La Trinacria: significato e origine del simbolo della sicilitudine

Souvenir Trinacria
Souvenirs raffiguranti la Trinacria
Fonte: https://i0.wp.com/images.liveuniversity.it/sites/2/2019/05/trinacria1.jpg?fit=1300%2C971&ssl=1

Dai souvenir alle ceramiche, dai tatuaggi alla stessa bandiera siciliana: la Trinacria è rappresentata ovunque nella nostra isola.

Ma in quanti conoscono il suo significato e il mito da cui prende vita?

Scopriamo insieme la sua storia!

Elementi 

La Trinacria, in araldica, è una figura femminile da cui si sviluppano tre gambe, piegate in apparente movimento.

La testa, elemento centrale dello stemma, è nello specifico una testa di Gorgone, creatura mitica dotata di uno sguardo capace di pietrificare chiunque lo fissasse direttamente. Per questo motivo, la testa di Gorgone sembrerebbe significare proprio la “pietrificazione” del male, ovvero il suo annientamento definitivo.

I serpenti sul suo capo sono, invece, una metafora del rinnovamento e della rinascita, data la capacità dell’animale di cambiare pelle, e le spine di grano con essi intrecciate auspicio di ricchezza e fertilità.

La triscele, infine, rappresenterebbe la ruota della vita: il passato, il presente e il futuro, in un continuo alternarsi.

 

La parola in sé, etimologicamente parlando, cela, però, un ulteriore e più preciso significato. Trinacria, infatti, deriva dalla parola greca trinacrios, che significa treis (tre) e àkra (promontori), un chiaro riferimento alla forma triangolare e ai tre punti estremi della regione: Capo Peloro, conosciuto anche come punta del Faro, in direzione Nord-Est, Capo Passero in direzione Sud e Capo Lilibeo in direzione Ovest. 

Sicilia
Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/1f/Cloudless_Sicily.jpg

La Trinacria e la Sicilia

Da che se ne ha memoria, la Trinacria è simbolo della sicilitudine, tanto che la stessa Sicilia è riconosciuta con il suo nome.

Dobbiamo questa attribuzione ad Omero, il quale nell’Odissea, e più precisamente in un dialogo tra Ulisse e la maga Circe, predicendo l’arrivo dell’eroe sull’isola, la dipinge con questi termini:

❝ Allora incontro ti verran le belle
Spiagge della Trinacria isola, dove
Pasce il gregge del Sol, pasce l’armento.❞

 

Il mito 

Secondo il mito, la nascita dei tre promontori all’origine della etimologia della parola Trinacria e, quindi, dello stesso legame fra questa e la nostra Sicilia, sono frutto della magia di tre ninfe giramondo.

Dopo aver viaggiato il lungo e in largo e aver raccolto ciò che di più bello la natura avesse a disposizione per loro, queste, arrivate nel luogo che oggi è la Sicilia, decisero qui di stabilirsi. Sparsero tutto ciò che avevano in tre punti diversi del mare e fecero aprire le sue acque, dalle quali emersero le tre montagne in questione e l’intera isola.

In Sicilia

La Trinacria è presente nel nostro territorio da millenni.

Monete raffiguranti la Trinacria
Monete raffiguranti la Trinacria
Fonte: https://www.stoasicula.it/images/001-syracuse-Triskeles-Triscele-su-una-moneta-siracusana-del-tempo-di-Agatocle-con-gorgonion-al-centro.jpg

Arriva ufficialmente con Agatocle di Siracusa, nel III secolo a.C., il quale, secondo lo storico Adolfo Holm, ha una speciale predilezione per il simbolo, tanto da riportarlo anche sulle sue monete.

Se ne ha già traccia, però, ancora più indietro nel tempo: è rinvenibile in antiche pitture, come quelle delle ceramiche gelesi databili al VII secolo a.C., e anche in anfore panatenaiche, del V secolo a.C., raffiguranti Athena e la Trinacria incisa sul suo scudo.

