Un nuovo studio porta alla luce la diversità umana.

Di recente è stata pubblicata la prima bozza del pangenoma umano, che cattura la diversità umana tramite il DNA di diverse persone.

Indice dei contenuti

  1. Cos’è un pangenoma umano?
  2. Come siamo arrivati ad avere un pangenoma?
  3. Come fu creato il nuovo genoma di riferimento?
  4. Conclusione

Cos’è un pangenoma umano?

 

Credits immagine Darryl Leja NHGRI
Crediti immagine: Darryl Leja, NHGRI. Fonte: Wired

Stiamo parlando di una sequenza, una mappa del DNA.
E’ stata scoperta tramite un’iniziativa del National Human Genome Research Institute (NHGRI) dei National Institutes of Health (Nih) americani.
E’ un genoma che fa allo stesso tempo riferimento per descrivere il nostro DNA ma che tiene conto anche quanto l’uomo sia diverso l’uno dall’altro.
Oggi fu pubblicata la prima bozza del pangenoma, quindi la descrizione della genetica umana nel suo complesso. Viene definita come una pietra militare nella storia della genetica che consentirà di capire cosa ci rende diversi l’uno dall’altro e lo sviluppo di malattie.

Come siamo arrivati ad avere un pangenoma?

 

Fonte: Future Brain

Dagli inizi degli anni 2000, vennero rilasciate le prime bozze del genoma umano, qui segue il primo genoma umano di riferimento.
Però questa sequenza non era completa, per la presenza di buchi che vennero colmati oggi tramite delle nuove tecniche, così si presenta una sequenza completa del nostro genoma, denominata T2T-CHM13. Questa è una sequenza di 20 persone, quindi non si aveva una diversità di specie, per cui ora possiamo rispondere alla nostra domanda dicendo che ci serve un genoma di partenza più rappresentativo e quindi allargare lo stesso. 

Come fu creato il nuovo genoma di riferimento?

Pangenoma: progetto che punta a rappresentare la variabilità genetica umana - Osservatorio Terapie Avanzate
Fonte: osservatorioterapieavanzate.it

Per la creazione partirono 47 persone di diversa appartenenza, di diverse aree del mondo, quindi il genoma di riferimento che ne deriva non è più proveniente da quasi una sola persona, ma prende uno spettro più ampio dell’umanità.

Nel pangenoma abbiamo:

  • delle aree più comuni, che sono quelle perfettamente allineate;
  • delle deviazioni che rappresentano i punti in cui i genomi sono diversi.

I ricercatori del progetto mirano ad includere 350 persone rispetto alle 47 nominate prima. In questo modo non avremo un pangenoma completo ma sicuramente più rappresentativo. Lo Human Pangenome Reference consortium presenta l‘assemblaggio di 94 genomi umani per studiare le variazioni genetiche alla base delle differenze tra gli esseri umani. Inserendo informazioni a partire da diversi individui, la prima versione del pangenoma di riferimento umano fornisce una base più equa per la ricerca biomedica, da questo gli autori mostrano che il pangenoma può migliorare l’accuratezza della genotipizzazione e permettere la scoperta di quasi il doppio delle varianti strutturali rispetto a quanto possibile con un singolo genoma di riferimento.

Conclusione

Un test del genoma all'ingresso in ospedale: il futuro è vicino - la Repubblica
Fonte: Repubblica

Questa scoperta è la dimostrazione che la scienza ci stupisce giorno dopo giorno sempre di più. Il pangenoma venne definita come una “Tv in bianco e nero fino ad arrivare a una ad alta definizione”.

                                                                                                                                                                   Sofia Musca

Bibliografia

https://www.wired.it/article/pangenoma-umano-significato-definizione-nature-mappa-dna/
https://www.focus.it/scienza/scienze/primo-pangenoma-diversita-umana 
https://www.cnr.it/it/news/11934/il-pangenoma-umano-rivela-inaspettate-scoperte-sull-infertilita-e-le-condizioni-congenite
https://www.alamy.it/fotos-immagini/genoma-umano.html?sortBy=relevant

Dagli studenti per gli studenti: quali sono i meccanismi di trasmissione nei batteri?

I batteri sono microrganismi unicellulari, aploidi, in grado di riprodursi autonomamente nell’ambiente e anche in vari tessuti del corpo umano; vengono utilizzati per questo nei laboratori.

Indice dei contenuti

  1. Cosa sono i batteri?
  2. Meccanismi di trasmissione?
  3. La riproduzione dei batteriofagi
  4. Come si replicano i batteriofagi nei batteri?
  5. I fagi si replicano: tramite un ciclo litico e un ciclo lisogenico

Cosa sono i batteri?

Sono organismi aploidi, unicellulari e si riproducono asessualmente. Vengono utilizzati in laboratorio tramite delle soluzioni solide o liquide, definite terreni di coltura contenenti sostanze nutritive su cui è possibile crescere cellule eucariote e procariote.
I terreni di coltura liquidi sono composti da un recipiente contenente una quantità di soluzione acquosa, in cui sono disciolti i nutrienti e altre sostanze necessarie. Nel liquido viene inoculato lo starter e, se tutto il procedimento viene fatto in maniera corretta, si osserverà lo sviluppo della coltura. I terreni di coltura solidi invece, sono substrati duri, costituiti da una base di acqua a cui sono aggiunti nutrienti e altri composti per la solidificazione.

Batterio nelle sue sezioni. Fonte

Meccanismi di trasmissione

I batteri vengono infettati da un fago virulento, cioè che contiene nel suo organismo un virus. Il virus è un complesso parassita intracellulare obbligato, capace di vivere e riprodursi solo all’interno di cellule viventi. Contengono solo parte dell’informazione genetica necessaria per la loro moltiplicazione. Il loro acido nucleico, DNA o RNA virale, codifica solo le proteine strutturali e alcuni enzimi necessari per la replicazione del materiale genetico.
I batteri vengono infettati da virus specializzati definiti batteriofagi, questi presentano una testa proteica, definita capside, che custodisce e protegge il materiale genetico; una coda di lunghezza variabile, costituita da un tubo cavo in cui passa il materiale genetico e da delle fibre terminali associate alla coda, che circondano delle zampe e che servono per riconoscere e ancorarsi alla superficie batterica. La coda e le fibre formano un iniettosoma, cioè l’apparato che dapprima trivella la superficie batterica, per poi iniettare all’interno del batterio il materiale genetico come una siringa.

