Mufasa: come il “Cerchio della Vita” iniziò a ruotare

Il mese di dicembre ha ufficialmente aperto la stagione invernale dei grandi attesissimi appuntamenti nelle sale, da Diamanti, l’ultimo capolavoro di Özpetek, a Conclave con il suo cast d’eccezione, fino a Una notte a New York. È al grande universo della Disney però che appartiene uno dei titoli più attesi, si tratta ovviamente di Mufasa che, con un cast di voci eccezionali e una storia perfettamente studiata ed emozionante è riuscito a far breccia nei cuori di grandi e piccini.

Fonte: Walt Disney
Taka e Mufasa cuccioli in una scena del film

Il prequel/sequel che ci meritavamo

La storia si presenta come un prequel e al tempo stesso un sequel del classico d’animazione Disney del 1994 (riproposto in live-action nel 2019) Il Re Leone. Simba e la compagna Nala sono pronti ad affrontare un viaggio attraverso le intemperie che caratterizzano la stagione delle piogge africana e ovviamente non possono rischiare di far intraprendere questa pericolosa avventura anche alla loro piccola Kiara, sarà questo il motivo per cui sarà lasciata in custodia a Timon e Pumbaa e soprattutto al saggio Rafiki che le racconterà la storia di quelle che furono le origini di suo nonno, il grande re Mufasa e di Taka, colui che divenne suo fratello, il “principe” meglio noto come Scar.

È un racconto che riesce a sorprendere anche il pubblico più esperto quello che Rafiki ci porta, un racconto incredibile che ci mostra quanto siano lontane le origini di Mufasa da Milele, la futura Terra del Branco, una storia profonda che ci racconta di un orfano senza neanche una macchia di sangue regale che trova un fratello col quale ne nasce un rapporto così meraviglioso da far venire il magone, sapendo già l’esito finale della loro storia. Di fatto una storia che spiega perfettamente non solo come Taka è diventato Scar ma da cosa è nata la sua sete di potere, nel suo branco, prima di conoscere Mufasa ed affrontare gli “emarginati” era lui ad essere destinato a diventare il re. Le origini di Zazu legate a Sarabi e quelle dello stesso Rafiki completano l’emozionante quadro di grandi rivelazioni.

Mufasa: Dietro le quinte della savana

Reduce dal successo ottenuto nel 2019 con il live-action del lungometraggio animato del 1994 la Casa di Topolino ha ben pensato di realizzare per questo sequel/prequel un film a tutti gli effetti senza far uso dell’animazione né moderna né tantomeno tradizionale. Una decisione che ha scaturito non pochi timori al lancio del film sulla memoria di ciò che fu quel live-action de Il Re Leone, un grande successo. Successo che ha però messo a dura prova la produzione in CGI dei personaggi che a suo tempo non è riuscita a restituire nei volti realistici degli animali le espressioni dei personaggi animati, timori scampati nel momento in cui questo nuovo film ci ha portato a conoscenza dei grandi passi da gigante fatti in pochi anni dalla CGI che ci ha regalato stavolta delle espressioni animali degne, nonostante si trattasse di un film, dell’animazione Disney.

C’é da ricordare come dietro un film del genere vi siano anche delle voci straordinarie, un cast di voci che vede il ritorno di Marco Mengoni nei panni di Simba dopo il live-action del 2019 e anche di Edoardo Leo e di Stefano Fresi nei panni di Timon e Pumbaa e di Elisa (e di Beyoncé nella versione originale) nei panni di Nala, e poi, tra le nuove voci la meravigliosa Elodie nei panni di Sarabi, Luca Marinelli nei panni di Mufasa e Mads Mikkelsen che nella versione originale presta la voce al perfido Kiros e ovviamente tra le varie voci non poteva mancare il commovente tributo a James Earl Jones, la voce originale di Mufasa nel classico del 1994 e nel suo live-action del 2019.

Fonte: Walt Disney
Mufasa e Taka in una scena del film

Un’eco più del 1994 che del 2019

Complici anche i già citati progressi della CGI, questo film si è sorprendentemente e piacevolmente dimostrato molto più legato al classico d’animazione originale che al suo remake live-action, lo dimostrano in primis i caratteri dei vari personaggi come la stravaganza di Rafiki marcata qui quanto nel lungometraggio animato, i tempi comici di Zazu anche questi ultimi molto più fedeli al lungometraggio del 1994 che al suo live-action del 2019 ma soprattutto il sarcasmo di Taka che si manifesta dall’inizio fin proprio alla fine perfettamente fedele e in linea con quello dello Scar originale del capolavoro animato mentre nel live-action assistiamo ad uno Scar profondamente oscuro ed estremamente malvagio, sempre di Rafiki abbiamo poi il legame col suo bastone che, esattamente come in questo film una volta trovato, nel lungometraggio animato non lo lascerà mai mentre nella versione live-action ne farà uso solo alla fine. A farci emozionare poi all’accostamento con l’opera originale abbiamo il legame che si stringe tra Mufasa e Rafiki, la bontà di Mufasa, la nascita della Terra del Branco, la cicatrice di Scar, l’amore tra Mufasa e Sarabi e poi la presenza di Kiros, un villain tanto malefico quanto brillante in puro stile Disney.

Il distacco dal precedente live/action

Ben pochi sono invece i legami con il live-action del 2019 dove addirittura Zazu racconterà un aneddoto di Mufasa cucciolo così come Scar che narrerà un avvenimento di Mufasa anche quest’ultimo avvenuto in tenera età nelle Terre del Branco, informazioni anacronistiche rispetto a quanto narrato in questo ultimo prequel, unico elemento che vede effettivamente legati i due film è il rapporto sentimentale di Taka/Scar nei confronti della regina Sarabi e l’accenno che nel live-action del 2019 viene fatto di un precedente scontro tra Taka/Scar e il fratello Mufasa.

Fonte: Walt Disney
Mufasa, Rafiki, Zazu, Taka e Sarabi diretti verso la luce

La perfezione non esiste, neanche in Mufasa

Tuttavia c’è da dire che anche un film così ben costruito presenta i suoi piccoli buchi nell’acqua, se da un lato abbiamo infatti delle meravigliose e nuove rappresentazioni del paesaggio africano e l’originale idea di fare dei leoni bianchi gli antagonisti avversari degli altri leoni “classici” dall’altro abbiamo la strana idea per quanto scenograficamente riuscita di far passeggiare dei leoni su delle montagne non solo innevate ma addirittura colpite da potenti tempeste di neve, idea che ha fatto suscitare non poche domande al pubblico così come le ha fatte scaturire l’idea di aggiungere delle iene ad acclamare Mufasa come il nuovo re tra gli altri animali, proprio le iene, in natura rivali dei leoni e soprattutto antagoniste principali del lungometraggio originale al fianco di Scar (si può presumere che Scar si sia alleato con loro nell’arco di tempo che va dai fatti narrati in questo film all’inizio del lungometraggio originale).

L’elemento di cui più si è risentito però sono senza alcun dubbio le musiche, uno degli elementi che ha da sempre reso Il Re Leone così memorabile sono le musiche, grandi musiche indimenticabili che hanno fatto la Storia e che qui vengono quasi completamente a mancare. Si canta molto anche all’interno di questo film ma trattasi di pezzi facilmente dimenticabili che certamente non lasceranno il segno così come hanno fatto altre melodie di casa Disney, de Il Re Leone nella fattispecie.