Valeria Vella

Fonti: https://www.sicilia.info/trinacria/

https://ecointernazionale.com/2021/02/trinacria-simbolo-sicilia-mito-storia-leggenda/

La Circe siciliana

Circe dai riccioli belli, la Diva possente canora, ch’era sorella d’Eèta, signore di mente feroce. Erano entrambi nati dal Sole che illumina il mondo:fu madre loro Perse, di Perse fu Ocèano padre.

Odissea, Canto X, Omero

 

Conosciamo tutti il mito di Circe, no?

La divina maga, figlia del Sole e della ninfa Perseide, concubina di Ulisse e mangiatrice di uomini.

Circe, dalla quale il re di Itaca ebbe un figlio e i cui soldati trasformò in maiali, in cani e, talvolta secondo altri miti, in leoni.

 

Circe e i maiali
Circe e i maiali, Brighton Riviere, 1896
Fonte: https://arthive.net/res/media/img/oy800/work/b9f/663950@2x.jpg

 

Circe, è noto, possedeva l’immortalità del padre e da lui aveva ereditato anche i poteri. Della madre, invece, aveva la voce, melodiosa e umana, della quale si serviva per attirare nella sua isola valorosi e innocenti guerrieri.

Sapevate, però, che nel messinese, esattamente a Tindari, una donna è conosciuta per avere molto in comune con la dea in questione?

Scopriamo insieme la storia della Circe siciliana!

 

L’insidiosa bellezza di Circe

Ispirandosi certamente alle vicende omeriche, la Circe di Tindari, tale Donna Villa, era una donna brutta e deforme, dotata di poteri in grado di trasformarla in una splendida e giovane ragazza. Col suo canto soave, l’ingannevole e insidiosa bellezza attraeva nel suo giaciglio, una grotta a picco sul mare, gli uomini avventurosi e forti che osavano solcare le acque al di sotto.

Sfruttando l’impervia posizione, lontana dalla civiltà e dal possibile rischio di essere scoperta, dopo aver trascorso intense ore interessanti, Donna Villa si avventava contro le sue ignare vittime, sfinite dalle troppe effusioni d’amore, depredandole di tutti i loro averi e facendole precipitare nel vuoto. La maga ne divorava poi i corpi, spolpandone le ossa, e con le stesse tappezzava le pareti, come bottino di guerra e segno di rivincita per il suo cuore spezzato.

Sembra, infatti, che la strega avesse subito una insopportabile delusione d’amore e che cercasse, per questo, vendetta.

 

La Circe siciliana esiste davvero?

Sirena crudele e antropofaga, sprezzante zitella vendicativa o triste e solitaria donna, calunniata dalle male voci?

Non possiamo dare una risposta incontestabile, così come non possiamo affermare con assoluta certezza che la Circe siciliana sia esistita realmente.

Della presunta Donna Villa, però, rimangono ancora i segni. Segni che continuano ad alimentare la leggenda.

Non tutte le barche navigavano nelle onde di quel mare e non tutti i marinai venivano catturati dalla sua malia. Così, quando il suo richiamo non attecchiva, la donna, accecata dall’ira, artigliava la dura roccia, lasciando su di essa dei profondi solchi.

Le storie – e le guide turistiche – tralasciano di dire che quei buchi non hanno nulla a che fare con la strega: sono solo le impronte lasciate dai molluschi. Inoltre, le ossa trovate sul luogo non sono le spoglie degli uomini divorati dalla cannibale, ma i resti di animali che lì trovavano rifugio.

 

Come si raggiunge?

La grotta interessata, una cavità naturale sui laghetti di Marinello, non risulta essere completamente inaccessibile. Tramite un piccolo ed erto sentiero, in contrada Rocca Femmina, è infatti possibile raggiungerla. Dati i cento metri di altezza e il percorso scosceso, è consigliabile essere accompagnati da una guida turistica.

