No alla teoria della sindrome dell’alienazione parentale nei tribunali. La svolta arrivata nel caso Massaro

Nell’ambito di una causa molto complicata, arriva una svolta epocale. Laura Massaro, protagonista della vicenda, è una donna che da nove anni lotta contro l’ex compagno, da lei denunciato per stalking.

La difesa di quest’ultimo ha accusato la donna di aver provocato nel figlio in comune un forte risentimento nei confronti del padre e, dunque, la sindrome da alienazione genitoriale.

Da molto tempo, la suddetta sindrome, è al centro della polemica per essere considerata non una vera malattia, perché priva di reale riscontro scientifico. Con il caso Massaro, la Corte di Cassazione, ha definito “pseudoscientifica” la controversa teoria che descrive l’allontanamento di un figlio da un genitore ad opera dell’altro.

Laura Massaro riabbraccia suo figlio dopo un allontanamento forzato (fonte: zazoom.it)

Il caso Massaro

Laura Massaro ha iniziato il suo calvario con la denuncia per stalking al suo ex compagno, nonché padre del minore. Negli anni, ha cercato di sostenere la sua battaglia con denunce pubbliche, scioperi della fame e proteste davanti tribunali. Molte associazioni e movimenti femministi hanno iniziato a supportarla e del suo caso si sono poi occupate anche diverse parlamentari.

Il 16 marzo 2022 durante l’audizione in tribunale di G.A., l’ex compagno, e dei suoi difensori dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono i minori, è stato riscontrato che la realtà dei fatti non corrispondeva alle dichiarazioni rese.

Tre consulenze tecniche d’ufficio, ora imputate per falso ideologico in atto pubblico, fatte alla signora Massaro negli anni, hanno fatto decidere al Tribunale per i minori di Roma l’affidamento del minore al Tutore il 05/07/2019 e il primo di allontanamento l’11/10/2019.

Il padre, comunque, aveva sempre esercitato il suo diritto di visita al figlio attraverso incontri protetti presso i servizi incaricati.

Ma, per ristabilire un rapporto che la controparte ha definito minato da ingiusti comportamenti di Laura Massaro, il Tribunale per i minorenni di Roma e la Corte di Appello di Roma, nel 2021, hanno deciso l’allontanamento del bambino, ormai di dodici anni, dalla madre, con collocamento del minore in casa-famiglia. La decisione è stata presa, nonostante la madre sia stata ritenuta da diversi operatori psico-sociali intervenuti negli anni sempre idonea, sotto il profilo della cura e dell’accudimento del figlio.

Lo spostamento in casa-famiglia è stato considerato ripetutamente contrario all’interesse del minore dalla Corte di appello di Roma nel 2015, dal Tribunale per i Minorenni di Roma nel 2018 e ancora dalla Corte di Appello di Roma nel 2020, quando questa ha revocato il provvedimento di allontanamento, evidenziando il pericolo di un trauma grave nei confronti del minore, l’inadeguatezza della situazione socio-ambientale del padre e il grave rischio per la salute del minore, giudicato iperteso.

Anche i medici che hanno visitato il minore, tra cui quelli interpellati direttamente dai Servizi Sociali, hanno espresso grandissima preoccupazione per le conseguenze sulla salute del bambino.

Nonostante ciò, la misura è stata nuovamente disposta e addirittura aggravata con l’interruzione di ogni contatto tra il bambino e la madre, anche telefonico, senza alcun limite temporale per il termine di tali misure afflittive.

 

Il ricorso alla Cassazione contro il provvedimento di allontanamento dalla madre

Così Laura Massaro ha fatto ricorso in Cassazione, richiedendo la sospensione dell’esecuzione del provvedimento. Il minore ha persino scritto personalmente una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, raccontando la sua disperazione per essere stato allontanato, anche con la forza, dalla madre e per non essere stato ascoltato dalla Corte di Appello prima della decisione.

Nonostante siano state riscontrate violazioni di legge da parte delle autorità giudiziarie di merito, l’assenza di comportamenti inadeguati da parte di Laura Massaro nel suo ruolo di genitore e la “compressione della libertà” del minore, la Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma, prima favorevole alla sospensione del provvedimento, in data 12 novembre 2021 è stato comunicato provvedimento di rigetto della richiesta di sospensione dell’esecuzione dell’allontanamento del minore dalla madre contro la sua volontà.

L’allontanamento del minore avvenuto senza che questo fosse prima ascoltato (fonte: huffingtonpost.it)

La Cassazione ha ora accolto il ricorso della donna e dai suoi legali, messi a disposizione dall’associazione Differenza Donna, annullando la sua decadenza dalla responsabilità genitoriale e il trasferimento del bambino in casa-famiglia stabiliti in precedenza dalla Corte di Appello.

Il ricorso è stato accolto sulla base di tre motivazioni: l’illegittimità dell’alienazione parentale, la superiorità dell’interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità e la condanna dell’uso della forza nei confronti dei minori.

 

Il caso posto in sede internazionale

La vicenda della signora Massaro è stata sottoposta alla Commission on the status of women e alla Special Rapporteur ONU contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne, dall’associazione “Differenza Donna”, al suo fianco dal 2017.