Virus batteriofago nelle sue parti. Fonte

La riproduzione dei batteriofagi

Come si replicano i batteriofagi all’interno dei batteri? Possono infettare solo un tipo o una famiglia di batteri, questo perché i batteriofagi riconoscono solamente le strutture uniche del suo target batterico tramite, di solito, la punta della coda. Quando questa interazione è produttiva e corretta si innescano una serie di eventi che culminano nell’iniezione del genoma fagico all’interno del batterio predato.

I fagi si replicano tramite: un ciclo litico e un ciclo lisogenico

Quando parliamo di ciclo litico intendiamo che la riproduzione del fago avviene immediatamente; il virus va a legarsi ad un batterio e va ad iniettare il proprio acido nucleico, prendendo il controllo dell’attività metabolica della cellula ospite; successivamente le cellule ospiti del virus vanno incontro a lisi liberando i fagi di nuova generazione.
Invece, per quanto riguarda il ciclo lisogenico, posticipa la riproduzione inserendo il proprio codice genetico nel genoma della cellula ospite, così che il batterio infettato non vada incontro a lisi e ospiti nel proprio genoma l’acido nucleico virale.
Nel caso in cui non siano, più presenti, le condizioni ottimali per la riproduzione virale, il virus svolgerà il ciclo litico.

Raffigurazione del ciclo litico e lisogenico. Fonte

 

Sofia Musca

Bibliografia
https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/v/virus-e-batteri#:~:text=I%20batteri%20sono%20dei%20microrganismi,vari%20tessuti%20del%20corpo%20umano.

https://www.my-personaltrainer.it/salute/batteri-genetica.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Terreno_di_coltura

https://www.chimica-online.it/biologia/terreni-di-coltura.htm

https://www.my-personaltrainer.it/salute/virus.html#167791

Batteriofagi: introduzione ai virus che infettano i batteri

Basi del DNA nei meteoriti: siamo davvero figli delle stelle?

Le 5 basi azotate del DNA e dell’RNA, sono state ritrovate in frammenti di meteoriti. Gli scienziati, in passato, erano riusciti a trovare solo tre di esse (adenina, guanina e uracile). Tuttavia, qualche giorno fa, un team di ricercatori giapponesi affiancato dalla Nasa, è riuscito ad osservare anche le ultime due mancanti (citosina e timina), che probabilmente erano sfuggite alle precedenti analisi.

DNA e RNA

DNA e RNA sono gli acidi nucleici che costituiscono il materiale ereditario. Il primo è formato da quattro basi azotate: adenina, timina, citosina e guanina. Il seconda differisce invece per la presenza dell’uracile al posto della timina. Inoltre, il DNA presenta un doppio filamento e possiede come zucchero il desossiribosio, mentre l’RNA è a singolo filamento e vanta la presenza di ribosio. Entrambe le molecole sono costituite da basi azotate. Queste hanno un doppietto elettronico sull’atomo di azoto, ragion per cui manifestano delle proprietà basiche.

www.chimica-online.it

Le basi azotate

Le basi azotate sono parte costituente degli acidi nucleici insieme ad uno zucchero e al fosfato. Esse sono: adenina, timina, citosina, guanina e uracile. Si distinguono in purine (adenina e guanina) e pirimidine (timina, citosina e uracile) a seconda che si tratti di molecole a doppio o a singolo anello eterociclico azotato. Possiamo quindi considerarle come gli “ingredienti” alla base di qualsivoglia forma di vita sulla Terra.

La scoperta delle prime 3 basi azotate nei meteoriti

Circa 50 anni fa, dei ricercatori avevano già individuato la presenza di adenina, guanina e uracile in alcuni frammenti di meteoriti. La tecnica utilizzata prevedeva l’immersione dei frammenti in una soluzione contenente acido formico, un acido carbossilico con forte proprietà corrosiva e riducente, a temperature elevate. Citosina e timina devono essere “sfuggite” all’osservazione per via della loro natura facilmente degradabile.

www.meteorologiaenred.com

La scoperta delle basi mancanti

Recentemente, un gruppo di scienziati giapponesi dell’Università di Hokkaido, con a capo il geochimico Yasuhiro Oba ed in collaborazione con alcuni scienziati della Nasa, è riuscito ad elaborare una tecnica per estrarre le basi mancanti. Il gruppo di ricercatori, dopo una serie di tentativi, è riuscito ad individuare le due basi mancanti all’appello utilizzando una soluzione più fredda, così da evitare che timina e citosina si degradassero. Per l’esperimento, ha usato campioni di tre meteoriti diversi: Murray, caduto in Kentucky nel 1950, Murchison, rinvenuto in Australia nel 1969 e Tagish Lake, arrivato nella British Columbia nel 2000. I frammenti sono stati trattati utilizzando una tecnica di cromatografia liquida ad alta prestazione, accompagnata da una particolare spettrometria di massa, come si legge nello studio pubblicato su Nature.

Conclusioni

Insomma, col DNA ci abbiamo fatto di tutto. Siamo riusciti ad analizzarlo, estrarlo, clonarlo, eppure non siamo ancora riusciti a capire da dove derivi. Danny Glavin, co-autore dello studio presso la Nasa, afferma:

“Ora abbiamo le prove che il set completo delle basi azotate, componente della vita oggi, avrebbe potuto essere disponibile sulla Terra quando la vita è emersa.

Oggi non disponiamo delle tecnologie che provino con certezza da dove possa derivare la vita sulla Terra. Certo è però che questa scoperta rappresenta davvero una svolta: per citare Alan Sorrenti, magari siamo davvero figli delle stelle!

 Francesca Aramnejad

Per approfondire:

https://www.focus.it/scienza/scienze/vita-sulla-terra-fu-portata-dalle-meteoriti

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2022/04/28/nei-meteoriti-tutte-le-lettere-dellalfabeto-della-vita_895555ff-3c68-4154-aa5e-4c569828dbe8.html

https://www.nature.com/articles/s41467-022-29612-x#:~:text=In%20addition%20to%20previously%20detected,and%206%2Dmethyluracil%2C%20respectively.

Prima sequenza completa del genoma umano: 21 anni di ricerca

Dopo due decenni, i ricercatori hanno generato la prima sequenza completa e senza interruzioni di un genoma umano.

    Indice articolo:

Cos’è un genoma?