 

Grotta di Donna Villa
La grotta di Circe
Fonte: https://i0.wp.com/images.liveuniversity.it/sites/2/2022/05/grotta-donna-villa.jpg?w=960&ssl=1

 

Sono in molti, di fatto, ad andare ancora oggi alla ricerca del tesoro che la maga avrebbe accumulato. La vista del paesaggio ripaga della sua spiacevole e deludente assenza.

 

 

 

 

Valeria Vella

 

Fonti:

Collura M., Sicilia sconosciuta. Itinerari insoliti e curiosi, Rizzoli, 2016

https://catania.liveuniversity.it/2022/05/13/sicilia-grotta-donna-villa-circe/

Immagine in evidenza:

https://4.bp.blogspot.com/-xvLN3r33jEE/V77u7EvU-5I/AAAAAAAAcZ8/xapXdgdmwvMtpJ2E5fu4DwD6bhM4G6JuQCLcB/s1600/circe1.jpg

 

 

Sergio Mattarella, il primo Presidente della Repubblica siciliano

Amato dagli italiani per l’autorevolezza di “pater familias” manifestata al potere e il profilo basso tenuto nella guida della sua altissima carica, Sergio Mattarella chiude il settennato che, a dispetto della sua immagine di uomo restio ai conflitti, è stato tra i più complessi della storia repubblicana.

Tra i personaggi pubblici del nostro tempo è forse il più schivo, probabilmente il meno portato a raccontarsi, a farsi pubblicità; l’Anti-Narciso per eccellenza.

Nel corso della sua vita ha maturato un’esperienza straordinaria come servitore delle istituzioni, eppure dell’uomo Mattarella poco si conosce. In questo articolo ripercorriamo i momenti salienti della vita -precedente alla sua prima elezione alla Camera– del primo Presidente della Repubblica siciliano.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – Fonte: varesenews.it

Gli anni della giovinezza e della formazione

Sergio Mattarella nacque a Palermo il 23 luglio 1941, quarto figlio di Bernardo Mattarella, politico democristiano cinque volte ministro tra gli anni Cinquanta e Sessanta, e di Maria Buccellato. Nello scegliere il nome per l’ultimogenito i genitori pensarono, forse profeticamente, a Sergio I, un papa santo del VII secolo nato a Palermo e descritto dalle fonti come “uomo di notevole cultura che aveva percorso tutta la carriera e ricomposto molte controversie e discordie”.

Il piccolo Sergio crebbe in un ambiente familiare profondamente stimolante, immerso fin da subito nella politica grazie alla figura del padre. Proprio a causa dei suoi incarichi di governo, nel 1948 la famiglia si trasferì a Roma, dove i fratelli frequentarono dalla terza elementare alla maturità classica l’istituto religioso S. Leone Magno dei Fratelli Maristi.

Ricordando questo periodo Mattarella dirà:

“La scuola credo mi abbia aiutato a non restare una pietra inerte. Vivere insieme un’esperienza di comunità, di studio, mi ha insegnato a comprendere le esigenze, i problemi, le attese degli altri. Questo mi ha fatto capire che si cresce se si cresce insieme, che si è davvero liberi –liberi dall’ignoranza, liberi dal bisogno, liberi dalla violenza- se liberi sono anche gli altri”.

Nel quinquennio 1960-1964 si consolidarono le radici della formazione professionale e sociale del giovane Sergio che conseguì la laurea in Giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma, con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi su La funzione dell’indirizzo politico.

Il giovane Sergio Mattarella con il padre Bernardo – Fonte: rainews.it

L’incontro con Marisa Chiazzese

All’inizio del 1958 a Palermo, il sedicenne Sergio conobbe Marisa Chiazzese, la sorella tredicenne di Irma, fidanzata di Piersanti, e figlia di Lauro Chiazzese, ex rettore dell’Università di Palermo e docente di Diritto Romano.

I due si fidanzarono nel 1964 e l’anno dopo Sergio tornò a vivere in Sicilia per starle vicino.

Il 21 marzo 1966, giorno dell’equinozio di primavera, si sposarono nella chiesa barocca di S. Caterina di Palermo. Dal matrimonio nacquero tre figli: Laura, Bernardo Giorgio e Francesco.

