L’obelisco egizio del Duomo di Messina

Messina è una città antichissima: la tradizione (per calcolo del grande Francesco Maurolico attraverso la cronologia di Eusebio da Cesarea) pone la sua nascita nell’anno 1765 a.C. (!), una datazione confermata dall’odierna ricerca archeologica (alla quale per la prima volta appunto in tema di preistoria diedero grande impulso i membri del Circolo Archeologico Codreanu tra cui Franz Riccobono). Eppure, a Messina scarseggiano lasciti dell’antichità, monumenti che riportino al tempo più lontano della sua esistenza, e quelli che ci sono sono praticamente nascosti o poco valorizzati o non divulgàti.

Un pezzo importantissimo e antichissimo, nonché misteriosissimo, della nostra storia si trova proprio sotto i nostri occhi, ma forse l’avremo visto innumerevoli volte senza accorgercene (assurdo per quanto sia!): avete mai guardato sopra le colonne angolari oltre le quali si apre l’abside, nel nostro Duomo? Se non l’avete fatto, fatelo: troverete due “pietre egizie”.

L’abside del Duomo di Messina e le due pietre egizie – Fonte: colapisci.it

Pietre egizie a Messina?

L’occhio sano e dotato, e un buono zoom d’una macchina fotografica, possono facilmente osservare due piccoli obelischi che si ergono proprio al di sopra di quelle colonne, sorreggendo l’arco a sesto leggermente acuto dell’abside.

Delle due, solamente una reca scolpite figure di chiarissimo stile egizio, e ben visibili, oltre a dimostrare una perfetta levigazione del materiale; l’altra, meno precisa nella fattura ma comunque aggraziata, è ornata da figure di stile chiaramente diverso, somiglianti più vagamente a quelle dell’arte egizia.

Leggere queste cose può risultare impressionante, sono parole difficili da credere, ma si tratta della verità. Se vi capitasse d’osservare da vicino, vi accorgereste che c’è una figura d’Iside o Hathor con le corna di mucca, un’altra forse di Maat con le ali spiegate, e che i riquadri sono tutti circondati da geroglifici.

È risaputo che molti materiali con cui fu eretto il Duomo in principio furono recuperati dall’area dei laghi del Peloro, presumibilmente smontando l’antico tempio che si ergeva nel “terzo lago”; la diffusa consapevolezza di questo fatto ha dato da pensare che dunque questi pezzi d’“arte egizia” possano provenire proprio dai laghi, e che dunque lo stesso edificio dedicato all’ignota deità acquatica o ctonia (di cui parlava Solino) fosse allora un tempio egizio. Se questo fosse vero, la storia di quell’area s’infittirebbe.

Ora che avete letto e probabilmente la vostra curiosità è stata fomentata, vi svelo un’altra cosa: quelle che ci sono dentro il Duomo non sono gli originali, ma due copie, là collocate in sostituzione degli originali, che ora si trovano al Museo Regionale di Messina.

©Daniele Ferrara – Uno dei due obelischi, Museo Regionale di Messina 2021

Sconosciute anche ai sapienti

Rincresce estremamente e profondamente dovere dire che la posizione in cui si trovano non è lontanamente adeguata a reperti di tale importanza: si ergono nei giardini, a sinistra rispetto all’ingresso principale, davanti alle porte dei magazzini. In poche parole, le due pietre egizie sono poco accessibili all’attenzione di chi visita il riposo della nostra storia, e per giunta esposte alle intemperie, che a lungo andare deteriorano e deterioreranno la fine e antica opera scultorea di quegli obelischi. È una posizione, occorre dirlo, che riflette perfettamente e fedelmente lo scarsissimo interesse dei nostri organi ufficiali di cultura per questi due monumenti, o meglio residuo di monumento. Una curiosità: accanto, nel medesimo luogo, c’è forse l’unica statua esistente di Madonna della Lettera, che non a caso gode d’egualmente povera attenzione.

Oltretutto, questa, è la condizione generale in cui versa il patrimonio storico di Messina in troppi casi: abbandonato dalle istituzioni che possono salvarla, ma costantemente indicato e trattato da altri studiosi, che poi però vengono sistematicamente attaccati e tacciati di tuttologia.

Sono stati effettuati pochissimi studî su questi importantissimi reperti; tra questi occorre segnalare quello del noto storico messinese Alessandro Fumia, instancabile autore di molteplici ricerche sulla nostra identità in tutte le direzioni. Conducendo un’attenta analisi, egli ha rilevato elementi accostabili al periodo achemenide dell’Egitto e tracciato ipotesi sul tempio che qui sorgeva.

Finora tuttavia la risposta definitiva (o quasi) sui reperti è ben lontana, probabilmente proprio per l’assenza di un vero confronto sull’argomento tra le menti erudite che possa, a via d’aggiustamenti e compromessi sui varî dati rilevati, mediare fino alla conclusione più probabile di questo enigma storico, del quale trarrebbe giovamento Messina stessa, che languisce per la poca conoscenza che ha di sé stessa la sua popolazione.

Fonte: strettoweb.com

Un obelisco egizio… ellenistico

Senza la presunzione d’avere il parere risolutivo ma con l’assoluta sicurezza di quanto affermo, voglio fornire anch’io una teoria su questi due obelischi, che ho potuti osservare entrambi da vicino durante una visita. Uno solo degli obelischi è veramente antico, ma non bisogna farsi ingannare: non è veramente egizio, o almeno non appartiene ai secoli dell’Egitto “classico”, ma è di periodo ellenistico (fra 323 a.C. e 500 d.C.). Questo mi sento di dirlo per un dettaglio inequivocabile: tra le figure ce n’è una maschile rappresentata frontalmente nell’atto dell’anasyrma, ossia la sollevazione della veste che in questo caso scopre i genitali, tipico del dio Afrodito o Ermafrodito, maschio dall’aspetto femmineo, che si accompagna ad Afrodite, non certo un dio egizio bensì greco e diffusosi in età ellenistica. Quanto ai geroglifici, finora mai interpretati, sono forse quelli l’elemento che più di tutti urge studiare, per comprendere se contengano davvero concetti di senso compiuto o se siano invece semplici ornamenti scolpiti in un tempo in cui nessuno più capiva gli originali; ma senza uno studio egittologico, e senza porre al riparo questi manufatti dalle intemperie, la verità non verrà mai raggiunta. Probabilmente, questo piccolo obelisco è stato direttamente intagliato in questa città o nelle vicinanze per ornare un tempio adibito a qualche culto egizio (ce n’erano in tutto l’Impero Romano) oppure è stato scolpito in Egitto ma sempre in epoca ellenistica e poi è stato trasportato qui; l’altro pezzo, invece, è probabilmente una copia modellata da un ottimo scalpellino in periodo normanno, forse nella fabbrica del Duomo, per fare coppia con l’altro e a sua immagine.

©Daniele Ferrara – L’obelisco ellenistico, in cui è raffigutato l’atto dell’anasyrma, Museo Regionale di Messina 2021

Se effettivamente quel piccolo obelisco provenisse dal tempio dei laghi non è facile dirlo, per essere così bisognerebbe porre che esso sia stato costruito direttamente in periodo ellenistico o che in tal epoca il nume adorato sia stato egittizzato e quindi onorato attraverso l’arte egizia, ma prima di quelle di Giulio Solino (III secolo d.C.) non abbiamo altre notizie sul luogo sacro. Dicerie, meno fondate, si sono tramandate anche sull’esistenza d’un antico culto egizio a Santa Maria Alemanna, ma ancòra ce n’è di strada da fare verso la verità.