Un genoma è l’insieme completo di istruzioni genetiche di un organismo. Ogni genoma contiene tutte le informazioni necessarie per costruire quell’organismo e consentirgli di crescere e svilupparsi.
Il nostro corpo è composto da milioni di cellule (100.000.000.000.000), ognuna con il proprio set completo di istruzioni per comporci, come un ricettario per il corpo. Questo insieme di istruzioni è il nostro genoma, ed è costituito da DNA.  All’interno di esso c’è un codice chimico unico che guida la nostra crescita, sviluppo e salute. Questo è determinato dall’ordine delle quattro basi nucleotidiche che compongono il DNA, ovvero adenina, citosina, guanina e timina, indicati con le lettere A, C, G e T. Il DNA ha una struttura contorta a forma di doppia elica. I singoli filamenti di DNA sono avvolti in strutture chiamate cromosomi.

Rappresentazione grafica del DNA e del genoma https://upload.wikimedia.org

I nostri cromosomi si trovano nel nucleo all’interno di ogni cellula, dove le sezioni del DNA vengono “lette” insieme per formare i geni. I geni controllano diverse caratteristiche, come il colore degli occhi e l’altezza. Tutti gli esseri viventi hanno un genoma unico, quello umano è composto da 3,2 miliardi di basi, ma altri organismi hanno dimensioni del genoma diverse.
Se stampati, i 3,2 miliardi di lettere nel tuo genoma riempirebbero una pila di libri tascabili alta 61 m oppure 200 elenchi telefonici di 500 pagine.

Human Genome Project

Nel 2020 un team di scienziati statunitensi e britannici aveva prodotto la sequenza di DNA senza interruzioni, dall’inizio alla fine, di un cromosoma X umano, cosa già trattata in uno scorso articolo.
Questa volta gli scienziati hanno generato il primo genoma umano completo e senza gap, due decenni dopo che lo Human Genome Project ha inizialmente prodotto una bozza. La ricerca è stata completata dal consorzio Telomere to Telomere (T2T), che includeva la leadership dei ricercatori del National Human Genome Research Institute (NHGRI) degli Stati Uniti, parte del National Institutes of Health degli Stati Uniti; Università della California, Santa Cruz e l’Università di Washington, Seattle. Sei articoli che comprendono la sequenza completata appaiono in Science, insieme ad altri complementari in diverse riviste.
Avere una sequenza completa e priva di lacune di circa tre miliardi di basi del DNA umano, è fondamentale per l’intero spettro della variazione genomica umana e per comprendere i contributi genetici per determinate malattie. Le analisi della sequenza completa del genoma aumenteranno significativamente la conoscenza dei cromosomi, comprese mappe più accurate per cinque bracci cromosomici, il che apre nuove linee di ricerca. Questo aiuta a rispondere alle domande di biologia di base su come i cromosomi si segregano e si dividono correttamente. Il consorzio T2T ha utilizzato la sequenza del genoma ora completa come riferimento per scoprire oltre due milioni di varianti aggiuntive nel genoma umano. Questi studi forniscono informazioni più accurate sulle varianti genomiche all’interno di 622 geni clinicamente rilevanti.

La generazione di una sequenza del genoma umano veramente completa rappresenta un incredibile risultato scientifico, fornendo la prima visione completa del nostro progetto di DNA“, ha affermato il dottor Eric Green, direttore di NHGRI.

 

https://www.ck12.org

Le ultime tecnologie di sequenziamento

Secondo i ricercatori, nell’ultimo decennio sono emerse due nuove tecnologie di sequenziamento del DNA che hanno prodotto letture di sequenze molto più lunghe. Il metodo di sequenziamento del DNA di Oxford Nanopore può leggere fino a un milione di ‘’lettere’’ di DNA con una precisione modesta, mentre il metodo di sequenziamento del DNA di PacBio HiFi può leggere circa 20.000 lettere con una precisione quasi perfetta. I ricercatori del consorzio T2T hanno utilizzato entrambi i metodi di sequenziamento del DNA per generare la sequenza completa del genoma umano.
Il sequenziamento completo si basa sul lavoro dello Human Genome Project, che ha mappato circa il 92% del genoma e della ricerca intrapresa da allora. Migliaia di ricercatori hanno sviluppato strumenti di laboratorio, metodi computazionali e approcci strategici migliori per decifrare la sequenza complessa.
Quest’ultimo 8% include numerosi geni e DNA ripetitivo ed è paragonabile per dimensioni a un intero cromosoma. I ricercatori hanno generato la sequenza completa del genoma utilizzando una linea cellulare speciale che ha due copie identiche di ciascun cromosoma, a differenza della maggior parte delle cellule umane, che trasportano due copie leggermente diverse. Hanno inoltre osservato che la maggior parte delle sequenze di DNA appena aggiunte erano vicine ai telomeri ed ai centromeri ripetitivi.

Conclusioni

Il costo del sequenziamento di un genoma umano, utilizzando tecnologie di “lettura breve” che forniscono diverse centinaia di basi di sequenze di DNA alla volta, è solo di poche centinaia di dollari, essendo diminuito in modo significativo dalla fine del Progetto Genoma Umano. Tuttavia, l’utilizzo di questi metodi di lettura, lasciano ancora alcune lacune nelle sequenze genomiche assemblate. L’enorme calo dei costi di sequenziamento del DNA si unisce a maggiori investimenti in nuove tecnologie di sequenziamento del DNA per generare letture di sequenze di DNA più lunghe senza compromettere l’accuratezza.

Queste informazioni fondamentali rafforzeranno i numerosi sforzi in corso per comprendere tutte le sfumature funzionali del genoma umano, che a loro volta rafforzeranno gli studi genetici sulle malattie umane“, ha concluso Green.

 

Gabriele Galletta

 

Fonti: https://www.science.org/doi/10.1126/science.abj6987

Le applicazioni di CRISPR Cas9, Nobel per la Chimica 2020

Il Nobel per la Chimica quest’anno è stato “vinto a parimerito” dalla chimica americana Jennifer A. Doudna e dalla biochimica francese Emmanuelle Charpentier. 

Il metodo di modificazione del DNA da loro scoperto è attualmente, nelle sue nuove varianti, il più preciso conosciuto. Le applicazioni di CRISPR Cas9 provengono da scienziati di tutto il mondo, per esperimenti che spaziano dalla medicina, all’agroalimentare e alle energie pulite. 