Di personalità mite, analitica, riservata, Marisa non ha mai avuto l’attenzione mediatica di cui, troppo spesso, godono le compagne o i compagni dei Capi di Stato, in quanto il primo marzo 2012, tre anni prima dell’inizio del mandato del marito come Presidente della Repubblica, è venuta a mancare a Castellammare del Golfo.

Il profondo attaccamento di Sergio Mattarella alla moglie è testimoniato dall’assidua presenza con cui l’ha affiancata nell’affrontare il calvario della malattia che l’ha portata via.

Nel 2015 il presidente la ricordò in un discorso al Quirinale in occasione della Giornata internazionale della ricerca sul cancro:

“Per seguire la persona a me più cara al mondo, ho trascorso a più riprese numerose settimane in ospedali oncologici. Sarebbe auspicabile che ogni tanto le persone in buona salute trascorressero qualche giorno in visita negli ospedali, perché il contatto con la sofferenza aiuterebbe chiunque a dare a ogni cosa il giusto posto nella vita”.

Sergio Mattarella e la moglie Marisa Chiazzese – Fonte: urbanpost.it

Il ritorno a Palermo e la carriera accademica

Una volta rientrato a Palermo si unì a un gruppo di giovani studiosi che seguivano il giurista Pietro Virga, professore di diritto costituzionale e poi amministrativo presso l’Istituto di Diritto Pubblico dell’Università.

Nel 1965 intraprese la carriera accademica come assistente di diritto costituzionale. Nel 1969 divenne professore incaricato di diritto parlamentare presso la facoltà di Scienze politiche, dedicandosi all’insegnamento fino al 1983, quando si mise in aspettativa per le elezioni alla Camera.

L’attività scientifica e le pubblicazioni di questo periodo riguardarono in prevalenza argomenti di diritto costituzionale: intervento della Regione siciliana nell’economia, attività ispettiva del Parlamento, procedimento legislativo, bicameralismo, indennità di espropriazione. L’attività accademica lo portò a svolgere relazioni e interventi in convegni di studi giuridici e a tenere lezioni in corsi di master e specializzazione in varie università.

Di quello che considerava il suo “vero lavoro” sentì sempre la mancanza:

“Quando mi chiamano a partecipare a dibattiti accademici vado molto volentieri, perché i giovani che guardano alle cose con un’altra ottica mi costringono a riflettere”.

Il professore Sergio Mattarella durante un esame – Fonte: castelvetranoselinunte.it

La morte del fratello Piersanti e l’impegno politico

L’avvenimento che determinò l’allontanamento dall’attività accademica fu la morte del fratello, avvenuta il 6 gennaio 1980. Piersanti Mattarella aveva seguito le orme del padre, passando dalle file della Democrazia Cristiana al consiglio comunale della città di Palermo, fino ad essere eletto, nel 1978, Presidente della Regione Sicilia.

Il giorno dell’Epifania Piersanti si recò a messa con la famiglia senza scorta, non utilizzata nelle uscite private. Improvvisamente un giovane a volto scoperto si avvicinò al suo finestrino e colpì il presidente con una prima raffica di colpi, ferendo anche la moglie Irma. Durante la sparatoria il revolver si inceppò e il killer si diresse con calma verso una 127 bianca, per farsi consegnare dal complice un secondo revolver con cui tornò a colpire Mattarella dal finestrino posteriore.

Fu il nipote Bernardo ad avvertire dell’accaduto Sergio Mattarella, immortalato al suo arrivo nel celebre scatto di Letizia Battaglia, che lo ritrae chino sul corpo del fratello nell’attesa dei soccorsi. Piersanti Mattarella morì sette minuti dopo l’arrivo in ospedale.

Inizialmente considerato un attentato terroristico, il delitto fu indicato dal collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta come delitto di mafia.