Che aspettate? Andate a vedere sia le copie nel Duomo che gli originali al Museo!

 

Daniele Ferrara

 

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Fonte: colapisci.it

Messina cum Laude: una mappatura psicogeografica della città di Messina

Torna la rubrica “Messina cum laude” con un’analisi psicogeografica della città di Messina, redatta da Antonino Vitarelli.

L’autore

Nato a Messina nel 1992, Antonino ha sempre avuto particolare attenzione per le potenzialità nascoste della città, osservandola YÎU arretrate WW bbn  l’occhio attento  della psicogeografia. Nel 2011 pubblica la silloge di poesie “I colori dell’ombra “, insignita di vari premi internazionali tra cui il premio speciale per la pace universale “Frate Ilaro del Corvo”. Da sempre appassionato a tutto ciò che riguarda l’arte, da circa 8 anni svolge attività teatrali di vario genere, sia come attore che come regista.

Nel 2020 ha conseguito la laurea in “Scienze del Servizio Sociale”, discutendo una tesi psicogeografica sperimentale dall’interessante taglio narrativo, dal titolo ” Sotto l’asfalto la sabbia. Verso una mappatura psicogeografica della città di Messina “, con relatore il prof. Pier Paolo Zampieri. La tesi traccia una mappa psicogeografica della città di Messina, con le sue storture e le sue qualità.

Antonino Vitarelli

L’analisi sociologica e l’esplorazioni urbane

La tesi nasce da un approccio empirico all’analisi sociologica di un centro urbano, in questo caso, Messina. L’obiettivo della tesi è quello di scoprire e studiare a fondo la vera essenza culturale e sociale della città tramite delle vere esplorazioni urbane, esplorazioni viscerali in una città che Antonino definisce contraddittoria. Messina non esprime subito se stessa, anzi tende a nascondere il suo vero essere culturale. Infatti, a causa della ricostruzione successiva al terremoto del 1908, la città  si è vista negare il riconoscimento e la consapevolezza della sua vera identità.

Il primo obiettivo delle esplorazioni urbane è stato quello di individuare quei luoghi, che come “uno strappo nel cielo di carta” rivelano l’identità di Messina, definite ambiances. Le ambiances vengono paragonate ai passages individuati a Parigi dal sociologo Walter Benjamin, e descritti come punti  nevralgici, dei passaggi  spazio-temporali che conducono all’ identità di Messina prima del terremoto.

Insegna del centro commerciale “Maregrosso”

Le Ambiances

L’approccio utilizzato per individuare le ambiances è quello della “deriva urbana” ovvero un camminare senza meta e orario, un “camminare per perdersi”. Questo approccio spiazza la razionalità e i percorsi predefiniti dalle istituzioni e dalla burocrazia, le esplorazioni urbane, infatti, si basano anche su delle percezioni irrazionali. Tra i centri nevralgici di interesse socio-culturale individuati e poi mappati troviamoL’occhio di Chiarenza, un suggestivo affresco situato nei pressi dell’ex manicomio Mandalari, e  “La casa dei pupi” di Giovanni Cammarata a Maregrosso, considerata universalmente una delle più belle espressioni dell’ outsider art contemporanea.

Proprio la casa di Cammarata, con “l’ atelier di Linda Schipani”, ex officina trasformata in centro di arte contemporanea di riciclo, e “il pensatoio di Vittorio Trimarchi”, ex magazzino divenuto museo di arte contemporanea, formano il “triangolo delle Bermuda” di Messina, situato nella zona di Maregrosso. Questa zona di Messina si presenta come un centro gravitazionale dell’espressione identitaria della città: l’ accesso al mare totalmente negato e la costruzione di centri commerciali che soffocano il respiro artistico e spontaneo delle ambiances presenti nella zona , sono un chiaro esempio del conflitto tra sistema e esperienza. Per citare l’autore, “Maregrosso oggi è solo un’insegna” riferendosi all’ insegna di uno degli ultimi supermercati nati nella zona.

Mappa psicogeografica della città di Messina, disegnata dall’architetto Bruno di Sarcina

Il conflitto tra il sistema e l’esperienza

La tesi fa emergere uno  scontro che sta alla base della esperienza urbana di Messina: da un lato abbiamo il sistema che indica la ricostruzione post terremoto, la burocrazia, le costruzioni in un certo senso calate dall’alto, l’esperienza invece è il vivere istintivo dei cittadini che creano la vera identità della città. Questo conflitto che viene descritto come una battaglia costante dagli esiti ancora incerti, permette di identificare dei punti di tangenza, degli squarci da dove  è possibile percepire e conoscere il passato, il presente e un eventuale futuro della citta.

Esempio di questo conflitto è la Fiera di Messina: la costruzione viene imposta ai cittadini, negando l’accesso al mare ma soprattutto negando ai cittadini stessi la possibilità di scelta. Spesso alcune di queste imposizioni vengono rigettate della cittadinanza che non le sente proprie e non ne fa l’uso per cui erano state progettate e costruite. Altro esempio di imposizione burocratica è l’utilizzo della famosa zona falcata, zona potenzialmente tra le più suggestive della città, completamente negata ai cittadini che ne hanno fatto il simbolo dell’annosa discussione su ciò che Messina potrebbe essere e ciò che invece è. All’interno della zona falcata troviamo un’ambiance creata dai cittadini, il campo da basket dedicato a George Floyd, manifestazione della volontà della  cittadinanza di riappropriarsi delle zone negate dal ” sistema”.

“The naked Messina”, disegnata dall’architetto Bruno di Sarcina

La tesi si presenta come un’ analisi di quella che è stata e di quella che è l’ identità socio culturale di Messina, ma tale approccio, può essere spunto per un progetto di città futura, che dia più spazio alle sensazioni ed agli impulsi artistici e culturali dei cittadini per provare a trovare un compromesso sociale tra sistema ed esperienza. Per quanto la psicogeografia sia in larga parte soggettiva, come evidenzia la tesi, molte ambiances si prestano ad esperienze condivise; da queste percezioni collettive -da parte della maggioranza dei cittadini- potrebbe nascere il progetto per una città futura.

Tra le citazioni presenti nella tesi una tra le più importanti è quella della poesia Amo i gesti imprecisi di Magrelli. La tesi rappresenta la lotta continua tra apollineo e dionisiaco che  risulta essere qualcosa di più impreciso, istintivo. La poesia citata, si inserisce perfettamente nel ragionamento aiutando a spiegare come da qualcosa di impreciso e nevrotico, tramite la creatività, possa nascere qualcosa di costruttivo su cui basare le scelte future e la rinascita della città di Messina.

Un circolo psicogeografico

L’autore inoltre, tra i tanti progetti e attività che porta avanti, ha in mente di costituire un circolo psicogeografico, di cui i fondatori, oltre lui, sarebbero  due amici e collaboratori che lo hanno accompagnato nelle esplorazioni e di cui riportiamo le rispettive riflessioni sulla psicogeografia:

<<La psicogeografia è perdersi per ritrovarsi, dimenticare per ricordare, morire per vivere, è non essere per poter essere qualcun altro, qualcos’altro. La deriva è un piccolo ciclo della vita che ti dona nuovi occhi e nuovi sensi, uno squarcio nel cielo di carta>> Massimiliano Ori Saitta.