Un capolavoro per tutte le età

In ogni caso comunque si tratta questo dell’ennesimo bersaglio perfettamente centrato di casa Disney, un film che al di là dei rimandi al film originale è in grado di emozionare e divertire, un capolavoro per tutte le età, brillante, preciso e straordinario che merita assolutamente di essere visto.

 

Marco Castiglia

Avetrana, dopo le polemiche deciso il rinvio della serie tv

Rinviata “Avetrana – Questa non è Hollywood”, la serie tv che doveva debuttare oggi sulla piattaforma di streaming “Disney Plus”. Disney, in ottemperanza al provvedimento del Tribunale di Taranto emesso in data 24 ottobre, decide il rinvio della serie in attesa di nuovi sviluppi giudiziari.

I fatti di Cronaca 

Avetrana – Questa non è Hollywood ripercorre la terribile vicenda della morte della quindicenne Sarah Scazzi. Il 26 agosto 2010 è segnalata la scomparsa della giovane Sarah. Il 6 ottobre, in seguito alla confessione dello zio Michele Misseri, viene ritrovato il corpo senza vita della quindicenne. Ha così inizio una vicenda giudiziaria che durerà ben 7 anni. Il 21 febbraio 2017 arriva la conferma in Cassazione delle condanne di ergastolo per Cosima e Sabrina Misseri, zia e cugina della vittima colpevoli dell’omicidio. Michele Misseri è condannato ad 8 anni di reclusione per occultamento di cadavere.

Una storia sin dall’inizio sotto i riflettori

La conferma delle condanne in Cassazione conclude una tragica vicenda che sin dai primi momenti si è trovata sotto i riflettori mediatici. L’omicidio di Sarah Scazzi e le vicende giudiziarie ad esso connesse, per anni hanno alimentato talk show e programmi televisivi seguiti da milioni di italiani. Basti pensare che l’annuncio del ritrovamento del corpo senza vita di Sarah, è avvenuto in diretta televisiva durante una puntata della trasmissione “Chi l’ha visto?“.  Nel settembre 2024 Disney annuncia la serie Avetrana – Questa non è Hollywood.

Dopo l’annuncio le proteste del Comune di Avetrana

Il sindaco Antonio Iazzi, subito dopo l’annuncio della serie TV, tramite un’intervista rilasciata all’edizione barese di Repubblica protesta contro l’uso del nome del Comune scelto come titolo della serie TV:

“Nessuno ha chiesto all’amministrazione comunale di poter utilizzare il nome di Avetrana. In passato abbiamo avuto documentari e speciali sulla morte di Sarah, ma questa locandina, a corredo della didascalia, è del tutto denigratoria. Non vorrei esprimermi, in questo momento, ma insieme con i miei avvocati nei prossimi giorni decideremo se procedere per vie legali”.

Dopo la sospensione di Avetrana in arrivo una battaglia legale?

Il Tribunale civile di Taranto tramite un inedito provvedimento sospensivo accoglie il ricorso d’urgenza presentato dai legali del Comune di Avetrana, costringe Disney a far slittare la messa in onda della serie. Il ricorso e il suo accoglimento, che puntano ad ottenere la modifica del nome della serie e la visione in anteprima della stessa, hanno fatto ampiamente discutere. Tra chi parla di censura e di violazione di diritti costituzionali sulla libertà di espressione, Disney annuncia il ricorso alle vie giudiziali contro la decisione del tribunale. Il regista della serie Pippo Mezzapesa parla di paure nate a causa della vicinanza geografica della tragedia, paure che non abbiamo quando il cinema o le serie raccontano di fatti di cronaca accaduti in posti lontani. Per il 5 novembre è attesa l’udienza che dovrà decidere sul destino della serie.

Francesco Pio Magazzù

Loki 2 è davvero la perfetta redenzione del “Dio dell’Inganno”?

 

Loki
Loki: uno dei pochissimi prodotti Marvel post-Endgame che merita una possibilità e che regala soddisfazioni, nonostante alcuni difetti! – Voto UVM: 3/5

 

Loki è una serie TV ideata da Michael Waldron e prodotta dai Marvel Studios. Dopo una prima stagione distribuita su Disney Plus qualche anno fa, è arrivata di recente una seconda parte. La nuova stagione fa parte della Fase 5 del Marvel Cinematic Universe (MCU) ed è composta da sei episodi, come la prima.

Nel cast ritroviamo Tom Hiddleston, Owen Wilson, Sophia Di Martino, Jonathan Majors, KeHuyQuan.

Loki 2: dove eravamo rimasti?

La serie riprende esattamente da dove si era interrotta la prima stagione: il multiverso ha subito delle conseguenze non indifferenti a causa dell’uccisione di “Colui Che Rimane”.

Loki (Tom Hiddleston), il Dio dell’Inganno, ormai diventato un agente della TVA (Time Variance Authority) scopre di aver sviluppato una condizione che lo porta ad essere sbalzato senza controllo, tra passato, presente e futuro.

All’interno della TVA si creano dei dissidi e il multiverso va sempre più verso il caos. Loki è determinato a sistemare le cose e farà tutto il possibile, con l’aiuto di Mobius (Owen Wilson), Ouroborus (Ke Huy Quan), Sylvie (Sophia Di Martino) e Victor Timely (Jonathan Majors), quest’ultimo una variante buona di “Colui Che Rimane”.

Un altro prodotto Marvel privo di qualità?

Purtroppo si sa, ormai la qualità dei prodotti realizzati dai Marvel Studios si è abbassata e non poco. Se ne sono accorti tutti, anche i più distratti. Ma perché è successo questo?

Dopo Avengers: Endgame hanno voluto continuare a sfornare film (attenzione, nessuno sta dicendo che dovevano fermarsi, ma semplicemente continuare come prima) ed ora, con la collaborazione di Disney+, anche serie TV. L’aumento eccessivo della quantità di prodotti ha causato delle ripercussioni non indifferenti sulla qualità e ci sono state anche delle azioni consequenziali, come la “stanchezza” degli spettatori o addirittura la critica eccessiva di questi ultimi.

Non c’è più lo stesso hype di prima e questo ha portato anche un po’ di diffidenza nei confronti della Marvel per via degli ultimi prodotti un po’ discutibili (ed ora ci si aspetta il peggio).

E’ comprensibile questo o si è un po’ prevenuti? Ni. Perché la totale diffidenza potrebbe anche portare a perdersi un possibile prodotto che si distingue da altri e non si deve MAI fare di tutta l’erba un fascio. Uno o due prodotti sbagliati non devono condannare l’intero genere. Si pensi alla seconda stagione di Loki, questa potrebbe davvero fare la differenza!

Loki 2: ne vale la pena?

Perdersi la seconda stagione di Loki perché i prodotti Marvel precedenti non sono stati il massimo sarebbe un peccato. Era da un po’ di tempo che una serie del Marvel Cinematic Universe non regalava soddisfazioni.

Attenzione! Non è la miglior serie Marvel e lungi dall’essere perfetta. Ha dei difetti evidenti, come qualche problema di scrittura, un ritmo galoppante che porta allo sviluppo della trama orizzontale in maniera lenta, tanto da occupare alcuni spazi che hanno rallentato lo sviluppo della stessa, ed una gestione di qualche personaggio non eccellente.