Qualche esempio in ambito zootecnico-alimentare 

Partendo dall’ambito non medico, grazie alle applicazioni di CRISPR Cas9 è possibile realizzare degli OGM con una precisione ed efficienza mai viste prima: 

  • Mais geneticamente modificato per produrre delle colle (evitando l’uso di idrocarburi o altre sostanze particolarmente tossiche per l’uomo e per l’ambiente)
  • La pianta erbacea Setaria viridis modificata per produrre biocarburante (che fa si che si che la CO2 prodotta sia stata prima sottratta all’ambiente, dalla fotosintesi delle piante modificate)
  • La Camelina sativa modificata per produrre notevoli quantità di omega3, noti protettori cardiovascolari (1)
  • Produzione di alimenti con più alto valore nutritivo per riuscire a nutrire più persone, risparmiando risorse in termini di acqua, disboscamento ed energia, aiutando i Paesi poveri con alimenti “supernutrienti”. Un esempio è il golden rice, un riso ricco di Beta carotene, vitamina essenziale per la vista (2) 
Crediti immagine: Wikipedia

Prima per realizzare simili modifiche occorrevano anni e milioni di dollari. Ad esempio bisognava infettare le piante con virus o batteri vettori che comunque avevano poca efficienza, dovuta ai precedenti metodi come ZFNTALENs. 

Un esempio di una possibile futura applicazione, stavolta quasi fantascientifica, potrebbe essere il “Riportare in vita” delle specie estinte, come i Mammutprendendo il DNA dai fossili ed inserendolo in cellule dei loro più vicini discendenti, gli elefanti. (3)

Crediti immagine: Focus

Insomma, le applicazioni sono pressoché illimitate. 

In ambito medico abbiamo già diversi esempi di applicazioni di CRISPR Cas9

Nel 2018 in Europa è iniziato un trial clinico per la cura della Beta Talassemia, malattia che richiede a chi ne è affetto trasfusioni di sangue continue. Essa è causata da un difetto dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi. 

Tramite CRISPR Cas9, prendendo le cellule staminali del sangue dei pazienti malati, è possibile correggere il loro difetto genetico (produzione dell’emoglobina anomala), quindi reinserirle nel corpo del paziente e una volta moltiplicatesi, esse andranno a produrre globuli rossi perfettamente funzionanti. (4)

Crediti immagine: genomeup

In Cina ed in altri Paesi sono in corso studi per la cura dell’HIV. Nonostante infatti venga tenuta a bada dalle terapie antiretrovirali, rimane latente nel corpo dei sieropositivi in quanto il virus riesce ad integrarsi nel DNA del soggetto malato. Con CRISPR Cas9 gli scienziati cinesi sono riusciti ad eliminare totalmente il virus dal corpo dei ratti di laboratorio infettati con HIV. 

Insomma, con CRISPR Cas9 qualunque patologia apparentemente incurabile sembra risolvibile. Infatti, tra le altre applicazioni future ci potrebbero essere: 

  • Corea di Huntington
  • Leucemia Mieloide Acuta 
  • Emofilia
  • Sarcoma di Ewing 
  • Distrofia muscolare 
  • Vari tipi di tumori (5)

E molte altre patologie, se si riconoscerà il gene difettoso e quindi si capirà cosa andare a “correggere”. 

Il problema etico 

Nel 2018, in Cina, due gemelle, Lulu e Nana, sono nate immuni all’HIV. Gli scienziati cinesi hanno modificato il loro DNA quando ancora erano degli embrioni, rimuovendo il recettore CCR5 dai loro globuli bianchi, recettore usato dal virus per infettare le cellule.  (6)

Crediti immagine: scienza fanpage

Sembra un traguardo sensazionale ma, in primis, nessuno sa quali svantaggi comporterà in queste bambine la mancanza di tale recettore. Esso è infatti importante per i segnali con cui comunicano le cellule, come le interleuchine, il TNF ecc. Mancando, potrebbe sì proibire alle bambine di ammalarsi di HIV, ma al contempo potrebbe scatenare in loro nuove patologie sconosciute. 

In secondo luogo, modificare fin dalla nascita un essere vivente perché non si ammali di una eventuale patologia, significa avvicinarsi pericolosamente al concetto di Eugenetica. A nascere e meritare la vita sarebbero solo gli individui geneticamente perfetti, facendo perdere da un lato l’eterogeneità della razza umana, importantissima sia in quanto tale, che per scongiurare un’estinzione della specie. Ad esempio, potrebbe nascere una malattia che attacca solamente gli “esseri perfetti”, che invece risparmia quelli con qualche difetto.

Senza dimenticare che le bambine non hanno chiesto di nascere con quella mutazione, che fintanto frutto del caso sarebbe “accettabile”, ma se provocata artificialmente pone un interrogativo: chi ha il diritto di decidere come dovrai nascere? 

Magari oggi si inizia dall’evitare il contagio dell’HIV, per finire un giorno, in un futuro distopico, ad avere solamente soggetti con occhi verdi, o soggetti alti più di una determinata altezza. 

Fortunatamente la comunità scientifica internazionale ha aspramente criticato tale comportamento, prendendone le distanze. 

Conclusioni

Il traguardo tecnologico raggiunto nell’editing genomico con questa scoperta ha fatto sì che il Nobel per le scienziate Jennifer A. Doudna e Emmanuelle Charpentier sia arrivato molto in fretta, più che meritatamente. Di solito, infatti, passano anche decine di anni per l’assegnazione del premio. 

Ben presto, una volta che i trial clinici già in atto e quelli futuri dimostreranno come migliorare la tecnica per evitare quei pochi effetti indesiderati, qualunque patologia genetica conosciuta sarà curabile. Con un po’ di ingegno, si potranno curare anche patologie come i tumori, magari modificando il sistema immunitario in modo che possa riconoscerli e attaccarli selettivamente (tecnica già in sperimentazione chiamata CAR-T). 

Si potranno realizzare OGM sempre più efficienti che aiuteranno sia l’umanità che la natura, cercando di risparmiare risorse o salvare specie in pericolo. 

Un grande grazie andrebbe urlato dal mondo intero a queste scienziate, donatrici di un nuovo potentissimo strumento nelle mani dell’umanità.
Starà a noi, come del resto vale per qualunque potente mezzo tecnico-scientifico, deciderne l’uso ed evitarne l’abuso.