In seguito all’aggravarsi dei provvedimenti presi ai danni della donna, il fascicolo processuale è stato segnalato alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e ogni forma di violenza nei confronti delle donne”, all’attenzione di tutte le istituzioni e gli organismi di monitoraggio della tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, al Ministero della Giustizia, in ultimo, alla “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono i minori”, ma anche al Ministero della Salute.

Proprio a quest’ultimo è stato chiesto la raccomandazione ad assicurare che le autorità giudiziarie minorili espungano dalla loro attività ogni riferimento all’alienazione genitoriale.

 

La teoria della sindrome da alienazione genitoriale e le difficoltà generate in ambito giudiziario

La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (“PAS” in inglese) è un concetto formulato per la prima volta negli anni Ottanta dallo psichiatra forense statunitense Richard Gardner. Lo psichiatra lo descrisse come una dinamica psicologica disfunzionale che si attiva nei figli minorenni coinvolti nelle separazioni conflittuali dei genitori.

Uno dei due genitori, secondo la teoria, viene definito “genitore alienante” qualora cerchi di portare il figlio a provare e dimostrare astio e rifiuto verso l’altro genitore, detto “genitore alienato”, fino all’allontanamento, attraverso l’uso di espressioni denigratorie, false accuse e costruzioni di realtà virtuali familiari”.

Per Gardner, affinché si tratti effettivamente di PAS è necessario che rancore e rifiuto da parte del minore non nascano da dati effettivamente reali e oggettivi che riguardano il genitore alienato.

Fin da subito la teoria di Gardner fu molto contestata nel mondo scientifico e accademico poiché priva di solide dimostrazioni. Perciò, non è riportata nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

Comunque, la sindrome è stata finora molto considerata, anche in Italia, nell’ambito di separazioni conflittuali.

La teoria di questo disturbo è divenuta spesso un problema, soprattutto nelle situazioni in cui fossero presenti casi di violenza, come quello di Laura Massaro. I sentimenti negativi di figli nei confronti di genitori violenti sono stati spesso addossati a presunti comportamenti scorretti da parte del genitore in realtà vittima.

La presidente e avvocato di Differenza Donna, Elisa Ercoli ha commentato l’avvenimento:

“Così come è stato per il no di Franca Viola sul matrimonio riparatore, oggi Laura rappresenta tutte le donne per un no definitivo a violenza istituzionale agita contro donne, bambine e bambini, in materia di Pas, prelievi forzati e altre forme di violazione dei diritti umani. Quando la storia è segnata da progressi come oggi, vinciamo tutte”.

 

Rita Bonaccurso

L’incontro-dibattito sulla giustizia costituzionale e sui diritti fondamentali con Marta Cartabia e Gaetano Silvestri

Grande successo ha riscosso l’incontro-dibattito, svoltosi ieri nella sontuosa ed elegante Aula Magna del Rettorato, sul tema “Giustizia costituzionale e diritti fondamentali nel contesto dell’integrazione europea” organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza, in particolar modo dalle cattedre di Diritto Costituzionale.

Ospiti illustri erano l’attuale Ministra della Giustizia Professoressa Marta Cartabia, eminente costituzionalista e prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente della Corte Costituzionale ed il Professore Gaetano Silvestri, anch’egli è stato Presidente della Corte nonchè ex Rettore dell’Ateneo Peloritano.

Saluti istituzionali

A fare gli onori di casa è stato il Rettore Professore Salvatore Cuzzocrea, il quale ha esordito con queste affermazioni:

Ringrazio la Ministra Cartabia per la sua presenza, motivo di ulteriore spinta per il percorso in area giuridica del nostro Ateneo. Nel tempo questo cammino si è arricchito di risorse, studi e ricerche che proseguiranno, adesso, con rinnovato vigore. Un grazie va rivolto anche al Prof. Silvestri che ritorna all’Università di Messina per affrontare un tema importante come quello odierno.

Di seguito i saluti del Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Professor Francesco Astone:

È per me un onore portare il saluto del Dipartimento di Giurisprudenza in occasione di questo incontro su un tema di grande fascino ed interesse. L’ordinamento comunitario nella zona europea ha costituito grande sviluppo e sono lieto che tutto questo possa essere approfondito, oggi, di fronte ad una vasta platea che è indice della voglia di ripartire e conoscere.

Da sinistra: la Prof.ssa Sorrenti, la Ministra Cartabia, il Rettore Cuzzocrea, il Prof. Silvestri, il Prof. Saitta – Fonte: unime.it

Introduzione al convegno

Si entra così nel vivo del tema del dibattito. I lavori vengono introdotti dal Prof. Antonio Saitta, ordinario di Diritto Costituzionale.

Ciò che emerge è che gli interessi della società non devono essere governati solo nell’ottica della dimensione nazionale del diritto. La tutela dei diritti fondamentali deve andare oltre, deve essere assicurata in un’ottica sovranazionale, a livello comunitario e internazionale.

