The Chosen: La Serie su Gesù che Sta Cambiando la Narrazione Religiosa

The Chosen Gesù
The Chosen è molto più di una serie biblica. È un’esperienza che emoziona, avvicina e ispira. Jenkins trasforma il racconto evangelico in un viaggio intimo e potente, che parla al cuore di credenti e non. – Voto UVM: 5/5

Un Progetto Rivoluzionario Nato nel 2017

Nel 2017 nasce The Chosen, la prima serie TV interamente dedicata alla vita di Gesù e dei suoi discepoli. Creata, scritta e diretta dal regista texano Dallas Jenkins, la serie ha conquistato milioni di spettatori in tutto il mondo grazie a un linguaggio innovativo e a una narrazione coinvolgente.

Un Team Creativo Unico nel Suo Genere e un Nuovo Modello di Produzione

Alla base del progetto, un team formato da un evangelico, un cattolico e un ebreo. Questa collaborazione inedita garantisce una rappresentazione fedele delle Scritture, arricchita da profondità psicologica e contesto storico. Non ci si limita ai miracoli: The Chosen esplora emozioni, conflitti interiori e quotidianità dei personaggi biblici.

Dopo una prima stagione su Netflix, Jenkins decide di abbandonare le piattaforme tradizionali. Dalla seconda stagione in poi, la serie viene finanziata tramite crowdfunding, coinvolgendo direttamente il pubblico e arrivando a raccogliere più di 70 milioni di dollari.

Grazie a un’app gratuita, gli spettatori possono guardare ogni episodio senza abbonamenti, creando un rapporto diretto e partecipativo tra creatori e fan.

The Chosen:Una Serie che Divide ma Fa Riflettere

The Chosen ha generato dibattiti: alcuni critici ritengono che la figura di Gesù sia “troppo umana”, lontana dal modello tradizionale. Tuttavia, proprio questa umanizzazione di Cristo ha emozionato spettatori di ogni fede – cristiani, agnostici, atei – che si sono riconosciuti in una figura più vicina, reale e accessibile.

Con The Chosen, Dallas Jenkins ha dato voce e spessore ai personaggi dei Vangeli. Come Euripide nel teatro greco, inserisce introspezione; come Caravaggio, rappresenta un Cristo terreno, tra volti segnati e mani callose.

La serie non si limita a raccontare eventi del passato, ma fa rivivere il mondo di Gesù, rendendolo vicino, umano e attuale.

Anche il Vaticano e varie chiese riformate hanno espresso apprezzamento per la qualità e l’intento del progetto.

The Chosen al Cinema: L’Arrivo sul Grande Schermo

Nel 2025, in occasione della Pasqua, The Chosen approda per la prima volta al cinema. Vengono proiettati i primi due episodi della quinta stagione, che raccontano l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e l’episodio del rovesciamento dei tavoli nel Tempio.

The Chosen
Una scena tratta da The Chosen – l’ultima cena di Jenkins (2017)

La narrazione si sofferma anche sui conflitti politici e religiosi che precedono la Passione, mantenendo sempre uno stile realistico e coinvolgente.

L’episodio dell’Ultima Cena, recentemente portato sul grande schermo, è uno dei momenti più potenti della serie. Viene rappresentata una Gerusalemme vivida, in fermento per la Pasqua e attraversata da tensioni religiose e politiche.

I dialoghi tra Caifa, Pilato ed Erode mostrano le dinamiche di potere nella Giudea del I secolo, mentre le reazioni della popolazione e dei discepoli contribuiscono a creare un’atmosfera di attesa e conflitto imminente.

The Chosen: Produzione Cinematografica e Qualità in Crescita

Grazie al supporto dei fan, The Chosen ha raggiunto una qualità visiva e narrativa sempre più alta. Scenografie, costumi, fotografia e colonna sonora si avvicinano agli standard del cinema.

Anche la recitazione è un punto di forza: gli attori, scelti per talento e presenza scenica, danno vita a personaggi intensi, autentici e memorabili.

