni tra Stati Uniti e Cina.

Il docu-film si sviluppa attorno la vicenda della chiusura di un impianto di General Motors che ha generato spiacevoli fenomeni di disoccupazione.
Un facoltoso uomo d’affari cinese riapre l’impianto e riassume molti ex dipendenti: i lavoratori cinesi e quelli americani si trovano a dover convivere e far i conti con stili, metodi e pratiche opposte di produzione.
American Factory racconta la globalizzazione dalla prospettiva di contesto aziendale locale.

 

3) Icarus 

Icarus di Bryan Fogel, premio Oscar al miglior documentario, pone uno sguardo lucido ed attento alle vicende del doping illegale alle Olimpiadi della federazione russa.
Il doping influisce profondamente sulla credibilità dello sport, minando l’identità culturale della più antica e nobile forma d’intrattenimento.
Il regista-ideatore intendeva porre il focus di Icarus sulle iniezioni di farmaci per migliorare le prestazioni sportive. A seguito invece scoperte fatte dall’intervista al Dr. Rodchenov, capo del programma russo dell’anti-doping, Fogel ha evidenziato come la Russia abbia costruito la sua eccellenza olimpica attraverso inganni sistematici richiesti proprio dal governo russo.

 

4) Gaga, Five foot two 

In questo documentario che parla di musica, sogni e vita, Lady Gaga mostra sfumature di sé che potrebbero essere sfuggite anche ai fan più affezionati.
La sua storia, apparentemente perfetta e senza pieghe, è invece segnata dalla battaglia contro una grave malattia fisica.
La caratteristica narrativa di questo contenuto fa leva su un elemento fondamentale: la sincerità di Lady Gaga che svela con potenza comunicativa le fragilità di questa star planetaria.

 

5) Diego Maradona   

Sebbene su “el Pibe de Oro” ci siano decine di documentari, il racconto di Asif Kapadia (già vincitore dell’Oscar nel 2016) riesce ad emozionare i nostalgici del bel calcio con video, interviste, voci ed immagini inedite.
Il sogno comincia a Lanús, un sobborgo molto povero di Buenos Aires, dove Diego dà prova sin da piccolissimo di possedere un talento soprannaturale, che lo porterà dapprima nel suo Boca, per poi approdare al Barcellona ed in seguito a Napoli, città che diventerà presto la sua seconda casa.
Se vi mancano la sua classe infinita, i suoi giochi di prestigio col pallone e le sue inspiegabili contraddizioni questa docu-pellicola fa per  voi.

 

6) Losing sight of shore 

Quattro giovani donne compiono la traversata a remi dell’Oceano Pacifico: un’avventura estenuante dalla California all’Australia.
Tre ore si rema e tre ore si dorme per nove lunghi mesi.
Le protagoniste vivono un’esperienza irripetibile, superando qualsiasi tipo di ostacolo che sembrava essere insormontabile.
Una storia di volontà,coraggio e determinazione che potrebbe ispirarvi ed azionare in voi un’ improvvisa voglia di spaccare il mondo.

 

7) Spedizione felicità 

 

Due giovani fidanzati trasformano con fantasia e creatività un vecchio ed inutilizzabile scuola-bus in un un camper formidabile con cui partire per un lungo viaggio.
I protagonisti Felix Starck e Selima Taibi, cantautrice in arte Mogli, e il loro cane Rudi insieme scopriranno i meravigliosi paesaggi della British Columbia per poi arrivare in Messico, dove un imprevisto cambierà i loro piani di viaggio.
Da vedere tutto d’un fiato per i sognatori e per chi volesse destare una fame di vita che magari s’era assopita. Gli emozionanti brani di Selima, che fanno da colonna sonora, colorano d’emozione la docu-avventura.
Tenete i fazzoletti a portata di mano.