Però ha anche molti pregi, come una regia curata, una buona colonna sonora ed una recitazione dignitosa di molti attori. Loki 2 è la seconda parte perfetta della storia vista un paio di anni fa, che aveva convinto già da allora, e che chiude perfettamente il cerchio. Anzi, forse è anche qualche passo avanti rispetto alla prima stagione, con l’approfondimento e la crescita personale di ogni personaggio ed una redenzione da parte dello stesso Loki.

Loki 2
Poster di “Loki 2”. Distribuzione: Disney+

Il personaggio di Loki funziona?

Il fratellastro di Thor ha sempre funzionato, sin dal suo debutto nel MCU. Inizialmente presentato come fratello invidioso e come il villain desideroso di un trono, con un’immensa sete di potere.

Dopo essere stato una spina nel fianco sia per Thor che per gli Avengers, Loki ha finalmente avuto una sua avventura dove ha trovato uno scopo ed una crescita interiore piuttosto elevata. Ed ormai sono lontani i tempi in cui era solo l’imprevedibile Dio dell’Inganno.

Nella serie, Hiddleston spicca su tutti ed interpreta un Loki che ha avuto la sua redenzione totale, con un arco narrativo piuttosto lineare e che arriva ad un punto ben preciso, con dei riferimenti alla mitologia norrena.
È giusto che la serie si sia conclusa qui, con un finale di stagione perfetto che chiude sia il cerchio della storia che il destino di Loki.

Quale sarà il futuro del MCU?

Nonostante si sappiano i titoli dei prossimi progetti, non si sa di preciso cosa ci riserverà l’MCU per i prossimi anni. Possiamo fare delle supposizioni su dove vogliano arrivare, visto il concetto di Multiverso che stanno esplorando con gli ultimi prodotti (anche se non proprio nel migliore dei modi).

Ed è proprio questo il problema: il modus operandi confuso.

Dopo il finale di Loki 2, forse c’è una mezza apertura alla direzione che sta prendendo l’MCU, però non c’è ancora un filo conduttore che racchiuda tutti gli elementi del multiverso mostrati fino ad ora. Vedremo in futuro (forse)!

 

Giorgio Maria Aloi

Il ruggito de “I Leoni di Sicilia”

 

Con “I Leoni di Sicilia” Paolo Genovese, da grande domatore, riesce a raccontare una storia di potere e di riscatto. – Voto UVM: 3/5

 

Il 2023 non è ancora finito e Paolo Genovese continua a stupirci! Dopo Il primo giorno della mia vita (uscito nelle sale lo scorso 26 gennaio), il regista romano arriva su Disney+ con I Leoni di Sicilia.

La serie, tratta dal romanzo bestseller della scrittrice trapanese Stefania Auci, racconta la storia della famiglia Florio che partì da Bagnara Calabra nei primi dell’800, per arrivare a Palermo, facendosi strada tra difficoltà e pregiudizi.

Gli episodi sono in totale otto. I primi quattro si incentrano principalmente sull’arrivo della famiglia calabrese nella capitale siciliana. Vengono messi in evidenza il loro adattarsi ad un nuovo stile di vita (dal punto di vista lavorativo ma anche e soprattutto umano) e la crescita di Vincenzo (interpretato da Michele Riondino), figlio di Paolo (Vinicio Marchioni) e Giuseppina.

I restanti quattro, invece, vedono protagonista un Vincenzo adulto che investe tutto sul mestiere che ha scelto di portare avanti con ostinazione, creatività e spiccata intuizione.

Due donne, due mentalità

Il regista romano nella sua ultima fatica evidenzia un aspetto in particolare: la posizione delle donne.

Definite come oggetto di proprietà del padre o del marito non avevano diritto a prendere nessuna posizione. E su questo aspetto il regista costruisce un confronto tra due protagoniste con posizione e mentalità differenti: Giuseppina (Ester Pantano / Donatella Finocchiaro) e Giulia Portalupi (Miriam Leone), moglie di Vincenzo.

La prima, innamorata di Ignazio ma costretta a sposare Paolo, desidera per il figlio una donna con un titolo nobiliare così da tenere alto il nome della famiglia (inizialmente non prenderà benissimo la sua relazione con Giulia).

La seconda la si può descrivere con la definizione data dall’attrice, ovvero:

“libera, sincera e appassionata”

Si tratta, infatti, di una donna avanti con i tempi: la sua mentalità proiettata verso il futuro le permetterà di aiutare il marito in momenti delicati, sul lavoro e non solo.

Sempre l’attrice la definisce come una donna in conflitto con la società patriarcale dell’epoca, che prende posizioni contro la famiglia per amore, in primis, verso se stessa, poiché sceglie che vita vivere, a differenza di Giuseppina.

I Leoni di Sicilia
I Leoni di Sicilia. Fonte: Vanity Fair. Distribuzione: Disney+

Vincenzo Florio: un vero “leone di Sicilia”

Il fulcro de “I Leoni di Sicilia” è sicuramente Vincenzo Florio che dopo la morte del padre e dello zio, è destinato a diventare l’uomo di casa, ritrovandosi a gestire gli affari di famiglia. Caratterialmente sarà un vero “leone” dal ruggito inconfondibile.

Vincenzo è stato abituato fin da ragazzo a guardare avanti, al progresso nell’ambito dell’edilizia e dell’imprenditoria. La sua storia con Giulia oscilla tra amore e scandalo: avranno due figlie prima del matrimonio.

All’arrivo di Ignazio (Eduardo Scarpetta), il figlio maschio da lui tanto atteso, non ha più vie di scampo e asseconda il volere del padre, consapevole di una scelta infelice.

“Mia amata Giulia, senza di te non sono nessuno”

È proprio in questa frase che è racchiuso tutto il suo amore per la moglie. Lui stesso ammette più volte di non poter vivere senza di lei, nonostante i tanti conflitti.

Il ritorno, da grande domatore, di Paolo Genovese

La colonna sonora è come un salto nella contemporaneità: non solo i titoli di coda sono accompagnati da Durare di Laura Pausini (singolo contenuto nell’album Anime Parallele), ma nel corso dello sceneggiato possiamo ascoltare anche Supermassive Black Hole dei Muse e Vorrei che fosse amore di Mina.

Paolo Genovese, da grande domatore, riesce a far ruggire i suoi “leoni”, facendo raccontare loro una storia di potere e di riscatto, e facendo arrivare il messaggio che per arrivare in alto bisogna contare principalmente su se stessi e sulle proprie forze!

 

Rosanna Bonfiglio

Disney Studios: 100 anni di magia

 

«Spero che non ci si dimentichi mai di una cosa: tutto è cominciato con un topo» (Walt Disney)

Ebbene, quale miglior modo di iniziare a parlare di quest’evento, se non ricordando una semplice frase che rappresenta l’inizio di un secolo di magia per grandi e piccini? Dopo il centenario della Warner Bros celebrato lo scorso aprile, il 16 ottobre 2023 anche la Walt Disney Company festeggia i suoi 100 anni e ricorda quanta strada ha fatto ed in quanti cuori è riuscita ad entrare.

È incredibile che un uomo sia riuscito a dar vita a tutto questo, cominciando dal disegno di un semplice topolino: Mickey Mouse.

Ma prima di parlare del centesimo anniversario, è doveroso fare un salto temporale all’indietro e narrare l’incredibile storia che ha portato a questo.