 

Roberto Palazzolo

 

(1) https://www.lescienze.it/news/2018/01/16/news/crispr_genetica_piante_migliorate_ogm-3822923/

(2) https://www.lescienze.it/news/2020/03/17/news/il_nuovo_golden_rice_dell_era_crispr-4698594/

(3) https://www.focus.it/ambiente/animali/editing-genetico-per-creare-un-mammut-ibrido

(4) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/talassemia/13892-beta-talassemia-avviata-in-europa-la-prima-sperimentazione-clinica-con-crispr

(5) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/talassemia/13892-beta-talassemia-avviata-in-europa-la-prima-sperimentazione-clinica-con-crispr

(6) https://www.dday.it/redazione/33319/bambine-geneticamente-modificate-hiv-ricerca-mit

 

CRISPR Cas9 è Nobel per la Chimica 2020, cos’è?

l Nobel per la Chimica quest’anno è stato “vinto a parimerito” dalla chimica americana Jennifer A. Doudna e dalla biochimica francese Emmanuelle Charpentier, per lo sviluppo di CRISPR Cas9, una tecnica di editing genomico.

In cosa consiste questa scoperta? 

CRISPR cas9 è un metodo per “tagliare e cucire” il DNA nei punti che si desidera.  

Ha già aiutato molti scienziati nello studio e nella cura di molte patologie, negli OGM e nella ricerca di base. 

In molte malattie infatti, ci sono dei geni che sono difettosi o mancanti, oppure come nel caso dei tumori, mutati. 

Tramite questo ingegnoso sistema è possibile andare a tagliare via il gene difettoso e sostituirlo con una copia sana dello stesso, guarendo in una sola volta e definitivamente una determinata patologia. 

 

 

Ma non esistevano già tecniche di editing genomico?  

Sì, ma non erano sicure. 

L’editing genomico è una particolare tecnica di ingegneria genetica in cui si cancella, aggiunge o modifica, una porzione del DNA di un organismo vivente. 

Sin dagli anni 2000, mappato il DNA, si è pensato che una volta capito quale fosse il gene difettoso in una determinata patologia, sarebbe bastato correggerlo per far guarire il malato dalla patologia stessa: nacque così la Terapia Genica. 

 pensò all’inizio di utilizzare le proprietà di alcuni virus con trascrittasi inversa, capaci di inserirsi nel DNA della cellula infettata e vivere in essa per sempre, come ad esempio fa il virus dell’HIV. Questa tecnica tuttavia presentava degli svantaggi: 

Non si riusciva a controllare dove il pezzo di DNA da voler aggiungere fosse inserito. Questo comportava che se da un lato si potesse curare una patologia genetica, dall’altro se ne sarebbe potuta procurare una nuova, visto che inserendo a casaccio del DNA, esso poteva essere letto scorrettamente o poteva far “sfalsare” il resto del DNA, che venendo letto male, avrebbe comportato la nascita di altre patologie genetiche. 

 

Sarebbe come inserire una frase a caso in un libro, il lettore sarebbe confuso e potrebbe travisare il significato dell’intero paragrafo 

 ZFN e TALENs

Successivamente, sempre prima di CRISPR cas9, vennero utilizzate le tecniche ZFN (Zinc Finger Nucleases) e TALENs (Transcription activator-like effector nucleases). In queste due tecniche, venivano usate delle nucleasi, ovvero specifici enzimi che tagliano il DNA, per tagliare e successivamente inserire il DNA voluto all’interno del genoma dell’organismo. 

Le “dita di zinco” sono delle particolari proteine che abbiamo tutti nelle nostre cellule, che consentono di legare il DNA in specifici punti, si è pensato quindi di modificare queste proteine per realizzare appunto la tecnica ZFN. 

Crediti  immaginenature.com 

 

Mentre per la TALEN ci si è ispirati a delle proteine dette TALprovenienti dalle piante che le usano per difendersi da batteri o altri microorganismi, capaci anch’esse di legare il DNA in specifici punti e quindi tagliarlo. (1)

Crediti immagine: researchgate.net 

Qual era il problema di queste due tecniche?  

Che usavano delle proteine (strutture fatte da amminoacidi) per legare il DNA, che è  fatto di nucleotidi. Questo comportava una certa imprecisione, visto che per quanto specifiche, sequenze di DNA simili a quelle che si volevano modificare potevano essere presenti in altre parti del DNA, andando quindi a ricadere nell’errore di modificare parti non volute del genoma, con tutte le possibili patologie che ne potrebbero derivare nel caso della cura di malattie, o di inefficienza parlando di OGM. 

La svolta di CRISPR Ca9 

Nel 2011, Emanuelle Charpentier, studiando un batterio patogeno per l’uomo, lo Streptococcus Pyogenes, si accorse che questo batterio aveva un’arma per difendersi dai Batteriofagi (virus che attaccano i batteri). 

L’arma in questione era CRISPR. Letteralmente Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeatstraducibile con “brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari” 

In pratica il batterio che era stato attaccato da un virus, ne memorizzava il DNA o RNA, inserendolo poi nel suo Genoma, per far sì che ad una eventuale reinfezione, trascrivendo l’RNA da quelle sequenze che aveva memorizzato tramite CRISPR, poteva produrre delle sequenze di RNA complementari a quelle del virus, bloccandolo e avendo così una sorta di “immunità” ad esso (questo meccanismo è conosciuto come “RNA interference)  (2)

Crediti immagine: researchgate.net 

Non era nuovo questo meccanismo, in quanto fu notato per la prima volta nel 1993 dal biologo marino Francisco Mojica, in una serie di batteri. 

Dove sta quel plus che ha fatto vincere il Nobel alle due scienziate? 

Una scoperta quasi per caso: 

L’intuizione della scienziata Charpentier, sta nel fatto di aver notato che questo meccanismo di difesa non usava proteine, ma RNA e DNA come strumenti principali per riconoscere il DNA, per cui aveva una precisione molto maggiore rispetto a qualunque tecnica di editing genomico fino ad allora conosciuta.  

Così nello stesso anno, ha pensato insieme alla scienziata Jennifer Doudnadi iniziare a lavorare alla riproduzione in laboratorio del sistema CRISPR unito alla proteina (sempre batterica) Cas9, che è una endonucleasi, ovvero un enzima capace di tagliare il DNA. 