Verosimiglianza e Vita Quotidiana: Le Chiavi del Successo di The Chosen

Il vero punto di forza della serie è la verosimiglianza. Ogni episodio alterna eventi miracolosi a momenti di vita quotidiana: Gesù che scherza, riposa, gioca con i bambini. I discepoli mostrano la loro umanità: Pietro ha problemi familiari, Matteo affronta il suo passato, ognuno vive un percorso personale di trasformazione.

Per approfondire la psicologia dei personaggi, Jenkins ha creato scene inedite ma coerenti con i testi evangelici. Vediamo, ad esempio, la vita di Maria Maddalena posseduta dai demoni, prima dell’incontro con Gesù, i dialoghi di Nicodemo con sua moglie e con i discepoli o i ricordi di Matteo.

The Chosen
Gesù che dialoga con un abitante della Decapoli

Ogni personaggio – anche secondario – è ben caratterizzato. Le ambientazioni, dai villaggi ebraici alla Decapoli pagana, offrono un mondo ricco e credibile.

Marco Prestipino

Tindari: tra storia e fede

Su un promontorio costiero a picco sul mare, con ai piedi la riserva naturale orientata dei laghetti di Marinello, dalla storia millenaria, Tindari si pone come unione tra il sacro e il profano, regalando un’esperienza unica e rara.

Andiamo a scoprire Tindari, lasciandoci avvolgere dal mistero che da sempre la caratterizza.

 

Origines

Sin dal nome, Tindari  è avvolta dal fascino e mistero tipico della cultura classica, infatti, si fa derivare direttamente dal mitico re spartano Tindaro. Il nome attuale, risale alle denominazione che già gli storici Strabone e Tolomeo le avevano dato in tempi antichissimi.

La sua fondazione si fa risalire ai tempi del tiranno di Siracusa Dioniso I, nel territorio di Abacaenum (Tripi) che la donò ai mercenari siracusani che avevano combattuto contro i cartaginesi.

Nel corso del tempo, divenne sede privilegiata delle guerre marittime. Nella prima guerra punica, quando sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, infatti, nelle acque antistanti, la flotta romana guidata dal console Aulo Atilio Calatino, fece fuggire quella cartaginese.

Successivamente, passata in orbita romana, fu base navale di Pompeo e,  presa da Augusto nel 36 a.C., che la trasformò nella Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, citata da Cicerone come nobilissima civitas.

Ancora oggi è possibile vedere i resti della civiltà ellenico-romana nei resti archeologici del Teatro, dell’isolato romano e della “basilica”, un tempo identificato con un ginnasio che era il propileo di accesso all’agorà.

 

Teatro greco di Tindari.
Fonte: wikipedia.it

 

In fide Domini

Tindari, oltre ad essere stato luogo simbolo della cultura greco-romana della provincia di Messina, è da secoli meta attrattiva del turismo religioso, dovuto alla presenza del famoso Santuario.

Il Santuario

Dal 2018, il santuario viene elevato alla dignità di Basilica Minore per decreto e volere del sommo pontefice Papa Francesco. La chiesa sorge sull’estremità orientale del promontorio, dove sorgeva l’antica acropoli e, dove fino alla costruzione del nuovo santuario, sorgeva l’antica chiesetta tuttora esistente.

All’interno è custodita e venerata la statua della “Madonna Nera”, scolpita in legno di cedro, la cui datazione è imprecisata, ma probabilmente giunta in seguito al fenomeno dell’iconoclastia1.

La Madonna, rappresentata sotto forma di Theotókos Odigitria2 seduta con il bambino Gesù in braccio (posizione della Basilissa). I loro volti molto allungati e le grandi dimensioni dei nasi, sono tipici delle raffigurazioni orientali e africane, rare in quelle occidentali, ci permettono di stabilirne orientativamente la provenienza.

Alla base della statua vi è la scritta ripresa dal Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa” traducibile in italiano con “bruna ma bella”.

La storia del santuario è molto travagliata. Nel 1544, durante l’assedio turco-ottomano della costa tirrenica siciliana, guidata dall’ammiraglio Khayr al-Din Barbarossa, la chiesa viene distrutta e in seguito ricostruita. È in seguito, grazie alla volontà del vescovo Previtera e, con le donazioni successive della famiglia in seguito alla sua morte, che viene costruito il nuovo santuario, successivamente ampliato dal vescovo Pullano negli anni 70 del ‘900.