Antonio Mulone

Salina Doc Fest: tre giorni sul documentario narrativo

Isolani sì, isolati no” è lo slogan del Salina Doc Fest, festival del documentario narrativo svoltasi nei giorni tra il 13 ed il 15 settembre nell’isola di Salina.
Il festival, giunto alla dodicesima edizione, vuole essere un’omaggio al rimpianto maestro del cinema italiano, Vittorio Taviani, nonché padre di Giovanna Taviani, presidente e direttrice artistica della manifestazione. E’ anche un momento per parlare di un tema importante al giorno d’oggi ovvero la comunità. Comunità intesa a coinvolgere tutti, anche gli stranieri, venuti qui per cercare migliori condizioni di vita.
Ma iniziamo a parlare del festival, che si apre con l’omaggio a Marcella Pedone, classe 1919, fotografa e pioniera del documentario etnografico.

Vengono proiettati alcuni dei suoi documentari che parlano della Sicilia e delle sue tradizioni: Festa dei tre martiri, Mercato dellaglio, Mattanza del tonno, il Giardino incantato di Filippo Bentivegna.
Successivamente, vi è la presentazione dei documentari, che concorrono per due premi: Premio Tasca dAlmerita con la giuria composta da Giorgio Gosetti (giornalista) Marco Spoletini (montatore di Garrone) e Gianfilippo Pedote (produttore e sceneggiatore); il secondo Premio Signum con la giuria del pubblico.

 

Il primo giorno, il 12 settembre, vengono presentati:“Beautiful Things” di Giorgio Ferrero e Federico Biasin (Italia, 2017, 94’); e “Happy Winter” di Giovanni Totaro (Italia, 2017, 91’).
Beautiful Things” racconta del processo della plastica, dalla produzione allo smaltimento. Tramite la vita di uomini che lavorano all’interno di processi diversi, viene presentato il lungo viaggio che fa la plastica dalla materia prima alle nostre case. Tutto è curato nei minimi dettagli, dalle immagini, colori fino alla musica curata dallo stesso Giorgio Ferrero, regista e compositore di colonne sonore.

La seconda opera in concorso è “Happy Winter” di Giovanni Totaro. Diplomato al Centro Sperimentale, realizza questo documentario “pop”, come da egli definito, basandosi sulle cabine da spiaggia di Mondello a Palermo. Racconta la vita di persone comuni che per sfuggire alla crisi economica si rifugiano in spiaggia.

Evento speciale è Amos Gitai, in video intervista, ci presenta il suo ultimo lavoro “A letter to a Gaza”. Durante il suo intervento parla della necessità per gli artisti di raccontare la realtà, indagando su di essa e per farlo bisogna conoscere la propria.
In questo momento ci sono diverse manifestazioni a Gaza, purtroppo con il silenzio dei media passano inosservate.
Il suo documentario rende omaggio ad Albert Camus e ad altri; parla di Gaza e di com’è adesso. Tema centrale è un dibattito tra due donne, che parlano rispettivamente arabo e lingua ebraica, rappresentano le due fazioni che si sono da sempre fatte la guerra.

Nel pomeriggio, nonostante le scarse condizioni meteorologiche, si è svolta una rappresentazione di cunti, tra le vie di Malfa con Mario Incudine, Gaspare Balsamo e Giovanni Calcagno. Sono di tre narratori orali che hanno messo in scena il dialogo tra Ulisse e Polifemo da angolazioni diverse.

Segue l’omaggio a Vittorio Taviani e Gian Maria Volontè, svoltasi nella sala congressi di Malfa. Ha visto protagonisti la figlia Giovanna che ha raccontato del padre e della collaborazione importante con Gian Maria Volonté, che ha segnato il successo dei fratelli registi. Continuano i cunti e racconti orali, da parte di Mario Incudine che interpreta un monologo di Gian Maria Volonté tratto dalla sceneggiatura originale del film; Yousif Iaralla presenta un cunto “Il sogno di mio padre” e Gaspare Balsamo legge “U Lamentu di Turiddu Carnevale“.