A tal punto il Professore Saitta cita l’importante contributo lasciato dalla Giurisprudenza Costituzionale, nei periodi di presidenza del Prof. Silvestri e della Professoressa Cartabia, che ha incentivato il dialogo tra le Corti (Corte Costituzionale, Corte EDU, CGUE n.d.r.) e in un certo qual modo anche tra le Carte dei diritti fondamentali interne, comunitarie e internazionali.

Il giurista di oggi, nel momento in cui opera, non ha come pilastro del diritto soltanto la Costituzione Italiana del’48 ma adesso ha anche la CEDU.

Prosegue sulla stesa scia la Professoressa Giusi Sorrenti, ordinaria di Diritto Costituzionale, che ribadisce ancora come i diritti umani siano il terreno più fertile per gli scambi tra le Corti.

Si giunge quindi agli illustri ospiti e il primo a prendere la parola è il Professore Gaetano Silvestri:

“Mi unisco al coro di gratitudine per la presenza della Ministra Cartabia, alla quale mi lega un rapporto di amicizia, stima e comunanza di prospettive di ricerca in ambito giuridico e costituzionalista. Abbiamo avuto molti confronti fruttuosi, riguardo ai diritti fondamentali, alla loro effettività e non solo, che sono stati ricchi di osservazioni e riflessioni rivelatesi utili in occasione di molte sentenze”.

Viene ripreso il concetto della massima espansione della tutela dei diritti fondamentali che può avvenire solo dopo un bilanciamento tra questi stessi diritti, perciò non potremmo avere un diritto che è tiranno rispetto ad altri. Tutti i diritti costituzionalmente sanciti e protetti si equilibrano tra di loro.

Dibattito tra giovani costituzionalisti e la Ministra

E finalmente è la volta della Ministra Cartabia che, nel porre un saluto alla platea, non esita a ricordare il rapporto di stima che la lega al Prof Silvestri con cui ha condiviso anni di lavoro all’interno della Corte:

Nutro molto affetto e riconoscenza nei confronti del Prof. Silvestri. Con lui, alla Corte Costituzionale ho trascorso anni memorabili e stimolanti. Per me ha rappresentato un faro dall’alta statura professionale ed umana. Quando mi ritrovo a parlare di diritti fondamentali, sottolineo sempre l’importanza del bilanciamento e del giusto equilibrio nel rapporto fra diritto nazionale ed europeo.

La Ministra Professoressa Marta Cartabia- Fonte: unime.it

Il convegno è stato arricchito dagli interventi di elevato spessore da parte dei dottorandi, dei dottori di ricerca e ricercatori nelle materie costituzionalistiche che, ponendo quesiti alla Professoressa Cartabia, hanno stimolato acute riflessioni.

In particolar modo sono intervenuti i dottorandi di ricerca Erika La Fauci, Cosimo Lotta, Demetrio Scopelliti e Francesco Torre; i dottori di ricerca Antonino Amato e Roberto Ravì Pinto; i ricercatori in Diritto Costituzionale Antonio Ignazio Arena, Giuseppe Donato e Alessia Fusco.

Parlando di giusto equilibrio all’interno del rapporto tra diritto nazionale ed europeo, dalle domande poste  vengono fuori diverse tematiche tra cui: omogeneizzazione culturale nella tutela dei diritti fondamentali da parte della Corte Ue.

Secondo la Professoressa Cartabia i diritti umani appartengono a tutti gli uomini, quindi tendono all’universalità, ma allo stesso tempo sono radicati nella storia e nella civiltà in cui nascono. Nell’UE abbiamo diverse civiltà con una diversa storia. L’Ue è unione nelle diversità, è Europa che è Stati Nazionali; quindi non omogeneizzazione di diritti ma armonizzazione di diritti all’interno dell’Ue.

E si parla ancora di dialogo tra Corte Costituzionale e Parlamento Italiano in merito a casi che hanno ad oggetto diritti fondamentali. Il giudice delle leggi, anziché decidere direttamente, ha sospeso il giudizio e ha chiesto al Parlamento di intervenire entro un certo limite d tempo. Si è discusso a lungo se questa potesse essere considerata un’ingerenza della Corte all’interno delle prerogative del Parlamento. Secondo la Ministra, la Corte con questo tipo di decisione dimostra di avere rispetto per quella che è la discrezionalità del Parlamento in merito a diritti fondamentali.

L’incontro-dibattito ha dato luce a rilevanti chiose e riflessioni in merito a questioni di diritto, che apparentemente potrebbero sembrare astratte, ma che riguardando la tutela dei diritti fondamentali si ripercuotono quotidianamente nella nostra società.

                                                                                                                     Ilenia Rocca

Terza edizione del progetto “Diritto Di-Vino”: con ELSA alla scoperta della cantina Cambria

Sabato 16 novembre 2019 ritorna l’appuntamento con Diritto Di-Vino, percorso eno-gastronomico con un focus sulla legislazione vitivinicola, tutela del marchio e denominazioni d’origine, organizzato congiuntamente da ELSA Messina, ELSA Catania ed ELSA Palermo, in collaborazione con AIGA Barcellona P.G (ME).