Come la Porziuncola di San Francesco a Santa Maria degli Angeli ad Assisi,  così anche a Tindari all’interno delle mura che attorniano il nuovo Santuario, è custodita la chiesetta originale, da cui si vede la sottostante spiaggia di Marinello, luogo della famosa leggenda.

 

Laghetti di Marinello, luogo dove avvenne il miracolo. Fonte: santuariotindari.it

 

La leggenda

La leggenda racconta che un giorno, una donna avendo la figlia gravemente ammalata, si votò alla Madonna per ottenerne la guarigione. Ottenutala, si recò al Tindari per ringraziare la Madonna,  ma vedendola bruna in faccia ne resta delusa ed esclama: “Sono partita da lontano per vedere una più brutta di me”.   E va in cerca della bella Madonnina che le aveva concesso tanta grazia. Nel frattempo la bambina rimasta incustodita, precipita dal colle.

La madre disperata corse ai piedi della bruna madonnina pregando “Se siete voi la miracolosa Vergine che per la prima volta mi avete salvato la figlia, salvatela per la seconda volta”.

Ed ecco che si compie subito il miracolo. La bambina giocava tranquilla su un piccolo arenile formatosi improvvisamente nelle acque sottostanti, quando un marinaio che era accorso per salvarla, la restituisce sana e salva tra le braccia della madre.

Gaetano Aspa

 

 

Note

  1. Iconoclastia – La dottrina e l’azione di coloro che nell’Impero bizantino, nel sec. 8° e 9°, avversarono il culto religioso e l’uso delle immagini sacre.
  2. Theotókos Odigitria  –  Titolo, «Madre di Dio», rivendicato per la Vergine nel Concilio di Efeso (431).

 

Bibliografia:

La Leggenda è tratta da: https://santuariotindari.it/leggenda/

 

 

La Madonna della Lettera: tradizioni e verità di un culto identitario

Quella che vi presentiamo è una storia che troppe persone, purtroppo, soprattutto delle nuove generazioni, sconoscono anche completamente; a prescindere dal sentimento religioso d’ogni messinese, essa costituisce un elemento risolutivo della nostra identità stessa, che non si può spazzare via. Ci riferiamo alla Madonna della Lettera che oggi si celebra, alla sua leggenda, alla sua tradizione e alla sua travagliatamente discussa autenticità.

Chiedo al pubblico che legge di accostarsi serenamente all’argomento, dimenticando, per qualche momento, la propria affiliazione religiosa o la mancanza d’essa. Se aprite il vostro cuore, troverete ciò che segue affascinante.

Fonte: immaculate.one

La lettera venuta dall’Oriente

Ecco cosa narrano gli aedi cristiani…

San Paolo apostolo si trovò a passare dallo Stretto, in semplice viaggio missionario oppure durante la sua deportazione a Roma; scese dalla nave nel porto di Messina, o forse nell’antico approdo di Briga Marina ove oggi ancòra si conserva la pietra sulla quale salì per predicare; e così Paolo parlò ai Messinesi del suo Gesù, crocifisso e risorto un decennio prima, convincendoli a convertirsi al Cristianesimo; consacrò anche il primo Vescovo di Messina, Bacchilo.

Secondo la pia tradizione, l’intera Città di Messina si convertì alla nuova religione, a cominciare dal Senato che la governava in ossequio dei patti con Roma. La popolazione fu talmente colpita dalla figura di Maria madre di Gesù che il Senato decise di mandarle un’ambasciata per incontrarla e chiederne la benedizione. Una tradizione più tarda consegna anche i nomi dei quattro inviati: Geronimo Origgiano, Marcello Bonifacite, Brizio Ottavio e Centurione Mulè.

L’ambasceria, giunta a Gerusalemme, cercò Maria nella casa dell’apostolo Giovanni, ove viveva secondo l’ultima richiesta del figlio morente, e là la trovò. Sull’incontro che avvenne non sappiamo molto, talvolta s’immagina una presentazione dei quattro uomini da parte di Paolo; ciò che sappiamo è che Maria scrisse di proprio pugno una lettera ove accordava a Messina una benedizione perpetua ed elezione a sua città protetta, con la quale gli ambasciatori fecero ritorno in città, accolti trionfalmente dalla popolazione.