<<La psicogeografia è riscoprire con un occhio diverso, zolle che si muovono improvvisamente e tutto cambia, in un continuo dinamismo emozionale e vorticosi collegamenti sensoriali. Perdersi per ritrovarsi>> Veronica Pino.

 

Emanuele Paleologo

 

Antonino sui social:

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La Fenice capovolta come metafora della città di Messina, definita dall’autore “la città Fenice”

Tutte le immagini sono state fornite dall’autore

I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Giovanni Giolitti

Nuova puntata del filone sui parlamentari italiani eletti a Messina: oggi ripercorriamo le tappe salienti della vita di Giovanni Giolitti, il più celebre Presidente del Consiglio dell’età monarchica pre-fascista. In occasione delle elezioni per la XXIII legislatura si candidò nei collegi “Messina I” e “Messina II”, nei quali risultò eletto il 7 marzo 1909.

Come nel caso di Francesco Crispi, anche Giolitti utilizzò lo strumento della pluricandidatura, candidandosi anche nel suo storico collegio di Dronero (Cuneo). Risultando eletto anche in quest’ultimo, rinunciò all’elezione nei collegi messinesi; in entrambi si tennero le elezioni suppletive, che videro trionfare Lodovico Fulci (Messina I) e Rosario Cutrufelli (Messina II).

Le origini e la gioventù

Giovanni Giolitti nasce a Mondovì, in provincia di Cuneo, il 27 ottobre del 1842.

In seguito a qualche problema di salute Giolitti -orfano di padre- si trasferisce con la madre in montagna presso l’abitazione del nonno paterno a San Damiano Macra in Valle Maira.

La carriera scolastica del giovane è contraddistinta da scarsa disciplina e poco applicazione come egli stesso racconterà  -“il meglio del tempo passato lassù sui monti lo spesi a giocare e a rinforzarmi la salute”-. Giolitti non ama studiare la matematica né tantomeno la grammatica greca e latina ma si appassiona non poco alla Storia e alla lettura dei romanzi di Walter Scott e Honoré de Balzac.

Successivamente si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell” Università degli Studi di Torino e consegue la laurea a soli 19 anni, grazie ad una deroga del Rettore che gli permette di svolgere gli ultimi  tre anni in uno solo.

Ritratto di Giovanni Giolitti – Fonte: wikipedia.org

Attività politica: gli inizi

Grazie ad un parente deputato nel 1848, Giolitti conosce Michelangelo Castelli segretario di Cavour. Con lui partecipa a lunghe passeggiate sotto i portici di Piazza Castello, alle quali spesso partecipa lo stesso Cavour.

Giolitti non sembra interessato ai discorsi riguardo le vicende risorgimentali ne tantomeno viene colpito dalla “chiamata” di Vittorio Emanuele II, che spinge molti suoi coetanei ad arruolarsi e partecipare alla Seconda Guerra di Indipendenza nel 1859.

Nel 1962 comincia a lavorare al Ministero di Grazie e Giustizia, riceve una nomina alla Corte dei conti nel ’77 e poi nel 1982 al Consiglio di Stato su invito di Depretis. Sempre nel 1982 si candida alla Camera dei deputati e viene eletto a Cuneo.

La Presidenza del Consiglio e lo scandalo della Banca Romana

Da parlamentare, Giolitti segue con particolare interesse la politica finanziaria e critica più volte l’operato del ministro del Tesoro Magliani; così, quando lo stesso Magliani si dimette nel 1989, Giolitti lo sostituisce diventando il leader del partito delle economie nella sinistra liberale. Questa esperienza lo mette particolarmente in luce agli occhi del re, tanto da far cadere la scelta su Giolitti come Presidente del Consiglio dopo la caduta del governo di Rudinì.

La fine della sua presidenza è causata dallo scandalo della Banca Romana. Un Comitato di parlamentari accusa Giolitti di irregolarità commesse quando ricopriva il ruolo di ministro del Tesoro; gli atti d’accusa vengono archiviati nel 1895, ma Giolitti, per evitare un probabile arresto, si trasferisce qualche mese prima in Germania.

Vignetta della rivista “L’asino” – Fonte: donadoniblog.wordpress.com

L’età giolittiana

Con l’inizio del nuovo secolo Giolitti occupa un posto di grande rilievo nella scena politica italiana. Ricopre il ruolo di ministro degli Interni durante il governo Zanardelli ( 1901-1903) e ne ispira la politica governativa; successivamente diventa Presidente del Consiglio dei Ministri per tre ministeri fino al 1914, interrotti solo dai gabinetti Tittoni, Fortis e Sonnino e da quelli Sonnino e Luzzati.

La politica di Giolitti è orientata verso un “ordinato progresso civile”, accentua il carattere liberale della linea governativa, ponendo lo Stato in posizione neutrale nei conflitti del lavoro. In ambito puramente economico sostiene -con un cauto protezionismo- lo sviluppo dell’ industria.

Giolitti viene aspramente criticato dalla sinistra per la politica meridionale, infatti, il protezionismo sul grano favoriva non poco il sistema latifondista. Nel 1909 Gaetano Salvemini etichetta Giolitti “ministro della mala vita“, per criticarne la spregiudicata prassi elettoralista.

Ad appoggiare fortemente Giolitti sono il socialismo riformista, alcuni settori intellettuali- specialmente Croce- e ampi strati della nuova borghesia. Questo gli permette di costruire un articolato sistema di potere che entrerà in crisi solo verso la fine del decennio a causa delle grandi trasformazioni sociali.

In particolare il movimento operaio comincia a pretendere un serio coinvolgimento nel potere e allo stesso tempo i cattolici rivendicano una presenza non più marginale nello Stato.

Nonostante l’accordo elettorale con i cattolici (patto Gentiloni) del 1913 , la nuova composizione della Camera non gli permette più liberta di manovra; per questo decide di dimettersi nel 1914.

Giovanni Giolitti- Fonte: wikipedia.org

Gli ultimi incarichi e la morte

Da Neutralista convinto quale era rimane ai margini della politica durante il periodo bellico, ma viene richiamato a formare un governo nel 1920. La situazione socio-politica del paese era prfondamente mutata e questo rende praticamente impossibile in quanto obsoleta l’attuazione della tradizionale mediazione giolittiana.

Dopo una nuova sconfitta elettorale nel 1921 rassegna le dimissioni, anche se come depuatato liberale fa parte dell’opposizione a Mussolini nel 1924.

Colpito da broncopolmonite nel 1928, muore dopo una settimana di agonia a Cavour.

Il nipote Antonio Giolitti -futuro partigiano e politico tra le fila del PCI- riguardo la morte del nonno racconterà: “Lui giaceva su un grande letto di ferro, ci benedisse. Fuori c’era una gazzara di giovani fascisti che stazionavano sotto la finestra, in attesa: quel vecchiaccio non si decide a morire“.

 

 

  Emanuele Paleologo

 

Fonti: 

wikipedia.org/wiki/Giovanni_Giolitti

treccani.it/enciclopedia/giovanni-giolitti

 

 

 

Alla scoperta di Rometta pt.1: le origini e il centro storico

Sono certo che chi leggerà questo articolo sarà catapultato dentro un ricordo legato a Rometta, uno dei comuni più celebri della nostra città metropolitana. Qualcuno perché ci vive in estate o tutto l’anno; altri perché sono stati ospiti di amici o parenti. Nel corso di due puntate proveremo a raccontare la storia e le caratteristiche di questo luogo, dalle prime tracce di vita fino ai giorni nostri, passando per i mutamenti che ha subito nel corso della storia.