Come è nata la Walt Disney Company?

Nel 1923, Walt Disney, dopo i primi esperimenti di animazione, si trasferì a Hollywood ed assieme al fratello Roy e fondò i Disney Brothers Studios, rinominati in Walt Disney Studios.  Iniziò così il periodo di successo, grazie a titoli come: Alice Comedies e Oswald The Lucky Rabbit. Ma la vera svolta fu la creazione di un nuovo personaggio: Mortimer Mouse, poi rinominato in Mickey Mouse, Topolino. Nel 1928 a Topolino si aggiunse Minnie, fidanzata di topolino, e poi a seguire Paperino, Pippo e tanti altri.

Disney
Walt Disney con i suoi Mickey Mouse. Fonte: D23.com

Biancaneve: il primo lungometraggio

Ma la vera sfida di Walt fu la realizzazione del primo lungometraggio Disney: Biancaneve E I Sette Anni. Qui, oltre al prolungamento del minutaggio, Walt cambiò totalmente il modus operandi adottato in precedenza. Qui lo scopo era far commuovere il pubblico e trasmettere un messaggio; si scelse la favola dei fratelli Grimm cambiando alcune cose, per rendere la storia più magica ed a lieto fine.

Questo funzionò e il film riscosse un incredibile successo: Walt Disney vinse grazie al suo primo capolavoro d’animazione un oscar speciale nella premiazione del 1939, per l’importante innovazione portata sullo schermo. Biancaneve ebbe un impatto non indifferente sulla storia stessa del cinema: ha dato inizio allo sviluppo dei lungometraggi animati.

I personaggi vennero disegnati con la tecnica del rodovetro: le figure sono disegnate su un foglio di cellulosa e qui dipinti. La stessa Biancaneve divenne poi un modello per tutte le principesse Disney disegnate e rappresentate nei decenni successivi.

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Frame di “Biancaneve e i sette nani” (1937). Casa di produzione: Walt Disney Productions. Distribuzione: Generalcine. Fonte: cinevagabondo.it

Il Rinascimento Disney: Chi ha incastrato Roger Rabbit?

Tratto dal romanzo di Gary Wolf, Chi ha incastrato Roger Rabbit è il cult a tecnica mista, vincitore di quattro premi oscar, alla guida del Rinascimento Disney. Considerato “rivoluzionario” dalla critica del tempo, il film di Robert Zemeckis (regista della trilogia di Ritorno al futuro), ci parla di quei temi che ogni uomo è costretto ad affrontare nel corso della propria vita: amore, morte, amicizia e avidità.

Senza mai rinunciare a quel dissacrante humor che lo caratterizza, Chi ha incastrato Roger Rabbit, vuole dimostrarci come la risata leggera, a volte, sia l’unico mezzo capace di combattere le bruttezze e le ingiustizie del mondo in cui viviamo. Basterebbe una sola risata, sincera, per ritrovare dentro noi quella spensieratezza di un tempo, di quando tutto sembrava ancora così bello, come a Cartoonia. E noi eravamo semplicemente bambini!

Disney
Frame del film: “Chi ha incastrato Roger Rabbit” (1988). Distribuzione: Warner Bros. Italia

Quanto ha influenzato le nostre vite? La Disney è rimasta la stessa?

La Disney è riuscita ad entrare nelle nostre vite, tramite il merchandising, i parchi a tema e con l’avvento della piattaforma Disney Plus, che è riuscita a concorrere con i colossi dello streaming: Netflix e Prime Video.

Ma ha influenzato anche interiormente le nostre vite, tramite le sue storie ed i personaggi, in cui ognuno di noi si rispecchia. Anche se, in questi cento anni, Disney non è rimasta di certo la stessa. Provando sempre più ad adattarsi alla società in continuo divenire, è finita per strizzare l’occhio alle più odierne e controverse tematiche, quali l’inclusività e il politically correct.

Dopotutto, Disney fa comunque parte delle nostre vite e per il 16 ottobre, il mondo è lieto di festeggiare questo secolo pieno di magia!

Giorgio Maria Aloi
Ilaria Denaro
Domenico Leonello

La Sirenetta (2023): ci si rituffa “In Fondo Al Mar”

La sirenetta
Un Remake In Live-Action grazioso che, nonostante alcuni difetti e modifiche, mantiene più o meno lo stesso spirito, voto UVM: 4/5

 

La Sirenetta (2023) è un film del 2023 diretto da Rob Marshall (Memorie Di Una Geisha, Chicago, Pirati Dei Caraibi: Oltre I Confini Del Mare). Prodotto dalla Walt Disney Pictures, è il Remake in Live-Action del film d’animazione uscito nel 1989 e l’adattamento della favola scritta da Hans Christian Andersen. Nel cast sono presenti: la cantante Halle Bailey, Jonah Hauer-King, Javier Bardem (Madre!), Melissa McCarthy, Daveed Diggs, Awkwafina e Jacob Tremblay

Trama

La giovane Ariel (Halle Bailey) è una sirena molto incuriosita dal mondo degli umani. Suo padre, il Re Tritone (Javier Bardem), sovrano di tutti i sette mari, considera gli esseri umani dei mostri senza cuore e non vuole che sua figlia si interessi così tanto al loro mondo.

Un giorno, Ariel salva la vita ad un umano di nome Eric (Jonah Hauer-King), un giovane marinaio che ha anche il titolo di principe, e se ne innamora. Dopo l’ennesima lite con suo padre, che vuole solo proteggerla, Ariel arriverà a chiedere aiuto alla Strega Del Mare Ursula (Melissa McCarthy) per poter andare nel mondo degli umani. La strega allora le proporrà un patto: la trasformerà in un’umana, solo se la ragazza le cederà in cambio la sua voce.

Ariel diventerà un’umana ed avrà tre giorni di tempo per baciare il principe se vorrà rimanere un’umana per sempre, altrimenti tornerà ad essere una sirena. Ma in realtà, Ursula ha in mente un piano diabolico: vuole usare Ariel per ricattare Re Tritone ed ottenere così, il suo trono.

La sirenetta
Ariel ed il principe. Fonte: people.com, Walt Disney Studios Motion Pictures


Era necessario questo Remake In Live-Action della Sirenetta?

Ormai si sa che la Disney sta puntando molto sulla riproposizione dei Classici D’Animazione che hanno segnato l’infanzia di tante persone, con delle versioni più moderne e con attori in carne ed ossa. Questa iniziativa da parte della Disney ha diviso le opinioni pubbliche.

Partiamo dal presupposto che, al di là della qualità, questi Remake sono realizzati a fini commerciali. Ma questo non significa che sono tutti dei film pessimi e che non meritano una possibilità. Hanno comunque l’obiettivo sia di far salire la nostalgia alle vecchie generazioni che quello di far scoprire queste storie a quelle nuove. Ma qui, sorge un dubbio: sono necessari?

Perché se completamente uguali, non hanno molto senso. Se invece, risultano troppo diversi dalle versioni animate, rischiano di far storcere il naso a moltissime persone (in particolare, ai vecchi fan).

Dire che sono stati tutti un successo sarebbe una bugia, però non sono neanche stati tutti un fallimento. Al di là della qualità del prodotto in questione, tutti i Remake hanno una cosa in comune: resteranno sempre un passo indietro ai film animati. Però, ci sono stati casi in cui hanno dimostrato che, se ci si lavora con impegno e ci si affida alle mani giuste, anche i Live-Action possono venir su dei prodotti molto interessanti ed anche divertenti. Ora è il turno della Sirenetta e si può benissimo affermare che il risultato è stato sorprendente.