Era il 3 Giugno del 42 d.C. quando la lettera fu mandata. Il resto è storia, del culto di quella che divenne nota come Gran Madre della Lettera.

Fonte: immaculate.one

Qual è la verità sulla Sacra Lettera?

Viene da domandarsi quali prove possediamo; nessuna veramente solida, ahimè. Come se non bastasse, il racconto predetto contiene svariate contraddizioni storiche, e per giunta lo stesso testo pervenutoci della Sacra Lettera non sembra affatto scritto in quel tempo e da quella mano. Ora discutiamo tutti gli argomenti, per il bene della più savia conoscenza.

I primi problemi riguardano il vettore della conversione: Paolo di Tarso. Non risulta che l’Apostolo abbia viaggiato oltre l’Egeo prima del 60 d.C., quando fu condotto a Roma per essere processato, figuriamoci nel 42! Anche affermare che la predicazione a Messina avvenne durante l’ultimo viaggio è sbagliato, giacché questo appunto fu attorno al 60.

Poi, appare assurda la conversione al Cristianesimo d’un’intera città nel 42 d.C., già considerando che il Cristianesimo per com’inteso non nacque se non molto tempo dopo la morte di Cristo; prima, era soltanto una corrente eretica dell’Ebraismo. I Gesuani erano ancòra traumatizzati dalla morte del loro Messia (ebraico, non “cristiano”), e aspettavano di vederlo in qualunque momento ritornare in terra per la vittoria finale sui peccatori. La propagazione della nuova dottrina poteva avvenire soltanto in ambienti ove fosse radicata una comunità ebraica, autoctona o immigrata, che eventualmente l’avrebbe accolta (ma non tutta la città, men che meno il Senato).

Quanto ai nomi dei quattro ambasciatori: appaiono più tardi che bizantini, altro che I secolo d.C.! Difatti, furono introdotti nel XVII secolo d.C. da suor Maria Roccaforte, la quale affermò d’averli saputi mediante una visione (taccio).

Il testo della lettera invece evidenzia problematiche strettamente inerenti la sua presunta autrice. Ella parla già come se si fosse instaurata una Chiesa come non la si vedrà fino al Concilio di Nicea (325 d.C.): si proclama vergine, madre di Gesù crocifisso, il quale è sia dio che uomo… tutte cose che non facevano assolutamente parte della mentalità ebraica dei protocristiani, e perdipiù l’ipotetica Maria si attribuisce già il potere di proteggere. Inoltre, la data è, testualmente, il “42° anno dal Figlio”, praticamente con l’Anno Domini inventato da Dionigi il Piccolo (VI secolo d.C.)!

Per finire, possiamo affermare che un chiaro culto della Madre della Lettera non esistesse prima del 1490 d.C., quando fu recuperata e tradotta dal greco al latino la Sacra Lettera dal grande letterato Costantino Lascaris, che molti – ingiustamente! – indicano come vero autore del documento.

Non è un mistero che Messina, dal XV secolo d.C. in poi, cercasse in ogni modo di dimostrare la propria superiorità sulle altre città siciliane, anche facendo carte false, nella lotta spietata per il titolo di capitale del Regno di Sicilia; tra tutte, Messina era indubbiamente la più fiera e i vanti maggiori sono stati suoi.

Fonte: lecodelsud.it

Eppur non può non essere vero!

Di sicuro, la coscienza della propria elezione mariana sin dalle origini del Cristianesimo è stata motore primo della grandezza di Messina nell’ultimo mezzo millennio.

A tutte queste concretissime e giustissime contestazioni, ci sono degli argomenti fondamentali che bisogna contrapporre, ancorché vaghi, per tentare di chiudere la falla.