Le origini

Il nome di Rometta deriva dalla parola araba  “Rameth”, che in arabo vuol dire mura fortificate, per via della piccola, ma importante, roccaforte situata in cima alla collina che sovrasta il paese e le sue frazioni. Ma le radici di questo paese (6.429 abitanti oggi ) affondano ben più lontano nel tempo; infatti le prime tracce di vita risalgono addirittura al Neolitico.

Successivamente nel V secolo d.c. divenne un insediamento greco-latino; l’altitudine (560 m. ) e il terreno impervio e scosceso permettevano una più strenua difesa dagli attacchi via mare ed un controllo costante degli spostamenti dei Vandali lungo la costa. Nel corso della storia Rometta mantenne questo ruolo strategico e per questo subì molteplici dominazioni (Iberica, Araba, Normanna, Aragonese).

Vista del paese di Rometta – Fonte: siviaggia.it

Il centro storico e i luoghi d’interesse

Il passaggio di tutte queste culture ha reso il territorio romettese un mosaico composto da numerose tessere, espressione e testimonianza storica dei diversi popoli che hanno abitato Rometta nel corso della storia. Parte di questa eredità è visibile ancora oggi nel centro storico del paese, uno dei più interessanti della provincia messinese.

Di particolare importanza è la chiesa bizantina di Santa Maria dei Cerei, la cui costruzione è databile tra il V ed il VI secolo. La struttura presenta una pianta a forma di croce greca dentro un quadrilatero e si trova in prossimità del limite del paese nel versante ovest, posizione dalla quale è possibile avere un’ampia veduta del territorio circostante.

 

 La chiesa bizantina Santa Maria dei Cerei – Fonte: etnaportal.it

Altro luogo di interesse è la chiesa Madre intitolata a Maria Santissima Assunta, all’interno della quale è possibile anche osservare un’acquasantiera del ‘500 e una tavola raffigurante la Madonna col Bambino tra San Pietro e San Paolo, anch’essa risalente al 1500.

Il Palatium invece venne costruito nel XIV secolo e la sua edificazione, secondo alcune ricerche sarebbe, da attribuire a Federico II di Svevia.

Palatium Federiciano – Fonte: typicalsicily.it

Il patrono e protettore del paese è San Leone, celebrato il 20 Febbraio con una grande processione.

La prima domenica di maggio invece gli abitanti di Rometta si recano in pellegrinaggio presso la Grancia, eretta dai frati Benedettini nel XIII e dedicata a un loro confratello. La Grancia è un fabbricato usato come deposito di grano caratteristico delle comunità agrarie benedettine. Nei pressi della Grancia è presente una piccola chiesa dove viene celebrato, appunto, San Leone.

Popolazione ed economia tra ottocento e i primi decenni del novecento

Con la costruzione, nel 1833, della strada statale Messina-Palermo vi fu un considerevole ampliamento in termini demografici ed economici  dei piccoli paesi costieri limitrofi, come Spadafora. Questo portò ad un rallentamento della crescita demografica di Rometta, che comunque rimase costante dall’unità d’Italia fino al censimento del 1936, quando il paese contava circa 5116 abitanti.

Analizzando i dati Istat relativi al censimento sopracitato è possibile osservare come solo 1/3 della popolazione nel 1936 fosse attivo dal punto di vista lavorativo con la seguente distribuzione: 73% agricoltura; 13% settore industriale; 14% settore terziario. Appare evidente come l’agricoltura fosse la principale occupazione degli abitanti del territorio.

To be continued…

Con l’avvento del secondo conflitto mondiale – e tutte le conseguenze che ne derivano – anche Rometta subì importanti mutamenti che verranno approfonditi nella puntata successiva. Alla prossima!

 

 Emanuele Paleologo 

Fonti:

messinadicorsa.it/

HUMANITIES – Anno VII, Numero 13, Giugno 2018-Corradina Polto
Rometta, tra processi storici e dinamiche
territoriali.

 

Un tuffo nella moda del passato: il Museo del Costume e della Moda Siciliana

La moda italiana è apprezzata in tutto il mondo perché dotata di un’eccellente sartoria, che lavora tessuti pregiati, e di stilisti dalle menti creative. Essa è una forma d’arte che rappresenta la storia, le tradizioni e le radici culturali di un popolo.

La moda è in continua evoluzione, e magari chi tra di noi è appassionato dell’argomento potrebbe aver avuto il desiderio di analizzare dal vivo i costumi siciliani del passato. Questo oggi è possibile grazie al Museo del Costume e della Moda Siciliana, situato a Mirto (ME).

logo museo mirto
Il logo del Museo del costume e della moda siciliana -Fonte: museodelcostumesiciliano.org

La location

Il museo consente di ammirare al suo interno una ricca collezione d’abiti tipici del modo di vestire nella Sicilia dei secoli precedenti, dai ceti più agiati alle classi popolari. È stato inaugurato nel 1993 all’interno dello storico Palazzo Cupane, di proprietà comunale, per volere di Giuseppe Miraudo, direttore del museo, il quale donò per primo parte della sua collezione privata di abiti e accessori.

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Esterno del Museo – Fonte: letteraemme.it

Lo stabile è diviso in sezioni in base all’epoca,  partendo dal basso, con la sezione di abiti popolari che comprende costumi etnici utilizzati durante le feste popolari e religiose. Vi sono esposti anche antichi strumenti per la lavorazione tessile e oggetti di uso casalingo.

 

Gli abiti

Al primo piano troviamo costumi d’abbigliamento tipici dello stile siciliano, datati dal XVIII al XX secolo.

Al secondo piano troviamo la biancheria intima con i famosi corpetti, costumi da bagno, corredi, capi infantili settecenteschi e abiti da sposa. Inoltre sono presenti anche pezzi di moda anni ’20 del ‘900.

Il museo è dotato di un cortile immerso nel verde.

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Abito in seta verde del 1860, primo piano del Museo – Fonte: letteraemme.it

Nell’ingresso del primo piano troviamo diversi abiti ottocenteschi borghesi di importanti famiglie sicule. Per esempio un abito in seta verde del 1860, capi in seta del 1870 donati da Ferlazzo Natoli di Patti, diversi corpetti, e un Frac maschile dello stesso decennio.

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Sezione abiti anni ’20 del Museo – Fonte: scomunicando.it

Il salone è utilizzato inoltre per conferenze e dibattiti. Nella sezione dedicata agli anni ’20 è presente un pezzo d’abbigliamento raro, un Fortuny recentemente restaurato dall’Istituto di Restauro del tessuto di Palermo.

Nella stessa sezione ci sono cinque abiti in tulle interamente ricamati con pailettes jees, un abito dal disegno futurista della famiglia Vilardi di Mirto, un vestito da sposa ricamato su tulle, diversi corpetti liberty, un abito laminato Florio, e due grandi vetrine donate dalla professoressa Teresa Pugliatti, contenenti cappelli e accessori del periodo.

Tramite le sue stanze il museo testimonia anche fatti storici: sono presenti, ad esempio, le camicie rosse dei “picciotti” garibaldini e gli abiti serali che le dame indossavano durante le serate danzanti organizzate dai “gattopardi” nei primi del ‘900.