La sirenetta
Ariel in una scena del film. Fonte: vanityfair.it, Walt Disney Studios Motion Pictures

E’ davvero il miglior Remake In Live-Action Disney uscito finora?

Dall’annuncio, ci sono stati un sacco di pregiudizi e commenti fuori luogo, che è meglio non approfondire. Bene, ora che il film è arrivato nelle sale, tutti i pregiudizi si sono rivelati completamente inutili e non vedere questo film per tali motivi, sarebbe assurdo. Addirittura, c’è chi sostiene che La Sirenetta sia il miglior Remake In Live-Action Disney, ma forse dire che sia davvero il migliore sarebbe troppo.

I difetti non mancano, ma non sono assolutamente collegati a quei pregiudizi insensati. Però, si può benissimo dire che La Sirenetta è UNO DEI REMAKE PIU’ RIUSCITI.

Ebbene sì, il Live-Action della Sirenetta ha oltrepassato le aspettative e sta sorprendendo (in positivo) tantissime persone. E’ un film fatto col cuore e in cui si vede sul serio l’impegno che si è messo nella realizzazione del prodotto. Per di più, rispetta più o meno fedelmente la versione animata del 1989, nonostante l’aggiunta e la modifiche di alcune scene ed elementi che non storpiano comunque la storia.

E se si guarda anche il punto di vista tecnico, ci sono degli elementi a loro favore, come la fotografia e i colori che si adeguano alla scena ed al luogo mostrato (un po’ di oscurità nei luoghi più profondi nell’oceano o più luminosità in altri, soprattutto nel mondo degli umani).

Ma un altro elemento a loro favore sta nella colonna sonora composta da Alan Menken (lo stesso compositore di quella del film d’animazione), che comprende le stesse canzoni ed altre quattro inedite (che funzionano).

I fan italiani in particolare resteranno contenti di una cosa: le parole delle canzoni sono esattamente le stesse della versione animata. Le coreografie sono coinvolgenti (In Fondo Al Mar) ed allo stesso tempo, ci sono anche esibizioni che fanno commuovere (Parte Del Tuo Mondo).

Uno dei difetti riscontrati sta nell’eccessiva durata, perché poteva durare benissimo un pochino di meno ed allo stesso tempo, potevano approfondire alcune dinamiche avvenute nel passato, invece di menzionarle a malapena. Questo non ha impedito il buon risultato.

La sirenetta
Fonte: thepinknews.com, Walt Disney Studios Motion Pictures

Halle Bailey è una buona Ariel? 

La critica più grande è stata per la scelta dell’attrice protagonista, ancor prima che uscisse il film al cinema. E’ vero, la protagonista descritta nella favola di Andersen e quella mostrata nel film d’animazione, non hanno la carnagione scura. Però è anche vero che già il cartone animato ha molte differenze dall’opera originale. Ora è arrivato un Live-Action, con un’attrice afroamericana nei panni di Ariel, e si può benissimo affermare che non è assolutamente un problema.

Il cambio etnico è contestualizzato e sensato e c’è da aggiungere che Halle Bailey ha un bellissimo sorriso, è molto graziosa e soprattutto, ha una bellissima voce (caratteristiche importanti del personaggio).

E’ stata carinissima e bravissima nel ruolo, per di più i doppiaggi in italiano di Sara Labidi (dialoghi) e di Yana Cl (canto) danno quel tocco in più. E’ una versione di Ariel più curiosa di quella precedente e con una voglia maggiore d’indipendenza. Se l’Ariel animata voleva andare sulla Terra solo per un uomo, qui invece voleva solo seguire un suo desiderio e l’interesse per Eric è stato solo un contorno.

Il resto del cast è azzeccato?

A proposito di Eric, qui è interpretato da un giovane Jonah Hauer-King ed è una versione abbastanza interessante. La storia tra lui ed Ariel nasce più da interessi in comune che da altro e, nonostante la provenienza da due mondi differenti, vogliono entrambi una cosa: “sfuggire” dalla volontà dei genitori e seguire i loro sogni, insieme tra l’altro. Una lettura nuova di questa storia che rispecchia i tempi moderni e che mantiene comunque lo spirito della storia che si conosce, grazie a Walt Disney.

Oltre i due protagonisti, c’è anche Javier Bardem, di cui può vantarsi di avere un curriculum completo e ha dimostrato di essere degno di tale, calandosi nel ruolo del Re Tritone (un Re Tritone più “duro” di quello animato). Ma un’altra rivelazione è stata Melissa McCarthy nei panni di Ursula. E’stata capace a volte di rubare la scena ed ha interpretato una villain veramente cattiva e subdola, tanto da non far provare alcuna empatia verso di lei (per di più è doppiata da Simona Paticucci, la stessa che ha prestato la voce ad Ariel nel film animato).

Seppur la CGI non sia il massimo, gli amici “animali” di Ariel sono simpatici, soprattutto Sebastian. In italiano, è doppiato dal noto cantante Mahmood che, per essere la sua prima esperienza di doppiaggio, ha fatto il possibile e ci si abitua alla sua voce.

Giorgio Maria Aloi

Guardiani Della Galassia Vol. 3: miglior film del MCU?

L’ultimo film sui Guardiani Della Galassia? Uno dei più riusciti del MCU, con un finale di una trilogia riuscito ed emozionante, ma un po’ scontato. – Voto UVM: 4/5

 

Guardiani Della Galassia: Vol. 3 è un film del 2023 scritto e diretto da James Gunn (noto per aver diretto anche i primi due film dei Guardiani Della Galassia e “The Suicide Squad”, il film uscito nel 2021). E’ il trentaduesimo film realizzato dai Marvel Studios e secondo film della Fase 5 del Marvel Cinematic Universe (MCU).

E’ il terzo ed ultimo capitolo della trilogia incentrata sui Guardiani Della Galassia. Nel cast sono presenti: Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Bautista, Karen Gillan, Pom Klementieff, Vin Diesel, Bradley Cooper, Sean Gunn, Chukwudi Iwuji, Will Poulter e Sylvester Stallone.

Trama

E’ passato del tempo dalla sconfitta di Thanos avvenuta in Avengers Endgame e i Guardiani Della Galassia (Peter Quill, Nebula, Rocket, Drax, Mantis, Groot, Kraglin e Cosmo) cercano di rendere più accogliente la loro base: Ovunque. Star-Lord è ancora giù per la perdita di Gamora, nonostante lei sia viva. Quest’ultima è proveniente da una linea temporale differente e non ha alcun ricordo di Peter Quill e dei Guardiani. Ad un tratto, vengono attaccati da un essere misterioso di nome Adam Warlock e dalla battaglia ne esce ferito Rocket.

Purtroppo non riescono a curarlo, perché è stato installato sul procione un sistema di sicurezza che ne impedisce ogni alterazione. C’è solo un modo per salvarlo: andare a cercare il creatore di Rocket, l’Alto Rivoluzionario. Inizierà così una nuova missione dei Guardiani, che porterà loro alla scoperta delle origini di Rocket ed a cercare di salvare la Galassia da un diabolico piano architettato dallo stesso Alto Rivoluzionario.