È vero, la versione della pia tradizione sembra stravagante e antistorica, ma nel corso del XVII secolo d.C. sono fioccate in diverse biblioteche del Mediterraneo delle copie della Sacra Lettera, in diverse lingue e in versioni diverse, anche nelle località più insospettabili (in Siria, perfino!). Viene da domandarsi: sono tutte state scritte e sparse in giro da falsarî al soldo di Messina?, o forse il Senato di Messina pagò eruditi stranieri affinché affermassero d’avere trovate le benedette copie?, o peggio ancòra, furono gl’intellettuali messinesi che riportarono le notizie dei ritrovamenti a inventarsi tali fatti di sana pianta? Sono ipotesi improbabili.

Oso aggiungere una verifica che sento sempre d’applicare in materia religiosa: il “criterio della buonafede”. Partiamo dal presupposto che nel passato la schiacciante maggioranza delle persone credeva davvero e in ogni particolare alla propria religione: mentire per ottenere potere, inventare qualcosa di sana pianta e soprattutto mettere in mezzo la Santa Madre, sarebbe apparso certamente come un terribile peccato mortale con conseguente pena. Solamente una reale convinzione avrebbe potuto generare certe affermazioni.

I devotissimi aggiungerebbero come prove molti miracoli, ma quelli non sono di nostra competenza.

Fonte: strettoweb.com

In conclusione dobbiamo ammettere che qualcosa di vero debba esserci, che gli eruditi del passato non abbiano mentito, ma abbiano soltanto tentato di ricostruire i fatti, eventualmente falsandoli “in buonafede”. Ma la ricerca non può fermarsi qui, deve continuare, affinché sempre più parti di verità possano riemergere.

Buona Solennità della Madonna della Lettera!

 

Daniele Ferrara

 

Per approfondire:

Marco Grassi, La Devozione a Maria SS. della Sacra Lettera – Patrona Principale della Città di Messina, EDAS 2021

Immagine in evidenza:

La Madonna della Lettera – Fonte: messinatoday.it

Giorgio La Pira: un messinese “fuorisede” del XX secolo

La città di Messina ha dato i natali a numerosi personaggi illustri che hanno fornito un contributo importante alla cultura italiana, come l’artista Antonello e il giurista, politico e rettore universitario Gaetano Martino. Altrettanto numerosa è la schiera di coloro che, seppur non siano nati nella città dello Stretto, hanno vissuto in essa una parte della propria vita, come ad esempio i poeti Giovanni Pascoli e Salvatore Quasimodo. Quest’ultimo era legato da una profonda amicizia ad un uomo che lasciato un segno indelebile nella storia politica dell’Italia repubblicana: Giorgio La Pira.

Giorgio La Pira (ultimo a destra) con tre suoi fratelli – Fonte: Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira

Biografia in breve

Nato a Pozzallo nel 1904, La Pira si laureò a Firenze in Giurisprudenza e a 29 anni divenne professore di Diritto Romano presso l’Università di Firenze. Nel capoluogo toscano fu eletto prima deputato dell’Assemblea Costituente nel 1946, poi deputato alla Camera nel 1948, e infine, per diverse volte, sindaco di Firenze, a partire dal 1950. Fu anche sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro. A Palazzo Montecitorio fu membro della Commissione per la Costituzione, in particolare della prima sottocommissione “Diritti e doveri dei cittadini”, che ha elaborato la Prima Parte della nostra Carta fondamentale. Sia da sindaco che da deputato si adoperò per la promozione della pace attraverso conferenze, incontri (i cosiddetti Colloqui mediterranei) e alcuni importanti viaggi che scaldarono l’opinione pubblica, come quello nell’U.R.S.S. nel 1958. In questa occasione, celebre fu la frase pronunciata davanti al Soviet Supremo: “c’è chi ha le bombe atomiche, io ho solo le bombe della preghiera”.

Donne e uomini promotori di pace come La Pira sarebbero fondamentali in un periodo di grande tensione internazionale come quello attuale, in cui i delicati equilibri andrebbero gestiti con lo stesso spirito di cooperazione del “Professore”. Dieci anni dopo la morte (1977) iniziò il processo di beatificazione di La Pira, che nel 2018 è stato dichiarato Venerabile da Papa Francesco.