Il film dei fratelli Taviani che è stato proiettato è il loro film d’esordio, ovvero “Un uomo da bruciare”, che racconta la storia di un sindacalista siciliano, Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia nel 1955, vicino Palermo, per aver appoggiato l’occupazione delle terre da parte dei contadini. I registi si erano già occupati della Sicilia e di tematiche politiche.

Durante la giornata di venerdì, vengono presentati i documentari partecipanti al concorso: “Iuventa”(Italia, 2018, 84’) di Michele Cinque e La Strada dei Samouni”(Italia, Francia, 2018, 128’) di Stefano Savona.

Michele Cinque racconta un anno cruciale della vita di un gruppo di giovani europei coinvolti nel progetto umanitario “Jugend Rettet” fino alle pesanti accuse che hanno portato il sequestro della nave l’anno successivo. Il tema centrale è il viaggio della nave, finanziata da dei ragazzi tedeschi e salpata da Malta, per salvare le vite di duemila persone emigrate dal loro paese.

Stefano Savona, archeologo e antropologo, ci presenta la sua opera divisa tra immagini reali e animazione, dove mostra le storie raccontate dalla famiglia Samouni, verso la ricostruzione dopo che ventinove membri sono stati uccisi in seguito ad un attacco a Gaza.

Nel pomeriggio, per il premio Ravesi abbiamo un collegamento skype con il regista Abderrahmane Sissako, regista di Timbuktu, il quale è stato presentato a Cannes e ha avuto una nomination agli Oscar nel 2014 per miglior film straniero.

Durante il suo intervento ha parlato della necessità degli artisti, di parlare di problemi sociali, invece che occuparsi di film volti esclusivamente all’intrattenimento. Il suo è un invito: ogni artista dovrebbe avere il dovere morale di raccontare dei problemi che affliggono la nostra società, per portare il pubblico ad una conoscenza maggiore.

La sera presso Santa Marina, si è svolta la proiezione di “Lazzaro Felice” di Alice Rohrwacher, seguito da un incontro dei protagonisti del film, Adriano Tardiolo (Lazzaro) e Luca Chikovani (Tancredi giovane) che hanno ricevuto il premio SIAE.

Parlando di emigrazione, non possiamo ricordare la nostra verso l’America alla ricerca di condizioni di vita più agiate. A tal proposito, durante la giornata di sabato viene presentato il documentario in concorso di Salvo Cuccia, “La Spartenza” (Italia, 2018, 60’). A presentarlo la sceneggiatrice, Federica Cuccia. Questo film è basato sul romanzo autobiografico di Tommaso Bordonaro, che emigrò dalla Sicilia a Garfield nel New Jersey nel 1948. Nel film si racconta la sua vita familiare e i suoi viaggi.

Sempre sabato viene presentato il documentario concorrente “Amal” (Danimarca, Francia, Germania, Libano, Norvegia, 2017, 83’) di Mohammed Siam. Il film è un racconto di formazione di un popolo intero, rappresentato dalla protagonista, Amal.

 

La sera in piazza di Santa Marina si è svolta la premiazione Tasca d’Almerita e Signum dove per entrambi premi vince Stefano Savona con “La Strada dei Samouni“.

Invece, Giorgio Ferrero e Federico Biasin hanno ricevuto una menzione speciale regia per il documentario “Beautiful Things”.
Durante la serata è stato proiettato il documentario del fotografo Francesco Zizola, As if we were tuna” e parla della brutalità della pesca dei tonni.

Infine, lo spettacolo di Fiorello con “Lettere a mio padre” con i musicisti Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma ha concluso il festival.

 

Tutti i documentari presenti, provenienti anche da oltre il Mediterraneo, parlano di argomenti veri, attuali, che fanno riflettere su temi odierni. Ci viene mostrato lo sguardo di chi vive queste realtà, che è diverso dal nostro e per questo ci fa riflettere.

 

Marina Fulco