L’evento, giunto alla sua terza edizione, nasce dalla necessità di un costante aggiornamento sulla normativa nazionale e comunitaria di un mercato in forte espansione, in cui operatori alimentari e consumatori chiedono sempre più sicurezza e tutela dei propri diritti.

L’appuntamento vedrà i partecipanti impegnati in una giornata all’insegna del diritto e del buon cibo, immersi nella caratteristica cornice della cantina Cambria, antichissima azienda agricola nata nel 1864 e sita in contrada San Filippo-Furnari (ME) (qui per ulteriori dettagli).

Il percorso comprende:

  • Conferenza a cura di esperti del settore;
    Relazioneranno:
    Avv. Gaetano Mercadante, Foro di Messina;
    Dott. Alessandro Picciolo, Funzionario Direttivo presso l’Istituto Regionale del vino e dell’olio;
    Dott. Agronomo Felice Genovese, libero professionista iscritto all’albo dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Messina;
    Dott. Giuseppe Toscano, Ricercatore di diritto penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza di Messina.
  • Visita guidata delle cantine;
  • Pranzo e degustazione (2 calici di vino, antipasto, primo, dessert) a €16;
  • Visita guidata del vigneto.

Per le prenotazioni, da effettuarsi entro e non oltre le 23:59 di martedì 12 novembre p.v., è necessario compilare il form che trovate cliccando qui e versare la quota di partecipazione entro 48h a pena di invalidità della stessa.

I posti sono limitati e, qualora le prenotazioni dovessero eccedere le disponibilità, i partecipanti verranno selezionati secondo un criterio cronologico.

Partecipate in numerosi: l’evento, all’insegna del buon vino, è aperto a tutti!

Per info e costi:
– Chiara Galletta – Tel +39 3452365900

 

Convegno “Libertà di cronaca, diritto all’oblio e dignità della persona”

Venerdì 3 maggio, in occasione della Giornata Mondiale della libertà di stampa, si svolgerà, alle ore 16:30 presso l’Auditorium della Gazzetta del Sud, un convegno sul tema Libertà di cronaca, diritto all’oblio e dignità della persona, organizzato dall’Associazione Alumnime, dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina, con il patrocinio di Ses Gazzetta del Sud – Giornale di Sicilia e dell’Associazione Nazionale Magistrati.

La scelta del tema prende spunto dall’ordinanza del 5.11.2018 n. 28084 con la quale la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha ritenuto di rimettere al Primo Presidente della Corte, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione “concernente il bilanciamento del diritto di cronaca – posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione – e del c.d. diritto all’oblio – posto a tutela della riservatezza della persona”. Un bilanciamento, si legge nell’ordinanza, che “incide sul modo di intendere la democrazia nella nostra attuale società civile, che, da un lato fa del pluralismo delle informazioni e della loro conoscenza critica un suo pilastro fondamentale; e, dall’altro, non può prescindere dalla tutela della personalità della singola persona umana nelle sue diverse espressioni”.
Ai giudici della Suprema Corte è, perciò, apparsa indifferibile l’individuazione di criteri univoci che consentano agli operatori di conoscere preventivamente i presupposti in presenza dei quali un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione.

Sul tema interverranno eminenti studiosi ed esperti della materia provenienti dall’accademia, dalla magistratura e dal mondo delle professioni al fine di indicare a tutti gli operatori del settore le più opportune linee di condotta.
Dopo l’introduzione dell’amministratore delegato e direttore editoriale di SES Lino Morgante e del rettore dell’Ateneo messinese Salvatore Cuzzocrea, porgeranno i saluti la presidente di Alumnime prof. ssa Patrizia Accordino, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Messina Vincenzo Ciraolo e la dott. ssa Maria Militello presidente della sezione distrettuale dell’Anm. Le relazioni introduttive sono affidate al prof. Angelo Federico, ordinario di Diritto Privato dell’Ateneo messinese e al dott. Alessandro Notarstefano, direttore responsabile della Gazzetta del Sud. A seguire gli interventi del prof. Luigi D’Andrea, ordinario di Diritto Costituzionale e direttore della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università di Messina, del dott. Marco Romano, vicedirettore del Giornale di Sicilia e dell’avv. Francesco Scalia, componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia. Le riflessioni conclusive sono, invece, affidate al dott. Fabrizio Di Marzio, consigliere della Corte di Cassazione e direttore della rivista Giustizia Civile. Modererà i lavori il giornalista Franco Cicero, già caporedattore di Gazzetta del Sud e componente del collegio dei probiviri della Federazione nazionale della Stampa italiana.

Il  comitato scientifico del convegno, che costituisce per i giornalisti evento formativo di carattere deontologico, è composto dai docenti dell’Ateneo messinese Antonio Baglio e Francesco Rende, dalla giornalista della Gazzetta del Sud Natalia La Rosa e dall’avv. Carlo Carrozza, componente del consiglio dell’Ordine degli avvocati di Messina.