Giorgio La Pira insieme ai cittadini di Firenze – Fonte: giorgiolapira.org

Gli anni messinesi

Passiamo ora in rassegna gli anni che La Pira visse, a partire dal 1914, a Messina, ospite dello zio Luigi Occhipinti. La formazione del giovane La Pira ha avuto una grande rilevanza nello sviluppo del pensiero e nel processo di crescita dello statista siciliano.

La città dello Stretto stava attraversando un periodo di rinascita in seguito al trauma del terremoto del 1908, ancora evidente dalla presenza di numerose baracche in cui viveva la maggior parte dei cittadini, tra i quali anche La Pira. Il trasferimento a Messina fu necessario poiché nella sua città d’origine non poteva dare seguito al suo talento spiccato nello studio, evidente negli anni in cui frequentò la scuola tecnica Antonello e l’istituto tecnico A.M. Jaci, nel quale fu uno dei migliori allievi, insieme al suo amico Salvatore Pugliatti. Questa grande attitudine agli studi sarà confermata successivamente anche nel percorso universitario, che lo vedrà laurearsi con il massimo dei voti e plauso della commissione.

L’Università di Messina ai tempi di La Pira. Egli vi frequentò i corsi della facoltà di Giurisprudenza dal 1922 a 1926; successivamente completò gli studi a Firenze. Fonte: Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira

Oltre allo studio scolastico e accademico, l’adolescente La Pira aiutava gli zii nel lavoro presso la tabaccheria di famiglia ed era membro della Società Letteraria Peloro. Grazie agli incontri della Peloro iniziò ad ampliare la propria cultura e a forgiare il proprio pensiero, inizialmente mutevole, contraddittorio e legato molto a fattori ambientali, come quello di qualsiasi altra persona che attraversa la turbolenta fase della giovinezza. In coerenza con l’attività dei propri amici abbracciò le idee futuriste e fu molto ispirato dalla figura del poeta Gabriele D’Annunzio.

Con il passare degli anni, però, si cristallizzò la sua identità cristiana, che trovò un’importante conferma nella Pasqua del 1924 (la cosiddetta “svolta cristiana”). La sua radicalità nella fede lo condusse a divenire nel 1925 terziario domenicano e a partecipare attivamente a vari movimenti giovanili cristiani. Anche lo zelo per la democrazia non fu sempre presente in La Pira, come testimoniano due scritti del 1922 in cui traspare il disprezzo per il parlamentarismo e la cultura positivista. Da un articolo del 1924 invece si evince un mutamento ideologico, causato dall’influenza degli studi giuridici e dalla lettura del filosofo Maurice Blondel, che lo portò ad abbracciare il concetto di democrazia e a rifiutare il concetto di popolo come materia grigia da plasmare, tipico dei totalitarismi.

Il palazzo in cui visse La Pira dal 1918 al 1926 – Fonte: Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira

Come tanti giovani messinesi dei nostri tempi anche Giorgio La Pira ha dovuto lasciare la città dello Stretto per altri lidi, che allora come oggi offrivano più opportunità. Nonostante questo, il legame con la città peloritana è stato sempre forte ed è ben espresso dalla sua celebre frase: “quando metto piede a Messina è come se non me ne fossi mai staccato!”.

La città di Messina ha intitolato a La Pira una scuola, situata a Camaro S. Luigi, e un tratto della Strada Statale 114, tra le località di San Filippo e Pistunina. Inoltre a lui è dedicata una lapide nel luogo (l’attuale Piazza Carducci, accanto al palazzo del Rettorato) in cui ha vissuto dal 1918 al 1926.

©Giulia Greco - La lapide dedicata a Giorgio La Pira in Piazza Carducci, Messina 2020   
©Giulia Greco – La lapide dedicata a Giorgio La Pira in Piazza Carducci, Messina 2020

  

 

  Mario Antonio Spiritosanto

 

 

Bibliografia

Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi e le “parole di vita” di Giorgio La Pira, II edizione, 1995, Messina, Instilla Editore;

Luca Micelli, Giorgio La Pira. Un Profeta prestato, 2015, Todi(PG), Tau Editore;

http://giorgiolapira.org/it