 

Il contributo di Maria Grazia Cucinotta

Ha dato ulteriore lustro al museo Maria Grazia Cucinotta. L’attrice messinese, infatti, ha visitato lo stabile al termine delle riprese del film “Miracolo a Palermo”, di cui Miraudo è stato scenografo. La Cucinotta, accettando simbolicamente il ruolo di “madrina” a titolo gratuito, ha concesso di utilizzare la sua immagine, volutamente in abito d’epoca, così da divenire testimonial ufficiale.

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La nota attrice Maria Grazia Cucinotta come testimonial per il museo di Mirto – Fonte: palermotoday.it

 

Un tuffo nel passato!

Antecedentemente all’emergenza sanitaria il museo organizzava spesso sfilate ed ospitava eventi.

Nonostante questo momento di crisi e diffidenza sociale, lo stabile resta tutt’ora aperto al pubblico nel rispetto delle misure di sicurezza anti covid19. Nel frattempo è anche online, sul sito internet, il tour a 360 gradi del museo.

E a voi ha affascinato questo piccolo tuffo nella moda del passato? I nostri antenati si vestivano proprio così!

 

Diana Colombraro, Corinne Marika Rianò

 

Immagine in evidenza:

Il Museo del costume e della moda sicilia – Fonte: facebook.com/museomirto

La “Lupa” dello Stretto: tra scienza e mitologia

Uno scenario inquietante, una coltre di  fumo spettrale da film horror o apocalittico; questa la sensazione che si prova  a Messina, quando la “Lupa” arriva in città.

In realtà, ogni messinese che si rispetti non verrà spaventato o sorpreso da questo evento atmosferico. La“Lupa”, infatti, si presenta spesso nello Stretto di Messina, destando più meraviglia, per l’atmosfera che si viene a creare, che sconforto o paura.

Certamente questa volta si è presentata in anticipo rispetto alla norma. Il fenomeno ha origine, infatti, dall’aria calda-solitamente quella primaverile- che incontra una superficie più fredda come quella del mare del nostro Stretto. Questo incontro genera vapore acqueo in eccesso che si condensa formando quella che è a tutti gli effetti una fitta nebbia.

©Salvatore Nucera – “la Lupa” dello Stretto,  Messina 2021

Etimologia del nome

Come detto, la “Lupa” non è una novità per gli abitanti delle città dello Stretto; per questo non mancano di certo teorie e leggende concernenti sia la scelta del termine sia la sua origine vera e propria.

Il termine si pensa possa essere ricondotto al rumore emesso dalla “brogna”, una conchiglia che gli antichi marinai utilizzavano per segnalare la presenza della propria imbarcazione quando la visibilità in mare era molto scarsa a causa della “Lupa”. Il suono infatti era assimilabile a quello di un ululato potentissimo.

Un contributo interessante ci viene offerto dallo studio della Dottoressa Grazia Musolino, storica dell’arte e dirigente della Soprintendenza ai BB. CC. AA. del Museo di Messina. Il lavoro della Dott.ssa nasce dall’ accurata analisi di un quadro di Nunzio Rossi, esposto presso il Museo Regionale: la “Madonna della Lettera tra i Santi Pietro e Paolo”.

Un’ osservazione attenta del dipinto porta alla luce un particolare interessante: sullo sfondo del quadro, guardando la costa della Calabria, è possibile notare una venatura di colore bianco che sembra ricordare la sagoma di un lupo. Questa interpretazione è legata alla leggenda di Scilla.

“La Madonna della Lettera tra i Santi Pietro e Paolo” – Fonte: Mutualpass.it

 

La leggenda di Scilla

Scilla era una ninfa che abitava la sponda calabrese del nostro Stretto. Una sera, mentre si trovava in spiaggia, emerse tra le onde Glauco, una divinità con il corpo dalle sembianze metà umane e metà di pesce.

Glauco, innamoratosi immediatamente della ninfa si avvicinò a lei, ma questa, presa dallo spavento per le sue sembianze, fuggì immediatamente. Dilaniato dal dolore e dalla vergogna, Glauco decise di rivolgersi alla celeberrima maga Circe, chiedendole un filtro magico che potesse far innamorare Scilla di lui. La maga, però, desiderando l’amore di Glauco per sé, preparò una pozione magica, che versò in mare.

Quando Scilla si immerse in acqua si trasformò in un mostro con sei teste canine lungo il girovita e, per la vergogna, andò a vivere sotto uno scoglio, emettendo di notte spaventosi ululati, simili, appunto, a quelli di una lupa.

Scilla e Glauco – Fonte: colapisci.it

Tra scienza e mitologia

Spesso le narrazioni mitologiche trovano origine da fenomeni atmosferici come in questo caso. Infatti il forte rumore provocato dal vento che soffia tra i flutti e gli scogli del versante calabrese, ha dato origine al mito di Scilla.

Probabilmente la manifestazione di questo evento veniva associato alla comparsa della nebbia, che, creando non pochi pericoli per la imbarcazioni nello Stretto, costringeva i marinai ad utilizzare la “brogna” per indicare la loro posizione. Forse il pittore Nunzio Rossi nel suo dipinto ha voluto rappresentare  proprio la “Lupa”.

Una delle tante meraviglie che lo Stretto ci regala.

 

 

Emanuele Paleologo

 

 

Fonti :

letteraemme.it

mutualpass.it

centrometeosicilia.it

 

Immagine in evidenza:

©Salvatore Nucera – la “Lupa” dello Stretto,  Messina 2021

 

L’OSPE, il precursore delle moderne coworking?

Come avrete intuito dal titolo, questo articolo non si vuole limitare a raccontare una parentesi della storia messinese. Ci sono infatti delle pillole di conoscenza che andrebbero rinfrescate per fornire spunti di riflessione, guardando al presente ed al futuro della città dello Stretto.

La nascita dell’OSPE

Una di queste pillole riguarda la storia dell’OSPE, una piccola libreria del centro messinese esistita tra gli anni ’50 e gli anni ’80. Quel luogo, nella sua semplicità, è stato testimone del passaggio di numerosi artisti e scrittori, attratti da un ignoto centro gravitazionale che rendeva quelle quattro mura un luogo sicuro in cui dare libero sfogo alla creatività.

La libreria, sita in origine in via Tommaso Cannizzaro n.100, prendeva il nome dall’acronimo O.S.P.E., Organizzazione Siciliana Propaganda Editoriale (un’agenzia di distribuzione di giornali operante nel ventennio fascista). L’agenzia fu rilevata e trasformata da Antonio Saitta, gentiluomo d’altri tempi, libraio e poeta messinese. Intorno a lui sono nati numerosi movimenti ed iniziative culturali, come la galleria del Fondaco e l’Accademia della Scocca.

L’OSPE, liberatosi dell’acronimo, pochi anni dopo trovò la sua collocazione definitiva a Piazza Cairoli, in posizione attigua all’attuale Bar Santoro.

Gli accademici della Scocca. Fonte: Villaroel G., Messina anni 50′

La galleria del Fondaco

Il Fondaco è stato un punto di ritrovo in cui pittori emergenti e di ogni età potevano mostrare i propri quadri, i quali venivano tenuti esposti nel retrobottega dell’OSPE, frequentato dai curiosi che volessero immergervisi, ma anche dagli affezionati amici del libraio Saitta. Tra questi, in particolare il Professor Salvatore Pugliatti era stimato con affetto dai molti artisti e poeti di passaggio a Messina, che non mancavano di fare tappa all’OSPE.