La morte del fratello sconvolse profondamente Sergio Mattarella, che raccolse l’eredità politica e “il patrimonio di energie” del fratello, aumentando progressivamente il proprio impegno politico e dando inizio a una lunga e illustre carriera che lo vide ricoprire le più importanti cariche politiche e istituzionali (Vice-Presidente del Consiglio, più volte deputato e ministro, membro della Corte costituzionale), dedicando particolare attenzione alla lotta contro la mafia e il rispetto della legalità.

Sergio con in braccio il fratello Piersanti Mattarella dopo l’attentato – ©Letizia Battaglia, Palermo 1980

 

Santa Talia

Fonti: 

Angelo Gallippi – Sergio Mattarella, 40 anni di storia italiana, Paesi Edizioni, 2022

https://www.quirinale.it/page/biografia

https://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-mattarella

https://biografieonline.it/biografia-sergio-mattarella

https://www.ilpost.it/2022/01/16/sergio-mattarella-fine-mandato/

Immagine in evidenza:

Il Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia della deposizione di una corona d’alloro sulla Tomba del Milite Ignoto, nella ricorrenza del 75° anniversario della Liberazione, Roma 2020 – Fonte: quirinale.it

L’intarsio tra cinema e Sicilia al Taormina Film Fest

Lo scorso sabato è calato il sipario sulla 67esima edizione del Taormina Film Fest con la cerimonia di premiazione. Il Cariddi d’Oro (premio al miglior film) è stato assegnato al film Next Door di e con Daniel Brühl, che ha conquistato inoltre la Maschera di Polifemo come migliore attore. La Maschera di Polifemo per la categoria femminile è stata assegnata a Matilda De Angelis, per la sua impeccabile interpretazione nel film Atlas di Niccolò Castelli. Il Cariddi d’Argento è andato a Roberto De Feo e Paolo Strippoli, giovani registi di A classic horror story. Inoltre sono stati assegnati tre Taormina Arte Arwards, rispettivamente a Francesca Michielin, Anna Ferzetti e Ferzan Ozpetek.

Matilda De Angelis, vincitrice della Maschera di Polifemo come miglior attrice – Fonte: ciakmagazine.it

Oltre ai film in concorso, il grande protagonista del Festival è stato senza dubbio l’intarsio tra il cinema e la Sicilia; numerosi, infatti, sono stati gli appuntamenti e le proiezioni che hanno messo al centro questo profondo legame. Ripercorriamo insieme le tappe principali del viaggio attraverso questo prezioso intreccio.

Space Beyond

Apre la serie di proiezioni di “Cinema e Sicilia” -in collaborazione con Sicilia Film Commission e Fondazione Taormina Arte– il film-documentario Space Beyond (2020), dedicato all’astronauta siciliano Luca Parmitano. Diretto da Francesco Cannavà, Space Beyond è il racconto biografico della missione “Beyond” dell’ESA (European Space Agency), effettuata da Parmitano nelle vesti di colonnello pilota sperimentatore dell’Aeronautica militare e primo comandante italiano della Stazione Spaziale Internazionale.

Sei mesi di missione sulla ISS racchiusi in 82 minuti di film, con immagini inedite ed esclusive degli esperimenti scientifici svolti e delle attività extraveicolari effettuati durante la permanenza a bordo. “Il limite lo scegli tu, lo scegliamo noi come umanità come scienziati ed esploratori. Nel momento in cui lo scegliamo abbiamo un obiettivo da superare, poi sta a noi metterci tutti i mezzi necessari per poterlo superare. Per me Beyond, il termine “oltre”, è un contenitore e in un certo senso ci mettiamo dentro sia il limite sia il mezzo per superare questo limite” ha dichiarato Luca Parmitano.

Luca Parmitano – Fonte: ciakmagazine.it

Sulle tracce di Goethe in Sicilia

L’appuntamento successivo si è incentrato sul documentario Sulle tracce di Goethe in Sicilia (2020), del regista tedesco Peter Stein, che ha ripercorso le tappe del poeta connazionale attraverso l’occhio della telecamera. Il tema principale che merge dal diario di viaggio di Goethe è soprattutto la contraddizione tra la bellezza dell’Isola e le condizioni di vita della popolazione. Stein ha preso ispirazione proprio della bellezza dei paesaggi siciliani immortalati su un libro di fotografie; ha sottolineato inoltre di aver un profondo legame con la nostra terra, che lo ha premiato varie volte.