Cas9, associata a CRISPR e altre proteine come transcrittasi e transattivasi, sarebbe stata in grado di tagliare uno specifico punto indicato dalla sequenza nucleotidica voluta, per poi inserire, sempre con la stessa precisione, un eventuale pezzo di DNA nel punto desiderato. 

Dal 2012 la tecnica si è sparsa per il mondo ed è stata utilizzata per una miriade di esperimenti, dagli OGM, ai biocarburanti alla cura di tante patologie. 

Il Nobel 

Oggi, a distanza di soli 8 anni (un Nobel può richiedere decine di anni per essere assegnato, ma la loro scoperta è talmente importante da aver impiegato pochissimo tempo per essere riconosciuta), le scienziate Charpentier e Doudna ricevono il più ambito dei riconoscimenti scientifici. 

Questa scoperta mostra come oltre allo studio, che alla lunga paga, una buona intuizione ed una vivace creatività sono le armi migliori di uno scienziato. 

Dalla semplice osservazione del sistema immunitario di un batterio, le scienziate sono riuscite a ricavare un potentissimo strumento che aiuterà l’umanità negli anni a venire, in innumerevoli campi tecnico-scientifici. 

Grande plauso quindi a queste grandi scienziate, che possano continuare a migliorare il mondo grazie ad una delle più preziose e nobili attività umane, la ricerca scientifica, e che questo meritatissimo premio possa essere d’ispirazione per le generazioni odierne e future! 

(1) https://upbiotech.wordpress.com/2019/05/27/lediting-genomico-prima-di-crispr-cas/

(2) https://elifesciences.org/articles/13450

 

Roberto Palazzolo

Patologie incurabili, sequenziato per la prima volta un intero cromosoma umano, compresi i telomeri

Progresso tecnologico e speranze future per le patologie incurabili. 

Un team di scienziati statunitensi e britannici ha prodotto la sequenza di DNA senza interruzioni, dall’inizio alla fine, di un cromosoma X umano 

Un telomero è l’estremità di un cromosoma che protegge l’interno del cromosoma stesso dai danni durante la divisione cellulare. Crediti immagine: Darryl Leya, NHGRI 

 

Luglio 2020, una bellissima scoperta scientifica è passata un po’ in sordina. 

Un team di scienziati ha sequenziato interamente un cromosoma umano. 

Ma cosa significa? Non avevamo già sequenziato l’intero genoma umano? 

Sì e no. 

Nel 2000 grazie al “Progetto genoma umano” sono stati sequenziati e mappati tutti i geni (ovvero la parte di DNA che viene “letta” e quindi trasformata in proteina) del nostro DNA 

Tuttavia una parte del genoma, l’eterocromatina, a causa della sua compattezza” è stata impossibile da sequenziare 

In parole povere è come se fossimo riusciti a tradurre un libro senza però riuscire a tradurne la copertina, ma sappiamo tutti che in un libro anche la copertina ha la sua importanza. 

Ma come hanno fatto gli scienziati a sequenziale i Telomeri ed il Centromero, impresa ritenuta prima impossibile? 

Usando una particolare tecnologia con nanopori, sono riusciti ad evitare che le lunghe ripetizioni di nucleotidi che si susseguono in queste particolari regioni del DNA, facessero saltare la DNA polimerasi o peggio rompessero il filamento ottenuto.
La tecnologia a nanopori ha inoltre permesso di identificare sequenze con metilazioni, riuscendo così anche a vedere i cambiamenti epigenetici avvenuti nel cromosoma. 
Per quanto riguarda il centromero i ricercatori sono riusciti ad identificare le varianti della sequenza di ripetizioni, e usando dei marcatori hanno allineato le lunghe stringhe di DNA ottenute per poi unirle, coprendo l’intera lunghezza del centromero. 
Infine, usando software avanzati sono stati in grado di garantire una maggiore precisione per avere una maggiore accuratezza nella sequenza delle basi sequenziate. (1) Continua a leggere “Patologie incurabili, sequenziato per la prima volta un intero cromosoma umano, compresi i telomeri”

Coronavirus e gruppo sanguigno: un’analisi del genoma per capire meglio la loro correlazione

Dopo aver passato la prima parte di 2020 quasi totalmente in lockdown, stiamo imparando a convivere con il virus e contemporaneamente stiamo conoscendo la sua storia e le sue caratteristiche.  È recente la notizia del riscontro di tracce del suo RNA nelle acque di Milano e Torino già a dicembre (per saperne di più clicca qui).Ma abbiamo mai pensato che un indizio potrebbe essere celato nel DNA delle nostre cellule? Chissà se anche l’infezione da Coronavirus SARS-CoV-2 colpisce preferibilmente pazienti con determinate mutazioni?

Molte patologie dell’uomo, infettive e non, sono correlate ad una predisposizione genetica. La mutazione di un gene, ereditata dai genitori o successivamente acquisita, può rendere un individuo più suscettibile ad una determinata malattia. Pensiamo, ad esempio, alle malattie autoimmuni che sono spesso associate all’espressione di un particolare aplotipo del complesso maggiore di istocompatibilità (HLA, Human Leukocyte Antigen).
Un gruppo di ricercatori europei, spinto dalla voglia di conoscere a 360° SARS-CoV-2, ha eseguito uno studio di associazione sull’intero genoma (GWAS, dall’inglese genome-wide association study). Si tratta di un particolare tipo di indagine eseguita in epidemiologia genetica con lo scopo sequenziare il genoma dei partecipanti per individuarne differenze e somiglianze.

Come si è svolta l’indagine?

Sono stati reclutati 1980 pazienti affetti da covid-19 diagnosticata mediante la ricerca tramite PCR dell’RNA di SARS-CoV-2 sui tamponi nasofarigei. Le nazioni coinvolte sono state le due più colpite dalla pandemia in Europa, almeno nei primissimi mesi, ovvero Italia e Spagna. Sono stati scelti pazienti ricoverati in terapia intensiva o nei normali reparti che hanno sviluppato insufficienza respiratoria, definendo tale evenienza come il ricorso all’ossigeno-terapia o alla ventilazione meccanica almeno una volta durante la degenza. Inoltre si è fatto un raffronto dei dati ottenuti con quelli di un gruppo di controllo di 2381 italiani e spagnoli, scelti tra donatori di sangue e volontari sani, di cui solo 40 avevano sviluppato anticorpi anti-coronavirus.