Seminario Democrazia rappresentativa vs Democrazia diretta: alla ricerca di una sintesi

Giovedì 11 aprile alle ore 10.30 presso l’Aula Magna 2 del Dipartimento di Economia si terrà un seminario sul tema “Democrazia rappresentativa vs Democrazia diretta: alla ricerca di una sintesi”. Il seminario è organizzato dal prof. Giacomo D’Amico e dal prof. Alberto Randazzo, ricercatore di Istituzioni di diritto pubblico. I lavori saranno introdotti dai proff. Giovanni Moschella, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico, e Luigi D’Andrea, ordinario di Diritto pubblico. Seguirà la relazione della prof.ssa Ida Nicotra, ordinario di Diritto costituzionale e Componente del Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. È prevista l’attribuzione di 0,25 CFU agli studenti universitari.

Seminario “Il volto umano del diritto”: la testimonianza di Marco Cappato all’UNIME

L’incontro svoltosi l’11 marzo nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Messina, dal titolo “Il volto umano del diritto: visioni a confronto” verteva sul caso DJ Fabo-Cappato e di riflesso sull’ampio campo del fine-vita nell’ordinamento italiano. 

Il dibattito è entrato nel vivo dopo l’introduzione del prof. G. D’amico, docente di diritto costituzionale, e del prof. A. Randazzo, ricercatore di istituzioni di diritto pubblico; il nucleo della conferenza ha visto l’alternarsi delle argomentazioni di visioni differenti sul tema, espresse dai docenti: prof.ssa L. Risicato, ordinario di diritto penale, prof. A. Licastro, ordinario di diritto ecclesiastico, e prof A. Ruggeri, ordinario di diritto costituzionale, intervenuti per informare e far riflettere in merito alla disciplina italiana e i suoi limiti i partecipanti presenti all’evento, soprattutto giovani studenti, ma anche giuristi e avvocati sensibili all’argomento in questione. 

Da sinistra: il dott. Marco Cappato e gli altri ospiti – ©Ufficio Stampa UniMe, Aula Magna del Rettorato, 11 marzo 2019

Il discorso sicuramente più atteso, che di fatto non ha deluso le aspettative, è stato quello legato all’esperienza diretta di chi, come il dott. Marco Cappato, ha sempre operato in questo ambito tramite le sue personali battaglie sociali. 

Nel caso concreto e specifico, Marco Cappato, esponente dei radicali e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, nel febbraio del 2017, ha accompagnato Fabio Antoniani (DJ Fabo), divenuto cieco e tetraplegico in seguito ad un incidente, in una clinica svizzera, dove ha realizzato la sua volontà di porre fine alle sofferenze provocate dal proprio stato di salute.

Al rientro in Italia, Cappato riferisce quanto realizzato alle forze dell’ordine e decide di autodenunciarsi del reato di “istigazione al suicidio” previsto all’art.580 del codice penale, per il quale rischia dai 5 ai 12 anni di carcere. 

Ancora oggi è in attesa di giudizio, in quanto la Corte d’Assise di Milano ha sospeso il processo e rimesso gli atti alla Corte Costituzionale che, con ordinanza del 24 ottobre 2018, ha dato un termine di un anno al Parlamento Italiano per emanare una legge sulla questione. 

Il caso è divenuto di rilevanza nazionale già prima del 27 febbraio 2017, perché i due protagonisti avevano deciso di rivolgere un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché esortasse il legislatore a proporre una disciplina che rendesse lecito il suicidio assistito, come in altri paesi. 

L’intervento da lui realizzato in qualità di testimone diretto, ha visto un’iniziale analisi proprio dell’articolo 580, evidenziando la necessità di un’interpretazione legata soprattutto agli interessi della società di oggi, profondamente diversi da quelli del 1930, anno in cui è entrato in vigore il nostro codice penale. 

Al termine della sua esposizione, Cappato ha rivolto al pubblico un quesito mediante un parallelismo:

“può esistere l’amore imposto? No, perché non sarebbe vero amore. Allo stesso modo, può esistere la vita imposta? No, perché non sarebbe vera vita.”

Marco Siligato

Quattro chiacchiere con la prof.ssa Maria Astone – Il CORECOM Sicilia

Si sa, l’UniMe ha tante eccellenze passate, presenti e, ci si augura, future. Un grande onore del nostro Ateneo, specialmente del dipartimento di Giurisprudenza, è il ruolo che ricopre la prof.ssa Maria Annunziata Astone, ordinario di Diritto Privato, a livello regionale: è lei l’attuale presidente del Corecom Sicilia. Il Corecom – Comitato Regionale per le Comunicazioni –  è un organo funzionale dell’Autorità Garante per le Comunicazioni (Agcom) previsto da una legge nazionale. Ma in cosa consiste questo organo? Quali funzioni svolge? Perché è così importante per la comunità, la quale non lo conosce molto  bene? Noi di UniVersoMe non potevamo esimerci dal trovare le risposte a queste domande, ed il miglior modo è stato fare quattro chiacchiere a tu per tu con la professoressa!

©Sofia Campagna, Messina 2019

Essendovi in totale circa 400 emittenti presenti sul territorio regionale, in che modo il Corecom Sicilia regola la varietà di accesso ai media audio-visivi siciliani su cui esercita la vigilanza?

