Freaks out: esci dal tendone

 

Un film in cui l’arte circense infrange il timore della diversità. Voto UVM: 5/5

 

“Per te è facile, eh?! Perché sei normale! Noi senza circo siamo solo na banda di mostri!”

Venghino Signori venghino!  E’ approdato da poco sul grande schermo un film in cui i pregiudizi sulle differenze vengono abbattuti e il nazifascismo è dipinto come una grande barzelletta, il tutto accompagnato dall’arte circense: un mondo in cui l’immaginazione diventa realtà e quest’ultima prende le forme della favola.

“Signore e signori, l’immaginazione diventa realtà e niente è come sembra”

In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, dove si è portato a casa l’ambito leoncino d’oro -assegnato dalla giuria dei giovani di Agiscuola-  Freaks Out è un film diverso rispetto a quelli che siamo abituati a vedere nel panorama del cinema Italiano. Un’opera in cui la fantasia e la magia prendono vita.

Dimenticatevi le classiche pellicole italiane perché Freaks Out è un film in cui colori e luci hanno una prospettiva diversa, sono più vivi; è un po’ come se i personaggi dei fratelli Grimm uscissero da un libro per camminare nella Roma della seconda guerra mondiale. Una “favola” bramata da tanti mesi, perché a causa del Covid, il film è stato posticipato di un anno.

I quattro freaks. Da sinistra a destra: Matilde (Aurora Giovinazzo), Mario (Giancarlo Martini), Fulvio (Claudio Santamaria), Cencio (Pietro Castellitto)

Storia suggestiva, in cui il termine “banale” non trova posto, Freaks Out segna il ritorno di Gabriele Mainetti, che già ci aveva incantato con “Lo chiamavano Jeeg Robot” (2016).

Molti critici hanno definito l’ultima pellicola del regista come uno dei suoi più grandi capolavori, un’opera da fare invidia al cinema hollywoodiano.

“A noi non ci separa nessuno, manco la guerra!”

Il film è ambientato nella Roma del ’43, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, in un tempo in cui il sorriso era scomparso. I protagonisti sono quattro circensi che lavorano nel circo dell’ebreo Israel ( Giorgio Tirabassi), un tendone diverso fra gli altri .

I protagonisti di Freaks Out sono dei fenomeni da baraccone, dei “mostri” per la società, adatti solo alla vita circense o forse troppo speciali per un mondo che si veste di pregiudizi e in cui la “normalità” viene vista come la vera “soluzione”.

I quattro freaks con Israel (Giorgio Tirabassi)

Matilde (Aurora Giovinazzo) è una ragazza di 15 anni  che produce elettricità ed è per lei una maledizione, perché chiunque la tocchi viene fulminato; Cencio (Pietro Castellitto) invece è un ragazzo albino capace di controllare tutti gli insetti, Fulvio (Claudio Santamaria), un “uomo bestia” affetto da ipertricosi, ma dotato di forza sovrumana e con un’intelligenza fuori dal comune. Per ultimo troviamo Mario (Giancarlo Martini), un nano con un lieve ritardo mentale, ma dal “corpo -calamita” , che riesce di sua spontanea volontà ad attrarre a sé tutti gli oggetti metallici. Dimenticavo di parlare di Israel, personaggio che non ha niente al di fuori dal comune, è “normale”, ma viene definito mostro in quanto ebreo.

Durante uno degli spettacoli dei freaks, le strade vengono bombardate, il circo distrutto e i cinque  sono costretti a scappare. Israel sogna di portare il suo circo in America, lontano dagli orrori che affliggano l’ Europa, ma Fulvio propone di andare a trovare lavoro presso il Berlin Zircus, un circo sontuoso, allestito dai nazisti e guidato da Franz (Franz Rogowski). Anche quest’ultimo è un “diverso”: è un pianista con sei dita, dotato di poteri di chiaroveggenza.

Freaks out: locandina promozionale

Mi fermo qui cari lettori, non voglio fare spoiler: dovrete correre al cinema per sapere cosa accadrà ai nostri freaks! Vi lascio però con una domanda o forse più di una … Cosa fa più paura? Il diverso? O degli ebrei picchiati e trasportati come bestie sui treni? Fanno più paura i freaks o l’omertà che non ha il coraggio di opporsi agli orrori umani?

                                                                                                     Alessia Orsa

L’intarsio tra cinema e Sicilia al Taormina Film Fest

Lo scorso sabato è calato il sipario sulla 67esima edizione del Taormina Film Fest con la cerimonia di premiazione. Il Cariddi d’Oro (premio al miglior film) è stato assegnato al film Next Door di e con Daniel Brühl, che ha conquistato inoltre la Maschera di Polifemo come migliore attore. La Maschera di Polifemo per la categoria femminile è stata assegnata a Matilda De Angelis, per la sua impeccabile interpretazione nel film Atlas di Niccolò Castelli. Il Cariddi d’Argento è andato a Roberto De Feo e Paolo Strippoli, giovani registi di A classic horror story. Inoltre sono stati assegnati tre Taormina Arte Arwards, rispettivamente a Francesca Michielin, Anna Ferzetti e Ferzan Ozpetek.

