Dio 2.0: il Vangelo del nuovo millennio

Dio 2.0
Dio 2.0 è uno dei romanzi che meglio descrive la nostra era. Voto UVM: 5/5

 

Quando il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche annunciò, nel frammento 125 de La Gaia scienza, che Dio fosse morto, aggiunse anche che ora le ombre di Dio ne avrebbero preso il posto, perché l’uomo ha bisogno di qualcosa in cui credere, in cui riporre le sue speranze. Dopo la morte del primo Dio, ne sorge uno nuovo, fatto però non di speculazioni metafisiche ma di algoritmi; sorge il Dio 2.0 raccontato da Danilo Conti.

Copertina di Dio 2.0 di Danilo Conti

 

Il mondo di Dio

La storia di Dio 2.0 è semplice e lineare: a Gift Town, una cittadina stile USA anni ’50, vive la famiglia Turner, composta dal padre Seth, la madre Samantha, e il figlio preadolescente Brian. Tutti, a Gift Town, vivono seguendo i precetti del Codice Sacro, testo donato all’umanità da Dio in persona, il quale si manifestò nel cosiddetto Giorno della Rivelazione. Da allora, l’umanità vive sotto la guida diretta di Dio e dei suoi sacerdoti, i quali amministrano la società tramite i “punti sociali”, una sorta di metro del buon cittadino: chi compie azioni positive, segue il volere di Dio e non crea problemi, guadagna punti e riceve benefici di varia natura; chi invece si ribella all’ordine costituito li perde, e, qualora i punti si azzerassero, ecco che si spalancano le porte dell’Inferno, una landa desolata e inospitale, nella quale i condannati svolgono lavori forzati.

Dio 2.0
La Gaia Scienza di Friederich Nietzsche. Edizioni Adelphi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un Abramo mancato

Brian è un ragazzino irrequieto e pieno di domande sul mondo, in conflitto con la società in cui vive, troppo chiusa e ingabbiata nei dogmi di Dio e del Codice Sacro. Questo abito mentale indossato da tutti, dai compagni di classe alla madre, sta stretto a Brian, il quale inizia la sua personale ribellione contro la società in cui vive. Di fronte a quest’irrequietezza, i suoi genitori reagiscano in due modi molto diversi: la madre Samantha, estremamente devota, reagirà duramente e severamente, e cercherà di ricondurre il ragazzo ai principi del Codice Sacro; Seth, invece, cercherà una via di dialogo col figlio, di capire il momento che Brian sta passando e aiutarlo nel difficile compito di trovare delle risposte.

Tuttavia, sarà proprio questo atteggiamo accondiscendente di Seth a infastidire Dio, il quale si manifesterà all’uomo per dargli un ordine: punire severamente suo figlio. Seth sarà quindi diviso tra l’ordine superiore che dovrebbe rispettare e l’amore che prova per Brian, in maniera non dissimile dall’Abramo kierkegaardiano, al quale fu ordinato di sacrificare Isacco. Ma se Abramo deciderà di affidarsi completamente alla volontà superiore dalla quale l’ordine era giunto, così non riuscirà a fare Seth, il quale non solo si rifiuta di punire Brian, ma rimarrà al fianco del figlio anche nel momento peggiore che i due si troveranno ad affrontare: la condanna all’Inferno.

Dio 2.0
Il sacrificio di Isacco

Un Dio desiderato

Durante la sua prigionia all’Inferno, Seth entrerà in contatto con un piccolo nucleo di resistenza contro la dittatura teocratica che li governa. Questo nucleo sta organizzando un piano di fuga, che prevedeva anche la liberazione di una fabbrica di giocattoli dove sono confinati ragazzini come Brian. Sarà durante l’attuazione del piano che Seth rincontrerà suo figlio. I due scappano insieme al resto del gruppo e, quando il piano andrà a buon fine, sarà uno dei capi della resistenza chiamato Isaac a prendere la parola: egli rivela che il Dio che governa il mondo altro non è se non un complesso artificio reso possibile da avanzatissime forme di intelligenza artificiale, il cui solo scopo era pacificare definitivamente l’umanità. Era qualcosa di voluto, di desiderato per non cedere al caos, e infatti la fede stessa in questo Dio altro non è se non un massiccio lavaggio del cervello.

Deus in machina

L’umanità aveva dunque bisogno di un Dio a guidarla, e alcuni ingegneri hanno creato quella divinità, inscrivendone anche dei codici morali tramite i quali guidare e giudicare la condotta umana. Dio e le macchine coincidono in quello che l’ingegnere Federico Cabitza chiama deus in machina, ossia una forma di tecnologia talmente avanzata da sembrare una divinità dalla quale far discendere verità e giustizia morale. Ma entrambe sono, in realtà, né più né meno che codici inscritti dall’uomo stesso all’interno di quelle macchine.