La degna conclusione della trilogia dei Guardiani Della Galassia?

Si. L’incredibile viaggio dei Guardiani Della Galassia iniziato nel 2014, si è concluso come meritava e perfettamente in linea con i protagonisti e con la loro storia.

Il Marvel Cinematic Universe iniziato nel 2008 con il primo Iron Man, si è costruito poco a poco ed ancora oggi è in corso, tra alti e bassi. Ci sono personaggi che si sono fatti conoscere o altri hanno avuto una redenzione, per via della scarsa popolarità fumettistica che avevano in passato. I Guardiani Della Galassia rientrano in entrambe le categorie e per di più non sono quegli eroi senza macchia e senza paura che cercano di fare la cosa giusta, ma tutt’altro.

Sono dei simpatici personaggi da cui ci si aspetta di tutto e che alla fine, cercano un modo per riscattarsi e soprattutto un luogo dove sentirsi a “casa”. Questo incredibile viaggio li ha portati in vari punti della Galassia, ma alla fine quello che cercavano era l’uno accanto all’altro. Ed alla fine, hanno concluso il tutto con una maturità emotiva sviluppata poco a poco e quello che si è assistito non è una fine definitiva, ma l’inizio di un nuovo ciclo.

Guardiani Della Galassia Vol. 3: miglior film del MCU?

Definirlo il miglior film del Marvel Cinematic Universe sembra un po’ esagerato, perché non è perfetto. Però, si può definire tranquillamente una delle colonne più importanti ed una delle pellicole più riuscite di questo puzzle che si sta componendo sempre di più.

Si sa, quelli dei Marvel Studios hanno sfornato dei bei film, ma anche qualche pellicola poco riuscita. Anzi, ultimamente, hanno fatto alcuni errori come puntare più sulla quantità che sulla qualità e questo è accompagnato da sceneggiature pigre e poca attenzione ad alcuni elementi narrativi e tecnici.

I Guardiani Della Galassia, tuttavia, hanno sempre funzionato e sono riusciti ad entrare nei cuori dei fans della Marvel, sia con momenti divertenti che con scene strappalacrime. Anzi, il bello di questi personaggi che, nonostante facciano parte dello stesso Universo degli altri personaggi Marvel che si sono visti negli ultimi venticinque anni, sono stati un po’ estemporanei (tranne per Avengers Infinity War e Avengers Endgame) e quindi, senza troppi collegamenti “forzati”, la loro trilogia ha funzionato anche per questo.

Guardiani Della Galassia
Guardiani Della Galassia Vol. 3. Casa di produzione: Marvel Studios. Distribuzione: Wal Disney Studios Moction Pictures.

James Gunn è un buon regista?

Il successo dei Guardiani è dovuto anche alla presenza degli attori adatti per i ruoli, guidati dal regista James Gunn. Lui ha uno stile che rende i suoi film pieno di gag esilaranti, battute un po’ spinte e scene splatter (per esempio, “The Suicide Squad ” rispecchia totalmente ciò).

Anche i film dei Guardiani Della Galassia sono così, ma la mano della Disney limita tutto questo per via del loro obiettivo di rendere i loro film per tutti. Ma nonostante questo limite, la trilogia firmata da Gunn è riuscita.

O lo si ama o lo si odia, bisogna riconoscere che Gunn sa fare sia lo sceneggiatore che il regista. E’ un buon conoscitore di fumetti ed ha quella capacità di far affezionare al pubblico persino personaggi poco conosciuti. Prima di lui pochi conoscevano questi personaggi, ed ora hanno la loro popolarità ottenuta dalla presenza di incredibili scene action, battute ironiche e scene emozionanti. Tutto questo, accompagnato da una buona CGI, da diversi riferimenti alla Cultura Pop e da un’incredibile colonna sonora, fatta di musica anni ‘80.

Se si devono trovare dei difetti, si trovano nel villain poco interessante e nel finale un po’ scontato, nonostante la capacità di far scendere qualche lacrima e di lasciare un po’ di amaro in bocca, sapendo che questo spassoso mondo dei Guardiani non sarà più come prima!

 

Giorgio Maria Aloi

Miley Cyrus: “Endless Summer Vacation” top o flop?

L’album è abbastanza pop, ma meno d’impatto rispetto al precedente. Qualche brano è un po’ troppo sperimentale. Ma allo stesso tempo merita l’ascoltato! Voto Uvm: 3/5

 

Niente parrucche e camperos alla Hannah Montana, niente dondolii su palle demolitrici come in Wrecking Ball, niente bad girl in stile punk rock come in ‘Plastic Hearts’. La oggi trentenne Miley Cyrus lascia alle spalle tutto ciò, per mostrarsi più iconica, forte e sicura. O meglio, questo è quanto vorrebbe far trasparire dal suo nuovo e ottavo album in studio “Endless Summer Vacation“. Si tratta della seconda pubblicazione per conto della casa discografica Columbia Records (dopo l’album dal vivo Attention:Miley Live 2022). Uscito lo scorso 10 marzo, è ancora in vetta alle classifiche.

Composto da dodici tracce (più una demo del singolo “Flowers”) registrate a Los Angeles, nella sua città del cuore. Prodotte in collaborazione con Kid Harpoon (produttore discografico, vincitore ai Grammy Awards insieme ad Harry Styles con l’album “Harry’s House“), Greg Kurstin, Mike Will Made It e Tyler Johnson.

I’ve been calling this album the Cindarella Shoe, because it’s just a perfect fit. And it feels like it’s only mine and it could only be mine!

Miley vede la sua nuova opera come una ‘scarpetta di Cenerentola’, perfetta e allo stesso tempo solo sua. Ma questo racconto autobiografico che fa sarà davvero ben riuscito? Forse c’è qualche dubbio!

Miley e il suo potremmo dire ‘stream of consciousness’ ?

Nello stesso giorno d’uscita dell’album, è stato pubblicato sulla piattaforma streaming di Disney+ “Miley Cyrus – Endless Summer Vacation (backyard sessions)”. Uno speciale, registrato nella sua casa a LA, in cui ci delizia con sette performance live (di cui una insieme al compositore Rufus Wainwright). Un’interessante ritorno in Disney, canale che le ha dato grande successo ai tempi di Hannah Montana. La cantante si trova anche a risponde ad alcune domande, facendo alcune riflessioni su di se, sul presente e su cosa rappresenti per lei ogni singola traccia del nuovo disco.

The fun thing is: if you’re a friend of mine, if you’re close to me and you listen to this album, it sounds like a conversation with me!

Era proprio nelle sue intenzioni creare “una conversazione con lei”. Da vita ad uno ‘stream of consciousness’ (flusso di coscienza), ad un monologo interiore. Facendo emergere di brano in brano le sue: emozioni, passioni, sensazioni e suoi sentimenti.

There’s subtle shade. There’s, you know, honesty and truth, and there’s some wisdom and some humor. There’s some heaviness and depth. It’s really represents who i am!

Se ne volete sapere di più vi consiglio di ascoltare le sue parole e la sua impeccabile voce su Disney+. Qui giù il trailer del breve documentario!

Una tracklist divisa tra giorno e notte, tra energia e ispirazione

The sequencing of an album is very important to me. I kind of think of it like a film… i divided it by two parts a.m. and p.m. to kind of represent almost like an act.