Dai nostri ultimi accertamenti effettuati, in Sicilia operano circa 367 televisioni private, numero che ritengo sia destinato in qualche modo a ridursi considerando il fatto che molte di queste emittenti vivono grazie ai contributi dello Stato. Conseguentemente nel momento in cui i criteri per il riconoscimento dei contributi diventano più restrittivi viene messa in discussione la loro sopravvivenza, con grave pregiudizio per il  pluralismo informativo e per l’economia dell’isola.
Per quanto riguarda il controllo del Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Sicilia sull’operatività delle emittenti televisive viene tenuto presso la sede del Comitato  un registro degli operatori di comunicazione, il c.d. ROC. Inoltre per legge svolgiamo anche un’attività di sorveglianza e monitoraggio direttamente sulle trasmissioni, al fine di garantire le norme in materia di pubblicità, di par condicio in clima elettorale ed il rispetto delle norme dirette alla tutela  dei soggetti vulnerabili,  nelle diverse fasce orarie dei palinsesti televisivi.
Però devo dire che la normativa riguarda sole i media tradizionali, sicchè restano fuori da ogni controllo  i programmi che transitano sulle  nuove reti di comunicazione. La normativa nazionale in tema di monitoraggio e di sorveglianza infatti non è applicabile alla rete telematica. Sotto questo profilo, l’ordinamento giuridico italiano è del tutto insufficiente rispetto alle nuove esigenze.

©Sofia Campagna, Messina 2019

Mi ha anticipata riguardo la prossima domanda. Difatti in vista della prossima razionalizzazione della capacità trasmissiva degli operatori audio-visivi di reti locali, quale futuro intravede per gli stessi fornitori di media locali?

Guardi, io innanzitutto credo che il futuro sia da scrivere, però noto delle difficoltà enormi.  Infatti sia con l’introduzione   della normativa europea sul codice europeo delle comunicazioni elettroniche, sia il nuovo assetto delle reti di comunicazioni che a breve prenderà avvio determinerà  una crisi di molte realtà televisive locali. Questo è un grande problema perché non è in gioco solo l’informazione, bensì anche i livelli occupazionali di coloro che lavorano all’interno di questa realtà, basti pensare ai giornalisti, i registi, gli operatori tecnici. È necessario che le autorità intervengano quanto meno per sostenere sia i soggetti che operano all’interno delle  televisioni private sia per continuare a garantire il pluralismo informativo. Un ruolo molto importante potrà  essere svolto dalla regione Sicilia, così come ho rappresentato  in una conferenza svoltasi lo scorso Aprile, al presidente dell’ARS Miccichè. E’ opportuno che la Regione Sicilia si doti di una normativa organica e adeguata alle nuove tecnologie  in materia di informazione;  e a tal proposito il Corecom intende presentare diverse proposte.

Il Corecom Sicilia possiede delle particolari funzioni rispetto agli altri, essendo nominato da un’assemblea regionale a statuto speciale?

Il Corecom Sicilia non si differenzia rispetto agli stessi organi delle altre regioni. Ha delle funzioni proprie come quella consultiva dell’Ars e della Giunta Regionale nelle materie di propria competenza; funzioni di supporto al governo Regionale e all’Ars per le iniziative inerenti al settore dell’informazione.

©Sofia Campagna, Messina 2019

Le testate online dovrebbero essere registrate presso il Roc, il Corecom come concilia il controllo e la vigilanza con il principio di libertà di stampa?

Le testate online registrate in Sicilia sono solo 50, però sul punto va rilevato che il Corecom può svolgere sulle testate giornalistiche on line la stessa attività di sorveglianza che si attua per i giornali cartacei.. Tuttavia, come per quasi l’intera materia, ancora non abbiamo delle norme specifiche che ci forniscano una competenza in merito al loro controllo e molto è lasciato all’autonomia privata e agli accordi tra Agcom e gestori delle piattaforme online.

Un ringraziamento va alla prof.ssa Astone che con grande disponibilità si è prestata a questa intervista di un’aspirante avvocato con il desiderio di lavorare in questo “magico” mondo delle comunicazioni.

 

 

 

Giulia Greco

Je suis Charlie

Charlie Gard.  Ha solo 10 mesi, ma tutto il mondo già lo conosce, tutti i mezzi di comunicazione ed i social networks, non hanno fatto altro che parlare di lui in questi giorni. Perché?

Perché la vita di questo bimbo, nella sua particolarissima forma, è segno di contraddizione per la società del nostro tempo che, pronta a legittimare anche i desideri più improbabili, priva della propria libertà chiunque non dovesse essere allineato con i “trend” del pensiero forte.

Chris Gard e Connie Yates, genitori del piccolo Charlie, hanno solo chiesto la vita, mentre medici e corti d’appello sentenziano morte. Morte per soffocamento ( sono filantropi, loro!) dal momento che “staccando la spina”,  Charlie non sarà più in grado di respirare autonomamente. E’ una malattia rara la sua, deplezione del DNA mitocondriale (16.ooo base paires che vengono, normalmente, tradotte in proteine funzionali, fondamentali per consentire all’organulo di adempiere alla sua funzione), si contano solo altri 16 casi del genere in tutto il mondo.