Tuttavia, la divinità di Dio 2.0 riuscì a garantire, come dice Isaac, solo la felicità umana, e non la giustizia, e lui lo sa bene poiché era stato tra i programmatori di quella macchina, ed è stato mandato all’Inferno. Ma non per questo Isaac si è lasciato abbattere, e anzi ha organizzato un gruppo di resistenza, al quale dice che Dio, in realtà, non è necessario all’umanità per fare del bene o anche solo coesistere, e anzi, aggiunge l’anziano parlando con Brian, se un qualche Dio esiste, ha creato gli umani proprio per essere liberi.

Dio 2.0 e il nostro mondo

Dio 2.0 è un romanzo che ha moltissimo da dire sulla nostra epoca, nella quale proliferano, dopo la morte del vecchio Dio, nuove chiese, e una nuova divinità. Una divinità meccanica, tecnologica, non metafisica, ma che assolve alle stesse funzioni della divinità metafisica. L’uomo, come diceva Nietzsche, ha ancora bisogno di credere, e ancora è da venire il giorno in cui l’umanità si sarà affrancata a tutte le divinità, uscendo così da ogni forma di nichilismo, divenendo finalmente libero.

 

Alberto Albanese

The Man In the High Castle (l’uomo nell’alto castello)

The man in the high castle è una particolarissima serie Amazon che si articola sullo sfondo di un Novecento distopico che vede le potenze dell’Asse vincitrici della Seconda Guerra Mondiale. Detto cosi, può indubbiamente sembrare molto noioso, le serie a carattere storico di solito non sono proprio ‘leggere’.

Tutto si svolge negli anni ’70, gli Stati Uniti non esistono più, caduti per far posto da un lato all’Impero Giapponese e dall’altro al Reich tedesco. A separare le due potenze (territorialmente parlando) esiste una zona, la zona Grigia, all’interno della quale non vige alcuna giurisdizione e/o regola sociale.

Su questo scenario si muovono due principali gruppi di personaggi: chi è d’accordo con il Reich Tedesco e chi non lo è. ‘Essere d’accordo’ con il Reich, non significa soltanto prendere parte ai progetti espansionistici del Fuhrer, ma anche sposare lo stile di vita che ne delinea l’ideologia. Abbiamo Rufus Selwell, nei panni dell’Obergruppenführer, sicuramente il mio personaggio preferito, molto dinamico, poco scontato e dalla interpretazione impeccabile. Guardando tra le file giapponesi troviamo un altro bel personaggio, il ministro del commercio, molto simile a quello interpretato da Selwell e sicuramente degno di nota. Poi ci sarà un gruppetto di coraggiosi oppositori che tentano in tutti i modi di fermare i soprusi di questi due nuovi totalitarismi. A capo di questi gruppetti abbiamo Alexa Davalos, Juliana Crane, una giovane ragazza di San Francisco che insieme al compagno Frank Frink (Rupert Evans), si trova invischiata in problemi molto più grandi di lei. Un giorno la sorella di Juliana, Trudy torna a casa con una pellicola cinematografica (ai tempi non avevano youtube). All’ interno di questa pellicola ci sono immagini cosi preziose che alla fine quasi tutto si baserà sul recupero delle bobine.

A possedere un gran numero di film è proprio l’uomo nell alto castello, altra incognita perenne, che sembra muovere i fili della serie sin dall’inizio attraverso queste pellicole. Il primo contrasto di Juliana non è col Reich, ma con la Yakuza, la polizia dell’Impero Giapponese che in pratica calca le orme delle famose SS. Ed è proprio questo contrasto che da inizio alla serie di eventi (prevalentemente drammatici) tra i quali si articola la serie. Se la ‘zona grigia’ fosse un personaggio, sarebbe sicuramente Joe Blake (Luke Kleintank). Io la serie l’ho vista tutta, ma non ho ancora capito da che parte sta. Comincia come spia nazista ma poi perde la sua identità tra il susseguirsi delle vicende. La prima stagione in realtà è un pò povera di eventi, serve a introdurre la seconda, molto più movimentata. L’ideatore di ‘The man in the high castle’ è Frank Spotniz, che però non s’è inventato tutto di sana pianta. Infatti la serie è basata su un romanzo del 1962, ‘La Svastica sul Sole’ di Philip K. Dick. La trama è davvero molto intricata e non avendolo letto, non so quanto fedelmente segua il romanzo. C’è da dire a questo proposito, che è una di quelle serie da guardare quando si ha la mente un più sgombra. In alcuni passaggi è necessario fermarsi per capire bene cosa stia succedendo: ci sono molti riferimenti da una stagione all’altra, quindi l’altro consiglio (per quanto possibile) è guardarla tutta d’un fiato.

https://www.youtube.com/watch?v=BALksOPEOJQ

Giulia Garofalo