Lo ricorda lo stesso Salvatore Quasimodo nella sua lirica Vento a Tindari : “Tindari mite ti so / fra larghi colli pensile sull’acque […]/ E la brigata che lieve m’accompagna / s’allontana nell’aria […]/ Soave amico (ecco Pugliatti, n.d.r.) mi desta“.

Nell’attività del Fondaco si annoverano anche numerosi premi, come la Tavolozza d’Oro, riconosciuto ad artisti siciliani che non avessero esposto in altre mostre nazionali.

Salvatore Quasimodo fotografato dentro l’OSPE. Fonte: D’Arrigo C., Antonio Saitta, OSPE: la scocca della cultura.

L’Accademia della Scocca

La libreria dell’OSPE non fu solo un luogo d’incontro tra intellettuali ed artisti, bensì un’occasione per stringere nuovi legami, vere e proprie amicizie per la vita. È così che tra una poesia ed un quadro, tra uno scaffale impolverato e la contabilità del negozio, nacque nel piano interrato dell’OSPE, un vero e proprio convivium, in cui gli assidui frequentatori della libreria si recavano per banchettare, ma anche per organizzare le iniziative future, viaggi di gruppo, in un’atmosfera di totale leggerezza e fraternità.

È in quest’ambiente che nacque una vera e propria “accademia”. Una scocca di amici, come si sarebbero definiti di lì a poco, tanto bastava a far rivivere lo spirito goliardico che animava quegli anni. Ai membri dell’accademia (tra i quali comparivano Vann’Antò, Pugliatti, Quasimodo, Saitta e molti altri) venivano conferite delle onorificenze ad personam con i quali i commensali si appellavano con scherno (come Gran Collare dell’Ordine dei Fichi d’India, Cavaliere dell’Abbacchio, Cigno della Scocca, Cocca della Scocca e così via).

La fine dell’OSPE (?)

Come il Sole d’estate, di cui si desidera rimandare il tramonto, così la felice esperienza dell’OSPE dovette pian piano volgere al termine. La scomparsa di alcuni compagni della Scocca, in particolare del Prof. Pugliatti, determinò il venir meno di quella magica atmosfera che si veniva a creare nel retrobottega della libreria. Il poeta libraio Antonino Saitta, ormai anziano, era riuscito a costruire un ambiente culturale e di confronto che difficilmente sarebbe sopravvissuto senza qualcuno che ne rifondesse la linfa vitale.

Eppure, da quella piccola bottega di Piazza Cairoli, sommersa dai corsi di gestione, l’essenza dell’OSPE ha lasciato i confini materiali della libreria per trascendere in qualcosa di più ampio, nel pieno spirito del suo fondatore. Se infatti la libreria non esiste più (i locali sono stati acquistati dal vicino bar), a permanere è una forte voglia di rivalsa e di rilancio. In un mondo che oggi va ad una velocità ben diversa da quegli anni, la cultura non è più qualcosa di elitario, ma è libera di spostarsi dai confini del passato grazie alle moderne tecnologie ed ai nuovi lavori, sempre più trasversali e creativi.

Una moderna coworking in cui i content creator si trovano per lavorare, studiare o prendere una piccola pausa.- Fonte: www.sharedspace.work

La voglia di mettersi in gioco, incontrandosi e creando nuovi legami, sono tutti aspetti che erano incarnati dalle sagge menti che vollero creare – dopo il buio del secondo dopoguerra – un mondo migliore di quello che si lasciavano alle spalle. Questo spirito si spiega bene con la parola inglese serendipity, che indica “l’occasione di fare felici scoperte per puro caso” e anche “il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra”.

Forse la vecchia libreria dell’OSPE oggi non esiste più, se non nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di viverla ormai tanti anni fa. Tuttavia, quel luogo di fortunato incontro continua a rivivere tutte le volte in cui persone così diverse avranno modo d’incontrarsi, dialogare, in qualche modo unendosi in una sinfonia di scienze e di arti, dettata dalla seducente imprevedibilità del caso.

 

Salvatore Nucera

Fonti:

D’Arrigo C., Antonio Saitta. OSPE: la scocca della cultura, 2016, Messina. 

Grasso S., La libreria inghiottita dal bar, in Corriere della Sera, 21.12.1988

 

UniMe-Stone: come funziona?

Si è tenuto giorno 1 dicembre alle ore 10, sulla pagina Facebook dell’Università di Messina, l’evento di lancio di UniMe-Stone, piattaforma a disposizione degli studenti per l’apprendimento delle lingue straniere.

La piattaforma è agganciata al famoso portale Rosetta Stone, leader mondiale nel settore dell’insegnamento delle lingue straniere in modalità e-learning.

Il Prorettore alla Didattica Gioacchino Francesco La Torre durante la diretta ha dichiarato:

La convinzione profonda dalla quale siamo partiti è quella che, oggi come oggi, la padronanza e la conoscenza delle lingue straniere siano un elemento assolutamente indispensabile nella formazione trasversale di tutti gli studenti, le lingue straniere sono uno strumento fondamentale di comunicazione indispensabili per qualsiasi tipo di attività lavorativa.

Informazioni generali

L’obiettivo principale di questo upgrade dell’Ateneo Peloritano è quello di sviluppare ed estendere lo studio delle lingue straniere a tutti gli studenti, aumentare ulteriormente l’employability, promuovere lo scambio internazionale e l’interculturalità.

La piattaforma permetterà  allo studente di modulare in modo interattivo il corso, basarlo sulle proprie conoscenze e scegliere gli obiettivi. Il fine ultimo non sarà solo la necessità di conseguire dei crediti formativi previsti dal proprio corso di studio, ma anche migliorare la padronanza della lingua in base alle proprie esigenze. Inoltre sarà possibile svolgere l’attività da casa, superando gli ostacoli imposti dalle restrizioni nazionali in fatto di mobilità.

Sulla piattaforma ci saranno tutte le lingue presenti in tutti i corsi di studio dell’ateneo per l’anno accademico 2020/2021.

Come Iscriversi?

Le iscrizioni saranno aperte da giorno 1 dicembre. Lo studente dovrà collegarsi sulla piattaforma tramite:

Pagina personale Cruscotto. In rosso l’area dedicata ad UniMeStone

L’iscrizione richiederà:

  • le credenziali istituzionali: codicefiscale@studenti.unime.it ;
  • la password utilizzata dallo studente per accedere ad Esse3.

La frequenza e la partecipazione alle attività in piattaforma faranno ottenere CFU:

  • curriculari, per il conseguimento delle idoneità linguistiche previste dal proprio piano di studi;
  • liberi, per attività a scelta;
  • extracurriculari, per arricchire il percorso accademico e per i fini interni alla carriera universitaria.

È necessario un esame finale per il riconoscimento dei CFU?

  1. Per un monte crediti minore o uguale a 4 CFU non sarà necessario un esame finale, basterà frequentare le attività della piattaforma fino al completamento degli obiettivi.
  2. Per un numero di CFU che va da 5 a 8 si dovranno completare gli obiettivi, al termine dei quali lo studente obbligatoriamente dovrà sottoporsi ad un test di progresso, sempre tramite piattaforma, ma su un laboratorio linguistico del proprio dipartimento. Si tratta di un esame di 180 quesiti in 90 minuti che servirà a confermare il livello raggiunto.

Avviata la piattaforma

  • Dopo aver fatto il login, la piattaforma permette di impostare i propri obiettivi.
  • Gli obiettivi dovranno essere completati uno alla volta in non meno di 15 giorni, pena la perdita
    e l’azzeramento della rendicontazione delle attività svolte fino a quel momento.
  • Si raccomanda per chi è interessato all’ottenimento di CFU di completare l’obiettivo prima di chiuderlo.
  • Si ricorda che è necessario un microfono per svolgere le attività.