Matilda De Angelis, vincitrice della Maschera di Polifemo come miglior attrice – Fonte: ciakmagazine.it

Oltre ai film in concorso, il grande protagonista del Festival è stato senza dubbio l’intarsio tra il cinema e la Sicilia; numerosi, infatti, sono stati gli appuntamenti e le proiezioni che hanno messo al centro questo profondo legame. Ripercorriamo insieme le tappe principali del viaggio attraverso questo prezioso intreccio.

Space Beyond

Apre la serie di proiezioni di “Cinema e Sicilia” -in collaborazione con Sicilia Film Commission e Fondazione Taormina Arte– il film-documentario Space Beyond (2020), dedicato all’astronauta siciliano Luca Parmitano. Diretto da Francesco Cannavà, Space Beyond è il racconto biografico della missione “Beyond” dell’ESA (European Space Agency), effettuata da Parmitano nelle vesti di colonnello pilota sperimentatore dell’Aeronautica militare e primo comandante italiano della Stazione Spaziale Internazionale.

Sei mesi di missione sulla ISS racchiusi in 82 minuti di film, con immagini inedite ed esclusive degli esperimenti scientifici svolti e delle attività extraveicolari effettuati durante la permanenza a bordo. “Il limite lo scegli tu, lo scegliamo noi come umanità come scienziati ed esploratori. Nel momento in cui lo scegliamo abbiamo un obiettivo da superare, poi sta a noi metterci tutti i mezzi necessari per poterlo superare. Per me Beyond, il termine “oltre”, è un contenitore e in un certo senso ci mettiamo dentro sia il limite sia il mezzo per superare questo limite” ha dichiarato Luca Parmitano.

Luca Parmitano – Fonte: ciakmagazine.it

Sulle tracce di Goethe in Sicilia

L’appuntamento successivo si è incentrato sul documentario Sulle tracce di Goethe in Sicilia (2020), del regista tedesco Peter Stein, che ha ripercorso le tappe del poeta connazionale attraverso l’occhio della telecamera. Il tema principale che merge dal diario di viaggio di Goethe è soprattutto la contraddizione tra la bellezza dell’Isola e le condizioni di vita della popolazione. Stein ha preso ispirazione proprio della bellezza dei paesaggi siciliani immortalati su un libro di fotografie; ha sottolineato inoltre di aver un profondo legame con la nostra terra, che lo ha premiato varie volte.

Peter Stein (a destra) durante le riprese – Fonte: ciakmagazine.it

Salviamo gli elefanti

Tre “corti cinematografici” -che affrontano il tema dell’integrazione- sono stati posti al centro di uno degli appuntamenti: stiamo parlando di La bellezza imperfetta (2019) di Davide Vigore, Scharifa di Fabrizio Sergi e Salviamo gli elefanti (2021) di Giovanna Bragna Sonnino. Quest’ultimo in particolare è stato proiettato in anteprima al festival e acclamato con una moltitudine di applausi da parte del suo primo pubblico.

Il corto, nonostante la breve durata, è denso di significato e rappresenta aspetti significativi della società siciliana. I due protagonisti sono Agata, donna ignorante e con una mentalità molto chiusa, e Orlando, bambino di origini italiane nato a Nairobi. Orlando è in vacanza con la sua famiglia e nella confusione del mercato del pesce si perde. Sarà Agata a proteggerlo e a portarlo con sé; i due sono molto diversi e questo porta a una impossibilità di incomprensione tanto verbale quanto culturale. Orlando ama gli animali, è un bambino molto intelligente, vive in una famiglia normale. Agata vive in un substrato sociale completamente diverso: parla prevalentemente in dialetto, non riuscendo a parlare bene l’italiano, è molto diffidente nei confronti degli animali; lavora come donna delle pulizie. Nonostante i contrasti iniziali, alla fine i due riusciranno ad imparare l’uno dall’altro.

Salviamo gli elefanti porta una certa innovazione nel mondo dei cortometraggi: racconta le vicende di una Catania povera, di una donna che, come molte altre, è invisibile nella società. Qui il tema delle differenze socio-culturali porta all’integrazione, alla comprensione del diverso: l’essere umano è sempre portato a temere il diverso, ma è proprio da esso che si andrà ad imparare e ad ampliare le proprie vedute.

Locandina di “Salviamo gli elefanti” – Fonte: ciakmagazine.it

Lo schermo a tre punte

Conclude il ciclo di incontri di “Cinema e Sicilia” l’opera Lo schermo a tre punte, del regista bagherese Giuseppe Tornatore, che ha dialogato con uno degli organizzatori del Festival -tramite la piattaforma online “Zoom”- prima della proiezione del film. Con lo stesso metodo della scena conclusiva del suo masterpiece Nuovo Cinema Paradiso, il Maestro ha unito diversi frame, tratti da oltre un centinaio di film legati alla cultura siciliana.