In questa dicotomia le prime tracce dovrebbero dar un po’ quelle vibes mattutine, da solar power, energie e nuove possibilità  all’orizzonte. Infatti al primo posto non solo nel disco, ma anche da settimane nelle classifiche, troviamo il singolo Flowers uscito lo scorso 13 gennaio. Con un testo esplicito, chiaro, orecchiabile e un sound molto radiofonico, in poco tempo, insieme al videoclip è diventato super virale.

Questa prima parte riporta a delle riflessive e soft ‘summer vibes’, con brani come: Jaded, You, Handstand, Rose Colored Lenses. Il singolo River porta un ritmo da dance-floor. Si discosta di poco dagli altri, con uno stile più country, Thousand Miles (feat. Brandi Carlile). Brano che è stato scritto dalla cantante intorno al 2016/2017, dopo il suicidio della sorella di una sua cara amica.

I just couldn’t imagine not having my little sister in my life. So i wrote this song for her.

Per passare poi a quei brani che rientrerebbero nella sequenza notturna. La notte dovrebbe essere un momento per riposare, riprendersi, uscire e sperimentare un po’ il lato selvaggio di ognuno di noi”. Quindi potremmo ascoltare Violet Chemistry, Wildcard, Island, Muddy Feet (feat. Sia), tra pop, blues e tipico rock alla Miley. Per concludere quasi a dare una struttura circolare, rispetto al significato del primo brano, c’è una ballad Wonder Woman. Un brano scritto dopo la perdita della nonna materna, con la quale sia lei che la madre avevano un bel legame e per loro era di grande ispirazione.

This song is about i guess that kind of generation strenght and the wisdom that grandma gave to my mom. It was embedded my DNA, so we almost all feel like just one woman in a way!

Ma insomma questa Miley più iconica e matura ci piace?

Di certo Miley Cyrus è una delle poche artiste che sa cambiare ed evolversi spesso nella sua discografia, rispetto a molti che tendono a rimanere uguali e banali. Il suo tono graffiante e accattivante colpisce sempre! Però bisogna dire che ascoltando “Endless Summer Vacation”, sono pochi i brani che si fissano in testa a lungo. Il titolo un po’ inganna! Questo è un album che ha creato per se stessa, di certo va oltre a delle semplici vibes da infinite “summer vacation”. Un narrazione introspettiva tra amore, rabbia, tristezza e voglia di ricominciare. Sperimentale ma non al punto giusto forse! Ha voluto riportare tutto il suo bagaglio musicale, una contaminazione di generi e sound differenti. Forse un po’ too much! Ma nonostante ciò non è da buttare via, soprattutto perché alcuni pezzi hanno dei significati ed un’orecchiabilità interessante.

Se vi ho incuriositi vi lascio qui anche il videoclip del singolo River, accattivante in bianco e nero, uscito lo scorso 13 marzo!

 

Marta Ferrato

Dahl, Walt Disney, Lovecraft: le censure ai libri per bambini che fanno discutere

Eliminare parole come “grasso” e “nano” per non offendere nessuno e insegnare ai più piccoli ad essere inclusivi. Così la casa editrice Puffin Books – appartenente al colosso editoriale Penguin Books – ha giustificato la scelta di censurare i libri per bambini dell’autore di fama mondiale Roald Dahl. La decisione fa parte di una rivisitazione più generale delle opere letterarie di cui detiene i diritti, il cui obiettivo sarebbe far sì che i suoi classici «possano essere fruiti ancora oggi da tutti».

I libri di Roald Dahl. Fonte: Agenzia Dire

Si tratterebbe di uno dei primi casi di cancel culture editoriale che provoca immediato allarme: l’iniziativa, infatti, non è piaciuta a molti, e ha portato persino all’intervento del primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak. A parlare per primo è stato venerdì scorso il Telegraph, che nell’inchiesta “The rewriting of Roald Dahl” ha raccolto un centinaio di modifiche mirate a rendere più inclusivi i testi su tematiche come aspetto fisico, etnia e questioni di genere.

L’inclusività che divide

La riscrittura, come spiega il Guardian, comporterà ampi cambiamenti: Augustus Gloop in Charlie e La Fabbrica di cioccolato, ad esempio, sarà descritto come “enorme”, mentre La Miss Trunchbull di Matilde da «femmina formidabile» è ora «donna formidabile»; i piccoli Umpa-Lumpa operai della Fabbrica di cioccolato non saranno più «piccoli uomini» ma «piccole persone».

Un portavoce della Roald Dahl Story Company ha dichiarato a Variety quanto segue:

«Vogliamo assicurarci che le meravigliose storie e i personaggi di Roald Dahl continuino ad essere apprezzati da tutti i bambini di oggi. Quando si ripubblicano libri scritti anni fa, non è insolito rivedere il linguaggio utilizzato insieme all’aggiornamento di altri dettagli, tra cui la copertina e il layout. Il nostro principio guida è stato quello di mantenere le trame, i personaggi e l’irriverenza e lo spirito tagliente del testo originale. Eventuali modifiche apportate sono state piccole e attentamente considerate».

Ma la reazione è stata critica da parte di molte voci importanti che lanciano l’allarme su questioni di libertà di espressione. L’autore Salman Rushdie sul suo account Twitter ha scritto in merito: «Roald Dahl non era un angelo, ma questa è un’assurda censura. Puffin Books e la Dahl estate dovrebbero vergognarsi».
Sulla revisione delle opere di Dahl si è pronunciata anche Suzanne Nossel, Ceo di Pen America (una comunità di oltre 7.000 scrittori che sostengono la libertà di espressione), che ha twittato dicendo di essere «allarmata» dai cambiamenti segnalati e ha avvertito che il potere di riscrivere i libri potrebbe essere abusato.

Varie polemiche da Zio Paperone a Lovecraft

Il politically correct ha investito anche il colosso americano Disney, che nei giorni scorsi ha deciso di non ristampare due particolari storie della saga di Paperon De Paperoni di Don Rosa che includono un particolare personaggio, per via di una nuova policy più attenta all’inclusività:

«Come parte del suo costante impegno per la diversità e l’inclusione, The Walt Disney Company sta rivedendo la propria libreria di storie», si legge nel messaggio inviato a Don Rosa e da lui prontamente ripubblicato sui social.

Gongoro sarebbe infatti una sorta di mostro rappresentato come lo stereotipico uomo nero popolarizzato dal personaggio di Jim Crow, ormai considerato simbolo del razzismo nei confronti delle persone afrodiscendenti. L’autore dell’Oregon lo pensò come un uomo africano in abiti laceri e con tratti caricaturali, ed è possibile che a posizionare le storie fuori dalla nuova policy Disney sia proprio questa rappresentazione.

Disney censura Zio Paperone. Fonte: Ventenni Paperoni

Il dibattito non ha risparmiato neanche uno degli scrittori fantasy più famosi di tutti i tempi, Howard Phillips Lovecraft, il cui lavoro è ovunque e che è stato più volte accusato di essere razzista (inequivocabile e innegabile). Ampie tracce di ciò si possono vedere nei racconti — The Call of Cthulhu è pieno di considerazioni ostili su «sanguemisti» e umani «di specie bassa» — e il suo epistolario ci consegna molte invettive contro «gli italiani del Sud brachicefali & gli ebrei russi e polacchi mezzi mongoloidi coi musi da ratti & tutta quella feccia maledetta» e altre descrizioni del genere.