E’ senz’altro una situazione complessa ed estremamente delicata, però una cosa risulta incomprensibile: anche se  il bimbo non può essere portato negli Stati Uniti per tentare una cura sperimentale bocciata dai medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, perché deve essere ucciso attraverso la rimozione del respiratore?

I genitori, infatti, fin dal primo giorno insistono nel dire che il bambino non soffre («se fosse così saremmo i primi a lasciarlo andare»). E che Charlie possa continuare a vivere è dimostrato proprio dal fatto che, da aprile a oggi, cioè da quando è iniziata la causa giudiziaria, il suo stato di salute non è peggiorato.

Di questo, i medici non sanno bene che rispondere. La decisione di staccare la spina è stata presa, dicono, “nel migliore interesse del bambino”, ma non è facile comprendere come la vita possa non essere nell’interesse di Charlie. E rimane, ancora, il nodo cruciale: secondo gli stessi operatori sanitari  “Non è possibile sapere se Charlie provi dolore o meno. Nessuno può esserne certo”. Quindi, non si può stabilire se ci sia o no accanimento terapeutico.

Però mi chiedo, quale medico e quale giudice può arrogarsi il diritto di porre fine alla vita di un bambino sulla base di qualcosa che non sa?

Poiché ammettono di essere nel dubbio, i dottori dovrebbero assisterlo fino alla fine e fare un passo indietro davanti a una vita che, per quanto fragile e sofferente, c’è.

L’emergenza di Charlie è l’emergenza di ogni uomo, perché la sua malattia coinvolge la fase vita in cui l’uomo è più debole e indifeso e ha bisogno di accoglienza, ancora di più se affetto da una malattia genetica o malformativa. Alla sua sofferenza non si è data una risposta concreta, si è negata la base minima della pietà umana decretando che se sofferenti non vale la pena vivere.

Concludo prendendo in prestito le parole di un pediatra e genetista francese (nonché scopritore della trisomia 21, più nota come “Sindrome di Down ed altre malattie cromosomiche), vissuto nel secolo scorso, Jérôme Lejeune:

«Se si volesse eliminare il paziente per sradicare il male, si avrebbe la negazione della medicina. Ma difendere ogni paziente, prendersi cura di ogni uomo, implica che ciascuno di noi debba essere considerato unico e insostituibile».

Dobbiamo servirci della medicina in modo etico per salvare vite, altrimenti essa rischia di diventare mero tecnicismo applicato, ma non al servizio dell’uomo. Charlie forse non può guarire, ma non per questo dev’essere ucciso da una scienza che si illude di essere onnipotente.

Ivana Bringheli

#loveislove, ma non basta

Omosessualità: se non fossi in Italia, sarebbe difficile scrivere di questo argomento.

Perché? ”- direte. Per il semplice fatto che in ben 22 paesi è vietato anche solo pronunciare la ”temibile” parola omosessuale.
Ad esempio, in Medio Oriente l’omosessualità risulta un’espressione dell’occidentalizzazione e, quindi, saldamente condannata.

Essere gay, però, non è un’invenzione occidentale, ma è una condizione assolutamente naturale della realtà umana – affermava Hillary Clinton nel lontano 7 dicembre 2011, in occasione della Conferenza organizzata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).  Sei anni dopo questo famoso discorso, nonostante la tutela degli omosessuali ed il riconoscimento del matrimonio gay, negli Stati Uniti esistono ancora delle criticità e, con la recente elezione di Trump alla presidenza, si prevedono tempi duri per le LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).

Se nel continente americano, gli omosessuali – seppur non totalmente in egual misura – vengono riconosciuti, tutelati e hanno diritti al pari di ogni cittadino ritenuto ”normale”, facendo un salto nelle terre storicamente nemiche degli USA, esiste una realtà più assurda di una classificazione di cittadini A e B.

Yuri Guaiana, da sempre attivista gay, ci dimostra che proprio in questi paesi dell’Est Europa, il #loveislove per molti è una realtà utopistica.

Come è stato raccontato in vari reportage, la situazione degli uomini nella piccola repubblica caucasica è tragica: almeno un centinaio di gay sono detenuti illegalmente in un centro di prigionia ad Argun, ad est della capitale Groznyj. Secondo i testimoni, i prigionieri vengono catturati attraverso uomini-esca che si fingono a loro volta gay, portati in luoghi segreti e torturati a lungo con tubi di gomma o cavi elettrici; vengono anche ricattati fino a dover pagare un vero e proprio pizzo in denaro per evitare l’outing.

In molti sono già scappati dalla loro terra natia, quella che li sevizia nei nuovi lager del 2017.

Di fronte allo sdegno mondiale per quanto sta accadendo, quindi, l’ALL OUT ha raccolto due milioni di firme, in cui si chiede la fine immediata delle persecuzioni in Cecenia.

Motivi, questi, per cui Yuri Guaiana si è recato a Mosca dove ha consegnato la petizione con tutte le firme raccolte. Come poteva rispondere la pacifica Federazione? Guaiana è stato prima arrestato e poi, su pressione della Farnesina, rilasciato.