Attraverso la suddivisone in capitoli, Tornatore si è focalizzato sugli elementi comuni più presenti nei numerosi film visionati; vi è, così, un capitolo dedicato ai gesti, ai codici e al linguaggio tipici della sicilianità, uno dedicato alla Storia, uno alle carte geografiche dell’Isola, uno alle donne siciliane, e così via.

L’opera, dunque, non è altro che un’enciclopedia della cultura cinematografica siciliana, in continua evoluzione; proprio a causa di questa espansione, il regista considera il suo lavoro incompleto e ha ammesso che se dovesse aggiungere un nuovo capitolo lo dedicherebbe alle nuove generazioni.

Nonostante il lungometraggio sia datato risulta ancora funzionale ed irripetibile, un’intuizione geniale che esalta una cultura peculiare, bastarda, ricca e affascinante come quella siciliana.

Giuseppe Tornatore al Taormina Film Fest – Fonte: ciakmagazine.it

 

Sofia Ruello, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

https://www.ciakmagazine.it/ciak-taormina/

Immagine in evidenza:

Acquerello ispirato al viaggio di Goethe in Sicilia – Fonte: ciakmagazie.it

 

Grande successo dell’iniziativa benefica del CUS UniMe e del Cug: “Un calcio al razzismo”

Martedì 7 Maggio 2019. Aula Pugliatti del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina. Si è svolto il Convegno “Multiculturalismo e sport: la valorizzazione delle differenze” per celebrare la V edizione della manifestazione “Un calcio al razzismo – Uniti con lo sport”, organizzata dall’Ateneo peloritano, dal Comitato Unico di Garanzia – CUG ed dal CUS UniMe. I promotori dell’iniziativa sono stati affiancati da diverse realtà associative messinesi, quali l’US ACLI di Messina, l’Associazione BIOS, l’Associazione Panathlon Club e Messina nel Pallone.

Il convegno ha avuto il via con l’intervento di Carlo Giannetto, promotore dell’iniziativa, docente del Dipartimento di Economia e Vice Presidente del Comitato Unico di Garanzia, che dell’iniziativa è l’ideatore. Il tavolo dei relatori, coordinati dalla prof.ssa Concetta Parrinello, Presidente del Comitato Unico di Garanzia, era composto dai proff. Maria Catena Quattropani, docente di Psicologia clinica; Francesco Rende, docente di Diritto sportivo; Giuseppe Avena, docente di Statistica sociale; Antonella Cava, sociologa e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi; Giovanna Spatari, Delegata alle Politiche di Genere; Daniele Bruschetta, Delegato alle attività sportive e Fabio Trimarchi, Coordinatore del CdS in Scienze Motorie Sport e Salute; sono intervenuti anche il dott. Antonino Micali, Presidente del Cus UniMe ASD; il dott. Antonino Scimone, Presidente US ACLI di Messina e la dott.ssa Giulia Colavecchio, vicepresidente dell’Associazione Bios. Le conclusioni sono state affidate al prof. Ludovico Magaudda, presidente del Panathlon Club Messina e coordinatore del CdSM in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate.

Sono stati posti alcuni punti di riflessione sul fenomeno delle “differenze” nelle sue varie sfaccettature e si è posto l’accento sul modo in cui lo sport, in tutta la sua essenza, può valorizzare le differenze, trasformandole in importanti risorse per la società. L’obiettivo è, infatti, proprio quello di promuovere, attraverso lo sport, l’inclusione e l’integrazione dei migranti di prima e seconda generazione sul territorio italiano e di contrastare la discriminazione razziale e l’intolleranza valorizzando la diversità come risorsa. Un’opportunità per meditare su stereotipi e pregiudizi identitari e diffondere una società inclusiva, rispettosa del valore della pluralità e della diversità, che dello sport ne faccia uno strumento di confronto e condivisione.

Come lo stesso Antonino Scimone, presidente US ACLI, dichiara – abbiamo tutti delle diversità ed è profondamente triste farle emergere oggigiorno. Chi è uguale a chi?! Siamo tutti diversi. Nessuno è uguale all’altro. Ogni essere umano è unico: rispettarne la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà. La militanza all’interno delle Acli mi porta ad essere attento a questi problemi, a far emergere, a soffermarmi sui valori invece che sulle diversità.

L’iniziativa si è conclusa con il torneo di calcio a 5 che si è svolto nei giorni di martedì 7 e mercoledì 8 maggio, alle 15:00, presso la Cittadella sportiva universitaria. Anche per la V edizione, come nelle precedenti, al torneo hanno partecipato 10 squadre composte da studenti universitari, giovani migranti, giornalisti e rappresentanti di organizzazioni no profit.

 

Gabriella Parasiliti Collazzo