Diversi livelli disponibili

  • Una volta iniziato il corso, lo studente sarà sottoposto ad un questionario di entrata per testare le conoscenze iniziali ed essere collocato poi nel livello più adatto.
  • Proprio per questo motivo è consigliabile svolgerlo con molta attenzione, perché sarà necessario per scegliere il livello da cui partire, ma non sarà assolutamente valutato alla fine del corso. Il questionario avrà una parte di grammatica, una parte di listening e una di reading.
  • I livelli andranno da A1 “foundation con elementi molto basilari per iniziare la lingua e sviluppare il vocabolario, fino a C2.
  • I corsi punteranno sullo sviluppo del writing, reading, listening e speaking: the 4 Basic Language Skills, completando lo studio a 360°.

Cosa è possibile fare?

Possiamo individuare tre macroaree:

  1. Imparare una lingua (studio personale). Permette di scegliere una lingua a piacere presente nel catalogo di Rosetta Stone per studiarla ad uso personale.
    Se si sceglie questa opzione NON saranno conteggiate le ore di attività ai fini dell’ottenimento del credito formativo.
  2. Idoneità linguistica. Si potrà selezionare una lingua tra quelle disponibili: English (American) e English (British), la differenza tra le due è che English (American) avrà più termini specialistici. Si dovrà verificare la corrispondenza dei CFU con quanto richiesto dal proprio piano di studio sulla propria pagina personale. Nel caso in cui non ci sia corrispondenza (o assenza dell’obiettivo) è necessario contattare il supporto amministrativo didattico del proprio Dipartimento (trovi la lista in fondo all’articolo). Dopo aver selezionato la lingua e impostato l’obiettivo, si passerà nello status “in Corso” e verrà rendicontato dalla piattaforma (ore svolte/ore totali).
  3. Riconoscimento CFU liberi: con questa modalità si potrà scegliere una lingua a piacere presente nel catalogo di Rosetta Stone e scegliere il numero di CFU che si vuole raggiungere. Nella schermata successiva verranno conteggiate le ore necessarie per il raggiungimento dei CFU(1 CFU → 25 ore fino ad un massimo di 6 CFU → 150 ore).

Una volta fissato l’obiettivo basterà cliccare sul bottone Avvia Rosetta Stone e si verrà indirizzati alla piattaforma Rosetta Stone®, i primi report saranno visibili dopo i primi 15-20 giorni dall’inizio del corso.

L’attestato non è valido fuori dall’Ateneo di Messina

L’attestato ottenuto sarà valido solo all’interno dell’Ateneo, non è valido come certificato ufficiale di lingua, ma la preparazione può essere utilizzata ai fini del conseguimento di un certificato fruibile.

Le domande degli studenti

Avendo conseguito la materia inglese per il corso di studi è possibile continuare ad acquisire CFU liberi sempre sulla lingua inglese, magari più avanzato?

Sicuramente si. È possibile acquisire fino ad un massimo di 6 CFU liberi per le lauree triennali, 6 CFU liberi per le lauree magistrali e 12 CFU liberi per le lauree magistrali a ciclo unico.

Come faccio per avere l’attestazione di un livello?

L’attestato viene rilasciato soltanto dopo aver superato un test di verifica. È possibile effettuare un test di verifica a fine percorso (obbiettivo raggiunto) soltanto per coloro che avranno scelto un numero minimo di 5 CFU, altrimenti (scegliendo un percorso di CFU inferiore a 5) non si avrà un’attestazione finale del livello raggiunto.

La piattaforma UniMe-Stone è gratuita?

Si, è tutto gratuito. Si può usufruire di qualsiasi parte del catalogo presente sulla piattaforma finché si è immatricolati all’Università di Messina.

Come si comporterà ogni corso di laurea verso questa piattaforma?

Ogni dipartimento e corso di laurea avrà la capacità di decidere se e come integrare questa piattaforma nel percorso didattico.

È possibile studiare italiano in questa piattaforma per studenti che non sono italiani ?

Si. Tutti gli studenti non italiani iscritti all’Università di Messina hanno la possibilità di studiare la lingua italiana su questa piattaforma.

C’è un livello minimo di conoscenza iniziale ?

No, il test d’ingresso iniziale serve soltanto a inserire lo studente in un livello adeguato per poter seguire meglio le proprie necessita. Si consiglia nel caso in cui non si sappia la risposta di non darla a caso, ma lasciarla in bianco. Il test iniziale misura lo stato di conoscenza della lingua, ed è importante cominciare lo studio dal proprio stato per poter seguire un percorso adeguato alle proprie capacità e necessità.

È possibile scegliere più di un obbiettivo per volta?  C’è un tempo limite per raggiungere i propri obbiettivi?

No, non è possibile attivare più di un obbiettivo alla volta, bisogna prima completare un obiettivo per poterne attivare un secondo. Non è previsto nessun tempo limite per il suo raggiungimento.

Maggiori informazioni

Esiste un indirizzo email per ogni dipartimento dove possono essere inviate particolari domande a cui non è stato trovata una risposta nella guida:

 

Giuseppina Simona Della Valle, Georgiana Florea 

Guida all’utilizzo di UniMeStone

Il musicale dell’Ainis in protesta. L’intervista: “Vogliamo quel 25%. La videocamera uccide la musica.”

(fonte: gazzettadelsud.it)

Arrivano nuove reazioni alle misure restrittive imposte, a partire dal 24 ottobre, dall’ultimo DPCM e dalle ordinanze dei vari consigli regionali. Avevamo già parlato qui delle proteste dei lavoratori; oggi sono le scuole a prendere la parola.

In particolare, gli studenti dell’indirizzo musicale del Liceo Emilio Ainis di Messina si sono assentati per due giorni, 26 e 27 ottobre, dalle lezioni in via telematica in segno di protesta contro la D.A.D. (Didattica a Distanza). Hanno inoltre emesso un comunicato, firmato da 87 degli studenti in questione, che è stato pubblicato da diverse testate giornalistiche.

Per approfondire meglio la questione, abbiamo deciso di ascoltare i pareri di alcuni dei diretti interessati.

Come nasce l’iniziativa

“Tengo a sottolineare che è un iniziativa degli studenti del musicale e non sono stati affatto indirizzati dai docenti. Dal punto di vista logistico, ci sono delle discipline che presuppongo il contatto diretto con lo strumento, della presenza dell’insegnante che fa strumento o musica d’insieme, forme laboratoriali per cui hanno delle difficoltà in più.”

Afferma il professore Cesare Natoli, insegnante di storia e filosofia presso l’indirizzo musicale del Liceo Ainis.

“Noi viviamo di musica e fare una lezione di strumento in D.A.D. non è la stessa cosa. In primo luogo perché sarebbe necessaria una strumentazione costosissima, dal momento che le classiche attrezzature tendono a ‘tagliare’ frequenze, sia alte che basse, per comprimere il suono. Dunque, non si sentirebbe allo stesso modo. Le materie che più ne risentono, oltre Strumento, nell’ambito musicale sono – ad esempio – tecnologie musicali. Anche Teoria di analisi e composizione è una materia che necessita di un approccio di presenza.”

Aggiunge lo studente Emanuele Arena, rappresentante degli studenti del Liceo Emilio Ainis.