Dopo l’estrazione del DNA, la fase investigativa ha portato all’analisi di circa 9 milioni di polimorfismi di singolo nucleotide (SNP), sia nella coorte italiana che in quella spagnola.
I risultati ottenuti hanno dimostrato una frequenza maggiore di mutazioni in due loci genici: il primo sul braccio corto del cromosoma 3, l’altro su quello lungo del 9.

Locus 3p21.31

Questo locus comprende sei geni che potrebbero avere un’azione rilevante nella patogenesi della Covid-19. Il principale indiziato è SLC6A20 codificante per un cotrasportatore sodio-prolina che interagisce con il recettore ACE2, proprio il recettore di SARS-CoV sulla superficie cellulare. Inoltre altre proteine potenzialmente mutate in relazione allo stesso locus sono recettori per le chemochine, come CXCR6. Questo peraltro regola l’azione dei linfociti della memoria T CD8 residenti nel polmone contro i patogeni aerei.

Locus 9q34.2

Veniamo alla curiosità che ha destato più sorpresa dello studio. Il locus individuato sul cromosoma 9 è quello in cui si trovano i geni per gli antigeni del sistema principale dei gruppi sanguigni, ovvero AB0. Facciamo un piccolo off topic per capire il suo significato. I soggetti di gruppo sanguigno A sono quelli che esprimono sulla membrana plasmatica dei globuli rossi solo l’antigene A, mentre il gruppo B è determinato dall’antigene B. Coloro con gruppo AB presentano entrambi gli antigeni ed infine 0 (zero) indica l’assenza di antigeni sulla membrana degli eritrociti.

I risultati dicono che tra i partecipanti allo studio la maggioranza presentava gruppo sanguigno A, definito come un fattore di rischio che aumenta del 50% circa la possibilità di trattamento intensivo. Invece avere gruppo 0 assume addirittura il ruolo di fattore protettivo per forme critiche di Covid-19. Difatti i pazienti affetti da Covid-19 con gruppo sanguigno 0 raramente necessitano di ventilazione od ossigeno. Del resto anche in Cina ad inizio pandemia si erano resi conto che il nuovo coronavirus colpiva in prevalenza il gruppo A, ma non avevano approfondito ulteriormente.

Quali saranno i risvolti positivi di questa scoperta?

Sicuramente le informazioni acquisite con l’analisi genomica avranno un vantaggio non indifferente nella stratificazione del rischio nella popolazione. Potremmo infatti così individuare i soggetti suscettibili a complicanze più gravi della Covid-19 ed organizzare campagne di prevenzione rivolte nei loro confronti.

È importante ribadire che i risultati dello studio non indicano che chi ha gruppo A ha un rischio maggiore rispetto agli altri di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2. Piuttosto ci dicono che se sono di gruppo A e contraggo il coronavirus ho una probabilità maggiore di sviluppare una polmonite più aggressiva.
Comunque il meccanismo biologico con cui il gruppo sanguigno A influenzi negativamente l’infezione da coronavirus non è stato del tutto chiarito. Spetterà a nuove ricerche investigare in questo settore per sviluppare magari protocolli diagnostici e terapeutici migliori.

Antonio Mandolfo

 

 

 

Bibliografia

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2020283
https://www.assocarenews.it/primo-piano/ultim-ora/sanita/coronavirus-gruppo-sanguigno
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.03.11.20031096v2
https://www.ilpost.it/2020/06/19/gruppo-sanguigno-covid-19-coronavirus/

Con l’app DreamLab diventi parte attiva nella lotta contro il cancro (mentre dormi)

L’estate è ormai iniziata da molto, almeno secondo il calendario, la sessione estiva è terminata da poco e, che sia andata bene o male, ormai le vacanze sono vicine anche per i più stacanovisti (o comunque così si spera). Le giornate saranno lunghe e dominate, finalmente, da relax, mare, sole e granite, intervallate da lunghe dormite dopo notti brave. E se anche mentre dormiamo potessimo “pigliare pesci”? O comunque, se anche durante la nullafacenza potessimo produrre qualcosa di utile? Beh questo si può fare, e non sto parlando di una canna da pesca automatica per pescatori narcolettici (anche se ammetto che potrebbe essere una svolta per il mercato ittico).

Tutto ciò che serve è il nostro smartphone, un caricabatterie, l’app DreamLab e qualche buona ora di sonno. L’app in questione, sviluppata in comunione da AIRC e da Fondazione Vodafone, trasforma il nostro telefono in uno strumento virtuoso, capace di accelerare la ricerca sul cancro. Dopo aver scaricato l’app, totalmente gratuita, e aver collegato il telefono al caricabatterie, basterà attivare DreamLab per far sì che la potenza di elaborazione dello smartphone sia messa a disposizione della ricerca, in modo da velocizzare i complicatissimi calcoli che sono sempre necessari al giorno d’oggi per gli studi oncologici. Fondazione Vodafone ha già lanciato l’app nel Regno Unito, in Australia e in Nuova Zelanda, e in Italia ha messo l’app al servizio del progetto Genoma in 3D di IFOM, l’Istituto FIRC per l’oncologia molecolare.

Tanto vale approfittare, quindi, delle ore di inutilizzo dello smartphone e mettere in funzione la sua capacità di calcolo per uno scopo virtuoso. Quando lo smartphone è inutilizzato e collegato alla rete elettrica, l’app scarica piccoli pacchetti di dati, li elabora e li invia ai ricercatori. Così, contribuisce a indagare in modo analitico la struttura tridimensionale del Dna nel nucleo cellulare. Quello che una macchina con processore a otto core attiva 24 ore su 24 può fare in 600 giorni, mille smartphone attivi per sei ore a notte lo fanno in circa 20. Trenta volte in meno.

Come spiega Francesco Ferrari, a capo del progetto di ricerca e responsabile del laboratorio di genomica computazionale di IFOM, il progetto “Genoma in 3D” punta a caratterizzare in modo accurato la struttura tridimensionale del DNA. Finora la maggior parte della ricerca molecolare sul cancro si è concentrata sulle mutazioni che riguardano la porzione di DNA codificante per delle proteine particolari, ossia quelle che permettono o bloccano la replicazione cellulare. I geni che codificano per queste proteine infatti, se mutati, causano la proliferazione incontrollata delle cellule, quindi la neoplasia. Questa porzione, però, rappresenta solo una piccolissima parte del nostro DNA, circa il 2 per cento. Il restante 98 per cento contiene, tra le altre cose, “istruzioni” che servono a regolare se e quando i geni codificanti devono essere attivati, per fabbricare le rispettive proteine, e in che misura lo devono fare.