Peter Stein (a destra) durante le riprese – Fonte: ciakmagazine.it

Salviamo gli elefanti

Tre “corti cinematografici” -che affrontano il tema dell’integrazione- sono stati posti al centro di uno degli appuntamenti: stiamo parlando di La bellezza imperfetta (2019) di Davide Vigore, Scharifa di Fabrizio Sergi e Salviamo gli elefanti (2021) di Giovanna Bragna Sonnino. Quest’ultimo in particolare è stato proiettato in anteprima al festival e acclamato con una moltitudine di applausi da parte del suo primo pubblico.

Il corto, nonostante la breve durata, è denso di significato e rappresenta aspetti significativi della società siciliana. I due protagonisti sono Agata, donna ignorante e con una mentalità molto chiusa, e Orlando, bambino di origini italiane nato a Nairobi. Orlando è in vacanza con la sua famiglia e nella confusione del mercato del pesce si perde. Sarà Agata a proteggerlo e a portarlo con sé; i due sono molto diversi e questo porta a una impossibilità di incomprensione tanto verbale quanto culturale. Orlando ama gli animali, è un bambino molto intelligente, vive in una famiglia normale. Agata vive in un substrato sociale completamente diverso: parla prevalentemente in dialetto, non riuscendo a parlare bene l’italiano, è molto diffidente nei confronti degli animali; lavora come donna delle pulizie. Nonostante i contrasti iniziali, alla fine i due riusciranno ad imparare l’uno dall’altro.

Salviamo gli elefanti porta una certa innovazione nel mondo dei cortometraggi: racconta le vicende di una Catania povera, di una donna che, come molte altre, è invisibile nella società. Qui il tema delle differenze socio-culturali porta all’integrazione, alla comprensione del diverso: l’essere umano è sempre portato a temere il diverso, ma è proprio da esso che si andrà ad imparare e ad ampliare le proprie vedute.

Locandina di “Salviamo gli elefanti” – Fonte: ciakmagazine.it

Lo schermo a tre punte

Conclude il ciclo di incontri di “Cinema e Sicilia” l’opera Lo schermo a tre punte, del regista bagherese Giuseppe Tornatore, che ha dialogato con uno degli organizzatori del Festival -tramite la piattaforma online “Zoom”- prima della proiezione del film. Con lo stesso metodo della scena conclusiva del suo masterpiece Nuovo Cinema Paradiso, il Maestro ha unito diversi frame, tratti da oltre un centinaio di film legati alla cultura siciliana.

Attraverso la suddivisone in capitoli, Tornatore si è focalizzato sugli elementi comuni più presenti nei numerosi film visionati; vi è, così, un capitolo dedicato ai gesti, ai codici e al linguaggio tipici della sicilianità, uno dedicato alla Storia, uno alle carte geografiche dell’Isola, uno alle donne siciliane, e così via.

L’opera, dunque, non è altro che un’enciclopedia della cultura cinematografica siciliana, in continua evoluzione; proprio a causa di questa espansione, il regista considera il suo lavoro incompleto e ha ammesso che se dovesse aggiungere un nuovo capitolo lo dedicherebbe alle nuove generazioni.

Nonostante il lungometraggio sia datato risulta ancora funzionale ed irripetibile, un’intuizione geniale che esalta una cultura peculiare, bastarda, ricca e affascinante come quella siciliana.

Giuseppe Tornatore al Taormina Film Fest – Fonte: ciakmagazine.it

 

Sofia Ruello, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

https://www.ciakmagazine.it/ciak-taormina/

Immagine in evidenza:

Acquerello ispirato al viaggio di Goethe in Sicilia – Fonte: ciakmagazie.it