La situazione in Cecenia è talmente grave che diversi politici stranieri hanno sentito il dovere di condannare le violenze e le intimidazioni contro la gay community cecena.

Ma l’Italia? Sembra essere avara di parole da spendere in merito. Il ministro Andrea Orlando, solo in occasione dell’incontro per il primo anniversario dell’approvazione delle unioni civili, ha condannato la situazione, ricordando che Putin è al centro di simpatie di alcuni politici italiani. Poi, in prima linea, il silenzio di Angelino Alfano, responsabile degli Esteri e – per voler finire – il totale disinteresse dei media.

Ma d’altronde, si sta parlando di omosessuali, mica di diritti umani.
Si sta chiacchierando solo di un nuovo stile di vita condivisibile o meno, mica di violenza ingiustificata, di razzismo o di ghettizzazione.

O forse, si sta parlando di coraggio, di amore, un sentimento che non dovrebbe subire discriminazione, che dovrebbe essere libero per tutti; quell’amore che non dovrebbe avere sessualità, ne pregiudizi o intolleranze. Eppure, adesso, l’amore non basta per vincere l’ignoranza e la violenza di chi non lo conosce.

Jessica Cardullo

Messina ricorda Angelo Falzea: una vita per il diritto

Presso l’Aula magna “S.Pugliatti”, del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina, il Rotaract Club dello Stretto di Messina, presieduto per l’anno societario 2015-16 dalla dottoressa Veronica Gabriele, nell’ambito del V incontro sul progetto “I grandi del passato per i messinesi del futuro, ha ricordato la figura del Prof. Angelo Falzea, insigne avvocato giurista e massimo esponente della Scuola messinese del diritto fondata da Salvatore Pugliatti.

All’incontro, hanno preso parte il professore e avvocato Nazzareno Saitta, moderatore dei lavori e già Ordinario di Diritto Amministrativo presso il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina; il prof e avvocato Vincenzo Scalisi, Emerito di Diritto Civile presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina; il prof e avvocato Mario Trimarchi, Ordinario di Diritto Civile presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina, il dottor Rocco Vaccarino, Praticante avvocato presso il Foro di Messina e Socio del Rotaract Club Stretto di Messina e la dottoressa Adele Fortino, giornalista Freelance.

Dopo i ringraziamenti della Presidente del Rotaract Club dello Stretto, per quanto hanno partecipato al convegno, la parola è passata al professore e avvocato Nazzareno Saitta, ex studente del professore Falzea, che nel 1948, a soli 34 anni, era già docente di diritto costituzionale. Un personaggio Falzea difficile e multiforme, così come ricorda anche il prof. E avvocato Scalisi, intervenuto subito dopo e da oltre 50 anni in stretto rapporto con Falzea, la cui opera era ed è rivolta a giovani e studenti che intendono intraprendere la carriera di avvocato. Saitta ricorda Falzea “come un grande scienziato del diritto, con la sua opera che nasce all’interno delle mura universitarie, rivolta alla ricerca della giuridicità. Per l’insigne e avvocato giuristica, scomparso nel 2016, l’interesse all’interno del diritto, diventa valore attraverso un dover fare da parte dei consociati, cioè della comunità”. Anche Falzea ricorda ancora Saitta, “rivendica la categoria del diritto come centro di interesse umano, un concetto quest’ultimo del tutto innovativo, che non ha eguali, la cui teoria è molto spesso applicata per raggiungere i fini pratici”.

L’avvocato e professore Trimarchi, ha sottolineato come l’”Introduzione alle Scienze Giuridiche” resta l’opera più importante di Falzea, che nel VI volume, egli ricorda la teoria della complessità giuridica, “che altro non è, che un aspetto della complessità stessa, che a sua volta, non deve essere confusa con la complessità dei dati”. Il rapporto tra casualità e disordine giuridico era un altro dei tanti aspetti di cui si occupa Falzea, che come ricorda l’avvocato Vaccarino, nel 1943, fu egli che declinò le fonti del diritto della separazione consensuale.

Adele Fortino, giornalista freelance, ha tracciato per la conclusione dei lavori, il profilo umano del prof. Falzea , anche trraverso delle interviste che lei stessa ha fatto all’insigne giurista. Egli, ricorda la Fortino, “egli non si è mai immedesimato nella vita dei cittadini rispetto a Pugliatti. Per lui, la figura del Rettore era vista come una figura semi-politica e ha sempre rappezzato le donne che sanno intrecciare la vita ludica con quella lavorativa”.

Falzea, conclude la Fortino, si può definire come un personaggio di scoglio, se pur attaccatissimo a Messina, dimostrato dal fatto che ha rinunciato a cattedre prestigiose come Napoli, Milano e Roma, egli non era contento della terra in cui viveva, ma non voleva e non ha voluto lasciare Messina.

Da sottolineare che l’innata curiosità del prof. Falzea, non si è spenta neppure con l’uscita dal ruolo che egli ricopriva, pure negli ultimi anni di vita, non ha fatto mancare il suo contributo in termini di ragionamento e riflessione al mondo giuridico italiano e non solo.

Pietro Genovese