Ne consegue che capire il ruolo di queste regioni e come loro eventuali mutazioni influiscano sull’insorgenza e la progressione del cancro sia diventato di fondamentale importanza per la ricerca, essendo questo un mondo ancora quasi inesplorato. “Il fatto è” precisa Ferrari a AIRC “che all’interno del nucleo di una cellula i filamenti di DNA sono avvolti attorno a una serie di proteine e insieme a esse sono ripiegati in una specifica architettura in tre dimensioni che non è casuale, e anzi contribuisce a modulare la funzione delle regioni sia regolatorie sia codificanti.”

Matrice che rappresenta la struttura tridimensionale della cromatina

Per svolgere questo tipo di analisi servono strumenti bioinformatici e statistici molto potenti. È qui che entra in campo DreamLab. Più alto sarà infatti il numero di utilizzatori di smartphone che aderiranno al progetto, maggiore sarà la velocità di calcolo a disposizione dell’analisi dell’enorme quantità di dati sull’architettura 3D del DNA. L’applicazione è scaricabile gratuitamente per dispositivi Android e iOS. Sarà l’applicazione stessa a darci costantemente notizie riguardo la lotta contro il cancro e, in particolare, lo stato del progetto (ad oggi completato solo per il 4,24%), il numero di “dreamer” -utenti dell’app- (ad oggi solo 16,4 mila), e quanto noi stessi abbiamo contribuito nel nostro piccolo.

I risultati ci aiuteranno a interpretare il significato delle mutazioni nelle regioni non codificanti del genoma in pazienti con tumore” conclude Ferrari, sottolineando che all’inizio il progetto si concentrerà sul tumore del seno, uno dei più diffusi, per poi passare ad altri tipi di neoplasie come quelle del polmone e del pancreas.

Antonio Nuccio

Essere ricchi non farà la felicità, ma cambia il DNA

Un recentissimo studio della Northwestern University pone un’importante sfida per la medicina preventiva del futuro, indicando il meccanismo alla base delle differenze di salute tra popolazione ricca e popolazione povera.

Ricerche precedenti avevano già dimostrato che lo status socioeconomico è un potente fattore determinante per la salute e le malattie umane e che la disuguaglianza sociale è un fattore di stress onnipresente per le popolazioni a livello globale. La disuguaglianza sociale è associata a una predisposizione verso processi patologici che contribuiscono allo sviluppo di malattie, tra cui infiammazione cronica, insulino-resistenza e disregolazione del cortisolo. Un basso livello di istruzione e/o reddito comporta infatti un aumento del rischio di malattie cardiache, diabete, tumori e malattie infettive.

In questo studio, pubblicato il 4 Aprile sul American Journal of Physical Anthropology, i ricercatori hanno dimostrato che la povertà può essere “incorporata” in vaste aree del genoma, e tutto è governato da un finissimo equilibrio all’interno del nucleo delle nostre cellule: la metilazione. Questa rientra in una più ampia branca della medicina moderna: l’epigenetica, che studia i cambiamenti che influenzano il fenotipo, ovvero l’aspetto, della cellula e dei tessuti senza alterare il genotipo.

La metilazione del DNA è essenziale per il normale sviluppo: è associata infatti con l’imprinting genomico, l’inattivazione del cromosoma X e la carcinogenesi. La metilazione coinvolge quasi esclusivamente delle zone del DNA chiamate isole CpG (sequenze del DNA uguali e ripetute); quando questa avviene in prossimità di un promotore (che funge da interruttore) causa la repressione del gene cui è associato. Il processo è molto dinamico e può variare nel corso del tempo, accendendo e spegnendo diverse volte più e più geni.

Gli studiosi si sono rivolti ad uno studio di coorte già in corso nelle Filippine, il quale ha raccolto i dati economici delle famiglie di un gran numero di neonati a partire dal 1983, monitorandone l’andamento economico e sociale. A questi dati sono stati associati i vari profili di metilazione del DNA una volta che gli stessi neonati hanno compiuto circa 21 anni, età in cui lo sviluppo risulta essere completo.

Le analisi hanno identificato 2.546 siti su 1.537 geni in cui il DNA metilato differiva significativamente tra individuo benestante ed individuo povero. Si tratterebbe di una vera e propria firma della nostra condizione sociale all’interno delle nostre cellule.

Professor Thomas McDade

Thomas McDade, principale autore dello studio, nonché Professore di antropologia presso il Weinberg College of Arts and Sciences at Northwestern e direttore del Laboratory for Human Biology Research, ritiene che questo risultato sia significativo per due ragioni. In primo luogo perché, pur sapendo che la ricchezza è un potente fattore determinante della salute, precedentemente i meccanismi attraverso i quali il nostro organismo codifica le esperienze di povertà non erano noti; mentre oggi si.

“I nostri risultati suggeriscono che la metilazione del DNA può svolgere un ruolo importante, e l’ampia portata delle associazioni tra ricchezza e metilaione è coerente con l’ampia gamma di pattern biologici e performance di salute che sappiamo essere correlati alla ricchezza” ha affermato.

In secondo luogo, le esperienze nel corso dello sviluppo si sono incarnate nel genoma per modellarne letteralmente la struttura e la funzione. “Questo modello evidenzia un potenziale meccanismo attraverso il quale la povertà può avere un impatto duraturo su una vasta gamma di sistemi e processi fisiologici”.

Saranno infatti necessari studi di follow-up per determinare le conseguenze sulla salute della metilazione differenziale nei siti identificati dai ricercatori, ma si è già visto che molti dei geni interessati da questa variabilità sono gli stessi associati alle risposte immunitarie all’infezione e al cancro, allo sviluppo dell’apparato scheletrico e allo sviluppo del sistema nervoso.

Antonio Nuccio

 

Bibliografia: Thomas W. McDade, Calen P. Ryan, Meaghan J. Jones, Morgan K. Hoke, Judith Borja, Gregory E. Miller, Christopher W. Kuzawa, Michael S. Kobor. Genome‐wide analysis of DNA methylation in relation to socioeconomic status during development and early adulthood. American Journal of Physical Anthropology, 2019