Con un’influenza culturale satura come quella di Lovecraft, l’unica soluzione è quella di diffondere la consapevolezza dell’eredità dell’autore insieme all’opera stessa. In altre parole, l’alternativa è educare su ciò che è esistito già per creare qualcosa di nuovo, passando al setaccio sia ciò che si ama da ciò che è oramai obsoleto, che tutti quegli elementi rimandanti invece ad un’universalità dei temi.

La cancel culture deve far riflettere

Il problema di quanto descritto finora è legato al rischio di confondere l’arte, il contesto storico e le peculiarità di un autore con la tutela delle sensibilità contemporanee. Ma il vero pericolo di manomettere l’integrità di un’opera letteraria è forse quello di alimentare un clima di dubbi e incertezze; perché se è vero che oggi siamo capaci di cambiare le opere del passato censurandole e descrivendole in altro modo, cosa impedirà in un futuro prossimo di farlo in altri contesti?
È forse questa la via del ritorno al pensiero unico tanto temuto ai tempi delle dittature novecentesche? Come ci insegna la teoria politologica del ferro di cavallo le due estremità non sono gli opposti, ma si avvicinano quasi a toccarsi.

Fonte: iodonna.it

Ad ogni modo bisogna fare i conti anche con l’altro piatto della bilancia, possibilmente ritenuto responsabile di contenere eccessivo buonismo: da genitori molto spesso ci si ritrova a leggere storie e a modificarne delle parti perché ci si rende conto che, essendo state scritte in altri momenti storici, tendono ad esprimere visioni della società non più condivise e che pertanto non si vuole trasmettere ai propri figli. Si pensi ad esempio al ruolo stereotipato della donna nelle fiabe che hanno accompagnato l’infanzia di quasi ogni bambino e bambina; è indiscutibilmente responsabilità dell’adulto evitare – attraverso una buona dose di consapevolezza – che i più piccoli subiscano certi imprinting. Da non sottovalutare poi la rilevanza della lingua come potente strumento di cambiamento sociale, in grado di vincere stereotipi e pregiudizi che distorcono e alterano la realtà.

Ciononostante, la questione che anima il dibattito rimane perché si continua a modificare pezzi scritti in altre epoche per adattarli ai nostri tempi, e comprensibilmente non tutti son d’accordo. Ma la domanda da porsi è principalmente una: meglio che un’opera sia modificata in modo da rimanere sostanzialmente la stessa ed immortale ma adattata alla nuova forma che vogliamo imprimere alla società o che per non fare un torto ai testi, frutto di persone di altre epoche, in generale ne aboliamo la fruizione, smettendo di stamparli e lasciando che il tempo li cancelli, così come si farà con le storie di Zio Paperone? La risposta più saggia da dare è che non esistono soluzioni univoche alle controverse questioni etiche, così che si deve accettare la convivenza di opinioni diverse e persino opposte, dalle quali comunque emergerà un’azione collettiva.

Gaia Cautela

Disney in odore di licenziamenti: l’impatto della crisi del 2022

Proseguono i numerosi licenziamenti: dopo Amazon, Meta, Twitter e Microsoft, anche la piattaforma Disney+ annuncia grossi interventi.

Le cause

Negli ultimi tre mesi del 2022, la piattaforma sembra aver perso 2,4 milioni di abbonati, motivo per cui si prospetta un taglio di circa 7mila posti di lavoro, pari a circa il 3,6% della forza lavoro globale.

Questa drastica decisione, genererà circa 5,5 miliardi di dollari di risparmi sui costi per la piattaforma. 

Crediamo che il lavoro che stiamo facendo per trasformare il nostro business intorno alla creatività, riducendo al contempo le spese, porterà a una crescita sostenibile e alla redditività della nostra attività di streaming.

Ha dichiarato Bob Iger, l’amministratore delegato.

È la prima volta dal 2019 che il servizio registra una perdita di abbonati di queste dimensioni, la piattaforma al momento sembrerebbe avere 161,8 milioni contro i 164,2 milioni del trimestre precedente.

Il motivo sarebbe riconducibile anche agli ultimi aumenti dei prezzi della piattaforma.

Cosa c’è dietro tutto questo 

Il team Disney conta circa 190mila dipendenti in tutto il mondo. Gestire questo elevato numero ha un costo piuttosto consistente, costo che la multinazionale non può più gestire. Così afferma il CEO di Disney:

Dopo un solido primo trimestre, ci stiamo imbarcando in una trasformazione significativa, che massimizzerà il potenziale dei nostri team creativi di livello mondiale e dei nostri marchi e franchising senza precedenti. Crediamo che il lavoro che stiamo facendo per rimodellare la nostra azienda attorno alla creatività, riducendo al contempo le spese, porterà a una crescita sostenuta e alla redditività per la nostra attività di streaming, posizionandoci meglio per affrontare le interruzioni future e le sfide economiche globali e fornire valore per i nostri azionisti.

Quanti saranno i licenziamenti nel 2023

Risulta che il 50% dei 2,5 miliardi di dollari di spese non relative ai contenuti deriverà dalle spese di marketing, il 30% dal costo del lavoro e il 20% dalla tecnologia e da altre spese aggiuntive.

Il servizio Disney prevede quindi che i risparmi sui costi verranno effettuati entro la fine del 2024.

Cosa succederà dopo il taglio dei posti di lavoro

L’amministratore delegato ha dichiarato di voler mettere in atto una nuova modalità operativa, che avrà inizio dopo i licenziamenti nel 2023, organizzando nello specifico tre segmenti di attività: Disney Entertainment (film, televisione e streaming), ESPN (focalizzata sullo sport) e Disney Parks, Experiences and Products (relativa ai parchi divertimenti).

I prossimi passi della Disney

Il CEO intende compiere vari passi per risolvere la situazione. Al momento, l’intenzione è quella di “ristrutturare” l’azienda, diminuendo i costi e migliorando la redditività. Tutto ciò risulterà possibile solo attraverso due azioni: limitando il personale e tagliando la produzioni dei programmi.

Iger ha, inoltre, precisato nelle ultime ore: «Ho un enorme rispetto e apprezzamento per il talento e la dedizione dei nostri dipendenti in tutto il mondo e sono consapevole dell’impatto personale di questi cambiamenti».

Perché il numero dei licenziamenti sta diventando sempre più elevato

La scelta di eliminare drasticamente il numero dei posti di lavoro è una conseguenza di una serie di fattori che negli ultimi anni ha influenzato la società in cui viviamo.  

Uno dei fattori chiave è stata la pandemia di COVID-19 che ha avuto un impatto decisivo sull’economia mondiale, provocando molteplici difficoltà nel settore economico. Anche la piattaforma Disney+ è rimasta vittima di questo cambiamento, e ha tentato di risolvere il problema riducendo le spese e semplificando le operazioni.

Il dubbio degli spettatori è anche quello dell’impatto che questa situazione alquanto complessa avrà sulla programmazione e sui contenuti: 

Per quanto riguarda i contenuti Disney ci saranno delle riduzioni di circa 3 miliardi di dollari:

Esamineremo realmente con attenzione tutto quello che realizziamo nel settore dell’intrattenimento perché le cose sono semplicemente diventate più costose in un mondo più competitivo.

Logo di Disney+. Fonte: AGI
Logo di Disney+. Fonte: AGI

Federica Lizzio