Le richieste degli studenti

Quando gli abbiamo chiesto a cosa mirasse la loro iniziativa, la risposta è stata secca:

“Noi puntiamo tutto su quel 25%. Uno schermo, una videocamera uccidono la musica.”

Ed in effetti, il 25% è la percentuale che il DPCM aveva concesso per le lezioni in presenza. Gli istituti superiori siciliani si sono tuttavia dovuti conformare all’ordinanza regionale del presidente Musumeci che prevede un 100% di D.A.D. fino al 13 novembre. La richiesta è proprio quella di adeguarsi alla normativa nazionale. D’altro canto, una recente comunicazione del Presidente Regionale prevede che, per motivi logistici di particolare esigenza (e potrebbe rientrarvi il caso del liceo musicale) e per gli studenti con gravi disabilità sia possibile svolgere la didattica in presenza. Sarebbe per loro un risultato già significativo.

Alla protesta dei ragazzi si sono uniti anche molti genitori e professori, che continuano ad accompagnarli in questa situazione di criticità. A tal proposito, il professor Natoli, portavoce del gruppo ‘Scuola in presenza’, assieme ai colleghi intende organizzare una manifestazione di protesta che si svolgerà – nel rispetto delle misure anti-covid – giorno 7 novembre presso Piazza Unione Europea (Municipio). I dettagli sono reperibili sull’omonimo gruppo Facebook. Essa intende coinvolgere il mondo della scuola (docenti, studenti, personale ATA, genitori), dell’università e gli operatori culturali del teatro e della musica (ricordiamo le associazioni concertistiche messinesi come l’Accademia Filarmonica, la Filarmonica Laudamo e l’Associazione Bellini. Questi ultimi settori, colpiti dall’ultimo DPCM, sono stati costretti a chiudere dopo aver compiuto molti sacrifici per adattarsi alle misure anti-virali promosse negli ultimi mesi dal Ministero della Salute e dal comitato tecnico scientifico.

“Il fatto che siano stati minati i centri di cultura come i teatri, per noi che amiamo la musica e lo spettacolo e tutto ciò che è annesso, è stato un colpo. Noi rendiamo di questo, dopotutto.”

Continua Emanuele, tenendo in considerazione anche i risvolti che tali misure potrebbero avere sul futuro lavorativo di questi studenti.

(fonte: tg24.sky.it)

Il futuro della società e l’importanza dell’arte

Il professore si abbandona poi ad una riflessione: “Quale umanità stiamo difendendo?”, si domanda, prendendo spunto dalla riflessione di uno dei maggiori filosofi italiani, Giorgio Agamben.

“Il bios, il restare in vita, è senza dubbio sacrosanto. Tuttavia, non possiamo limitarci solo a questo poiché l’umano eccede il bios, va oltre il semplice restare in vita. Se tutto il resto viene trascurato, allora ci stiamo degradando. Il covid, probabilmente, ha semplicemente scoperchiato la questione. Ma si tratta di un processo che affonda le proprie radici lontano nel tempo.”

(fonte: stateofmind.it)

Nell’esprimere la propria preoccupazione per il futuro della cultura e dell’uomo come animale sociale, il professore ha offerto anche una propria visione di quelli che potranno essere i possibili scenari di una società post-covid. Ad una visione (considerata ‘idilliaca’) del ritorno alla normalità si accosta la possibilità che, da scelte così drastiche e necessarie, derivino conseguenze altrettanto importanti anche per la vita in società.

“Bisogna fare in modo che l’emergenza rimanga emergenza”

Ossia che non si trasformi in normalità. Fondamentale è ben soppesare i rischi derivanti da un non adeguato controllo dell’epidemia ai rischi derivanti da altre cose, come le questioni legate allo sviluppo relazionale dell’individuo.

Ed in tal senso, si sa, l’arte ha la straordinaria capacità di unire oltre ogni barriera.

“L’arte è libertà d’espressione.”

Afferma, infine, Emanuele alla domanda su cosa essa rappresenti per un qualsiasi ragazzo.

Guai a dimenticare il valore dell’arte, linguaggio universale capace di unire i popoli laddove l’incomprensione li divide.

 

Valeria Bonaccorso

“Il Dams in sala”: dal 6 ottobre il cinema restaurato alla Multisala Iris

Da martedì 6 ottobre arriva la IV edizione de “Il Dams in sala” rassegna  cinematografica curata dal prof. Federico Vitella, docente di Storia del Cinema al Dipartimento di Scienze Cognitive, in collaborazione con la Multisala Iris di Messina e la prestigiosa Cineteca di Bologna, che ogni anno distribuisce alcuni tra i capolavori cinematografici in versione restaurata.

In programma 8 lungometraggi, tra i più importanti della storia del cinema, da Pier Paolo Pasolini a Godard. Ad aprire la rassegna “The Elephant Man” di David Lynch.

Le proiezioni de “Il Dams in sala” si terranno alla Multisala Iris con doppio turno:

  • alle 18:00 e alle 21:00

Il Dams in Sala all’Iris

Una rassegna cinematografica pensata per gli studenti e presentata dagli studenti. I ragazzi del Dams, infatti, salgono in cattedra per confrontarsi sui capolavori cinematografici in programma. Dal nuovo cinema italiano alla Nouvelle vague, dal Cinema classico hollywoodiano al Cinema d’autore americano ed europeo.

La rassegna:

  • 6 e 7 ottobre: The Elephant Man di David Lynch (1980)
  • 20 e 21 ottobre: Caro Diario di Nanni Moretti (1993)
  • 24 e 25 novembre: Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard (1960)
  • 12 e 13 gennaio: Quando eravamo re di leon Gast (1976)
  • 9 e 10 febbraio: Gli spostati di John Huston (1961)
  • 2 e 3 marzo: Accattone di Pier Paolo Pasolini
  • 13 e 14 aprile: Serpico di Sidney Lumet (1973)

(Il calendario potrebbe subire delle variazioni)

Informazioni Utili

  • Le proiezioni sono aperte a tutti;
  • Gli studenti universitari avranno delle agevolazioni: singolo biglietto a 3,50 euro, abbonamento per tutta la rassegna a 20 euro. L’abbonamento darà diritto anche alla sottoscrizione gratuita della University Card, che permette di avere sconti sia sui biglietti sia al bar tutti i giorni.

 

La rassegna ha il suo destinatario ideale negli stessi studenti dell’Università di Messina, di qualsiasi corso di laurea essi siano, ma è aperta pure alla cittadinanza, nella convinzione che sia quantomai urgente riannodare il filo con la grande cultura cinematografica del Novecento. Al tempo dello streaming di massa, nella congiuntura complicata in cui ci troviamo, vedere un film al cinema rischia di essere un’esperienza inattuale. Ma la sala cinematografica non è il museo del cinema, quanto il luogo deputato al consumo naturale del film. Questo, per i più giovani, non è più scontato.

 

Interverranno gli studenti: Alessia Caridi, Alice Soffia, Chiara Longo, Emanuela Licciardelli, Federica Giglia, Francesca Longo, Giorgia Scaltrito, Giovanna Manetto, Greta Olivo, Ilaria Lipari, Ludovica Larocca, Maria Luisa Cucinotta, Marco Castiglia, Martina Foti, Marzia Morale, Samuele Tripodi, Sara Ragusi, Simonetta Pisano, Valeria Barbera.

 

La locandina dell’evento

Mappa per raggiungere il luogo dell’evento:

Immagine in evidenza via: Coming Soon